<p style="text-align: justify;"><strong>CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA – sentenza 3 settembre 2019 n. 9</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Si tratta di una pronuncia che costituisce un ulteriore, significativa tappa del percorso orientato ad una meglio definita identificazione dei c.d. soggetti privati svolgenti pubbliche funzioni, oltre che della natura dei relativi atti. La pronuncia si palesa interessante anche perché pone in primo piano la figura dell’inadempimento e, specularmente, dell’adempimento: nel caso di specie, aventi ad oggetto l’obbligo legale di produrre e immettere in rete, ovvero di acquistare per il tramite dei cd. certificati verdi, una quota di energia prodotta da fonte rinnovabile. Interessanti altresì i richiami alle prestazioni patrimoniali imposte, al (connesso) principio di legalità, al controllo pubblico, alla natura provvedimentale o “paritetica” degli atti ed al relativo regime di impugnazione nonché, più in generale, alla qualificazione delle situazioni giuridiche soggettive come diritti soggettivi o interessi legittimi, seppure nell’ambito di una materia di giurisdizione esclusiva del GA.</p> <p style="text-align: justify;">(gb)</p> <p style="text-align: justify;"><strong><em> </em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO</em></strong><em>: Hanno natura provvedimentale soltanto gli atti con cui il GSE accerta il mancato assolvimento, da parte degli importatori o produttori di energia da fonte non rinnovabile, dell’obbligo di cui all’art.11 d.lgs. n. 79/99. Salvo il legittimo esercizio, ricorrendone i presupposti, dell’autotutela amministrativa, tali atti diventano pertanto definitivi ove non impugnati nei termini decadenziali di legge. Deve invece riconnettersi natura non provvedimentale agli atti con cui il GSE accerta in positivo l’avvenuto puntuale adempimento del suddetto obbligo da parte degli operatori economici di settore</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Appare opportuno muovere dalla ricognizione della natura giuridica del Gestore dei servizi energetici – GSE s.p.a. e dalla funzione dallo stesso svolta in relazione alla verifica dell’osservanza della quota d’obbligo prevista dal ridetto art. 11 del d.lgs. 16 marzo 1999 n.79. Il Gestore dei servizi energetici (già Gestore della rete di trasmissione nazionale, secondo la denominazione contenuta nella legge istitutiva del 1999) è persona giuridica di diritto privato, essendo stato costituito nelle forme della società per azioni. Tuttavia, le azioni della società sono integralmente riservate alla mano pubblica, stante la partecipazione totalitaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze al capitale della società; inoltre, la società è sottoposta al potere di controllo sulla gestione finanziaria da parte della Corte dei Conti, che si esercita ai sensi dell’art. 12 della legge n. 259/58. Ai sensi dell’art. 4 dello Statuto sociale, allegato all’atto costitutivo del Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., la società ha per oggetto l’esercizio delle funzioni di natura pubblicistica nel settore elettrico e in particolare le attività di carattere regolamentare, di verifica e certificazione relativa al settore dell’energia elettrica di cui all’articolo 3, commi 12 e 13 e di cui all’articolo 11, comma 3 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 e successive modifiche e integrazioni, nonché le attività correlate di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 e successive modifiche e integrazioni, in materia di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, comprese le attività di carattere regolamentare e le altre competenze, diritti e poteri ad esse inerenti. Ai sensi dell’art. 8 dello Statuto della società, i diritti dell’azionista sono esercitati d’intesa tra il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Ministro dello sviluppo economico, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Da quanto detto appare chiaro che il Gestore dei servizi energetici rientri nel novero dei soggetti privati svolgenti pubbliche funzioni posto che, pur rivestendo formalmente la veste di società di capitali di diritto privato, è nondimeno soggetto munito dalla legge di funzioni pubbliche correlate – tra l’altro – alla diffusione delle energie da fonte rinnovabile, al controllo ed alla gestione dei flussi energetici di tale provenienza ed all’assolvimento degli obblighi imposti dalla legge agli operatori del settore energetico.