<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 23 marzo 2021 n. 44</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 12, della legge della Regione Siciliana 28 novembre 2019, n. 19 (Disposizioni per la rideterminazione degli assegni vitalizi), limitatamente alle parole «per un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge»; va altresì dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 13, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019, limitatamente alle parole «, per il medesimo periodo di cinque anni di cui al comma 12».</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.– Va preliminarmente precisato il thema decidendum posto dal ricorso in esame.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Come emerge dal complesso della disciplina illustrata, le disposizioni statali richiamate a parametro interposto – integrate dall’intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – richiedono che le leggi regionali stabiliscano una riduzione, permanente e perciò a regime, del trattamento previdenziale già goduto da ex Presidenti, assessori e consiglieri regionali, determinando effetti definitivi, generalmente sfavorevoli, su tale trattamento. Non si tratta, quindi, di disposizioni che prevedono interventi limitati nel tempo, come accade per i cosiddetti contributi di solidarietà, o per i provvedimenti di blocco della perequazione automatica, variamente indirizzati a imporre un prelievo una tantum sulle pensioni o a raffreddarne temporaneamente la rivalutazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Come si è visto, del resto, la stessa intesa ha cura di precisare che, a decorrere dalla data di applicazione della rideterminazione, cessano di avere efficacia le eventuali disposizioni che, in ciascuna Regione, prevedano riduzioni temporanee degli assegni vitalizi in essere.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Da un lato, quindi, non viene in questa sede in considerazione la giurisprudenza costituzionale relativa alle previsioni che introducono cosiddetti contributi di solidarietà o stabiliscono il blocco o la limitazione dei meccanismi di rivalutazione delle pensioni. (da ultimo, sentenze n. 234 del 2020, n. 213 del 2017, n. 173 del 2016 e n. 316 del 2010).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Dall’altro, e soprattutto, il ricorso statale non chiede a questa Corte di verificare la legittimità costituzionale né dei criteri previsti dall’intesa per il ricalcolo dei vitalizi, né di quelli in concreto utilizzati dalla legge della Regione Siciliana.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel presente giudizio si fa questione del solo profilo relativo alla competenza legislativa regionale a stabilire la temporaneità del ricalcolo, essendo impugnati unicamente gli ultimi periodi dei commi 12 e 13 dell’art. 1 della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019, che appunto limitano a cinque anni il periodo di efficacia della rideterminazione dei vitalizi già in essere.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In discussione, in definitiva, è unicamente se tali previsioni, nello stabilire il citato limite temporale, eccedano dalla sfera di competenza regionale, alla luce sia degli invocati principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, sia del principio di uguaglianza, sia, infine, del principio di leale collaborazione, nonché delle norme statutarie pure evocate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Così definito il perimetro delle questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso in esame, esse si rivelano fondate, con riferimento al primo tra i parametri costituzionali appena evocati, con assorbimento di ogni altro.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– Il comma 965 dell’art. 1 della legge statale di bilancio per il 2019 si apre con una dichiarazione del seguente tenore: «Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica […]».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ben vero, come è noto, che «l’autoqualificazione non ha carattere precettivo e vincolante», poiché la natura della norma cui essa si riferisce va comunque verificata con riguardo «“all’oggetto, alla ratio e alla finalità” (sentenza n. 164 del 2019) che ne costituiscono l’effettiva sostanza» (così, tra le ultime, sentenza n. 78 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, la presenza di una serie di indici – già elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte – consente di ritenere che le disposizioni statali, indicate in ricorso come parametri interposti, siano effettivamente qualificabili alla stregua di principi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il legislatore statale ha, innanzitutto, operato una “scelta di fondo”: estendere anche ai vitalizi maturati anteriormente al 2012 un meccanismo di quantificazione legato all’ammontare dei contributi versati, equiparando, così, la posizione degli ex consiglieri, presidenti ed assessori – cessati dalla carica prima del 2012 – a quella di coloro che abbiano acquisito il diritto successivamente a tale data. La presenza di una scelta normativa di natura strutturale è usualmente considerato carattere significativo, ai fini della qualificazione della norma in termini di principio fondamentale della materia (sentenze n. 153 del 2015, n. 23 del 2014 e n. 151 del 2012).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il legislatore persegue quindi l’obiettivo di un risparmio – funzionale anche al contenimento della spesa del settore pubblico allargato (sentenze n. 16 del 2010 e n. 237 del 2009) – tramite la riduzione dei costi di funzionamento degli organi elettivi e delle indennità spettanti agli ex consiglieri, presidenti ed assessori regionali (sentenze n. 23 del 2014 e n. 151 del 2012). Si è, del resto, in presenza di una tecnica normativa non nuova, già utilizzata dal legislatore statale proprio nella prospettiva della riduzione dei “costi della politica” (fattispecie analoghe sono scrutinate nelle sentenze n. 99 e n. 23 del 2014, n. 198 e n. 151 del 2012) e che si differenzia anche da altre tipiche ipotesi di tagli lineari della spesa, per le quali questa Corte ha richiesto il requisito della temporaneità (tra le tante, sentenze n. 103 del 2018 e n. 154 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Lo