Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 26 febbraio 2025 n. 5089
PRINCIPIO DI DIRITTO
L’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. dell’atto di scissione societaria, diretta alla declaratoria di inopponibilità del negozio al creditore, è devoluta alla competenza della sezione specializzata in materia di impresa, poiché, pur non introducendo una controversia relativa a rapporti tra società, soci e organi sociali, e pur non risultando diretta ad incidere, come l’opposizione ex artt. artt. 2506-ter, 2503 e 2503-bis c.c., sulla scissione, privandola di efficacia erga omnes, investe un tipico atto dell’organizzazione societaria, che, in quanto produttivo di un pregiudizio per la garanzia patrimoniale del creditore e in quanto posto in essere in presenza delle condizioni soggettive previste alternativamente dal comma 1, nn. 1 e 2, del cit. art. 2901 c.c., entra a far parte della causa petendi dell’azione proposta, qualificando il corrispondente giudizio come relativo a un rapporto societario.
L’azione revocatoria ex art. 66 l. fall. dell’atto di scissione societaria è devoluta alla competenza del tribunale fallimentare, la quale prevale su quella del tribunale delle imprese.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il regolamento di competenza d’ufficio richiesto dal Tribunale di Bologna è anzitutto ammissibile.
1.1.Premesso che non è tale il regolamento di competenza d’ufficio nel caso in cui il secondo giudice, adito a seguito della riassunzione, neghi di essere competente per materia o per territorio inderogabile (Cass. 29 marzo 2023, n. 8891), nel caso in esame il Giudice che ha proposto il regolamento ha ritenuto che nella controversia in esame la competenza a decidere in merito alle domande di revocatoria ex artt. 2901 c.c. e 66 l. fall. non spettasse in via funzionale ed inderogabile alla Sezione specializzata in materia di impresa, ma rientrasse ratione materiae, oltre che ratione loci, in quella del Tribunale di Parma originariamente adito;
- Sia l’ordinanza della Sezione specializzata con cui è stato richiesto il regolamento d’ufficio, sia l’ordinanza interlocutoria hanno preso le distanze dalla pronuncia resa da Cass. 5 febbraio 2020, n. 2754, secondo cui l’azione revocatoria dell’atto di scissione societaria, diretta alla declaratoria di inopponibilità al creditore del detto negozio, rientra tra le controversie devolute alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, riguardando in via diretta le società coinvolte e, in particolare, i fenomeni modificativi ed estintivi del loro assetto;
2.1. Muovendo dalla previsione contenuta nell’art. 3, comma 2, lett. a), d,lgs. n. 168 del 2003, attributiva al tribunale delle imprese della competenza nelle cause e nei procedimenti relativi a rapporti societari, la cit. Cass. n. 2754 del 2020 ha osservato:
- a) che l’azione revocatoria è diretta a far accertare «il modo di essere del negozio di scissione», sebbene in termini di inopponibilità ed è dunque riconducibile alla nozione generale delle azioni di accertamento;
- b) che l’azione revocatoria coinvolge in via diretta le società interessate alla scissione, trovando in ciò fondamento la competenza del giudice specializzato, cui sono devolute le controversie che lato sensu coinvolgono l’assetto e l’operare della società;
- c) che la controversia inerisce, nel contempo, all’accertamento, sebbene verso il creditore che la esercita, di un fenomeno di modificazione ed estinzione dell’assetto delle società coinvolte;
- d) che la posizione di tale creditore è rilevante come tale almeno nei confronti di una delle società coinvolte, il che evidenzia che potrebbe essere oggetto di tutela riguardo al mutamento dell’assetto di essa secondo le azioni spettanti ai creditori di fronte a vicende della compagine sociale;
2.2. La Sezione specializzata del Tribunale di Bologna ha assunto una posizione critica rispetto a tali argomenti contestando, in particolare, che l’azione revocatoria coinvolga in modo diretto le società interessate dal revocando atto di scissione e che la relativa controversia inerisca a fenomeni modificativi o estintivi dell’assetto delle società coinvolte nell’operazione;
2.3. Ha evidenziato che l’esperimento dell’azione revocatoria, ordinaria o fallimentare, di un atto di scissione societaria non rimette in discussione né tra le società coinvolte, né tra quella debitrice e il suo creditore, l’esistenza, la validità e gli effetti propriamente costitutivi, modificativi e organizzativi direttamente discendenti dal negozio impugnato;
2.4 Ha quindi rilevato che la relativa controversia ha ad oggetto unicamente l’efficacia o inefficacia relativa dell’atto in questione, e quindi la sola sua giuridica opponibilità o inopponibilità al terzo ad esso estraneo, senza perciò incidere sull’esistenza, sulla validità e sull’efficacia costitutiva e modificativa dell’assetto della struttura e della composizione soggettiva ed oggettiva della società scissa e della società beneficiaria;
2.5. In sostanza, secondo il Giudice proponente l’istanza di regolamento, quel che rileva è la funzione meramente ripristinatoria della garanzia patrimoniale della società debitrice connaturata all’azione revocatoria, la quale è esperita in vista del soddisfacimento delle ragioni creditorie di un terzo estraneo all’atto di scissione;