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nel caso oggetto di causa, ed ai limitati fini della soluzione del quesito rimesso alla decisione dell’Adunanza, va osservato che le funzioni svolte dal Gestore consistono in particolare nel verificare se gli importatori o i produttori di energia prodotta da fonti non rinnovabili abbiano o meno rispettato, in rapporto all’annualità chiusa al 31 dicembre dell’anno precedente alla verifica, la cd. quota d’obbligo, e cioè l’obbligo legale di produrre e immettere in rete (ovvero di acquistare per il tramite dei cd. certificati verdi) una quota di energia prodotta da fonte rinnovabile. Ora, poiché il suddetto obbligo è posto nel preminente interesse della collettività alla graduale riduzione della componente di anidride carbonica presente nell’atmosfera e corrisponde al superiore interesse a verificarne la concreta osservanza da parte dello Stato (qui da intendersi sia come Stato-persona, in rapporto ai vincoli internazionali nascenti dalla firma del c.d. protocollo di Kyoto, sia come Stato-comunità in rappresentanza dell’ interesse collettivo al miglioramento della qualità ambientale), ne viene che il compito di verifica affidato al GSE si risolve in una eminente funzione amministrativa di controllo sull’attività economica privata. Come tale, siffatta attività si caratterizza per la relativa, significativa rilevanza pubblica, inquadrandosi nell’alveo dei controlli, espressamente previsti dalla Carta costituzionale (art. 41, 3 comma, Cost.), che i pubblici poteri esercitano sull’attività economica privata per assicurare che la stessa persegua gli specifici fini sociali previsti dalla legge. In tale contesto, l’adempimento della quota d’obbligo, riguardata dal versante dei soggetti obbligati, si atteggia alla stregua di una prestazione patrimoniale imposta (art. 23 Cost.) la cui previsione a livello di normazione primaria (art. 11 del d.lgs. n. 79/99) soddisfa il requisito costituzionale della riserva relativa di legge. Ciò premesso in linea generale riguardo alla natura giuridica del soggetto agente e della funzione amministrativa affidata in concreto alle relative cure, va ricordato che in base al principio di legalità (e dei relativi corollari in punto di tipicità e nominatività degli atti amministrativi a contenuto provvedimentale) un soggetto, anche privato, può emanare provvedimenti amministrativi solo nei casi previsti dalla legge, pacifico essendo (in base all’ art. 1, comma 1-ter, della legge n. 241/1990) che i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative debbano assicurare il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento, e quindi in primis quello all’osservanza della legalità dell’azione amministrativa. Nel caso in esame, ad assicurare il rispetto dei richiamati principi della riserva relativa di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte nonché di funzioni amministrative esercitate da soggetti privati, soccorre in via prioritaria ed assorbente la previsione legislativa di cui al richiamato art. 11 d.lgs. n. 79/99, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame. E’ tale legge che individua i soggetti obbligati (importatori e i soggetti responsabili degli impianti che, in ciascun anno, importano o producono energia elettrica da fonti non rinnovabili) all’adempimento della quota d’obbligo e che costituisce la fonte dell’obbligo giuridico di natura patrimoniale loro imposto. E’ la stessa legge che affida (art. 11, comma 5) al Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (corrispondente all’odierno Ministro dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro dell’ambiente, il compito di dettare direttive per la concreta attuazione della previsione legislativa inerente alla quota d’obbligo. In piena aderenza alla descritta fonte giuridica di rango primario, è stata quindi introdotta, in via di normazione secondaria, una dettagliata disciplina delle modalità di esercizio di tale controllo, attraverso un vero e proprio procedimento amministrativo, affidato al titolare del potere di controllo (appunto il GSE, che – come detto – rinviene detto potere nella legge istitutiva e nello statuto sociale), procedimento che si articola nelle sue fasi salienti della iniziativa, della istruttoria e della determinazione conclusiva. Nessun dubbio, pertanto, che la fonte del potere esercitato dal GSE abbia una salda base normativa, che giova qui richiamare nei tratti essenziali.