Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 19 ottobre 2023, n. 29023
PRINCIPIO DI DIRITTO
I provvedimenti c.d. direttoriali, in specie del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sono atti amministrativi generali, in quanto tali impugnabili avanti al GA, in virtù della previsione di cui all’art. 7, commi 1 e 4, cod. proc. amm.
Difatti, essi comportano, pur se in attuazione della voluntas legi, l’esercizio del potere discrezionale dell’Agenzia delle entrate, pertanto la situazione soggettiva che ne deriva non può essere che qualificata come interesse legittimo, giacchè altrimenti se ne creerebbe un’assenza di giustiziabilità costituzionalmente non consentita.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con il primo e con il secondo motivo le ricorrenti denunciano il difetto assoluto di giurisdizione in ordine ai provvedimenti agenziali impugnati per violazione degli artt. 7, comma 1, cod. proc. amm., 7, comma 5, 19, commi 1-3, d.lgs 546/1992, 111, ottavo comma, Cost., 362, cod. proc. civ., 110, cod. proc. amm.
- Deducono in particolare:
– che i provvedimenti impugnati ed in particolare quello direttoriale, quali “meramente attuativi” del dettato normativo (art. 37, comma 5, decreto-legge 21/22), non costituiscono esercizio di potestà amministrativa discrezionale e non ingenerano alcuna situazione giuridica soggettiva qualificabile come “interesse legittimo”, quindi tutelabile avanti al GA ex art. 7, comma 1, cod. proc. amm. ovvero avanti al GT secondo il diverso modulo processuale di cui all’art. 7, comma 5, d.lgs 546/1992;
– che peraltro la normativa istitutiva delle agenzie fiscali (artt. 56, comma 1, lett. b), 62, comma 2, d.lgs. 300/1999) precludeva la stessa possibilità di esercizio di un potere con natura regolamentare da parte delle medesime, essendo esso riservato al MEF, dovendo le agenzie fiscali limitarsi alla gestione e riscossione dei tributi;
– che l’art. 37, comma 5, decreto-legge 21/22, appunto prevedeva l’attribuzione all’Agenzia delle entrate di una competenza attuativa dello speciale contributo per il “caro energia” che rifletteva detta previsione della fonte normativa istitutiva, essendo an e quantum del contributo direttamente fissati dai precedenti commi di tale disposizione legislativa, residuando all’agenzia fiscale soltanto le modalità dichiarative, solutorie ed informative, senza alcun potere autoritativo integrativo delle norme primarie;
– che dunque esclusa la competenza giurisdizionale dell’AGA doveva altresì escludersi qualsiasi altra giurisdizione, concretando l’azione impugnatoria proposta un’aggressione giudiziale diretta alle norme primarie istitutive del contributo de quo ovvero un’anticipazione di tutela rispetto agli atti di accertamento/riscossione emittendi, quindi nella sostanza un’azione di “accertamento negativo” dell’obbligazione contributiva in chiaro contrasto con i limiti c.d. “verticali” della giurisdizione tributaria speciale dati dall’art. 19, d.lgs 546/1992;
– che nessun “vuoto di tutela” era configurabile nel caso di specie ed a conseguenza di una declinatoria di giurisdizione in ordine al medesimo, residuando quelle previste dal d.lgs 546/1992, in relazione all’attuazione del contributo in questione da parte dell’Agenzia delle entrate, trovandosi la società contribuente, allo stato, in una posizione di “interesse di mero fatto” non giudizialmente tutelabile;
– che in ogni caso la circolare impugnata non si poteva ritenere un atto giustiziabile avanti all’AGA, per il totale difetto di effetto costitutivo di un interesse legittimo, trattandosi di attività interpretativa interna, non vincolante per i contribuenti.
- Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondate.
- I provvedimenti impugnati nel giudizio amministrativo a quo sono, pacificamente, attuativi dell’art. 37, decreto-legge 21/22, istitutivo di uno speciale contributo solidaristico, volto a fronteggiare, nell’interesse dell’utenza, i forti rincari dei prezzi dei prodotti energetici conseguenti agli eventi bellici in Ucraina, imposto alle imprese del settore.
