Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, ordinanza 12 maggio 2023, n. 13088
Ai fini della devoluzione dell’azione di responsabilità alla giurisdizione contabile, l’assunzione della qualità di socio da parte dello Stato o di un ente pubblico non costituisce una ragione sufficiente. Infatti, al di fuori delle ipotesi della società in house e delle società c.d. legali, il danno subito dalla società non è da considerare quale danno erariale, dal momento che la diversa soggettività giuridica riconosciuta alle società di capitali e l’autonomia patrimoniale di cui le stesse sono dotate rispetto ai loro soci escludono, da un lato, la possibilità di riferire al patrimonio di questi ultimi il danno che l’illecito comportamento degli organi sociali abbia eventualmente cagionato al patrimonio della società, dall’altro, la configurabilità di un rapporto di servizio tra l’agente e l’ente titolare della partecipazione.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il primo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, ex art. 360 co. 1 n. 1 c.p.c., stante l’erronea declaratoria del difetto di giurisdizione del GO in favore della Corte dei conti, con violazione dei principi in materia di riparto della giurisdizione, e precisamente dell’art. 12 del D. Lgs. n. 175/2016, in ragione dell’omesso esame della natura giuridica di Kion S.p.A., come emergente dal suo statuto al momento dei fatti di mala gestio, ed in ragione dell’irrilevanza ai fini del riparto di giurisdizione di ogni evento successivo alla commissione dei fatti, con la conseguente ininfluenza della fusione del 2017 tra la ricorrente e la società.
Infine, si invoca la regola della concorrenza tra la giurisdizione del GO e quella contabile in relazione ai medesimi fatti. Rileva il ricorrente che non aveva inteso devolvere al giudice di appello la questione relativa alla propria natura giuridica, ma aveva piuttosto sottolineato la necessità di indagare se Kion avesse rispetto a CINECA i requisiti per poter essere definita società in house. Il Tribunale aveva però inteso svolgere tale indagine rispetto alla ricorrente e nello stesso equivoco è incorsa anche la Corte d’Appello, senza avvedersi che, intanto sarebbe stato possibile affermare che il pregiudizio di cui si chiedeva il ristoro si configurava come danno erariale, in quanto fosse stato accertato che Kion era una società in house ovvero una società legale.
Si aggiunge che i fatti per i quali si è agito in giudizio sono tutti anteriori all’avvenuta fusione, sicché è alla data di realizzazione delle condotte asseritamente illecite che occorre guardare ai fini di stabilire a chi spetti la giurisdizione. Avuto riguardo quindi a tale elemento cronologico, l’esame dello statuto di Kion consente di affermare che la stessa non potesse essere qualificata come società in house rispetto a CINECA, atteso che non risultava vietata la possibilità di partecipazione al capitale della società anche da parte di soggetti privati, e ciò in ragione della previsione che permetteva la libera circolazione delle azioni a favore di terzi, fatto solo salvo il diritto di prelazione in favore dei soci preesistenti.
Inoltre, e relativamente all’oggetto sociale, nello statuto manca una disposizione limitativa dell’attività di Kion a favore dei soli soggetti partecipanti, non essendo previsto alcun vincolo all’operatività della società anche a favore del mercato esterno, ben potendo essere assunte anche iniziative di natura squisitamente commerciale. Infine, non si rinveniva alcuna previsione che accordasse a CINECA un potere di influenza maggiore e diverso da quello che sarebbe spettato ad ogni altro socio, il che impediva di ritenere che vi fosse sulla società una forma di controllo analogo, come richiesto per l’affermazione della natura in house.
A tale omissione è poi seguito l’errore di aver attribuito rilevanza al fenomeno della fusione per incorporazione, sul presupposto che essendo CINECA subentrato in tutti i rapporti facenti capo alla società incorporata, il danno subito da quest’ultima per effetto della condotta degli amministratori e dei sindaci sarebbe ormai un danno direttamente imputabile al patrimonio di CINECA e quindi un danno erariale. Tuttavia, non si è tenuto conto del principio, pacificamente seguito dal giudice di legittimità, secondo cui per individuare la giurisdizione occorre guardare al momento in cui è stata posta in essere la condotta asseritamente illecita, non potendo incidere sulla conclusione raggiunta le successive vicende che abbiano coinvolto il soggetto. Infine, si evidenzia che, ove anche ipotizzabile la giurisdizione contabile per i danni oggetto di causa, non risulta escluso il concorso con quella ordinaria.
- Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata da parte della Chubb European Group e da Merigliano Stefano sul presupposto della carenza ab origine di una valida procura alle liti. Si evidenzia che CINECA aveva inizialmente agito sulla base di una delibera del 27 luglio 2017 della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), che però non è un organo sociale di CINECA, dovendo invece la delibera di autorizzazione alla proposizione del giudizio provenire dall’Assemblea di cui all’art. 5 dello Statuto. A seguito della eccezione de qua, il Tribunale di Bologna aveva assegnato all’attore termine ex art. 182 co. 2 c.p.c., e con nota del 27 settembre 2018, è stato depositato un “estratto” del verbale dell’Assemblea Consortile del 19 luglio 2018, nella quale veniva deliberato di “confermare ed approvare la decisione di procedere con l’azione di responsabilità nei confronti degli ex Amministratori di Kion S.p.a. e degli ex Sindaci di Kion S.p.a.” Assume parte controricorrente che tale delibera non avrebbe però efficacia sanante in quanto:
– l’estratto verbale rinviava al contenuto di una serie di documenti a presupposto e fondamento della decisione assunta, documenti che non sono stati prodotti in giudizio, e non è stato dunque possibile verificarne l’esistenza e il tenore;
– la riunione assembleare del 19 luglio 2018 era stata convocata con la sola partecipazione dei Rettori delle Università statali consorziate, e ciò in quanto l’Assemblea Consortile di CINECA, nella sua composizione integrale non aveva in precedenza inteso ratificare l’azione di responsabilità oggetto del presente giudizio, in quanto non adeguatamente istruita circa l’oggetto della delibera medesima;
– la delibera di ratifica del 19 luglio 2018 era stata assunta alla presenza di 52 Rettori a fronte di n. 26 Rettori assenti, con una maggioranza fittizia, perché calcolata esclusivamente sul numero dei Rettori delle Università, non già sul numero di tutti i Consorziati;
– la richiamata assemblea del 19 luglio 2018 era finalizzata a “confermare ed approvare” la precedente delibera della CRUI, il cui contenuto non è certo, essendone state depositate due differenti versioni.
Ritiene il Collegio che l’eccezione sia destituita di fondamento.
In primo luogo, rileva il contenuto della delibera adottata in ottemperanza all’invito ex art. 182 c.p.c., che denota in maniera evidente come, a prescindere da quale fosse il precedente contenuto della delibera della CRUI, era manifesto l’intento di autorizzare la proposizione della domanda di responsabilità nei confronti sia degli ex amministratori che degli ex sindaci.
Ancora quanto alle altre deduzioni, rileva il Collegio che trattasi di vizi che al più determinerebbero l’annullabilità della delibera emessa a sanatoria dell’iniziale carenza di autorizzazione da parte dell’assemblea, e che, a mente dello stesso art. 2606 c.c. invocato da parte controricorrente, prevedono l’impugnativa da parte dei soli consorziati ed entro il termine decadenziale di cui al co.
- Ne consegue che deve escludersi la legittimazione della controparte nel giudizio promosso sulla base della delibera autorizzativa ad eccepire vizi che invece potrebbero essere dedotti esclusivamente dai consorziati e ciò soprattutto allorché risulta decorso il termine per l’impugnativa in sede giurisdizionale, analogamente a quanto di recente affermato da questa Corte in tema di accertamento incidentale dell’annullabilità delle delibere condominiali (Cass. S.U. n. 9839/2021, nel caso in cui si ponga la questione della validità della delibera in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo).
Né potrebbe pretendersi, come sostenuto dal Merigliano, che debba verificarsi che il voto espresso nell’assemblea del consorzio da parte dei vari rettori risulti essere conforme a quanto statuito dai singoli consigli di amministrazione degli atenei di riferimento. Analogamente va disattesa l’eccezione secondo cui all’atto della costituzione in primo grado l’attore non avrebbe depositato anche l’originale della procura, dovendosi al riguardo osservare che trattasi di eccezione che parte controricorrente non riferisce essere stata riproposta ex art. 346 c.p.c. in sede di appello.
Del pari va disattesa l’eccezione secondo cui per la proposizione dell’appello il consorzio avrebbe dovuto munirsi di una nuova delibera di autorizzazione, in quanto, in assenza di un’espressa limitazione da parte della prima delibera al solo giudizio di primo grado, deve reputarsi che la stessa sia idonea a supportare la difesa in giudizio anche per le successive fasi (cfr., per le delibere di autorizzazione alle liti per gli enti locali, Cass. n. 28672/2013, secondo cui la delibera della giunta municipale che autorizza il sindaco ad agire o a resistere in giudizio senza una qualche limitazione al giudizio di primo grado estende implicitamente i suoi effetti alla proposizione dell’appello avverso la sentenza di prime cure; conf. Cass. n.12109/2006).