2.6. Con l’ordinanza interlocutoria n. 24237 del 2023 si è poi ricordato come sia stata esclusa dalla S.C. la competenza delle Sezioni specializzate con riferimento all’azione revocatoria degli atti di trasferimento di quote societarie;
2.7. […] Tale azione non ha difatti conseguenze sulla titolarità delle quote contese né sui diritti connessi, ma può produrre, ove accolta, soltanto l’inefficacia del trasferimento nei confronti di chi agisce, non alterando per il resto la situazione proprietaria e l’assetto societario: […]
2.8. Tali principi sembrano condurre ad analoga conclusione con riguardo alle azioni revocatorie di atti di scissione societaria «atteso che anche in questo caso il loro accoglimento è inidoneo a determinare ‘l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario’ o, comunque, a incidere sulla vita della società e sulla struttura e il funzionamento del sodalizio»:
2.9. L’azione revocatoria ordinaria o fallimentare della scissione societaria, […], non incide sull’esistenza, la validità e gli effetti propriamente costitutivi, modificativi e organizzativi direttamente discendenti dall’atto societario, avendo ad oggetto «solo l’accertamento dell’efficacia o dell’inefficacia dell’atto relativamente al creditore terzo attore, senza alcun possibile effetto per le società coinvolte, i cui reciproci rapporti, nonché quelli tra le stesse e i rispettivi soci, non sono suscettibili di essere direttamente incisi dall’azione medesima»;
2.10. […];
- Il problema della competenza a giudicare dell’azione revocatoria dell’atto di scissione societaria ha assunto un particolare rilievo, sul piano pratico, all’indomani dell’arresto con cui questa Corte ha riconosciuto ammissibile tale azione;
3.1. E’ il caso di rammentare, in proposito, che l’esperibilità del rimedio è stata a lungo dibattuta, in dottrina e in giurisprudenza, in considerazione sia della natura composita della scissione, operazione che non esaurisce i suoi effetti sul piano traslativo, ma da considerarsi anche, e soprattutto, quale atto di riorganizzazione societaria, sia del sistema di tutele specificamente approntato dalla disciplina societaria a presidio dei creditori potenzialmente pregiudicati dalla scissione stessa;
3.2 In tal senso, si è sostenuto che la protezione di tali soggetti sia da rinvenire, in via esclusiva, nella regolamentazione stessa della scissione e, segnatamente, nella previsione di due rimedi ad hoc: l’opposizione di cui all’art. 2503 c.c., richiamato dall’art. 2506-ter, comma 5, c.c., proponibile dagli stessi creditori, e ostativa al valido perfezionamento dell’atto, e la responsabilità solidale delle società coinvolte nella scissione, nei limiti del valore del patrimonio netto loro assegnato o rimasto, per i debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico, responsabilità che è prevista dall’art. 2506-quater, comma 3, c.c.;
3.3. Al contempo, l’ammissibilità della revocatoria è stata posta in dubbio avendo riguardo al principio di irretrattabilità degli effetti della scissione posto dall’art. 2504-quater c.c. (pure richiamato dall’art. 2506-ter, comma 5) secondo cui l’invalidità dell’atto non può essere pronunciata una volta eseguite le prescritte iscrizioni presso il registro delle imprese;
3.4. Come è noto, la Corte di legittimità, investita della questione circa la proponibilità dell’azione revocatoria dell’atto di scissione societaria, l’ha risolta in senso affermativo, rilevando che detta azione mira, in realtà, ad ottenere l’inefficacia relativa dell’atto, che lo rende inopponibile al solo creditore pregiudicato, al contrario di ciò che si verifica nell’opposizione dei creditori sociali prevista dall’art. 2503 c.c., che è finalizzata a farne valere l’invalidità (Cass. 4 dicembre 2019, n. 31654);
3.5. Poco dopo […], la Corte di giustizia si è espressa nel senso della piena compatibilità dell’azione revocatoria della scissione con la disciplina unionale, di cui quella nazionale costituisce recepimento;
3.6. I profili esaminati sono stati due: l’ammissibilità della previsione, da parte degli ordinamenti nazionali, di strumenti di tutela ulteriori rispetto a quelli approntati dal legislatore europeo e la compatibilità col diritto unionale di discipline nazionali incidenti sulla mera opponibilità ai creditori dell’atto di scissione,
3.7. È stato così chiarito che l’art. 12, paragrafo 2, della dir. 82/891/CEE, modificata dalla dir. 2007/63/CE, non osta a che, dopo la realizzazione di una scissione, i creditori della detta società, i cui diritti siano anteriori a tale scissione e che non abbiano fatto uso degli strumenti di tutela dei creditori previsti dalla normativa nazionale, possano intentare un’azione pauliana al fine di far dichiarare la scissione inefficace nei loro confronti e di proporre azioni esecutive o conservative sui beni trasferiti alla società di nuova costituzione;
3.8. Si è inoltre precisato che la previsione della nullità della scissione contenuta nell’art. 19 della dir. 82/891, come modificata dalla direttiva 2007/63, non osta all’introduzione, dopo la realizzazione della scissione, da parte di creditori della società scissa, di un’actio pauliana che non intacchi la validità della scissione, ma soltanto consenta di rendere quest’ultima inopponibile a tali creditori (Corte giust. UE 30 gennaio 2020, C-394/18, IGI s.r.l.);