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La legge (art. 11, commi 1, 2, e 3, del d. lgs. n. 79 del 1999) obbliga i produttori e gli importatori di energia derivante da fonti non rinnovabili ad immettere nel sistema una quota d’obbligo di energia di fonti rinnovabili o ad acquistare certificati verdi corrispondenti a tale quota. La stessa legge (art. 11 comma 5) demanda all’autorità governativa l’adozione delle direttive per la relativa attuazione. Tali direttive sono state emanate dapprima con il d.m. 11 novembre 1999: ai sensi dell’art. 3 di tale d.m., che disciplina le modalità di quantificazione dell’energia soggetta all’obbligo, i produttori trasmettono un’autocertificazione, riferita all’anno precedente, attestante le importazioni e produzioni di energia non rinnovabile. L’art. 7 delinea la procedura per la “verifica annuale di adempimento all’obbligo”, precisando che: – entro il 31 marzo di ciascun anno i produttori trasmettono al Gestore “certificati verdi relativi all’anno precedente ed equivalenti, in termini di energia associata, all’obbligo di immissione che compete loro […]” (comma 1); – il Gestore, “sulla base dell’autocertificazione […] ricevuta l’anno precedente, dei certificati verdi ricevuti, e di ogni altro dato in suo possesso, effettua la verifica, relativamente all’anno precedente, di ottemperanza all’obbligo […] ed annulla i certificati relativi” (comma 2); – l’esito della verifica deve essere “notificato agli interessati entro il 30 aprile di ciascun anno”; – la verifica “si intende positiva” se l’energia da fonte rinnovabile associata ai certificati verdi trasmessi “uguaglia o supera il valore della quota in capo al soggetto”; – nel caso di esito negativo, il produttore è tenuto a compensare entro trenta giorni “la differenza evidenziata dalla verifica” (tramite acquisto e invio al Gestore di eventuali certificati verdi in esubero relativi all’anno precedente o tramite acquisto e conseguente annullamento di certificati verdi emessi dal gestore); – in caso di mancato adempimento, il Gestore segnala la circostanza all’Aeeg, che diffida l’obbligato all’ottemperanza. Successivamente, le direttive attuative sono state aggiornate dal d.m. 24 ottobre 2005 (adottato in attuazione dell’art. 20, co. 8, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e a far tempo dal novembre 2006) ed il d.m. del 1999 è stato abrogato con salvezza degli “effetti dispiegati” e dei “diritti acquisiti”. Tale ultimo decreto conferma il meccanismo dell’autocertificazione (art. 3) e della verifica annuale (art. 7), prevedendo altresì (art. 7, comma 4) la segnalazione dell’eventuale inottemperanza all’Autorità per l’energia elettrica “ai fini dell’applicazione delle sanzioni” contemplate dall’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 387/03 cit. a partire dal 2004. Il suddetto art. 4, al comma 3, prevede in particolare che “i soggetti che omettono di presentare l’autocertificazione […] sono considerati inadempienti per la quantità di certificati correlata al totale di elettricità importata e prodotta nell’anno precedente”; inoltre, l’art. 7, comma. 5, del nuovo decreto introduce a carico del Gestore l’obbligo di comunicare ai Ministeri competenti i soggetti inadempienti e l’entità degli inadempimenti ai fini dell’eventuale adozione di “idonee iniziative che tengano conto dell’entità complessiva delle inadempienze, della congruità delle sanzioni comminate e del grado di raggiungimento degli obiettivi connessi agli impegni di riduzione delle emissioni inquinanti assunti in sede comunitaria ed internazionale in applicazione del protocollo di Kyoto”. Va soggiunto, per completezza, che anche il d.m. 24 ottobre 2005 è stato successivamente abrogato e sostituito dal d.m. 18 dicembre 2008, il cui articolo 13 conferma, peraltro, nei suoi tratti distintivi, la disciplina in materia di verifica annuale di adempimento dell’obbligo già dettata dall’articolo 7 del citato d.m. del 2005.