- Il ricorso è fondato.
I giudici di appello, in maniera sostanzialmente conforme a quanto statuito dal Tribunale, al fine di individuare la giurisdizione del giudice contabile, hanno ritenuto che occorresse farsi riferimento alla natura giuridica dell’attore, così che, essendosi verificata la fusione per incorporazione della società, di cui i convenuti erano stati amministratori e sindaci, il danno prodotto dai medesimi al patrimonio sociale costituiva ormai un danno radicatosi nel patrimonio di CINECA; la cui natura pubblica rendeva il danno stesso suscettibile di qualificazione come danno erariale.
Da tale ragionamento è stata quindi tratta l’ulteriore conclusione secondo cui era indifferente verificare, come invece reputato necessario dall’appellante, se tra la stessa e Kion, all’epoca cui risalivano le condotte asseritamente illecite, vi fosse un rapporto qualificabile come in house providing, in quanto ciò che rilevava era la circostanza che, come detto, il danno si era ormai consolidato nel solo patrimonio del soggetto sostanzialmente pubblico CINECA.
La qualificazione come soggetto pubblico della ricorrente non è a ben vedere contestata nemmeno in questa sede con il motivo di ricorso (e ciò sebbene a diverse conclusioni sia pervenuta la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che già con la sentenza n. 2660/2015 ha escluso che il rapporto tra i consorziati e CINECA sia suscettibile di qualificazione in termini di « in house providing », posto che al Consorzio anche all’epoca dei fatti oggetto della presente causa partecipavano anche Università private, che non potevano essere qualificate comunque come enti pubblici per il solo fatto di svolgere attività di interesse pubblico – università private poi recedute solo nel 2018 -; in senso conforme si veda anche Consiglio di Stato n. 6009/2018 – la cui impugnativa è stata rigettata da Cass. S.U. n. 7012/2020 – che ha ribadito come non fosse possibile riscontrare per CINECA il requisito del ‘controllo analogo’, in ragione della presenza di enti privati nella compagine del Consorzio, nonché il requisito dell’attività prevalentemente svolta a favore dei soggetti consorziati, in ragione del fatto che CINECA svolgeva, direttamente o tramite società controllate, una parte rilevante della propria attività a favore di soggetti non consorziati, pubblici e privati, sia in Italia che all’estero, assumendo quindi una vocazione commerciale che impediva di considerarlo alla stregua di un soggetto in house, ovvero di un mero organo delle Amministrazioni consorziate), ma risulta attinta la conclusione secondo cui, per effetto dell’avvenuta fusione, il danno subito da Kion sarebbe ormai un danno direttamente imputabile al ricorrente, in termini di danno erariale.
Le censure del ricorrente colgono nel segno, anche a voler mantenere ferma la natura sostanzialmente pubblica di CINECA.
La giurisprudenza di questa Corte ha anche di recente ribadito che, in tema di azione di responsabilità promossa nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali partecipate da enti pubblici, sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nel caso in cui tali società abbiano, al momento delle condotte ritenute illecite, tutti i requisiti per essere definite “in house providing”, che possono risultare dalle disposizioni statutarie in vigore all’epoca dei fatti, ma anche derivare dall’esterno ove sussista un controllo analogo, anche diverso da quello gerarchico posto in essere da un soggetto distinto da quello controllato (Cass. S.U. n. 20632/2022, ma si veda altresì Cass. S.U. n. 15979/2022 che ha affermato che, in tema di società di capitali a partecipazione pubblica, la responsabilità degli amministratori degli enti partecipanti per danno erariale diretto all’ente pubblico socio è configurabile anche qualora la partecipata non abbia natura di società “in house providing”, poiché la previsione dell’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 175 del 2016 non riveste una portata delimitatrice o abrogatrice della comune responsabilità contabile).
Infatti, come affermato anche da Cass. S.U. n. 614/2021, richiamata da parte controricorrente, ai fini della devoluzione dell’azione di responsabilità alla giurisdizione contabile, l’assunzione della qualità di socio da parte dello Stato o di un ente pubblico non costituisce una ragione sufficiente.