3.9. Collocandosi sulla scia tracciata da queste pronunce, la giurisprudenza di legittimità mostra oggi di essere ferma nel ritenere ammissibile l’azione revocatoria della scissione societaria (cfr.: Cass. 29 gennaio 2021, n. 2153; Cass. 6 maggio 2021, n. 12047);
- Per verificare se la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa si estenda all’azione revocatoria dell’atto di scissione, occorre muovere dalla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 168 del 2003, per come modificato dal d.l. n. 1 del 2012, convertito in l. n. 27 del 2012;
4.1. Con quest’ultimo intervento come si legge nella relazione governativa che ha accompagnato il testo normativo il legislatore ha inteso ampliare la competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale previste dal d.lgs. n. 168 del 2003, al fine di istituire delle vere e proprie sezioni specializzate in materia di impresa, alle quali affidare la trattazione di quelle controversie in cui- tenuto conto dell’elevato tasso tecnico della materia ― era maggiormente sentita l’esigenza della specializzazione del giudice: l’obiettivo dichiarato era quello di «ridurre i tempi di definizione delle controversie in cui è parte una società di medio/grandi dimensioni, aumentando in tal modo la competitività di tali imprese sul mercato»;
4.2. Si è ritenuto utile, a tal fine, valorizzare la positiva esperienza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale attribuendo, tra l’altro, ad esse anche la cognizione delle controversie in materia societaria;
4.3. Sono state dunque assegnate alla competenza delle sezioni specializzate, «relativamente alle società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI, del codice civile, alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, e di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero, ovvero alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento», le cause e i procedimenti che, ai sensi della lett. a) del comma 2 del novellato art. 3, sono «relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché’ contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447- quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503-bis, primo comma, e 2506-ter del codice civile». Ulteriori competenze della sezione specializzata nella materia societaria sono state poi definite, nelle lettere da b) ad e) del comma 2, con riguardo alle partecipazioni sociali, ai patti parasociali, alle azioni di responsabilità dei creditori delle società controllate contro le società che le controllano e ai rapporti di cui agli artt. 2359, comma 1, n. 3), 2497-septies e 2545-septies c.c.. Queste ulteriori competenze della sezione specializzata qui però non interessano;
- Nella sua prima parte il comma 2 individua i tipi di società cui sono riferite le competenze assegnate al tribunale delle imprese: il dato più significativo, in proposito, è la mancata inclusione, tra i soggetti interessati alla disciplina introdotta dal d.l. n. 1 del 2012, delle società di persone (salvo che non esercitino attività di direzione e coordinamento di società di capitali o siano sottoposte dalle stesse a direzione e coordinamento).;
5.1. La norma modula poi le competenze avendo riguardo alle «cause» e ai «procedimenti» che sono «relativi ai rapporti societari»: e ciò al fine di includere nella competenza della sezione specializzata sia i procedimenti contenziosi, sia quelli di volontaria giurisdizione;
- Il ricorso alla categoria dei «rapporti societari» allo scopo di stabilire i contorni di una disciplina processuale non costituisce un inedito normativo;
6.1. Già il d.lgs. n. 5 del 2003 istitutivo del rito societario, stabiliva che le disposizioni processuali ivi previste dovessero osservarsi in tutte le controversie relative a tali rapporti;
6.2. La locuzione ha innegabilmente un significato ampio e può credersi che il legislatore del 2012, al pari di quello del 2003, abbia inteso lasciare all’interprete il compito di meglio circoscrivere quest’elemento della fattispecie normativa;
6.3. Dovendosi procedere a una tale opera di delimitazione concettuale, è senz’altro vero, […], che nella sua latitudine di significato l’espressione adottata dal legislatore induce a credere che rientrino nella competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa «tutti i giudizi che si connettono allo svolgimento del rapporto sociale, che si coordinano cioè alla vicenda corporativa nei suoi segmenti costitutivi, attuativi e conclusivi»;
6.4. L’affermazione si presta a ulteriore specificazione ove si considerino le distinte prospettive da cui si guarda alla società;
6.5. La società commerciale può infatti venire in considerazione come organizzazione dell’impresa costituita in forma associativa o come soggetto, avente la qualità di imprenditore, che intrattiene relazioni giuridiche con altri soggetti;
6.6. Indubbiamente, i rapporti sociali evocati dalla lett. a) dell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 168 del 2003 sono solo quelli riferibili all’organizzazione della società, vale a dire i rapporti «interni» alla società stessa;
