Consiglio di Stato, sentenza 15 luglio 2024, n. 6358
PRINCIPIO DI DIRITTO
La Corte di Giustizia UE (sempre con la sentenza del 7 settembre 2023, nella
causa C-226/22) ha chiarito che è ben possibile imporre in modo uniforme, all’insieme degli operatori del settore postale, un obbligo di contribuire al finanziamento dei costi operativi dell’Autorità di regolazione senza tener conto dell’intensità delle attività di regolamentazione e di monitoraggio svolte in relazione ai diversi tipi di servizi postali e senza operare alcuna distinzione, a tal fine, tra fornitori del servizio postale universale e operatori di corriere espresso, purché l’obbligo imposto da tale normativa a detti operatori sia trasparente, accessibile, preciso e univoco, e purché esso sia reso pubblico anticipatamente e sia basato su criteri oggettivi.
La nozione di atto politico – in disparte le scelte operate dal Parlamento per legge –
non riceve una delimitazione diretta ad opera della legge.
In effetti, è stato l’andamento della giurisprudenza, anche se non sempre lineare e
coerente, a precisarne i termini. Deve, peraltro, escludersi che gli atti politici costituiscano un
numero chiuso e predeterminato dal diritto positivo, poiché deve invece farsi riferimento, per la loro perimetrazione, ai due generali criteri di individuazione rinvenibili nella necessità che gli atti siano emanati dagli organi costituzionali(apicali) dello Stato nell’esercizio delle loro superiori funzioni di governo (criterio soggettivo); nell’esigenza che essi si connotino per essere atti «liberi nel fine», fatto salvo il solo rispetto delle norme e dei principi costituzionali (criterio oggettivo-funzionale).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Sono infondati i motivi di appello primo, secondo, terzo e quarto che, sotto
vari profili, contestano l’assoggettabilità delle parti appellanti al contributo dovuto all’Autorità di regolazione.
La Corte di Giustizia UE (sempre con la sentenza del 7 settembre 2023, nella
causa C-226/22) ha chiarito che è ben possibile imporre in modo uniforme, all’insieme degli operatori del settore postale, un obbligo di contribuire al finanziamento dei costi operativi dell’Autorità di regolazione senza tener conto dell’intensità delle attività di regolamentazione e di monitoraggio svolte in relazione ai diversi tipi di servizi postali e senza operare alcuna distinzione, a tal fine, tra fornitori del servizio postale universale e operatori di corriere espresso, purché l’obbligo imposto da tale normativa a detti operatori sia trasparente, accessibile, preciso e univoco, e purché esso sia reso pubblico anticipatamente e sia basato su criteri oggettivi.
La Corte ha precisato che proprio un’imposizione uniforme consente di preservare
la garanzia del finanziamento.
Ai fini della assoggettabilità al contributo, pertanto, non è rilevante distinguere tra
fornitori del servizio postale universale e operatori di corriere espresso tutti indistintamente sono soggetti al contributo.
Alla luce del chiaro principio statuito dalla Corte UE non trovano fondamento le
argomentazioni svolte dalla parti appellanti che fanno leva (i) sulla non esistenza di un automatismo tra svolgimento dell’attività di operatore postale e assoggettamento a contributo (primo motivo); (ii) sulla necessità di una valutazione di opportunità della soggezione a contributo (secondo motivo); (iii) sulla necessità di operare detta valutazione di opportunità con riferimento ai soggetti tenuti alla contribuzione e alla misura della contribuzione (terzo motivo); (iv) sulla asserita mancata definizione di servizi postali e sulla natura peculiare dei corrieri espresso (quarto motivo).
- Infondato è il quinto motivo di appello con il quale si chiede la riforma della
sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittimo l’esonero dalla contribuzione in favore dell’Autorità per le imprese in crisi e per quelle con fatturato inferiore a 100.000,00 euro.
L’art. 1, comma 66, l. 266/2005 (richiamato dall’art. 65 della l. 50/2017) attribuisce
all’Autorità il potere discrezionale di stabilire “le eventuali variazioni della misura e delle modalità della contribuzione”.
Nella specie l’esenzione appare ragionevole. È coerente con il meccanismo
tributario di contribuzione e con il principio solidaristico di cui all’art. 2 Cost.
Inoltre non ha un impatto significativo in grado di influire in maniera apprezzabile
sugli altri operatori.
- È infondato il sesto motivo di ricorso con il quale si critica, sotto altro profilo,
l’imposizione di un onere contributivo indifferenziato sebbene il c.d. carico regolatorio sui servizi che esulano dal servizio universale sarebbe molto ridotto.
Il rigetto del motivo è giustificato dalle ragioni già esposte per rigettare i primi 4
motivi di appello.
Non hanno fondamento, quindi, gli argomenti che fanno leva su una asserita
violazione del principio di proporzionalità e sulla mancanza di una apposita attività istruttoria (come un market test).
- È infondato il settimo motivo di appello che il quale si stigmatizza un asserito
difetto di istruttoria circa il reale fabbisogno dell’Autorità.
24.1 Conviene premettere una considerazione di ordine generale.
La nozione di atto politico – in disparte le scelte operate dal Parlamento per legge – non riceve una delimitazione diretta ad opera della legge. In effetti, è stato l’andamento della giurisprudenza, anche se non sempre lineare e coerente, a precisarne i termini.
Deve, peraltro, escludersi che gli atti politici costituiscano un numero chiuso e
predeterminato dal diritto positivo, poiché deve invece farsi riferimento, per la loro perimetrazione, ai due generali criteri di individuazione rinvenibili nella necessità che gli atti siano emanati dagli organi costituzionali (apicali) dello Stato nell’esercizio delle loro superiori funzioni di governo (criterio soggettivo); nell’ esigenza che essi si connotino per essere atti «liberi nel fine», fatto salvo il solo rispetto delle norme e dei principi costituzionali (criterio oggettivo- funzionale).
In altri termini, gli atti politici costituiscono espressione di libertà (di
azione politica) che spetta, sulla base della Costituzione, ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie e indivisibili a questo inerenti e sono liberi nella scelta dei fini, diversamente dagli atti amministrativi che, anche ove connotati da assai ampia discrezionalità (si pensi ai c.d. atti di alta amministrazione), devono comunque rispettare i limiti e le finalità poste dalla legge e, pertanto, sono soggetti al sindacato giurisdizionale di legittimità imposto dall’ art. 113 Cost..
Ne consegue che l’atto generale di determinazione del contributo dell’AGCOM è un
atto di alta amministrazione che integra – per opera della riserva di legge relativa di cui all’art. 23 Cost. – la fonte legislativa specificando e concretizzando alcuni presupposti della pretesa tributaria, e conservando una connotazione ampiamente discrezionale proprio per detta funzione integrativa.
Il sindacato giurisdizionale in questo quadro, pur non avendo esclusivamente natura
estrinseca e formale, può essere esercitato sul corretto esercizio del potere solo con riferimento alla verifica della ricorrenza di un idoneo e sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell’esistenza di una giustificazione motivazionale sostanziale che appaia non affetta da vizi di manifesta irragionevolezza o sproporzione.