scopo, inoltre, è realizzato assicurando uniformità normativa su tutto il territorio nazionale (sentenza n. 26 del 2013), carattere che pare connaturato alla logica della riforma (analogamente, sentenza n. 88 del 2014) e che non consente differenziazioni tra Regioni, per l’evidente necessità di evitare discriminazioni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>È peraltro da osservare che le disposizioni statali, in prima battuta, si sono limitate a fissare il principio del ricalcolo dei vitalizi, ponendo dunque un obiettivo (sentenza n. 88 del 2006), ma non hanno previsto le modalità per il suo perseguimento. Tali modalità sono state espressamente deferite alla sede della concertazione, cioè all’intesa da raggiungere nella citata Conferenza permanente, cui è spettata la individuazione dei criteri e dei parametri per la rideterminazione dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi. Solo per il caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro il 31 marzo 2019, era previsto che le Regioni e le Province autonome provvedessero comunque a rideterminare i trattamenti previdenziali e i vitalizi secondo il metodo di calcolo contributivo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In tal modo, è stata lasciata alle Regioni «la possibilità di scegliere in un ventaglio di strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi» (sentenza n. 156 del 2010; in senso analogo, sentenze n. 236 del 2013 e n. 157 del 2007), e sono stati dunque loro concessi adeguati spazi di manovra (sentenza n. 16 del 2010).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con tale procedura, è disegnato un meccanismo normativo in cui il principio fondamentale trova attuazione anche attraverso un coordinamento, realizzato in sede di intesa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Così, il principio fondamentale viene alla fine integrato da una disciplina concertata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Ciò valorizza la condivisione tra Stato e autonomie regionali nella complessiva definizione della disciplina di riforma dei trattamenti post-mandato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Al tempo stesso, sono previste sanzioni per garantire il raggiungimento dell’obiettivo dell’omogeneità delle regole (sentenza n. 77 del 2019). Lo scopo finale, infatti, è perseguito mediante la predisposizione di un meccanismo che subordina l’integralità dei trasferimenti erariali all’introduzione effettiva, a livello regionale, del ricalcolo dei vitalizi secondo il metodo contributivo. È altresì introdotto un sistema di controllo della tempestività dell’adempimento.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con queste complessive caratteristiche, la normativa statale richiamata a parametro interposto si pone in linea con la giurisprudenza costituzionale, che, nel riconoscere un carattere finalistico al coordinamento della finanza pubblica, impone altresì di rendere effettivo l’esercizio di tale funzione: e anche da questo punto di vista la procedura disegnata dalla disposizione impugnata appare idonea a garantire, sia i necessari spazi all’autonomia regionale, sia l’effettività della funzione di coordinamento (sentenza n. 65 del 2016).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In definitiva, per tutte le caratteristiche descritte, ai commi da 965 a 967 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018, richiamati quali norme interposte, deve essere riconosciuta la natura di principi di coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 137 del 2018), impregiudicata peraltro restando, come già ricordato, ogni altra valutazione sul contenuto e sull’attuazione – in sede di effettiva rideterminazione dei vitalizi già in essere – di tali principi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– Ciò premesso, è dunque agevole concludere che non compete ad una legge regionale declinare nelle forme di una riduzione di durata temporanea il ricalcolo imposto a regime dai principi fondamentali della normativa statale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La circostanza che la rideterminazione secondo il sistema contributivo sia prevista a regime è resa palese dalla locuzione «a decorrere dall’anno 2019» che, nel comma 965 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019, precede immediatamente la prescrizione di «rideterminare, ai sensi del comma 966, la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere», senza essere seguita da alcuna previsione di un termine di durata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Se così è, la disciplina regionale impugnata si pone in evidente contrasto con la normativa statale, in quanto introduce una non consentita limitazione temporale all’operatività del meccanismo di riduzione dei vitalizi già maturati.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nulla sposta, nel presente caso, l’essere la Regione Siciliana a statuto speciale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In disparte la circostanza che alla materia «coordinamento della finanza pubblica», cui sono da ricondurre la disciplina statale nonché quella prevista dalla intesa, sono estranee competenze statutarie (con cui, pure, il ricorrente si confronta espressamente), per giurisprudenza costituzionale ormai costante i principi fondamentali di tale materia vincolano anche le autonomie speciali, «poiché essi sono funzionali “a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l’unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (sentenza n. 82 del 2015, nonché, ex multis, sentenza n. 62 del 2017)” (sentenza n. 151 del 2017; con specifico riferimento alla Regione Siciliana, sentenza n. 159 del 2018)» (sentenza n. 130 del 2020; nello stesso senso, tra le tante, sentenze n. 241, n. 172 e n. 103 del 2018, n. 154 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Del resto, anche la finanza delle Regioni a statuto speciale è considerata parte della finanza pubblica allargata (sentenza n. 231 del 2017).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per queste ragioni, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 12 e 13, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2019 sono fondate, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.</em></p> <strong><em>Emilio Barile La Raia</em></strong>