6.7. La conclusione trae innesco dalla formulazione del cit. art. 3, comma 2, lett. a), che riferisce i rapporti societari anzitutto a «quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione» del rapporto societario ― profili, questi, che ineriscono evidentemente alla società come organizzazione ― e coincide, del resto, con l’approdo comunemente raggiunto dalla dottrina e dalla giurisprudenza di merito sotto il vigore del d.lgs. n. 5 del 2003, il cui art. 1, comma 1, lett. a), conteneva una norma in gran parte sovrapponibile alla disposizione qui in esame;
6.8. L’assunzione di una tale accezione di significato della locuzione «rapporti societari» riflette, peraltro, analogo convincimento espresso […] a proposito dell’espressione «rapporti sociali» che compare nell’art. 2949 c.c., in tema di prescrizione;
6.9. Secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, infatti, i rapporti sociali, ai quali si applica il termine di prescrizione quinquennale previsto dal cit. art. 2949 c.c., si riferiscono a quei diritti che derivano dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell’organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto di società e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale, mentre ne restano esclusi tutti gli altri diritti che trovano la loro ragion d’essere negli ordinari rapporti giuridici che una società può contrarre al pari di ogni altro soggetto (Cass. 25 settembre 2013, n. 21903; Cass. 1 giugno 1993, n. 6107; Cass. 19 marzo 1982, n. 1475; di recente, cfr. Cass. 13 febbraio 2024, n. 4007);
6.9. Il legislatore ha inteso dunque assegnare alla competenza delle sezioni specializzate i giudizi in cui venisse in questione la società come organizzazione, attribuendo rilievo a quei rapporti che sono alla base della venuta ad esistenza della società, della sua modifica, della sua cessazione e che, nel corso della vita del sodalizio concernono i modi di partecipazione dei soci all’operazione stessa: in particolare, all’esercizio dell’attività e ai risultati dell’esercizio;
6.10 In tal senso, la norma fissa una regola di competenza destinata ad essere operante allorquando la controversia tragga origine dal contratto di società e debba essere regolata secondo la disciplina di questo o secondo le pertinenti prescrizioni normative;
- La perimetrazione della competenza delle sezioni specializzate in ragione dei rapporti interni, in cui viene in gioco l’organizzazione della società, implica, all’evidenza, che parti dei relativi giudizi siano anzitutto la società, i soci e quanti costituiscano organi della stessa;
7.1. In linea di principio, però, anche i terzi possono rivestire la qualità di parte in giudizi rientranti nella competenza delle sezioni specializzate; il più volte richiamato riferimento, operato dall’art. 3, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 168 del 2003, alle cause e ai procedimenti concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario consente infatti di affermare che tali giudizi sono devoluti alla competenza della sezione specializzata anche quanto siano promossi da (o vedano comunque coinvolti) terzi che non siano soci, né soggetti che abbiano assunto la qualità di organi della società;
7.2. D’altro canto, come sopra accennato, sono espressamente devolute al tribunale delle imprese, secondo l’esemplificazione del cit. art. 3, comma 2, lett. a), le azioni di responsabilità «da chiunque promosse» contro i componenti degli organi amministrativi, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da inadempimenti o da fatti illeciti e le varie «opposizioni», proponibili dai creditori sociali o, a seconda dei casi, dei possessori di obbligazioni sociali, a norma artt. 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447- quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503-bis, primo comma, e 2506-ter c.c.;
- Con riguardo alle diverse forme di opposizione da parte dei creditori sociali e dei possessori di obbligazioni sociali la competenza del tribunale delle imprese si spiega in quanto col vittorioso esperimento dei richiamati rimedi le delibere di riduzione del capitale sociale, di revoca dello stato di liquidazione, di fusione e di scissione della società, che programmano un mutamento di assetto dell’ente, sono private di effetti erga omnes: le relative azioni sono quindi direttamente incidenti sull’organizzazione della società;
- Nell’ipotesi delle azioni di responsabilità contro gli amministratori e gli altri soggetti indicati dal cit. art. 3, comma 2, lett. a), intentate dai creditori sociali e dai terzi il fondamento della detta competenza è diverso. Tali azioni mirano all’accertamento della responsabilità di soggetti che svolgono particolari funzioni all’interno della società: responsabilità che ha natura extracontrattuale (così, con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 2394 c.c., Cass. 4 dicembre 2015, n. 24715; con riguardo alla fattispecie prevista dall’art. 2395 c.c., Cass. 12 giugno 2019, n. 15822);
9.1. Prendendo in esame la corrispondente previsione contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 5 del 2003 la dottrina aveva reputato che essa trovasse ragione nell’intendimento di estendere la disciplina del rito societario alle controversie che, pur non avendo ad oggetto rapporti societari, interessassero rapporti di rilevanza societaria;
9.2. si era precisato, in proposito, che il legislatore aveva voluto sancire in tal modo l’applicabilità del d.lgs. n. 5 del 2003 ai rapporti societari «indiretti», che non hanno direttamente base nel contratto sociale ma che «hanno comunque origine necessaria, e non meramente occasionale, da un rapporto sociale»;
