Consiglio di Stato, Sez. IV, ordinanza del 13.12.2021, n. 8288
Guida alla lettura
Con l’ordinanza sopra indicata, il Consiglio di Stato ritorna sul diritto di accesso difensivo e i relativi limiti: nel caso di specie, il ricorrente mira ad ottenere l’ostensione di cartelle esattoriali in prima battuta denegata dall’Amministrazione competente (profili critici affiorano, in particolare, per le cartelle esattoriali notificate tramite il servizio postale). Nel rimettere la soluzione della questione all’Adunanza Plenaria, il Collegio rappresenta l’esistenza di due contrapposti orientamenti: il primo, che consente all’agente della riscossione di rispondere alla richiesta di accesso agli atti, producendo copia degli estratti di ruolo, delle cartelle di pagamento e delle relate di notifica; il secondo, in forza del quale, se le cartelle sono state prodotte in un unico originale notificato al contribuente e l’Amministrazione ha dichiarato di non essere in possesso di altro originale, non sarebbe sussistente il diritto di accesso stesso.
Testo rilevante della decisione
Il signor G. De Simone ha impugnato dinanzi al Tar di Latina il diniego di Equitalia Sud relativo all’istanza di accesso agli atti. In particolare, la richiesta di accesso ha avuto ad oggetto diciotto cartelle di pagamento ed è stata finalizzata alla verifica dell’esatta corrispondenza tra le stesse cartelle ed il ruolo formatosi.
Equitalia, tuttavia, ha evidenziato che le cartelle richieste “risultano estinte in data 30.3l.2016” ad eccezione della cartella n. 05720150022577474 per la quale è stato consentito l’accesso al solo estratto di ruolo. Il Tar di Latina, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso, rilevando che il concessionario, in data 19 settembre 2016, aveva depositato copia delle relate di notifica relative a tutte le cartelle richieste.
Contro la suddetta sentenza ha proposto appello il signor De Simone, prospettando come unico ed articolato motivo di gravame il difetto di motivazione della sentenza impugnata che non avrebbe tenuto conto che le cartelle richieste non gli erano mai state consegnate, avendo lo stesso ricevuto solo le relazioni di notificazione. Equitalia si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello.
Oggetto della presente controversia – per il Consiglio di Stato – è l’incompleto riscontro da parte dell’appellata Equitalia della istanza di accesso del 1° aprile 2016. In particolare, a fronte della richiesta dell’appellante, non venivano ostese le cartelle di pagamento indicate nella stessa istanza, ma solo le relative relazioni di notifica.
Il Collegio ritiene di deferire la questione all’esame dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a., constatando quali disposizioni rilevanti gli artt. 25 e 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
Quanto al contrasto nella giurisprudenza esso emerge nei casi in cui l’accesso alle cartelle esattoriali è chiesto con riferimento o all’estratto di ruolo o alle cartelle di pagamento.
A questo proposito è possibile enucleare una sintetica rassegna delle sentenze e delle ordinanze della Sezione remittente di segno favorevole ad una ampia accezione del diritto di accesso.
In particolare, alcune pronunce hanno riconosciuto che il contribuente vanta un interesse concreto ed attuale all’ostensione di tutti gli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva (in tal senso, l’art. 22, comma 1, lett. b), della legge n. 241 del 1990) (cfr. cit. Cons. Stato, Sez. IV, 30 novembre 2015 n. 5410) e come “l’accesso ai documenti non può essere soddisfatto dall’esibizione di un documento che l’amministrazione e non il privato ricorrente giudica equipollente. Elemento fondamentale dell’actio ad exhibendum è la conformità del documento esibito dal privato all’originale” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2422).
L’obbligo di esibizione persisterebbe, secondo le suddette sentenze, anche per le cartelle di pagamento anteriori al periodo quinquennale previsto dal ricordato art. 26 del d.P.R. n. 602/1973, osservando come la pretesa erariale si prescriva nel termine di dieci anni, periodo nel quale la pretesa può essere portata ad esecuzione, con conseguente obbligo di conservazione degli atti presupposti, tra i quali la cartella di pagamento.
In altre pronunce (cfr. Sez. IV, 6 novembre 2017, n. 5128) si è evidenziato che la questione dell’accesso alle cartelle esattoriali va in concreto declinata avuto riguardo alle modalità di notifica adottate nella specie, nel senso che la piena esplicazione del diritto può trovare un limite obiettivo nella configurazione materiale dell’atto che la richiesta prende a oggetto, cioè nel supporto fisico della cartella esattoriale. Ai sensi dell’art. 26, primo comma, del d.P.R. n. 602/1973, la notifica può infatti avvenire o ad opera di ufficiali della riscossione o di altri soggetti abilitati o mediante servizio postale con l’invio di raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo P.E.C. secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. Nella prima e nella terza ipotesi resta conservato l’originale dell’atto. In questi casi, il diritto di accesso è dunque facilmente e legittimamente esperibile. La sentenza evidenziata sottolinea anch’essa che l’accesso a copie di cartelle esattoriali di pagamento non potrebbe essere legittimamente negato dall’agente della riscossione con riferimento all’avvenuto decorso del quinquennio entro il quale – a norma del ciato art. 26, quarto comma, del d.P.R. n. 602/1973 – essa sarebbe obbligata a conservarle.
