<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 20 ordinanza 2020 n. 22807</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.- Deve in primo luogo rigettarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Inps sul presupposto che il ricorrente difetti di interesse, in quanto egli non sarebbe ancora in possesso dello status di pensionato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’eccezione è inammissibile, perché - al di là della veridicità di tale asserzione, contrastata dal C. nella sua memoria ex art. 378 c.p.c. - la questione del difetto di interesse attiene al merito e non già alla giurisdizione, sicché il suo esame è precluso alla Corte di Cassazione investita della risoluzione del conflitto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>1.1. Il principio, risalente già a Cass. Sez. Un. 22/12/1999, n. 928, e a Cass. Sez. Un. 6/8/1998, n. 7707, è stato di recente riaffermato da queste Sezioni Unite: "Il difetto di interesse ad agire per mancanza di lesione costituisce una questione relativa ai presupposti dell’azione, la cui decisione rientra nei limiti interni della giurisdizione contabile, con la conseguenza che il ricorso per cassazione che prospetti tale vizio sotto il profilo del difetto di giurisdizione è inammissibile, non riguardando il superamento dei limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti (Cass. Sez.Un. 4/10/2019, n. 24858; v. pure Cass. Sez. Un., 14/1/2015, n. 475).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="2"> <li style="font-weight: 400;"><em> È bene ribadire che la<strong>giurisdizione della Corte dei conti in materia di pensioni</strong>(R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62) ha carattere esclusivo, in quanto affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia: in essa sono comprese tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisce elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, nonché, pur in costanza di lavoro, ogni diritto relativo al rapporto pensionistico (Cass. Sez. Un. 14/11/2018, n. 29284; Cass. Sez. Un. 19/6/2017, n. 15057, ed ivi ulteriori riferimenti giurisprudenziali).</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.1. Deve peraltro aggiungersi che, per radicare la giurisdizione della Corte dei conti, "non è sufficiente la natura largamente previdenziale della prestazione richiesta, ma occorre altresì che tale prestazione sia dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell’ambito di un rapporto (previdenziale, appunto) che trovi fonte esclusiva nella legge e abbia causa, soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di lavoro, il quale a sua volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale come mero presupposto di fatto e non come momento genetico del diritto alla prestazione" (Cass. Sez. Un. 19/05/2015, n. 10183; Cass. Sez. Un., 12/10/2009, n. 21554; Cass. Sez. Un., 23/04/2008, n. 10464).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.2. Riguardo alla previdenza integrativa, si è poi affermato che "le controversie promosse da dipendenti in servizio o in quiescenza nei confronti di enti pubblici non economici diversi dallo Stato ed aventi per oggetto il trattamento integrativo erogato da tali enti in aggiunta alla pensione, non attenendo ad un rapporto previdenziale autonomo, ma essendo relative a prestazioni che ineriscono strettamente al pregresso rapporto di impiego posto in essere con l’ente datore di lavoro, in quanto corrisposte da un fondo costituito dai medesimi enti pubblici per mezzo dell’accantonamento di una parte della retribuzione ed alimentato anche da contributi dei dipendenti, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice del rapporto di lavoro e, quindi, al giudice amministrativo in via esclusiva o a quello ordinario" (Cass. Sez. un. 8/6/2011, n. 12462 che richiama Cass. Sez. Un. 30/04/2010, n. 10509; cfr. anche Cass., sez. un., 23/7/2013, n. 17867, e, da ultimo, Cass. Sez. Un., 27/8/2019, n. 21741).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="3"> <li style="font-weight: 400;"><em> La domanda proposta dal C. - e su cui è sorto il conflitto negativo di giurisdizione da dirimere in questa sede - è volta ad ottenere l’accertamento della responsabilità delle amministrazioni datrici di lavoro per il mancato tempestivo avvio delle procedure di negoziazione o concertazione del trattamento di fine rapporto e della previdenza complementare, nonché la condanna delle stesse al risarcimento dei danni cagionati da tale inadempimento.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.1. L’<strong>attivazione della previdenza complementare</strong> è materia riservata alla concertazione-contrattazione, ai sensi delle disposizioni della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 20 e D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 3, comma 2.