Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 01 aprile 2025 n. 2754
PRINCIPIO DI DIRITTO
L’art. 12, comma 1, lett. i), d.l. 16 luglio 2020 n. 76, conv. in l. n. 120 del 2020, secondo cui l’esclusione dell’annullamento dell’atto amministrativo prevista dall’ art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, l. 7 agosto 1990 n. 241, non si applica alla violazione dell’art. 10-bis stessa legge, ha carattere di norma processuale e pertanto non può identificare vizi rispetto a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore.
TESTO RILEVANTE DELLE DECISIONE
- l’appello è fondato nei limiti di seguito specificati.
- Il T.a.r. ha respinto il primo motivo di impugnazione, con cui parte ricorrente lamentava che la Soprintendenza non avrebbe tenuto conto – in violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 – delle osservazioni scritte trasmesse dal ricorrente in risposta al preavviso di rigetto. Tale violazione non sarebbe rilevante, secondo il T.a.r., in quanto il provvedimento di rigetto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, anche perché il d.l. n. 76 del 2020, che ha modificato l’art. 21 octies comma 2, l. n. 241 del 1990 rendendolo inapplicabile all’art. 10 bis, non sarebbe a sua volta applicabile al caso di specie.
- L’appellante ha impugnato questo specifico capo della sentenza con il primo motivo di appello, ritenendo, invece, l’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241 del 1990 norma processuale immediatamente applicabile anche al presente giudizio.
- Con l’art. 21 octies II co. legge n. 241/1990 il legislatore ha disposto che non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. La giurisprudenza ritiene che il secondo periodo della norma si riferisca all’attività discrezionale (cfr., Consiglio di Stato sez. V, 13 agosto 2024, n. 7119).
- Inoltre, il d.l. n. 76 del 2020, nell’ottica di rafforzamento dell’istituto, ha inserito all’interno dell’art. 21 octies un inciso finale, in cui espressamente precisa che il secondo periodo della norma non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’art. 10 bis. Ne consegue, dunque, che la violazione di quest’ultima norma integra una violazione di legge ai sensi del primo comma dell’art. 21 octies con conseguente annullamento giurisdizionale del provvedimento.
- Tra i dubbi che affliggono l’interpretazione della norma vi è quello della natura dell’art. 21 octies II co. (processuale o sostanziale) e delle conseguenze che derivano sul provvedimento.
Sul punto sono state proposte quattro diverse ricostruzioni:
1) il provvedimento è legittimo, ma irregolare;
2) il provvedimento è legittimo perché ha raggiunto lo scopo;
3) il provvedimento è in astratto illegittimo, ma è sanato dal legislatore che così lo considera legittimo (teoria sostanziale);
4) il provvedimento è illegittimo, ma il ricorso è sostanzialmente inammissibile per difetto di interesse ad agire (teoria processuale).
- […] a parer della Sezione, sembra maggiormente coerente con i principi generali la ricostruzione in chiave processuale della norma: quest’ultima non produce il risultato di considerare il provvedimento legittimo, ma più semplicemente codifica l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, nelle ipotesi richiamate dalla norma, il ricorrente non può ritrarre alcuna concreta e giuridicamente apprezzabile utilità dall’annullamento del provvedimento amministrativo che, nella sua sostanza, è corretto.
- La giurisprudenza consolidata è assestata su questa impostazione, perché considera l’art. 21 octies, comma 2, norma di carattere processuale alla quale si applica il principio del tempus regit actum in forza del quale ogni atto del processo è governato dalla norma in vigore nell’attimo in cui interviene l’atto medesimo (Cass. civ., sez. I, 11 gennaio 2017 n. 511; ex plurimis nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, sez. III, 4 giugno 2013, n. 3048; sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4925; sez. V, 2 febbraio 2010, n. 4931; sez. V, 17 settembre 2008, n. 4414; sez. VI, 26 ottobre 2005, n. 5969; sez. VI, 16 maggio 2006, n. 2763; sez. VI, 7 luglio 2006, n. 4307; sez. VI, 11 settembre 2006, n. 5260; sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5547; sez. VI, 17 ottobre 2006, n. 6192, 6193 e 6194; sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4614).
- Questa Sezione ha, peraltro, già chiarito che “l’art. 12, comma 1, lett. i), d.l. 16 luglio 2020 n. 76, conv. in l. n. 120 del 2020, secondo cui l’esclusione dell’annullamento dell’atto amministrativo prevista dall’ art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, l. 7 agosto 1990 n. 241, non si applica alla violazione dell’art. 10-bis stessa legge, ha carattere di norma processuale e pertanto non può identificare vizi rispetto a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore” (cfr., Consiglio di Stato , sez. IV , 10 luglio 2023, n. 6715).
- Questa sezione (sentenza del 10 luglio 2023, n. 6715) ha, inoltre, affermato quanto di seguito riportato: “Senonché nel caso di specie la modifica – operata dall’art. 12, comma 1, lett. i) del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76 convertito dalla legge n. 120 del 2020 – è entrata in vigore il 17 luglio 2020, dopo la pubblicazione della sentenza appellata (risalente al 12 maggio 2020), e non può pertanto essere invocata per sostenerne la erroneità, in applicazione del principio generale sulla successione delle leggi di natura processuale nel tempo, che non ammette l’estensione dell’effetto retroattivo alle fasi processuali già esaurite (c.d. facta praeterita), rappresentata, nel caso di specie, dal giudizio di primo grado”.
- Nel caso di specie, il d.l. n. 76 del 2020 è entrato in vigore prima che si esaurisse il giudizio di primo grado e, quindi, il T.a.r., in virtù del principio tempus regit actum, non avrebbe potuto applicare l’art. 21 octies, comma 2, al preavviso di rigetto, alla luce della modifica apportata dal d.l.n. 76 del 2020 applicabile al caso di specie.
- Il carattere assorbente di tale motivo di appello comporta l’annullamento della sentenza con assorbimento dei restanti motivi.