Con riguardo alla notifica per il tramite del servizio postale la sentenza n. 5128/2017 richiama l’orientamento consolidato della Corte di cassazione nel senso che “la cartella esattoriale altro non è … che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte, il titolo esecutivo è costituito dal ruolo e l’amministrazione non è quindi in grado di produrre le cartelle esattoriali, il cui unico originale è in possesso della parte debitrice. Essendo stati prodotti gli estratti del ruolo, essi sono validi ai fini probatori e in particolare, per quanto qui interessa, sia per la prova del credito esattoriale che per individuare a tutela di quale tipo di credito agisca l’amministrazione. L’estratto di ruolo è una riproduzione fedele ed integrale degli elementi essenziali contenuti nella cartella esattoriale: esso deve contenere tutti i dati essenziali per consentire al contribuente di identificare a quale pretesa dell’amministrazione esso si riferisca (e per consentire al contribuente di apprestare le sue difese e al giudice ove adito di verificare la fondatezza della pretesa creditoria o gli altri punti sollevati dall’opponente” (cfr. Cass. sez. III, 23 giugno 2015, n. 12888; sez. trib., 19 aprile 2017, n. 9845).
Seguendo questo indirizzo, per il Collegio, quando la cartella esattoriale sia stata notificata mediante il servizio postale, l’agente della riscossione: a) potrebbe legittimamente rispondere a una richiesta di accesso agli atti producendo copia degli estratti di ruolo delle cartelle di pagamento e delle relate di notifica ovvero dei pertinenti avvisi di ricevimento (cfr. Cass., sez. trib., n. 9845/2017, cit.; sez. VI, 11 ottobre 2017, n. 23902); b) a piena tutela dell’interesse del privato, sarebbe comunque tenuto ad attestare – con una specifica dichiarazione formale, della quale si assume la responsabilità, contenuta nella copia dell’estratto di ruolo prodotta o in un autonomo documento – che i dati riportati nell’estratto corrispondono alle risultanze dei ruoli e che né presso di sé né presso altra Amministrazione esistono gli originali richiesti.
Di conseguenza, la sentenza ha affermato che il rifiuto dell’accesso al ruolo ed alla cartella di pagamento non può essere fondato sulla “inesistenza” dei documenti presso l’agente della riscossione, ovvero (quantomeno) sulla impossibilità di riprodurli, pena la illecita disapplicazione di una pluralità di disposizioni di legge e di regolamento e la sussistenza di un’azione amministrativa cui sono estranei basilari principi di documentazione e conservazione degli atti.
Di segno diverso, cioè per una interpretazione più restrittiva del diritto di accesso in materia, sono invece altre sentenze.
In particolare, nella sentenza n. 5035 del 1° luglio 2021, pur non disconoscendosi in linea di principio l’esistenza del diritto in capo al contribuente di ottenere l’esibizione delle cartelle esattoriali che lo riguardano, è stata affermato che se le cartelle originali sono state prodotte in unico originale notificato al contribuente e l’Amministrazione ha dichiarato di non essere in possesso di altro originale, non sarebbe sussistente un diritto all’accesso (alla stregua di un principio generale nei procedimenti di accesso l’esercizio del relativo diritto non potrebbe che riguardare i documenti esistenti e non anche quelli comunque irreperibili).
L’Amministrazione non sarebbe neppure tenuta a conservare per cinque anni le cartelle esattoriali alla luce dell’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602/1973 “il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”. Quindi non un obbligo di conservazione della cartella.
Alle due tesi sopra richiamate (contrapposte soprattutto sull’onere di conservazione delle cartelle esattoriali alla luce dell’ultimo comma dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973), per il Supremo consesso amministrativo, può poi essere aggiunta una ulteriore considerazione che collega il diritto di accesso nel caso in esame al concreto interesse del richiedente.
Più nel dettaglio, secondo questa impostazione nella richiesta di accesso, al di là della natura e consistenza dell’atto (estratto del ruolo – cartella), l’interessato dovrebbe dimostrare anche il nesso di strumentalità all’ostensione.
La tesi in esame si fonda sulle pronunce dell’Adunanza plenaria n. 19 del 25 settembre 2020 e n. 4 del 2021 che, seppure in diversa materia (familiare e societaria), hanno affermato la necessità di corrispondenza e di collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza.
Il caso di specie, dunque andrebbe ricompreso nell’ipotesi dell’accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, con la conseguenza che si dovrebbe escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive.
Tale impostazione deriverebbe dalla circostanza che spesso il richiedente afferma genericamente di non avere la disponibilità della cartella, pur essendo la stessa stata notificata, non indicando né eventuali irritualità della stessa notifica, né altre cause di forza maggiore.
La finalità dell’accesso imporrebbe infatti che sia dedotto e rappresentato dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione il rapporto tra esigenze di conoscibilità della documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare.
Nella ricostruzione fin qui operata infine non può essere tralasciato che appare comunque principio ormai consolidato che una volta accertato il collegamento tra l’interesse e il documento, ogni ulteriore indagine sull’utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale ovvero sull’esistenza di altri strumenti di tutela eventualmente utilizzabili dovrebbe essere del tutto ultronea (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 31 marzo 2021 n. 2682).
Come anche va ricordato, che nell’esame del caso, lo Statuto del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212) espressamente indica quali principi fondati il rapporto tra Amministrazione finanziaria e cittadini quelli della collaborazione, della correttezza e della buona fede.
In considerazione delle ragioni sopra esposte, per il Collegio, la questione controversa va rimessa, ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a., all’Adunanza Plenaria, per la decisione in ordine al punto di diritto suindicato.