Come ricordato nelle premesse narrative, si tratta di un provvedimento direttoriale, di una circolare interpretativa e di una risoluzione, che complessivamente si fondano sull’attribuzione funzionale attuativa di cui al comma 5 della citata disposizione legislativa, il quale appunto prevede che «Il contributo è liquidato e versato per un importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno 2022 e per la restante parte, a saldo, entro il 30 novembre 2022, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentita l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, sono definiti gli adempimenti, anche dichiarativi, e le modalità di versamento del contributo. Con il medesimo provvedimento possono essere individuati dati aggiuntivi da indicare nelle fatture di cessione e di acquisto dei prodotti di cui al comma 1 e sono definite le modalità per lo scambio delle informazioni, anche in forma massiva, con la Guardia di finanza».
- Sostiene l’agenzia fiscale ricorrente che, anzitutto e dirimentemente, il provvedimento direttoriale deve considerarsi esente da qualsivoglia sindacato giurisdizionale. Tale tesi non è condivisibile.
Trattasi invero di un atto amministrativo generale, come tale impugnabile avanti al GA, in virtù della previsione di cui all’art. 7, commi 1 e 4, cod. proc. amm., che rispettivamente prevedono che «Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico» e che «Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma».
- Non ha rilievo la natura discrezionale ovvero vincolata (meramente attuativa della norma primaria) dell’atto in contesto, non essendo un presupposto necessario a fondare la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (in tal senso, tra le molte, cfr. Cons. stato, 2916/2023, 8434/2022), ma essendo invece sufficiente a tal fine che si tratti di un atto autoritativo proveniente da una PA.
- Peraltro, come correttamente si è rilevato nella sentenza impugnata, ad indirizzare verso la natura -pur latamente discrezionale del provvedimento de quo porta la medesima norma primaria istitutiva della relativa potestà amministrativa, laddove prevede l’acquisizione obbligatoria del parere dell’Autorità regolatrice del settore energia (ARERA), la cui non vincolatività è un chiaro “indizio” della facoltà di scelta ponderale di interessi demandata al direttore dell’Agenzia delle entrate.
Né il richiamo alle disposizioni del d.lgs. 300/1999 (artt. 56, comma 1, lett. b) e 62) assume contrastante rilevanza, posto che l’attribuzione della gestione e della riscossione dei tributi pacificamente consente all’agenzia fiscale l’esercizio di potestà amministrative pubbliche che, come detto, sostanziando i provvedimenti agenziali, ne fondano la competenza di sindacato giurisdizionale secondo le richiamate previsioni del cod. proc. amm.
E ben diversa è l’ontologia dei provvedimenti impositivi “individuali”, quale attuazione -questa sì- vincolata delle singole leggi di imposta, ma di competenza giurisdizionale del giudice tributario ex artt. 2-19, d.lgs 546/1992.
- Quindi sulla base del petitum “sostanziale” (criterio discretivo consolidato in materia di giurisdizione; cfr., tra le molte, Sez. U – , Ordinanza n. 25210 del 10/11/2020, Rv. 659294 – 01, Sez. U., Ordinanza n. 20350 del 31/07/2018, Rv. 650270 – 01) dell’azione impugnatoria proposta, come sopra configurato, è senz’altro da condividere l’affermazione della giurisdizione amministrativa sancita dalla sentenza impugnata.
Poiché l’esercizio del potere discrezionale dell’Agenzia delle entrate, pur attuativo della voluntas legis (peraltro secondo il principio costituzionale di legalità dell’azione amministrativa), costituisce il presupposto generale dell’azione impositrice concreta, la situazione soggettiva che ne deriva non può essere che qualificata come interesse legittimo, giacchè altrimenti se ne creerebbe un’assenza di giustiziabilità costituzionalmente non consentita (v. ultra). In altri, più semplici e stringenti termini, la sussistenza di un interesse legittimo, che costituisce la situazione giuridica soggettiva tutelanda, deriva dalla stessa ontologia dei provvedimenti impugnati e quindi sussiste in re ipsa.
- Come detto, l’agenzia fiscale ricorrente sostiene peraltro, più radicalmente, che, comunque, in ordine ai provvedimenti impugnati non sussista la competenza giurisdizionale di alcun plesso giudiziario. In particolare afferma che l’impugnativa proposta sia qualificabile come diretta impugnazione di disposizioni legislative per vizio di legittimità costituzionale ovvero, alternativamente, come azione di accertamento negativo dell’obbligazione contributiva de qua.