9.3. In effetti, i due interventi del 2003 e del 2012 denotano la volontà del legislatore di allargare le maglie delle relative discipline (quella dell’abrogato rito societario e quella della vigente competenza del tribunale delle imprese) in modo da farvi rientrare controversie e procedimenti che non investono, in via diretta, il funzionamento interno della società, ma rispetto ai quali l’accertamento di specifici aspetti dell’organizzazione dell’ente gioca un ruolo decisivo.;
- Questa scelta di campo si delinea chiaramente nella fattispecie delle azioni di responsabilità promosse dai creditori sociali e dai terzi nei confronti dei soggetti indicati nell’art. 3, comma 2, lett. a), cit.: tali azioni sono comuni azioni in cui, […], viene in questione una responsabilità aquiliana;
10.1. Esse non hanno propriamente ad oggetto rapporti tra la società, i soci e i suoi organi, e nemmeno sono espressione, come le opposizioni di cui si è in precedenza detto, dello speciale potere, riservato a taluni soggetti estranei alla società (creditori sociali e possessori delle obbligazioni sociali), di incidere sull’organizzazione della stessa privando di efficacia deliberazioni che pregiudicano i loro interessi;
10.2. Nondimeno, le azioni di responsabilità implicano un accertamento del giudice quanto all’operato dei soggetti che ne sono destinatari, in particolare quanto alla trasgressione di doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto sociale;
10.3. Come è stato ben rilevato […] a proposito dell’azione di responsabilità promossa nei confronti degli amministratori, se è vero che questi ultimi rispondono nei confronti dei creditori sociali dell’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale, come chiarisce l’art. 2394 c.c., comma 1, c.c., la mancata conservazione del patrimonio della società, pregiudizievole per i creditori, in tanto può generare responsabilità negli amministratori in quanto sia conseguenza, non già dell’alea insita in qualsiasi attività d’impresa, bensì della violazione da parte loro di doveri legali o statutari (così Cass. 27 ottobre 2006, n. 23180);
10.4. E’ facile intendere che nel caso dell’azione di responsabilità l’inosservanza degli obblighi legali e statutari da parte degli amministratori assume un ruolo qualificante ai fini della competenza del tribunale delle imprese;
10.5. La condotta dell’amministratore che trasgredisca a tali obblighi definisce i contorni di un’azione di responsabilità extracontrattuale che non avrebbe altrimenti modo di farsi rientrare tra le azioni relative ai «rapporti societari»: essa integra la causa petendi dell’azione di responsabilità (che infatti chi agisce in giudizio deve prospettare fin dall’inizio del giudizio con l’indicazione dei fatti dai quali si pretende di desumere il diritto risarcitorio azionato: sent. ult. cit., in motivazione):
- Dall’esemplificazione relativa alle azioni di responsabilità promosse dai terzi si ricava, dunque, che la competenza del tribunale delle imprese quanto ai «rapporti societari» può non dipendere tanto dalla tipicità dell’azione esperita ― nella specie: un’ordinaria azione di responsabilità extracontrattuale ― quanto, piuttosto, dalla particolare caratterizzazione giuridica degli atti o dei fatti dell’organizzazione corporativa dedotti a fondamento della domanda; ciò che in questi casi radica la competenza è, propriamente, la causa petendi dell’azione, il cui confluisce l’elemento di diritto (art. 163, n. 4, c.p.c.) che nella fattispecie dell’azione di responsabilità intentata dal terzo è rappresentato dall’antigiuridicità (oltre che naturalmente dalla dannosità) della condotta dell’organo gestorio rispetto ai doveri dettati dalla legge o dal contratto sociale;
11.1. Il che è senz’altro coerente con la risalente giurisprudenza di legittimità secondo cui ai fini dell’individuazione della competenza ratione materiae bisogna guardare anche ai fatti dedotti a fondamento della pretesa (Cass. 9 ottobre 1978, n. 4495; Cass. 22 novembre 1978, n. 5443; Cass. 24 gennaio 1979, n. 527; Cass. 21 maggio 1980, n. 3344; Cass. 13 ottobre 1980, n. 5489; Cass. 25 giugno 1987, n. 5604; Cass. 21 marzo 1997, n. 2509);
11.2. Ma risulta soprattutto in linea col rilievo ─ […] ─ per cui nella formulazione dell’art. 3 d.lgs. n. 168 del 2003 è «posto l’accento su quel che costituisce l’oggetto della controversia, che deve essere influenzato in via diretta dalla questione societaria», così da «valorizzare, ai fini della individuazione della competenza delle sezioni specializzate, il legame diretto della controversia con i rapporti societari» (Cass. 4 aprile 2017, n. 8738; Cass. 14 ottobre 2020, n. 22149; cfr. pure Cass. 6 ottobre 2020, n. 21363);
11.3. L’argomento desumibile dalla scelta legislativa di estendere la competenza di cui all’art. 3, comma 2, lett. a), cit. alle azioni di responsabilità promosse dai creditori sociali e dai terzi trova poi conferma, sul piano dell’interpretazione funzionale, nella vocazione specialistica del detto tribunale;
11.4. La competenza del tribunale delle imprese con riguardo alle controversie nascenti da azioni fondate su atti o fatti che ineriscono alla società come organizzazione, e non come soggetto di diritto, ha la sua ragion d’essere nella creazione di un ufficio dotato di qualificate professionalità nel campo societario (oltre che negli altri ambiti descritti dall’art. 3 d.lgs. n. 168 del 2003);