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Le disposizioni richiamate delineano nel loro complesso un quadro regolatorio nel cui alveo si svolge dunque da parte del GSE un’attività implicante l’esercizio procedimentalizzato di eminenti funzioni amministrative di controllo. Da tale schema procedimentale emerge infatti che rispetto all’adempimento, da parte dei produttori ed importatori di energia, dell’obbligo di che trattasi, le funzioni di controllo sono riservate in via esclusiva al GSE e che l’esito negativo di detto controllo comporta, tra l’altro, l’effetto di attribuire alla società obbligata la qualifica di soggetto inadempiente, con ogni ulteriore conseguenza sul piano della successiva ingiunzione di pagamento nonché dell’applicazione delle sanzioni pecuniarie da parte dell’Autorità di settore, salvi gli effetti delle comunicazioni ai Ministri competenti per ogni altro eventuale ulteriore provvedimento. alla luce di quanto detto, ritiene l’Adunanza plenaria, che il potere del GSE di accertare unilateralmente e definitivamente (in via amministrativa) lo stato (eventuale) di inadempienza degli operatori economici rispetto al ridetto obbligo di legge non possa che manifestarsi attraverso la forma ed i contenuti propri dell’attività provvedimentale. Il suddetto potere si inscrive in un rapporto di naturale asimmetria fra le parti, ben rappresentato dalla tradizionale endiadi potestà-soggezione, propria dei rapporti di diritto amministrativo qualificati dalla autoritività dell’azione del soggetto agente. Se è vero infatti che i poteri sanzionatori non mettono capo al GSE ma alla AEEG (oggi ARERA, Autorità di regolazione delle Reti e dell’Ambiente), nondimeno appare evidente la stretta correlazione tra l’atto di autonomo accertamento della inadempienza da parte del Gestore ed i meccanismi di riparazione che da tale accertata inadempienza ne derivano, rappresentati in particolare dalla applicazione delle sanzioni pecuniarie per l’inadempimento di competenza dell’Autorità (che – si ripete – viene investita solo ai fini dell’applicazione delle sanzioni) e dagli altri eventuali provvedimenti dei Ministri competenti, cui va inviata da parte del GSE la comunicazione contenente i nominativi dei soggetti inadempienti. Nessun soggetto dell’ordinamento potrebbe unilateralmente e con carattere di autonomia rispetto ad altre autorità amministrative suggellare il definitivo accertamento della inadempienza di un operatore economico se la legge non intestasse a quel soggetto poteri amministrativi in senso proprio, che si estrinsecano cioè necessariamente con l’adozione di atti aventi natura provvedimentale; rispetto ai quali, le misure di tutela della parte privata si compendiano in via principale nel provocare l’annullamento degli atti di accertamento della inadempienza, previa impugnazione degli stessi nel termine decadenziale di legge dinanzi al giudice amministrativo. Ritiene pertanto l’Adunanza plenaria che, più che sulla forma procedimentalizzata, nei modi dianzi divisati, di esercizio dei poteri amministrativi di controllo in capo al GSE (non incompatibile ex se con la individuazione di posizioni di diritto soggettivo dei soggetti privati coinvolti) a far propendere per la connotazione autoritativa degli atti di accertamento negativo adottati dal GSE nell’ambito del procedimento di verifica di che trattasi deponga la natura di quei poteri, estranea al paradigma dell’atto paritetico di mero accertamento ove si risolva nel produrre, con effetto costitutivo, un nuovo status a carico dell’operatore economico (quello appunto, di soggetto inadempiente), suscettibile di rilevare ex se ai fini della applicazione di ulteriori provvedimenti a carattere sanzionatorio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Non sarebbe coerente con il sistema prefigurare una sanzione (o altro provvedimento sospensivo o limitativo del titolo di esercizio da adottarsi da parte degli altri Ministeri cui va indirizzata la comunicazione di inadempienza accertata dal GSE) che abbia a presupposto non un atto autoritativo ma di mero accertamento, suscettibile in tesi di essere contestato in via autonoma, nei limiti della prescrizione del diritto, nell’ambito di un rapporto obbligatorio paritetico inter partes ben difficile da ipotizzare nella fattispecie in esame, avuto riguardo alla asimmetria delle posizioni rispettive ed alla natura dei poteri in concreto esercitati dal GSE. E’ evidente come anche tale elemento, che riguarda la stretta correlazione tra atto di accertamento dell’inadempimento (con conseguenziale attribuzione all’operatore economico dello stigma di soggetto inadempiente) ed il sistema delle sanzioni correlate a quell’accertamento, militi nel senso della natura provvedimentale dell’accertamento negativo, avuto riguardo anche alla necessaria esigenza di certezza giuridica e di stabilità del provvedimento del GSE che accerta l’inadempienza dell’operatore economico rispetto all’obbligo di legge, in funzione propedeutica al sistema sanzionatorio affidato alle cure di altre autorità amministrative. Non sarebbe infatti coerente