Corte di Cassazione civile, Sezioni Unite, ordinanza 19 agosto 2024, n. 22893
PRINCIPIO DI DIRITTO
Appartengono alla giurisdizione del Commissario per la liquidazione le controversie che abbiano ad oggetto l’accertamento degli usi civici o di diritti di uso collettivo delle terre ovvero l’appartenenza di un terreno al demanio civico.
Il diritto di uso civico, oltre che su beni di proprietà collettiva, può gravare anche su beni di proprietà privata. Nel primo caso il diritto si presenta in re propria, nel secondo è un diritto limitato in re aliena.
La questione se il diritto di uso civico gravi su beni appartenenti al demanio civico ovvero su beni privati non è affatto sottratta alla cognizione del commissario regionale per gli usi civici, rientrando nell’accertamento ad esso demandato in ordine all’estensione del diritto di uso civico, da intendersi non solo in senso quantitativo o spaziale ma anche qualitativo, per la necessaria interferenza tra tale diritto e quello di proprietà privata, e in definitiva sulla qualità demaniale del terreno.
Il vincolo di inalienabilità è ravvisabile solo per i beni appartenenti al demanio civico, in quanto beni gravati di uso civico di proprietà collettività, assimilati al regime dei beni demaniali. L’eventuale cessione di questi ultimi è condizionata al provvedimento di sdemanializzazione. L’applicabilità del regime dei beni demaniali porta ad escludere che i beni di proprietà collettiva possano essere acquistati in virtù di usucapione, trovando applicazione la disciplina prevista per i beni demaniali dall’art. 823 c.c. Diverso invece è lo statuto dei beni di proprietà privata, che, pur gravati di usi civici, sono alienabili, con conseguente trasmissione, secondo la regola generale della ambulatorietà, anche del diritto in re aliena. Essi sono inoltre suscettibili di essere acquistati per usucapione, ma con lo stesso limite, essendo anche in questo caso il diritto di proprietà limitato dalla permanenza del diritto di uso civico.
La competenza giurisdizionale del Commissario per gli usi civici è configurabile nei soli casi in cui la questione della c.d. qualitas soli debba essere risolta in via principale, con accertamento suscettibile di acquisire forza di giudicato, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., non quando essa possa essere affrontata in via meramente incidentale, con accertamento la cui efficacia resti limitata alla decisione della causa.
L’accertamento della qualitas soli rientra nella giurisdizione commissariale solo quando la relativa questione venga sollevata dal preteso titolare o dal preteso utente del diritto civico nei confronti dell’ente titolare del demanio civico, mentre laddove, nelle controversie tra privati, la demanialità civica di un bene sia eccepita al solo scopo di negare l’esistenza del diritto soggettivo del quale la controparte sostenga di essere titolare, risolvendosi nella contestazione d’un fatto costitutivo del diritto azionato dalla controparte, essa può essere esaminata dal giudice ordinario con statuizione sul punto efficace solo incidenter tantum, senza che, in ragione di tale eccezione, s’innesti nel processo una contestazione sull’esistenza dell’uso civico.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Motivi della decisione
- Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di documenti decisivi, lamentando che la Corte di appello abbia risolto la questione di giurisdizione trascurando di considerare la sentenza della Commissione per la liquidazione degli usi civici del Lazio n. 18 del 18.5.2016, prodotta in sede di deposito della comparsa conclusionale, che in relazione ad una domanda di liquidazione di usi civici nei terreni di Ardea, in località Le Salzare, dando definitivamente atto della esistenza del diritto civico di pascolo, aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, rimettendo ogni determinazione in merito alle modalità di liquidazione alla Regione. Da tale decisione e dai provvedimenti emessi in precedenza nel lungo contenzioso che aveva interessato il suddetti terreni, risultavano quindi definitivamente accertate l’esistenza e la natura degli usi civici gravanti su di essi.
In particolare, l’omesso esame di tali documenti si è risolto in un errore decisivo, in quanto non ha permesso di rilevare che i terreni gravati incontestabilmente da uso civico non facevano parte del demanio, ma del patrimonio disponibile dell’ente pubblico. Ne deriva, sostiene il ricorrente, che la domanda di usucapione, avendo ad oggetto un terreno gravato da uso civico non già demaniale ma privato, spettava alla cognizione del giudice ordinario, potendo ogni questione in ordine alla natura dei beni essere risolta in via incidentale.
- Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 345, comma 3, c.p.c., censurando la sentenza impugnata per non avere tenuto conto, nel risolvere la questione di giurisdizione, della sentenza del Commissario per gli usi civici del Lazio n. 18 del 2016 e dell’atto di cessione dei terreni al comune di Ardea, nonostante la produzione di tali documenti, pur avvenuta solo in sede di comparsa conclusionale, fosse ammissibile, trattandosi di atti indispensabili ai fini della decisione, che la parte non aveva potuto produrre in precedenza.
- Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 29 legge 16. 6. 1927, n. 1766, censurando la decisione impugnata per non avere considerato che il diritto di uso civico gravava su beni privati, risultando dagli atti di causa che i terreni de quibus erano stati acquisiti dallo Stato, quale erede necessario ex art. 586 c.c. Non formava invece oggetto di contestazione l’esistenza su di essi degli usi civici di pascolo, tenuto conto della sentenza del Commissario per gli usi civici del Lazio n. 7 del 1996, che li qualificava diritti utili ai sensi dell’art. 4 n. 2 della legge n. 1766 del 1027. Ne consegue, prosegue il ricorso, che nella presente controversia non si poneva alcuna necessità di accertare la qualitas soli con efficacia di giudicato o di risolvere questioni attinenti all’esistenza, natura o estensione del diritto civico, e che la controversia si spiegava interamente sul terreno dei rapporti di diritto privato. La competenza a decidere sulla domanda di usucapione spettava pertanto al giudice ordinario.
- Il quarto motivo di ricorso denuncia vizio di omesso esame di fatto decisivo, per avere la Corte di appello trascurato di considerare che i terreni su cui gravavano gli usi civici erano di proprietà privata e non demaniale.
Sotto altro profilo si assume che l’esistenza dell’uso civico non era di ostacolo all’accoglimento della domanda di usucapione, risolvendosi il primo in un peso che affianca, limitandolo, il diritto di proprietà, mentre i vincoli di inalienabilità ed inusucapibilità sono caratteristica dei beni appartenenti al demanio civico e non al patrimonio disponibile.
- Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., lamentando che la Corte di appello non abbia tenuto conto della sentenza del Commissario per gli usi civici del lazio n. 18 del 2016, che aveva risolto le questioni sulle modalità di liquidazione e sulla qualità del suolo e che, quale giudicato esterno, era rilevabile anche d’ufficio.
6.1. Il terzo e quarto motivo, che si esaminano congiuntamente per ragioni di connessione obiettiva, sono fondati, mentre gli altri motivi rimangono per l’effetto assorbiti.
6.2. Non è in discussione in causa l’affermazione della Corte territoriale che, richiamando le conformi pronunce del 1954 e del 1970 del Commissario per la liquidazione degli usi civici del Lazio e del 1996 della stessa Corte di appello, ha dato atto che il bene oggetto della domanda di usucapione era gravato da uso civico di pascolo, ai sensi dell’art. 4 n. 2 della legge n. 1776 del 1927. Muovendo da tale dato, la Corte di appello ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore del Commissario per la liquidazione degli usi civici del Lazio sulla base del rilievo che la parte convenuta, Agenzia del Demanio, aveva eccepito l’inclusione del bene per cui è causa nel demanio civico, ponendo una questione rientrante nella competenza del giudice speciale, ai sensi dell’art. 29 della legge citata.
Questa disposizione stabilisce che i commissari per la liquidazione degli usi civici “decideranno tutte le controversie circa la esistenza, la natura e la estensione dei diritti suddetti, comprese quelle nelle quali sia contestata la qualità demaniale del suolo o l’appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni, nonché tutte le questioni a cui dia luogo lo svolgimento delle questioni loro affidate”. Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, appartengono alla giurisdizione del Commissario per la liquidazione le controversie che abbiano ad oggetto l’accertamento degli usi civici o di diritti di uso collettivo delle terre ovvero l’appartenenza di un terreno al demanio civico. Ora, la Corte di appello richiama questo orientamento, giustificando la declaratoria del proprio difetto di giurisdizione in forza del rilievo che l’eccezione sollevata dalla parte convenuta, poi appellante, esige la soluzione in via principale, e non meramente incidentale, della questione della demanialità del bene per cui è causa e pertanto spetta alla cognizione del Commissario regionale per gli usi civici.
