Corte Costituzionale, ordinanza 20 novembre 2020 n. 242
Deve riconoscersi la possibilità che la notifica dei ricorsi introduttivi di giudizi di legittimità costituzionale in via principale sia validamente effettuata mediante PEC.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Considerato che il giudizio indicato in epigrafe è stato introdotto con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sottoscritto digitalmente e notificato esclusivamente a mezzo di posta elettronica certificata (di seguito: PEC) il 23 settembre 2019;
che il ricorso è stato depositato in cancelleria il 25 settembre 2019 con allegata attestazione di conformità;
che la Regione Siciliana si è costituita con atto depositato il 28 ottobre 2019, esclusivamente per eccepire l’inammissibilità del ricorso sul rilievo dell’asserita irritualità della sua notifica a mezzo PEC;
che la decisione su tale eccezione di inammissibilità è pregiudiziale rispetto all’esame di tutti gli altri profili, sia di inammissibilità che di merito, relativi alle questioni promosse, nonché alla stessa decisione sull’ammissibilità dell’atto d’intervento depositato dall’associazione ANCE Sicilia – Collegio regionale dei Costruttori Edili Siciliani;
che deve essere oggetto di precisazioni quanto statuito da questa Corte nella sentenza n. 200 del 2019;
che, a ben vedere, infatti, nella sentenza appena citata, l’affermazione secondo cui la notifica del ricorso via PEC non risultava «compatibile» con la specificità del processo costituzionale era inserita in una vicenda particolare, incentrata sulla tempestività della costituzione della parte resistente effettuata a seguito della reiterata notifica affidata ad ufficiale giudiziario;
che, in ogni caso, la disciplina delle notificazioni dei ricorsi in via principale non è espressamente contenuta nelle fonti che regolano i giudizi davanti a questa Corte;
che, in mancanza di disposizioni dettate appositamente per il giudizio costituzionale, soccorre il rinvio contenuto nell’art. 22, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale» (ex plurimis, sentenza n. 144 del 2015 e ordinanza n. 101 del 2017);
che, secondo tale previsione, nei procedimenti davanti a questa Corte si osservano, in quanto applicabili, le norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, oggi disciplinata dal codice del processo amministrativo, approvato dall’art. 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo);
che l’art. 39, comma 2, del citato codice dispone che «[l]e notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile»;
che, in particolare, l’art. 55, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) attribuisce all’Avvocatura generale dello Stato la possibilità di eseguire le notificazioni secondo quanto prevede la legge 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali);
che questa Corte ha già affermato che il citato art. 55 deve considerarsi «pacificamente applicabile anche ai giudizi di legittimità costituzionale» (sentenza n. 245 del 2017; in termini simili sentenza n. 310 del 2011);
che l’art. 1, comma 1, della legge n. 53 del 1994 – a seguito delle modifiche apportate dall’art. 25, comma 3, lettera a), della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012)» – prevede, al secondo periodo, la possibilità di eseguire le notificazioni degli atti a mezzo PEC;
che il successivo art. 3-bis della stessa legge n. 53 del 1994, introdotto dall’art. 16-quater, comma 1, lettera d), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, come inserito dall’art. 1, comma 19, numero 2), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)», disciplina dettagliatamente le modalità con cui la notificazione a mezzo PEC può essere eseguita;
che questa Corte ha riconosciuto l’applicabilità di altre previsioni della legge n. 53 del 1994 ai giudizi costituzionali (sentenze n. 245 del 2017 e n. 310 del 2011);
che, alla luce di tale quadro normativo, deve riconoscersi la possibilità che la notifica dei ricorsi introduttivi di giudizi di legittimità costituzionale in via principale sia validamente effettuata mediante PEC;
che deve essere pertanto respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione Siciliana;
che, tuttavia, in ragione della novità del caso, nonché dell’affidamento riposto dalla resistente Regione Siciliana su quanto affermato nella citata sentenza n. 200 del 2019, va disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, così da consentire alle parti, ai sensi dell’art. 10 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, di depositare eventuali memorie illustrative e di discutere il merito del ricorso in una nuova udienza pubblica;
che resta, comunque, impregiudicata ogni altra valutazione, sia sull’ammissibilità del ricordato atto d’intervento, sia su ogni eventuale, ulteriore profilo di ammissibilità delle censure sollevate.