11.5. In tale prospettiva, deve ritenersi rispondente alla ratio legis che le domande giudiziali comunque implicanti accertamenti che concernono specifici aspetti di quell’organizzazione siano devolute al giudice specializzato;
- […] Il quesito circa la competenza del tribunale delle imprese in materia di revocatoria della scissione societaria trovi soluzione lungo questo tracciato argomentativo;
- Nel caso dell’esperimento dell’azione revocatoria della scissione quel che viene in discorso, a monte, è il pregiudizio che, per effetto di un negozio produttivo di un effetto traslativo, risentono i creditori della società scissa, i quali si dolgono della diminuzione della garanzia patrimoniale offerta dal debitore;
13.1. Come è noto, l’azione revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale attraverso cui sono resi inefficaci, nei confronti del creditore, gli atti di disposizione del patrimonio posti in essere dal debitore che arrechino pregiudizio alle ragioni del creditore stesso (art. 2901 c.c.);
13.2. In pendenza di fallimento l’azione revocatoria è esperibile anche dal curatore a tutela dei crediti della massa (artt. 66 e 67 l. fall. che regolano, rispettivamente l’azione revocatoria ordinaria e quella fallimentare);
13.3. Sottostante all’azione revocatoria è il potere di rendere inefficace l’atto dispositivo pregiudizievole: si tratta di un potere che è suscettibile di essere esercitato solo attraverso il ricorso al giudice, ma che ha innegabilmente natura sostanziale di diritto potestativo;
13.4. Il potere revocatorio ha, […], una valenza neutra, perché chi lo esercita non è parte di un rapporto endosocietario; né il detto potere è direttamente incidente sull’organizzazione societaria, differenziandosi, in ciò, dal potere di proporre l’opposizione prevista dal combinato disposto degli artt. 2506- ter, 2503 e 2503-bis c.c.;
- Sotto il primo profilo merita ricordare quanto ha avuto modo di osservare […] Corte allorquando si occupò della competenza della sezione specializzata agraria (e quindi di un giudice pure destinatario di una competenza ratione materiae): è stato in proposito rilevato che nella revocatoria ─ fallimentare, nella specie ─ l’inefficacia non costituisce una forma di tutela di una parte del negozio contro l’altra, ma una forma di tutela di terzi estranei al rapporto e che non sono aventi causa di una delle parti negoziali, i quali esercitano un diritto loro conferito autonomamente dalla legge in virtù della loro posizione di creditori insoddisfatti e del fallimento di una delle parti del contratto revocando (Cass. 16 giugno 1990, n. 6082, secondo cui la competenza funzionale del tribunale fallimentare rispetto all’azione revocatoria sussiste anche quando ne sia oggetto un contratto di affittanza agraria stipulato dal fallito con riguardo a suoi fondi: principio poi ribadito da Cass. 14 dicembre 2001, n. 15821 e da Cass. 13 ottobre 2011, n. 21196);
- Sotto […] profilo ― […] relativo alla possibile interferenza tra azione revocatoria e assetto societario ― è ben vero che, come osservato in dottrina, l’atto di scissione assume un preciso significato sul piano della riorganizzazione societaria, attuando la destinazione di risorse da un progetto imprenditoriale ad altro progetto imprenditoriale, tanto da determinare una rinnovazione dell’investimento;
15.1. E’ tuttavia incontestabile che quell’effetto venga conseguito attraverso un atto, l’assegnazione patrimoniale di cui all’art. 2506, comma 1, c.c., che integra un vero e proprio trasferimento;
15.2. Le Sezioni Unite hanno del resto già evidenziato che la scissione, consistendo nel trasferimento del patrimonio ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l’assegnazione di azioni o di quote delle stesse ai soci della società scissa, produce effetti traslativi (Cass. Sez. U. 15 novembre 2016, n. 23225);
15.3. Poiché la competenza si determina sempre dalla domanda, ai fini del radicamento della competenza della causa che qui interessa, conta, allora, che sia stata proposta un’azione revocatoria, diretta, come tale, a neutralizzare, nei confronti del creditore, l’effetto dispositivo dell’atto di scissione;
15.3. In considerazione di ciò, la competenza del tribunale delle imprese non può basarsi sul ruolo che l’atto scissorio gioca nella partita relativa alla complessiva rimodulazione dell’assetto societario. La domanda revocatoria ha riguardo alla dimensione traslativa dell’atto, non all’incidenza di esso sull’organizzazione corporativa. Il complessivo riassetto determinato dalla scissione può essere certamente posto in discussione, dal creditore, ma attraverso l’opposizione ex artt. artt. 2506-ter, 2503 e 2503-bis c.c.. Nel caso dell’azione revocatoria il creditore si limita invece a domandare che lo spostamento patrimoniale posto in essere con l’atto scissorio sia dichiarato privo di efficacia nei propri confronti;