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nello specifico, la L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 20, ha disposto che "Ai fini dell’armonizzazione al regime generale del trattamento di fine rapporto e dell’istituzione di forme di previdenza complementare dei dipendenti pubblici, le procedure di negoziazione e di concertazione previste dal D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195, potranno definire, per il personale ivi contemplato, la disciplina del trattamento di fine rapporto ai sensi della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, commi da 5 a 8, e successive modificazioni, nonché l’istituzione di forme pensionistiche complementari, di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 3 e successive modificazioni".</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le procedure di negoziazione e di concertazione provvedono a definire a) la costituzione di uno o più fondi nazionali di pensione complementare per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare; b) la misura percentuale della quota di contribuzione a carico delle Amministrazioni e di quella dovuta dal lavoratore, nonché la retribuzione utile alla determinazione delle quote stesse; c) le modalità di trasformazione della buonuscita in trattamento di fine rapporto, le voci retributive utili per gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto, nonché la quota di trattamento di fine rapporto da destinare a previdenza complementare. Destinatario dei fondi pensione è il personale che liberamente aderisce ai fondi stessi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.2. È il cosiddetto "secondo pilastro" del sistema pensionistico, il cui scopo è quello di aggiungersi alla previdenza di base obbligatoria o cosiddetta di "primo pilastro". Esso ha come obiettivo quello di concorrere ad assicurare al lavoratore, per il futuro, "più elevati livelli di copertura previdenziali" (così L. Delega n. 421 del 1992, art. 3, comma 1, lett. v)), insieme alle prestazioni garantite dal sistema pubblico di base ed ha trovato compiuta disciplina nel D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, cit.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.3. Si tratta dunque di una prestazione pensionistica, espressamente definita "complementare" rispetto a quella obbligatoria posta a carico dello Stato, certamente in "collegamento funzionale" con quest’ultima (Corte Cost. 3/10/2019, n. 218, che rinvia a Corte Cost. n. 393/2000 e n. 319/2001), ma da questa sostanzialmente diversa, essendo piuttosto rimessa alla determinazione negoziale in una logica di composizione degli interessi contrapposti delle parti del rapporto di impiego.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="4"> <li style="font-weight: 400;"><em> La controversia in esame involge in via diretta e immediata il rapporto di impiego e, prioritariamente, gli obblighi del datore di lavoro in merito all’avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della conseguente istituzione della previdenza complementare, il cui mancato adempimento è, secondo la prospettazione del ricorrente, fonte di responsabilità contrattuale.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In altri termini, si è in presenza <strong>di un’azione risarcitoria</strong>, in cui tanto il petitum quanto la causa petendi trovano la loro giustificazione in un inadempimento contrattuale, esulando così dalla materia strettamente pensionistica.</em></p> <ol start="5"> <li style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em> Ciò consente di risolvere il conflitto in favore del giudice del rapporto di lavoro - che, nel caso in esame, è il tribunale amministrativo, essendo pacifico che il rapporto di impiego del ricorrente rientra nel regime di diritto pubblico non contrattualizzato sulla base del seguente principio di diritto: "La domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno da mancata attuazione della previdenza complementare per il personale del Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, riservata alla concertazione-contrattazione, ai sensi delle disposizioni della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 20 e D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 3, comma 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, attenendo all’inadempimento di prestazioni di contenuto solo genericamente previdenziale e strettamente inerenti al rapporto di pubblico impiego, non già a materia riguardante un riguardante un trattamento pensionistico a carico dello Stato, sicché la relativa controversia esula dalla giurisdizione della Corte dei conti".</em></li> <li style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em> L’esistenza di contrasti giurisprudenziali, resa evidente in questa controversia dal conflitto reale negativo tra il giudice contabile e il tribunale amministrativo regionale, giustifica la compensazione delle spese di questo giudizio.</em></li> </ol>