con il sistema suindicato che il provvedimento sanzionatorio, di sicura matrice provvedimentale, avesse a presupposto un atto di autonomo e insuperabile accertamento della inadempienza potenzialmente cedevole, nel quinquennio, sotto la scure giurisdizionale. Per vero, nella fattispecie in esame ed ai limitati fini dell’azione amministrativa volta all’accertamento della inadempienza ed alla applicazione delle sanzioni correlate, vi sono due soggetti dell’ordinamento che agiscono di conserva nell’esercizio di eminenti funzioni pubbliche complementari: il primo (GSE) accerta (se e in che misura l’obbligo di legge è stato adempiuto) e suggella, ove occorra, lo stato di inadempimento del produttore che non abbia ripianato, nel termine assegnatogli, la situazione debitoria risultante dalla verifica negativa; il secondo ( ARERA) che sanziona, ponendo a base della misura riparatoria l’accertamento posto in essere dal GSE. Ora, poiché la sanzione può conseguire soltanto al definitivo accertamento del dovuto, appare evidente come gli atti posti in essere da ciascuno di tali soggetti debbano necessariamente avere analoga natura giuridica, atteso che – come detto – la sanzione consegue al definitivo accertamento del dovuto. Tale costruzione suppone pertanto la qualificazione della fattispecie in termini di attività provvedimentale suscettibile di giudizio impugnatorio, sia in relazione alla sanzione, sia rispetto al presupposto atto accertativo inerente al mancato assolvimento puntuale della quota d’obbligo prevista dalla legge.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Diversamente da quanto previsto nell’ambito del procedimento generale delineato dalla legge di depenalizzazione in tema di sanzioni amministrative pecuniarie, in cui l’autorità che ingiunge il pagamento della sanzione deve far proprio l’accertamento (“se ritiene fondato l’accertamento” cfr. art. 18, comma 2, l. n. 689/81) , nella fattispecie in esame i compiti di accertamento e di applicazione della sanzione per la mancata osservanza dell’obbligo di legge sono ripartiti secondo una rigida distinzione tra GSE e ARERA; di modo che, salvi i vizi propri del provvedimento sanzionatorio, non potrebbe darsi impugnazione di tale atto da parte di chi contesti l’an debeatur della sanzione senza che non venga contestualmente mossa contestazione all’accertamento del GSE, soggetto quindi che deve essere giocoforza parte del rapporto giuridico processuale. In contrario avviso non deve indurre l’asserito carattere vincolato (anche ove, in tesi, conseguente a mero accertamento tecnico) dell’atto con il GSE verifica, in positivo o in negativo, l’assolvimento del ridetto obbligo da parte degli operatori del settore energetico. Anche a ritenere – ciò che appare tuttavia dubbio – che la verifica del GSE sia scevra da profili valutativi di ordine tecnico, nondimeno, anche seguendo tale costruzione teorica, il carattere vincolato dell’atto non ne eliderebbe la connotazione provvedimentale, una volta acclarato che la norma mira a soddisfare in via diretta l’interesse pubblico alla puntuale osservanza della quota d’obbligo di energia da fonte rinnovabile e che tale interesse pubblico primario viene delegato ad un soggetto privato esercente pubbliche funzioni capace di accertare in via autonoma e definitiva la inadempienza del soggetto obbligato. Giova infatti rammentare che, in termini generali, la posizione di interesse legittimo si collega all’esercizio di una potestà amministrativa rivolta, secondo il suo modello legale, alla cura diretta ed immediata di un interesse della collettività; il diritto soggettivo nei confronti della pubblica amministrazione trova, invece, fondamento in norme che, nella prospettiva della regolazione di interessi sostanziali contrapposti, aventi di regola natura patrimoniale, pongono a carico dell’amministrazione obblighi a garanzia diretta ed immediata di un interesse individuale. Donde il principio che la distinzione fra interessi legittimi e diritti soggettivi va fatta con riferimento alla finalità perseguita dalla norma alla quale l’atto si collega e alla conseguente posizione di autorità attribuita all’amministrazione (o al soggetto comunque esercente una pubblica funzione), giacché quando risulti, attraverso i consueti processi intepretativi, che l’ordinamento abbia inteso tutelare in via primaria l’interesse pubblico e che conseguentemente l’Amministrazione agisca come autorità, alle contrapposte posizioni sostanziali dei privati non può che