15.4. Alla tipizzazione legale dell’azione revocatoria è dunque concettualmente estranea alcuna attitudine a porre in discussione l’assetto determinato dalla scissione: è stata, del resto, detta tipizzazione legale a persuadere la Corte di giustizia della compatibilità dell’azione stessa col diritto unionale, segnatamente con l’art. 19 della dir. 2007/63/CE: come è stato nell’occasione osservato, l’azione revocatoria «ha per oggetto soltanto la tutela dei creditori i cui diritti siano stati lesi dalla scissione», rende inopponibile nei loro confronti la scissione in questione e, in tal senso, «non produce effetti nei confronti di tutti» (Corte giust. UE, C-394/18 cit., punti 85 e 86);
- Ciò non basta tuttavia ad escludere che l’azione revocatoria della scissione si sottragga alla competenza del tribunale delle imprese;
16.1. Se si muove dal rilievo […] per cui la detta competenza può ricavarsi, per i rapporti che non sono interni alla società e che coinvolgono i terzi, dalla causa petendi della domanda proposta, in cui assume rilievo la specifica connotazione giuridica di un fatto o di un atto societario, è decisivo un dato: a fondamento della domanda che qui interessa vi è un atto corporativo, il negozio di scissione, che deve essere produttivo di un pregiudizio per la garanzia patrimoniale del creditore e rispetto al quale è necessario poi ricorrano, in via alternativa, le condizioni soggettive di cui all’art. 2901, comma 1, nn. 1 e 2, c.c.;
16.2. Come è evidente, sia nell’ipotesi sopra esaminata delle azioni di responsabilità intentate dai creditori e dai terzi nei confronti dei componenti degli organi amministrativi e degli altri soggetti indicati nell’art. 3, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 168 del 2003, sia nel caso dell’azione revocatoria della scissione, riveste valore qualificante, ai fini della competenza, la causa petendi della domanda proposta, che è data da un fatto o da un atto societario, da riguardarsi in una sua caratterizzazione giuridica;
16.3. Nel caso delle azioni di responsabilità la condotta dell’organo gestorio rileva ― […] ― come illecito aquiliano;
16.4. Nel caso dell’azione revocatoria dell’atto scissorio quest’ultimo viene in discorso per il pregiudizio che arreca alla garanzia patrimoniale del creditore, nel concorso delle condizioni soggettive contemplate dall’art. 2901 c.c. (date, a seconda dei casi, dalla consapevolezza del detto pregiudizio e dalla dolosa preordinazione dell’atto a nuocere alle ragioni del creditore stesso);
16.5. La competenza del tribunale delle imprese va affermata in ragione di questa connotazione sostanziale della pretesa azionata, che indirizza la causa verso un accertamento che investe l’atto di scissione, quale atto endosocietario, se pure nella prospettiva necessitata dalla specificità dell’azione proposta;
16.6. Tale conclusione, ove si volga lo sguardo alla complessità dell’operazione posta in essere, si accorda con la finalità perseguita dal legislatore, perché rimette al giudice specializzato l’apprezzamento dell’eventus damni, il quale, nel caso in esame, implica il delicato raffronto tra i valori patrimoniali attivi e passivi oggetto di trasferimento e programmati dal progetto di scissione, oltre che la valutazione delle altre condizioni soggettive sopra accennate, in cui il pregiudizio discendente dall’atto viene pur sempre in considerazione quale oggetto di conoscenza o di specifica volizione: valutazione rispetto alla quale rileva la natura gratuita o onerosa della scissione, che è condizione pure da scrutinarsi prendendo in esame i nominati valori patrimoniali (dovendosi, ad esempio, ritenere gratuito un atto di scissione con cui si operi il trasferimento di soli elementi attivi).
- L’azione revocatoria ordinaria dell’atto di scissione è dunque di competenza della sezione specializzata in materia di impresa;
- Occorre però osservare che nella fattispecie in esame le domande revocatorie furono proposte in pendenza delle rispettive procedure concorsuali ;
18.1.Si pone dunque una ulteriore questione, vertente sulla confluenza, nella medesima vicenda, di due competenze apparentemente concorrenti: quella del Tribunale fallimentare di Parma e quella del Tribunale delle imprese di Bologna;
[…] Le dette domande andassero proposte avanti al Tribunale di Parma, a norma dell’art. 66, comma 2, l. fall., prevalendo, sul punto, la competenza del detto ufficio rispetto a quella della Sezione specializzata del capoluogo emiliano.;
- L’azione di cui all’art. 66 l. fall. si differenzia dall’azione di cui all’art. 2901 c.c., la quale consente al solo creditore di procedere successivamente all’esecuzione;
19.1. Nell’ipotesi presa in considerazione dalla norma speciale, l’azione, che ha un effetto recuperatorio, è promossa dal curatore, il quale agisce nell’interesse della massa e non a beneficio del singolo creditore poiché l’accoglimento della domanda giova a tutti i creditori (cfr. Cass. Sez. U. 26 aprile 2017, n. 10233, in motivazione);
19.2. L’azione revocatoria, pur non essendo di per sé un’azione esecutiva, ha infatti come sua finalità tipica ed essenziale quella di consentire il soddisfacimento esecutivo del creditore sul cespite patrimoniale del quale il debitore si sia spogliato, onde, nel caso di fallimento, l’accoglimento della domanda da parte del giudice importerà che il bene oggetto dell’atto dispositivo non sarà destinato a soddisfare il creditore singolo, bensì l’intera massa dei creditori: sicché quel bene dovrà essere appreso a fini esecutivi dal curatore ed il singolo creditore potrà fruire del ricavato dell’esecuzione soltanto secondo le regole del riparto concorsuale (Cass. Sez. U. 17 dicembre 2008, n. 29420, […]);