Infatti, al di fuori delle ipotesi della società in house e delle società c.d. legali (quelle, cioè, attraverso le quali l’ente pubblico svolge un’attività amministrativa in forma privatistica), il danno subìto dalla società (a causa della mala gestio degli amministratori o dei componenti dell’organo di controllo), non è da considerare quale danno erariale, inteso come pregiudizio arrecato direttamente allo Stato o all’ente pubblico che rivesta la qualità di socio, dal momento che la diversa soggettività giuridica riconosciuta alle società di capitali e l’autonomia patrimoniale di cui le stesse sono dotate rispetto ai loro soci escludono, da un lato, la possibilità di riferire al patrimonio di questi ultimi il danno che l’illecito comportamento degli organi sociali abbia eventualmente cagionato al patrimonio della società, dall’altro, la configurabilità di un rapporto di servizio tra l’agente e l’ente titolare della partecipazione.
L’errore di diritto nel quale è incorsa la Corte d’Appello, e puntualmente denunciato in ricorso, è quello di avere ricavato la natura giuridica del danno dalla situazione venutasi a determinare per effetto della fusione, prescindendo del tutto dalla verifica della situazione di fatto e di diritto invece sussistente alla data cui risalgono le condotte illecite. Trattasi di assunto che risulta però in contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte che ha invece reputato che l’affermazione della giurisdizione contabile non possa prescindere dalla verifica dei presupposti che la radicano al momento delle condotte ritenute illecite (Cass. n. 16741/2019, che ha appunto reputato necessario verificare se a quella data la società, i cui amministratori erano individuati come responsabili, aveva tutti i requisiti per essere definita “in house providing”).
In tal senso è stato, ad esempio, affermato che non sussiste la giurisdizione della Corte dei conti a conoscere del giudizio di responsabilità nei confronti di amministratori della Regione Puglia, per danni arrecati all’Ente autonomo acquedotto pugliese, in conseguenza di illegittimi finanziamenti a cooperative, erogati prima dell’entrata in vigore dell’art. 3 D.L. n. 543 del 1996 convertito con modifiche in legge n. 639 del 1996, in quanto occorre verificare la sussistenza del relativo presupposto con riferimento al momento della causazione del danno, nel quale, nella specie, non vi era immedesimazione tra Regione Puglia e ERSAP (Cass. S.U. n. 1180 del 16/11/2000; in senso conforme Cass. S.U. n. 19662/2003, secondo cui per accertare la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti a conoscere del giudizio di responsabilità nei confronti di pubblici funzionari per danni arrecati all’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, in epoca anteriore alla trasformazione in ente pubblico economico e poi in Società per azioni, occorre verificare la sussistenza del relativo presupposto con riferimento al momento della causazione del danno erariale, a nulla rilevando che – per i successivi mutamenti normativi – l’ente danneggiato non abbia più natura pubblica e la sua attività rientri nella giurisdizione ordinaria; Cass. S.U. n. 14957/2011 che ha escluso la giurisdizione della Corte dei conti per un’azione di responsabilità per il danno diretto, patito da una società per azioni a partecipazione pubblica e addebitato a condotte illecite dei suoi amministratori o dipendenti, allorché il danno si era verificato quando la società, derivante dalla trasformazione di un’azienda municipale, si era già costituita in detta forma).
Se quindi, per il danno patrimoniale subito dalla società a causa della loro condotta illecita, la controversia riguardante l’azione di responsabilità a carico di amministratori e sindaci di una società per azioni a partecipazione pubblica, anche se totalitaria – ma la cui attività statutaria sia di svolgere un servizio in regime di concorrenza -, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e non del giudice contabile, atteso che, da un lato, dette società non perdono la loro natura di enti privati disciplinati dal codice civile e, dall’altro lato, il danno cagionato dall’illecito incide in via diretta solo sul patrimonio della società, che resta privato e separato da quello dei soci, e ciò anche nel caso in cui sopravvenga la trasformazione, avvenuta però dopo l’esaurimento della condotta illecita, in società cosiddetta “in house” (così Cass. S.U. n. 8352/2013), analogamente, nel caso in esame, al fine del radicamento della giurisdizione, occorre guardare alla situazione esistente all’epoca cui risalgono le condotte addebitate ai convenuti, senza che possa assumere portata risolutiva (come invece opinato dalla Corte d’Appello), l’avvenuta fusione per incorporazione della società.