Quanto al primo profilo, si deve osservare che dagli atti emerge che l’incostituzionalità dell’art. 37, decreto-legge 21/22 non è affatto l’unica ragione di impugnazione dei provvedimenti amministrativi in questione e va tuttavia affermato che il vizio di legittimità costituzionale è pur sempre un vizio di legittimità dell’atto amministrativo impugnato; per tale motivo che sussiste in ogni caso la rilevanza della questione di legittimità costituzionale proposta, non deprivandola del necessario carattere di “incidentalità” (si tratta di un orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale: cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 4 del 2000, n. 138 del 2017, n. 16 del 2017, n. 103 del 2022).
Quanto al secondo profilo, va rilevato che l’azione proposta coincide con una forma di tutela preventiva avverso i regolamenti/gli atti amministrativi generali rispetto agli atti impositivi/riscossivi “individuali” che è del tutto legittimata, come già osservato, dall’art. 7, commi 1-4, cod. proc. amm., e, per converso, dall’art. 7, comma 5, d.lgs 546/1992, il quale appunto prevede che «Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente».
Trattasi invero di un’azione di annullamento esercitabile “in prevenzione” ed alternativamente alla disapplicazione da parte del giudice tributario, secondo uno schema che risulta ben chiaro in tali disposizioni legislative processuali.
- In tal senso appare altresì corretto il riferimento della sentenza impugnata al “vuoto di tutela” conseguente alla prospettazione agenziale, per chiaro contrasto con gli artt. 24, 113, Cost. e con la risalente giurisprudenza costituzionale sul principio del solve et repete, che il giudice delle leggi ha appunto dichiarato in contrasto con la Carta costituzionale.
- Per stretta connessione contenutistica, le considerazioni che precedono devono considerarsi valevoli anche per gli ulteriori provvedimenti agenziali impugnati e in particolare per la circolare n. 22/E del 23 giugno 2022. A tale atto si deve infatti ascrivere contenuto integrativo del provvedimento direttoriale ed in quanto tale allo stesso è associabile sul piano della sussistenza dell’affermata giurisdizione amministrativa.
- Tirando le fila delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene di dover dare seguito al principio di diritto secondo il quale «Rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. l’impugnazione proposta dal responsabile di un impianto fotovoltaico contro il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 6 marzo 2020 con cui, in attuazione dell’art. 36, comma 3, d.l. n. 124 del 2019, conv., con modif., dalla l. n. 157 del 2019, sono stati indicati le modalità di presentazione e il contenuto essenziale della comunicazione mediante la quale gli operatori economici che abbiano cumulato la deduzione fiscale ex art. 6, commi 13 ss., l. n. 388 del 2000, e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del 2011 possono, avvalendosi della speciale facoltà introdotta proprio dal citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette l’importo dedotto dalle rispettive basi imponibili.
Infatti, tale provvedimento si configura come atto tipicamente amministrativo, generale, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge, non contenente una pretesa tributaria sostanziale e non rientrante nell’elenco riportato nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992» (Sez. U – , Ordinanza n. 25479 del 21/09/2021, Rv. 662252 – 01).
Tale arresto è stato infatti pronunciato in una controversia che presenta evidenti analogie con quella in esame, trattandosi anche in quel caso di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate attuativo di una disposizione legislativa che gli demandava di determinare le «modalità di presentazione ed il contenuto» di una comunicazione da inviare a detta agenzia fiscale. Nulla di più e nulla di diverso. Orbene, nella citata pronuncia queste SU hanno chiarito che tale provvedimento direttoriale «si configura come atto, tipicamente amministrativo, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge», che «si limita a regolare gli aspetti pratici dell’attuazione del meccanismo previsto per legge» e concludendo che «Si tratta, quindi, di atto amministrativo generale, non contenente una pretesa tributaria sostanziale, rispetto al quale appare evidente l’estraneità alla materia devoluta alla giurisdizione tributaria, secondo i canoni fissati dalla giurisprudenza consolidata di queste Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. Un. n. 7664 del 18 aprile 2016 con ulteriori richiami) dalla quale è dato evincere che nessuna disposizione del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 attribuisce alle Commissioni tributarie un potere direttamente incisivo degli atti generali, in deroga alla tipica giurisdizione di legittimità costituzionalmente riservata agli organi della giustizia amministrativa».
- In conclusione il ricorso va rigettato.
Tenuto conto della novità e della relativa complessità ermeneutica dell’oggetto del giudizio le spese correlative possono essere compensate.