7.3. Nella sua memoria il P.M. ha concluso per la fondatezza del ricorso, sulla base della considerazione che il fatto che i terreni oggetto della domanda di usucapione siano gravati da uso civico non è nella specie in discussione, avendo la Corte di appello richiamato le pregresse pronunce del Commissario per gli usi civici del Lazio che riconoscevano sugli stessi il diritto civico di pascolo. Queste decisioni pertanto, avendo accertato incontrovertibilmente la sussistenza del diritto di uso civico, avrebbero definito, in modo incontrovertibile, ogni questione sulla c.d. qualitas soli, sottraendo il punto controverso alla cognizione del Commissario per gli usi civici. Si è infatti affermato che restano escluse dalla giurisdizione commissariale le domande che postulano un già intervenuto accertamento della qualitas soli (Cass. Sez. un. n. 20183 del 2019; Cass. Sez. un. n. 28802 del 2022).
7.4. L’argomentazione offerta dal Procuratore generale non è condivisibile.
Dalla esposizione dei fatti di causa risulta che l’Agenzia del Demanio ha fondato la propria eccezione di difetto di giurisdizione non già sulla esistenza di un uso civico sui terreni oggetto della domanda, fatto di per sé pacifico, bensì sulla loro appartenenza al demanio civico, cioè sul rilievo che essi facciano parte della proprietà collettiva degli abitanti del comune in cui essi si trovano.
Com’è noto il diritto di uso civico, oltre che su beni di proprietà collettiva, può gravare anche su beni di proprietà privata. Nel primo caso il diritto si presenta in re propria, nel secondo è un diritto limitato in re aliena.
Il dato può considerarsi pacifico, in linea con la storia dell’istituto e positivamente racchiuso nelle varie disposizioni della legge n. 1776 del 1927 che disciplinano il diritto di uso civico su beni altrui (ad esempio, l’art. 4 e l’art. 5 e seguenti sul diritto ed il procedimento di liquidazione) (Cass. Sez. un. n. 12570 del 2023; Cass. Sez. un. n. 1671 del 1973 ). Va poi menzionata la legge n. 168 del 2017, che definisce beni collettivi le terre di proprietà di soggetti pubblici o privati sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati ( art. 3, comma 1 lett. d).
Tanto premesso, deve ritenersi che la questione se il diritto di uso civico gravi su beni appartenenti al demanio civico ovvero su beni privati non sia affatto sottratta alla cognizione del commissario regionale per gli usi civici, rientrando nell’accertamento ad esso demandato in ordine all’estensione del diritto di uso civico, da intendersi non solo in senso quantitativo o spaziale ma anche qualitativo, per la necessaria interferenza tra tale diritto e quello di proprietà privata, e in definitiva sulla qualità demaniale del terreno (Cass. Sez. un. n. 12570 del 2023).
7.5. La circostanza che l’uso civico cada su un bene privato o un bene collettivo attrae su di sé un diverso regime della proprietà.
La tesi contraria svolta dall’Avvocatura dello Stato, che nel proprio controricorso ha richiamato l’art. 3, comma 3, della legge n. 168 del 2017, secondo cui anche in beni privati gravati da uso civico sono sottoposti al vincolo della inalienabilità, deve ritenersi infatti superata a seguito della sentenza n. 119 del 2023 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittima tale estensione, segnalando altresì, ed il dato è significativo, mediante richiamo anche a pronunce di questa Corte (Cass. n. 19792 del 2011 e n. 1534 del 2018), la novità del principio di inalienabilità espresso dalla legge del 2017 con riguardo ai beni privati rispetto al regime anteriore dettato dalla legge n. 1776 del 1927.
Deve pertanto convenirsi che il vincolo di inalienabilità è ravvisabile solo per i beni appartenenti al demanio civico, in quanto beni gravati di uso civico di proprietà collettività, assimilati al regime dei beni demaniali. L’eventuale cessione di questi ultimi è condizionata al provvedimento di sdemanializzazione (Cass. Sez. un. n. 12570 del 2023 che, nel sottolineare la differente disciplina a cui sono sottoposti i beni del demanio civico rispetto ai beni privati gravati da uso civico, afferma, per i primi, la sottrazione all’espropriazione per pubblica utilità in difetto di un formale provvedimento di sdemanializzazione). L’applicabilità del regime dei beni demaniali porta ad escludere che i beni di proprietà collettiva possano essere acquistati in virtù di usucapione, trovando applicazione la disciplina prevista per i beni demaniali dall’art. 823 c.c.
Diverso invece è lo statuto dei beni di proprietà privata, che, pur gravati di usi civici, sono alienabili, con conseguente trasmissione, secondo la regola generale della ambulatorietà, anche del diritto in re aliena. Essi sono inoltre suscettibili di essere acquistati per usucapione, ma con lo stesso limite, essendo anche in questo caso il diritto di proprietà limitato dalla permanenza del diritto di uso civico.