19.3. Si ritiene che l’azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore non sia, propriamente, un’azione che deriva dal fallimento, secondo la previsione dell’art. 24 l. fall.;
19.4. Essa costituisce, piuttosto, un’azione che il curatore trova nella massa fallimentare e si identifica con quella che i creditori avrebbero potuto esperire prima del fallimento (così: Cass. 4 luglio 2018, n. 17544; Cass. 20 marzo 2015, n. 5586; Cass. 28 maggio 2009, n. 12513);
19.4. La dichiarazione di fallimento del debitore non ha alcuna incidenza sui requisiti sostanziali dell’azione: questa, benché assuma il carattere di «azione di massa», resta pur sempre ancorata alle specifiche condizioni previste dall’art. 2901 c.c., il che induce ad escludere che possa configurarsi come azione nuova ed autonoma rispetto a quella già esperibile dai singoli creditori (Cass. 5 dicembre 2003, n. 18607, in motivazione);
19.5. L’azione di cui all’art. 66 l. fall. è comunque espressamente devoluta alla competenza del tribunale fallimentare;
19.6. La previsione di cui al secondo comma del detto articolo mira evidentemente ad assicurare la concentrazione della trattazione delle azioni revocatorie ordinarie e di quelle fallimentari (ex art. 67 l. fall.) del curatore, entrambe preordinate ad assicurare l’aggressione di beni da recuperare all’attivo fallimentare, evitando, così, che, nel caso le due azioni siano proposte in via congiunta, l’una in via subordinata rispetto all’altra, abbiano a prodursi gli inconvenienti discendenti dalla trattazione delle stesse avanti a giudici differenti;
19.7. Ora, la competenza del tribunale fallimentare è inderogabile;
19.8. Lo è, pacificamente, per le cause che, a norma dell’art. 24 l. fall. derivano dal fallimento; lo è per le controversie destinate, comunque, ad incidere sulla procedura concorsuale, tali da doversi dirimere necessariamente in seno alla procedura stessa, onde assicurarne l’unità e garantire la par condicio creditorum ([…];
19.9. E non può non esserlo per le cause che sono espressamente devolute alla competenza di quell’ufficio giudiziario: tanto più ove venga in questione la causa introdotta con l’azione revocatoria ordinaria del curatore, destinata ― come quelle sopra indicate ― a incidere sulla procedura fallimentare (visto che il vittorioso esperimento dell’azione giova, come si è detto, alla massa dei creditori, i quali potranno soddisfarsi sul ricavato del bene recuperato all’attivo fallimentare);
19.10. La competenza inderogabile del tribunale fallimentare prevale poi su tutte le altre competenze confliggenti, ancorché a loro volta inderogabili: così, ad esempio, risulta recessiva, rispetto alla competenza fallimentare, la competenza in materia locatizia di cui agli artt. 21 e 447-bis c.p.c. (citt. Cass. 30 agosto 2004, n. 17440 e Cass. 20 luglio 2004, n. 13496). Tale conclusione si impone ove pure si abbia riguardo alla competenza del tribunale delle imprese, la quale soccombe, dunque, rispetto a quella del giudice fallimentare (cfr. infatti Cass. 24 ottobre 2017, n. 25163, in relazione all’ipotesi dell’esperimento dell’azione ex art. 2467, comma 1, c.c., quanto all’obbligo dei soci di restituire i rimborsi ottenuti l’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società);
- Vanno enunciati i seguenti principio di diritto.
21 «L’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. dell’atto di scissione societaria, diretta alla declaratoria di inopponibilità del negozio al creditore, è devoluta alla competenza della sezione specializzata in materia di impresa, poiché, pur non introducendo una controversia relativa a rapporti tra società, soci e organi sociali, e pur non risultando diretta ad incidere, come l’opposizione ex artt. artt. 2506-ter, 2503 e 2503-bis c.c., sulla scissione, privandola di efficacia erga omnes, investe un tipico atto dell’organizzazione societaria, che, in quanto produttivo di un pregiudizio per la garanzia patrimoniale del creditore e in quanto posto in essere in presenza delle condizioni soggettive previste alternativamente dal comma 1, nn. 1 e 2, del cit. art. 2901 c.c., entra a far parte della causa petendi dell’azione proposta, qualificando il corrispondente giudizio come relativo a un rapporto societario».
- «L’azione revocatoria ex art. 66 l. fall. dell’atto di scissione societaria è devoluta alla competenza del tribunale fallimentare, la quale prevale su quella del tribunale delle imprese»;
- Nella controversia in esame va pertanto dichiarata la competenza del Tribunale di Parma. 24. Nulla deve statuirsi in punto di spese. Infatti, la richiesta di regolamento di competenza d’ufficio, promuovibile ai sensi dell’art. 45 c.p.c. esclusivamente dal giudice per l’immediato rilievo della propria incompetenza, non può essere riferita alla volontà delle parti, le quali, nella procedura speciale a carattere incidentale che ne consegue, restano in una identica posizione di partecipanti coatte, sicché non possono incorrere in una soccombenza valutabile con limitato riguardo a tale fase processuale, con la conseguenza che nessuna statuizione va adottata in ordine alle spese da esse sostenute nella fase medesima (Cass. 1 aprile 2011, n. 7596; Cass. 19 gennaio 2007, n. 1167).