essere riconosciuta una protezione mediata che, da un lato, passa necessariamente attraverso la potestà provvedimentale dell’amministrazione e, dall’altro, si traduce nella possibilità di promuovere, davanti al giudice amministrativo, il controllo sulla legittimità dell’atto. Al fine di inferirne la natura paritetica degli atti in esame, non può poi giovare il richiamo alle argomentazioni rinvenibili nella decisione assunta da questa Adunanza plenaria n. 12 del 2018, in tema di natura paritetica degli atti di accertamento dell’obbligo di corrispondere gli oneri concessori connessi al rilascio dei titoli edilizi. A parte la assoluta diversità della materia, vale osservare che in quel caso è la stessa autorità comunale ad essere intestataria dei poteri sanzionatori correlati al mancato accertamento degli oneri concessori, di tal che l’accertamento della inadempienza è compiuto dalla stessa autorità in sede di applicazione della sanzione, il che rende coerente la decisione di considerare non autoritativo l’atto presupposto di mera determinazione quantitativa degli oneri concessori da corrispondere ai fini del rilascio del titolo edilizio.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>A conclusioni diverse riguardo alla natura dell’atto conclusivo del procedimento di verifica l’Adunanza plenaria ritiene di dover giungere nel caso in cui il controllo del GSE sull’osservanza della quota d’obbligo abbia dato esito positivo.In tale ipotesi, appare evidente come non sussista alcun atto provvedimentale a contenuto ed effetto costitutivo che il Gestore adotti in danno dell’operatore economico a suggello della conclusione della fase di verifica e sulla cui base venga esercitato il potere sanzionatorio dell’Autorità di settore. In tale evenienza, infatti, il GSE si limita a riscontrare che l’impresa ha adempiuto, per quell’anno, all’obbligo di legge. E’ da escludere pertanto che a tal genere di atto possa riconnettersi natura provvedimentale, posto che in tal caso non vi è alcuna incisione sulla posizione giuridica del soggetto obbligato, né sussiste alcuna determinazione sfavorevole correlata, come nel caso dell’esito negativo della verifica, all’accertamento dello stato di inadempienza dell’operatore economico in funzione propedeutica al procedimento sanzionatorio. E, d’altra parte, nel delineato contesto di un atto che si limiti a verificare in senso positivo l’adempimento dell’obbligo da parte del privato, la struttura impugnatoria del giudizio e il conseguente onere di gravame dell’atto di accertamento positivo nel termine decadenziale difficilmente sarebbero coerenti con i presupporti e le condizioni di tale azione processuale, anche in termini di interesse a ricorrere in rapporto alla (immediata) lesività dell’atto. La natura dell’atto è dunque nella fattispecie appena descritta quella propria dell’atto paritetico, tipologia di antica costruzione giurisprudenziale, delineatasi nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione a quegli atti che, in quanto sforniti di autoritatività, risultano incapaci – secondo la costruzione dogmatica dell’epoca – di degradare i diritti soggettivi incisi, che restano integri ed azionabili pertanto nei tradizionali termini prescrizionali. E che oggi possono essere definiti come quegli atti, posti in essere da un’amministrazione in senso oggettivo nell’ambito di un rapporto amministrativo complesso in cui si intrecciano poteri autoritativi e non, la cui cognizione è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo proprio per assicurare unità e concentrazione anche sul piano processuale a una vicenda sostanziale pluristrutturata (in cui situazioni di potere, diritto e interesse risultano inestricabilmente intrecciate). A ben guardare, l’accertamento positivo compiuto dal GSE, che riscontri il corretto adempimento dell’obbligo di corrispondere la quota d’obbligo da parte dell’operatore, si rivolve in una mera presa d’atto dell’assolvimento degli obblighi discendenti direttamente dalla legge in cui ciò che rileva, sul piano del controllo amministrativo, è che quel soggetto per quell’anno non può essere ritenuto inadempiente. Tuttavia, ben si comprende come a tale atto di accertamento positivo, sfornito di autoritatività, giammai potrebbe riconnettersi un effetto ostativo rispetto ad un’azione restitutoria, da introdurre nel termine prescrizionale del diritto, conseguente alla rideterminazione del dovuto, ove – come nella specie– la parte obbligata dichiari di essere incorsa in errore (ed abbia in tale preteso errore coinvolto lo stesso GSE) nell’indicare i quantitativi di energia sui quali calcolare la quota d’obbligo. In tale ipotesi , la natura non provvedimentale dell’atto di accertamento positivo del GSE risulta pienamente coerente con la circostanza secondo cui la contestazione non riguarda formalmente un atto dell’amministrazione ma sostanzialmente la determinazione dell’esatta portata dell’adempimento di un debito rispetto al contenuto specifico dell’obbligazione ex lege nonché all’eventuale esistenza di una situazione creditoria riveniente da un adempimento eccedentario rispetto al dovuto. In tale contesto, quelli che una volta erano definiti atti paritetici, in omaggio alla struttura impugnatoria del processo, oggi sono atti di una vicenda procedimentale, svincolata dalla natura necessariamente impugnatoria del processo, in cui si tratta semplicemente di accertare la consistenza delle situazioni sostanziali e la spettanza del bene dedotto in giudizio. Consegue da tale ricostruzione giuridica della fattispecie che, in caso di esito positivo del controllo sul rispetto della quota d’obbligo – ipotesi che ricorre nella fattispecie oggetto di causa – se la parte assuma di aver pagato più del dovuto o comunque intenda rimettere in discussione la quantificazione del dovuto, per come accertata dal Gestore ancorché sulla base delle autodichiarazioni rese dal legale rappresentante dell’impresa obbligata, non incontra il limite della decadenza dall’azione impugnatoria, correlata soltanto ai provvedimenti del Gestore accertativi della inadempienza; onde l’impresa sottoposta a verifica positiva potrà sempre far valere, nel rispetto del termine prescrizionale del diritto, la sua pretesa restitutoria dinanzi al giudice amministrativo munito di giurisdizione esclusiva ( art. 133, lett. o) c.p.a.).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Se nel caso di accertamento dell’inadempimento il privato può contestare la legittimità di una potestà amministrativa a cui si ricollega una potestà sanzionatoria, a fronte di una verifica positiva dell’adempimento degli obblighi di legge la controversia riguarda esclusivamente il quantum dovuto e l’asserita ripetizione di quanto versato in più. Si tratta quindi di una controversia di natura patrimoniale, in cui non viene in questione il legittimo (o meno) esercizio di una potestà pubblica ma solo il corretto calcolo di quanto sia dovuto sul presupposto di una verifica dell’assolvimento degli obblighi di legge, verifica positiva che nell’immediatezza del suo svolgersi non è contestata da nessuna delle parti del rapporto sostanziale. Al di là della natura del provvedimento, la soluzione del quesito posto all’Adunanza plenaria risulterà di più immediata percezione se riguardata dal punto di vista della posizione del soggetto che agisce in giudizio: nel caso di accertamento negativo egli contesta l’esercizio di un potere unilaterale dell’amministrazione di accertare l’inadempimento, cui consegue l’avvio del procedimento sanzionatorio; nel caso di verifica positiva, il privato non si duole (né potrebbe dolersi) degli esiti della verifica, positiva, e tanto basta a escludere che ogni relativa controversia possa avere ad oggetto l’esercizio di un potere autoritativo (il)legittimanete esercitato. Se quindi è contestata la determinazione del dovuto e si agisce in giudizio – come nel caso in esame- con un’azione di ripetizione di indebito, la controversia non afferisce all’esercizio di un potere autoritativo, ma a mere posizioni patrimoniali delle parti, , giustiziabili nel rispetto del termine prescrizionale del diritto fatto valere. Tale soluzione duale riguardo alla natura degli atti del GSE (provvedimentale/ non provvedimentale, a seconda degli esiti del procedimento di verifica) risulti pienamente coerente con la scelta legislativa, non altrimenti giustificabile ove non connessa all’esercizio di poteri amministrativi (cfr. Corte cost. n. 292 del 2000, n. 204 del 2004 e n. 140 del 2007), di affidare alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo la giurisdizione anche di questa materia, sia che vengano in gioco poteri autoritativi in senso tecnico e quindi interessi legittimi, sia che si controverta di meri diritti soggettivi di natura patrimoniale, solo indirettamente collegati all’esercizio di un potere autoritativo nel cui ambito pur si inseriscono, come appunto quelli qui dedotti in termini di condictio indebiti con l’atto introduttivo del giudizio.</em></p>