Ne discende che la questione sollevata dall’Agenzia del Demanio circa l’appartenenza del bene per cui è causa al demanio civico rappresentava una questione decisiva ai fini dell’esame della domanda di usucapione avanzata dalla controparte.
7.6. La soluzione accolta dalla Corte di appello non è tuttavia condivisibile.
La ragione risiede nella considerazione che la competenza giurisdizionale del Commissario per gli usi civici è configurabile nei soli casi in cui la questione della c.d. qualitas soli debba essere risolta in via principale, con accertamento suscettibile di acquisire forza di giudicato, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., non quando essa possa essere affrontata in via meramente incidentale, con accertamento la cui efficacia resti limitata alla decisione della causa.
Ora, al fine di stabilire se la relativa questione resti soggetta ad un accertamento principale e sia pertanto devoluta alla cognizione commissariale l’interprete deve tener conto, oltre che, come è evidente, della disposizione di cui all’art. 29 della legge n. 1776 del 1927, dell’impianto normativo nel suo complesso, in particolare dell’art. 1 della legge medesima, secondo cui essa si applica e disciplina “l’accertamento e la liquidazione generale degli usi civici e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un Comune o di una frazione di Comune, e per la sistemazione delle terre provenienti dalla liquidazione suddetta e delle altre possedute dai comuni, università ed altre associazioni agrarie, comunque denominate, soggette all’esercizio di usi civici”.
La lettura di queste disposizioni evidenzia, come queste Sezioni unite hanno avuto modo di sottolineare, che l’accertamento della qualitas soli rientra nella giurisdizione commissariale solo quando la relativa questione venga sollevata dal preteso titolare o dal preteso utente del diritto civico nei confronti dell’ente titolare del demanio civico, mentre laddove, nelle controversie tra privati, la demanialità civica di un bene sia eccepita al solo scopo di negare l’esistenza del diritto soggettivo del quale la controparte sostenga di essere titolare, risolvendosi nella contestazione d’un fatto costitutivo del diritto azionato dalla controparte, essa può essere esaminata dal giudice ordinario con statuizione sul punto efficace solo incidenter tantum, senza che, in ragione di tale eccezione, s’innesti nel processo una contestazione sull’esistenza dell’uso civico (Cass. Sez. un. n. 28802 del 2022; Cass. Sez. un. n. 20183 del 2019; Cass. Sez. un. n. 7429 del 2009; Cass. Sez. un. n. 836 del 2005; Cass. Sez. un. n. 3031 del 2002).
Quest’ultima è la situazione che si rinviene nella controversia in corso.
E’ sufficiente al riguardo considerare che parte del giudizio, destinatario della domanda di usucapione proposta dall’attore, è lo Stato, per esso l’Agenzia del Demanio, a cui il bene è pervenuto, come dice la Corte di appello, quale erede necessario ai sensi dell’art. 586 c.c. a seguito di ordinanza di devoluzione emessa dopo la chiusura dell’eredità giacente dei precedenti titolari. Assorbente diventa allora la considerazione che lo Stato non è parte del giudizio volto all’accertamento della appartenenza del bene al demanio civico affidato alla cognizione del Commissario degli usi civici. La parte di questo giudizio è infatti, in base alla legge n. 1776 del 1927, il comune, quale ente esponenziale e rappresentativo degli abitanti del suo territorio o frazione titolari del diritto civico. Lo Stato, non essendo titolare del demanio civico né ente rappresentativo della comunità dei suoi utenti, assume di conseguenza, di fronte all’accertamento richiesto, una posizione estranea, assimilabile a quella dei terzi. Nel giudizio di usucapione la giurisdizione del commissario degli usi civici va invece riconosciuta quando ad essere convenuto è il comune e questi opponga, in veste di ente esponenziale della collettività degli utenti, la demanialità civica quale impedimento all’accoglimento della domanda. Solo in questo caso infatti la questione, essendo insorta nei confronti del titolare del demanio civico, si pone in via principale e deve essere decisa con efficacia di giudicato (Cass. Sez. un. n. 605 del 2015).
Nel caso di specie deve pertanto ritenersi che, essendo stata la questione della demanialità civica del bene sollevata dal soggetto non titolare dello stesso, essa poteva essere risolta direttamente dal giudice ordinario, con accertamento in via incidentale.
7.7. Il terzo e quarto motivo di ricorso sono pertanto accolti, con assorbimento delle altre censure sollevate e degli altri motivi. La sentenza va pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
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