Ed è appunto in tale ottica che si inseriscono le censure della ricorrente che insiste sulla necessità di dover pervenire alla corretta verifica dei requisiti in capo alla società Kion per poter essere definita società in house rispetto al consorzio, poiché solo in tale ipotesi sarebbe possibile ipotizzare la giurisdizione della Corte dei Conti per il danno patito dalla società per effetto della condotta dei suoi amministratori e sindaci, in linea con la richiamata giurisprudenza di queste Sezioni Unite (e non venendo in questione in questo caso la responsabilità degli amministratori dell’ente partecipante, ipotesi invece contemplata da Cass. S.U. n. 15979/2022 sopra richiamata).
Ma anche tale verifica si palesa a ben vedere non necessaria per affermare la giurisdizione del GO sulla domanda proposta. Rileva a tal fine l’altrettanto pacifico principio, sempre richiamato dal ricorrente, secondo cui, ove anche sia ipotizzabile la giurisdizione della Corte dei conti, essendosi al cospetto di società qualificabili come in house, deve ravvisarsi la reciproca autonomia e quindi l’ammissibilità del concorso dell’azione di responsabilità ordinaria e contabile, anche quando trovino causa nei medesimi fatti materiali, e perfino ove la prima sia direttamente intentata dalle singole amministrazioni coinvolte (Cass. S.U. n. 26738/2021).
Infatti (cfr. Cass. S.U. ord. 19/02/2019, n. 4883), l’azione di responsabilità per danno erariale e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario restano reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali, essendo la prima volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della Pubblica Amministrazione ed al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria, e la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della parte attrice (conf. Cass. S.U. n. 10019/2019).
Ne deriva che le eventuali interferenze tra i due giudizi integrano una questione, non di giurisdizione, ma di proponibilità dell’azione di responsabilità innanzi al giudice contabile, da far valere peraltro dinanzi al giudice successivamente adito (Cass. S.U. n. 5978/2022; Cass. S.U. n. 15570/2021; in precedenza, nello stesso senso, tra le altre: Cass. S.U. ord. 10/09/2013, n. 26935; Cass. S.U. ord. 02/12/2013, n. 26935; in motivazione, Cass. S.U. 17/04/2014, n. 8927; Cass. S.U. 18/12/2014, n. 26659; Cass. ord. 23/08/2018, n. 21021).
Poiché quindi l’eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità, ove anche fatta valere davanti alla Corte dei conti, non può mai dar luogo ad una questione di giurisdizione (Cass., S.U., 28 novembre 2013, n. 26582; Cass., S.U., 16 dicembre 2019, n. 33092). Ad esempio, è stata sostenuta l’esperibilità dell’azione di responsabilità amministrativa da parte del Procuratore della Corte dei conti, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, nei confronti dei dipendenti di un ente pubblico economico, ma senza che ciò escluda la possibilità del datore di lavoro di promuovere l’ordinaria azione civilistica di responsabilità, per violazione della disciplina contrattuale del rapporto di lavoro privatistico, poiché la giurisdizione civile e quella contabile sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, sicché il rapporto tra le due azioni si pone in termini di alternatività, anziché di esclusività, dando luogo a questioni non di giurisdizione, ma appunto di proponibilità della domanda, e ciò in quanto la giurisdizione della Corte dei conti non può ritenersi sostitutiva dei normali rimedi derivanti dai singoli rapporti intercorrenti tra l’amministrazione e i soggetti danneggianti (Cass., S.U., 19 maggio 2016, n. 10323, in motivazione).
La segnalata differenza fra l’azione di responsabilità per danno erariale e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario, essendo la prima volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria, e la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare dell’amministrazione attrice, comporta quindi che le eventuali interferenze tra i due giudizi integrano una questione non di giurisdizione ma di proponibilità dell’azione di responsabilità innanzi al giudice contabile, rendendo conseguentemente inammissibile il ricorso innanzi alla Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione (Cass. S.U. n. 36205/2021).
Ne consegue che, essendo CINECA subentrata nei diritti spettanti alla società incorporata, e potendo gli stessi essere fatti valere per quanto detto dinanzi al GO, ove anche ipotizzabile la giurisdizione contabile, al ricorrere dei presupposti che assoggettano gli amministratori di società private alla giurisdizione della Corte dei conti, la scelta della ricorrente di adire il GO non poteva essere ritenuta erronea e condurre quindi al dichiarato difetto di giurisdizione.
- L’accoglimento del ricorso impone la cassazione della sentenza gravata, con rinvio ex art. 383 co. 3 c.p.c., al Tribunale di Bologna – Sezione Specializzata in materia di Impresa, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.