Corte Costituzionale, sentenza 28 ottobre 2021 n. 205
Va dichiarata la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 55, quinto comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Modena; vanno poi dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 660, sesto comma, e 663 del codice di procedura civile e dell’art. 55, quinto comma, della legge n. 392 del 1978, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., sempre dal Tribunale di Modena.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
3.– Le questioni sollevate dalle due ordinanze di rimessione, seppur diverse, sono comunque connesse per la parziale coincidenza delle norme censurate e dei parametri evocati.
Possono quindi essere riuniti, per essere decisi con un’unica sentenza, i due giudizi incidentali.
4.– Le questioni sollevate dal Tribunale di Modena, con l’ordinanza iscritta al n. 73 reg. ord. dell’anno 2020, sono manifestamente infondate.
Questa Corte, infatti, con la sentenza n. 79 del 2020 si è già pronunciata sulle stesse a fronte di altre due ordinanze di rimessione, di analogo tenore, del medesimo Tribunale di Modena.
In particolare, anche con riferimento alla problematica – nella fattispecie concreta all’esame del giudice a quo – relativa al mancato pagamento delle sole spese processuali da parte del conduttore entro il termine cosiddetto di grazia, questa Corte ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate con riferimento agli stessi parametri di cui agli artt. 2, 3 e 111 Cost., dell’art. 55 della legge n. 392 del 1978, laddove, come costantemente interpretato nella giurisprudenza di legittimità, comporta che non possa darsi sanatoria giudiziale della morosità ove il pagamento di quanto dovuto dall’intimato a titolo di canoni, interessi e spese non sia tempestivo e integrale. A tal riguardo ha osservato che «[i]l legislatore ha incluso le spese processuali nell’importo complessivo perché operi, in favore del conduttore, la speciale sanatoria in sede giudiziale del quinto comma dell’art. 55, nel contesto di un bilanciamento complessivo delle posizioni delle parti e in considerazione del “sacrificio” richiesto al locatore che non ottiene, alla prima udienza, la convalida dell’intimazione di sfratto, pur persistendo in quel momento la morosità e mancando l’opposizione dell’intimato», sottolineando, altresì, che «[r]ientra nella discrezionalità del legislatore modellare gli istituti processuali, soprattutto quando hanno carattere speciale ed eccezionale, come appunto è la sanatoria in sede giudiziale prevista dalla disposizione censurata».
Fermo restando il mancato perfezionamento della speciale sanatoria di cui al predetto art. 55, quinto comma, della legge n. 392 del 1978, unica disposizione censurata, anche nell’ipotesi in cui residui soltanto il pagamento delle spese processuali, è comunque rimesso alla valutazione del giudice del procedimento la verifica della sussistenza delle condizioni richieste per la convalida dello sfratto secondo il codice di rito, in particolare nella parte in cui l’art. 663, terzo comma, cod. proc. civ., prescrive che «la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste» (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 11 gennaio 2001, n. 332).
5.– Le questioni sollevate dallo stesso Tribunale di Modena, con l’ordinanza iscritta al n. 74 reg. ord. dell’anno 2020, sono invece inammissibili.
6.– Il giudice rimettente lamenta – con riferimento ai parametri sopra indicati e soprattutto in relazione al principio del giusto processo (art. 111, secondo comma, Cost.) – l’asimmetria difensiva delle parti laddove l’intimato compaia personalmente, come è facoltizzato a fare secondo l’espressa previsione dell’art. 660, sesto comma, cod. proc. civ., che ciò consente «[a]i fini dell’opposizione e del compimento delle attività previste negli articoli da 663 a 666».
La parte intimata, comparsa in giudizio, può, senza il patrocinio prescritto in generale dall’art. 82 cod. proc. civ., compiere personalmente, nel procedimento di convalida, tipici atti defensionali, che normalmente appartengono all’attività della difesa tecnica mediante un procuratore legalmente esercente. In particolare l’intimato, comparso in udienza, può personalmente sia proporre l’opposizione alla richiesta di convalida dello sfratto (ex art. 663 cod. proc. civ.), sia sollevare eccezioni, quali esse siano (ex art. 665 cod. proc. civ.), le quali, se fondate su prova scritta, precludono al giudice di pronunciare, su istanza del locatore, ordinanza non impugnabile di rilascio dell’immobile locato, immediatamente esecutiva.
Assume il giudice rimettente che, allorché l’intimato compaia personalmente, e non già con il patrocinio di un difensore, ci sarebbe un’asimmetria, che ridonderebbe in violazione soprattutto del principio del giusto processo, declinato come necessaria parità delle parti (art. 111, secondo comma, Cost.), in ragione della circostanza che, mentre la parte attrice intimante (il locatore) è assistita necessariamente da un avvocato (ex art. 82 cod. proc. civ.), l’intimato, parte convenuta (il conduttore), è – seppur per sua libera scelta – senza difesa tecnica; ciò ne pregiudicherebbe, in concreto, la tutela giurisdizionale ove vengano in rilievo problematiche giuridicamente complesse.
7.– Orbene, questa situazione processuale, che il giudice a quo ritiene contraria agli evocati parametri, si è presentata, nel giudizio principale, già alla prima udienza di comparizione, come risulta chiaramente dall’ordinanza di rimessione nella quale si dà atto che la parte intimata, comparsa personalmente, ha eccepito una circostanza di fatto (rifiuto dei locatori di attestare la stipulazione del contratto di locazione, con relativa registrazione, al fine dell’accesso del conduttore al fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli), la quale avrebbe potuto essere formulata in termini giuridici più puntuali ove la parte stessa fosse stata assistita da difensore abilitato. Trattasi del fondo istituito dall’art. 6, comma 5, del d.l. n. 102 del 2013, come convertito, che è previsto in favore di chi, versando in una situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo in ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare, è destinatario di un atto di intimazione di sfratto per morosità, con citazione per la convalida, sempre che si tratti di un contratto di locazione ad uso abitativo regolarmente registrato, erogato con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 30 marzo 2016, recante «Fondo nazionale destinato agli inquilini morosi incolpevoli di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124. Riparto annualità 2016 (59,73 milioni)».
Ciò nonostante, il giudizio è proseguito in ulteriori udienze di rinvio dal momento che il giudice, senza neppure precisare se l’eccezione della parte intimata potesse essere, o no, qualificata come opposizione alla convalida, ha proceduto adottando – peraltro d’ufficio, con una sorta di “soccorso istruttorio” (al punto che la stessa ordinanza di rimessione parla di «obiettiva forzatura del dato normativo») – l’ordine di esibizione al terzo ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. per acquisire la documentazione utile a supportare tale eccezione.
Tuttavia, all’udienza successiva, la parte intimata ha chiesto e ottenuto il termine di grazia di cui all’art. 55 della legge n. 392 del 1978 con ulteriore rinvio dell’udienza.
Infine, solo in sede di udienza cosiddetta di verifica, il giudice – chiamato ad accertare se si fosse perfezionata, o no, la fattispecie della speciale sanatoria della morosità prevista da tale ultima disposizione – ha sollevato le questioni di legittimità costituzionale senza affatto indicare quale rilevanza esse potessero ormai avere in uno stadio così avanzato del procedimento di convalida.
8.– Si ha quindi che dette questioni risultano essere state sollevate solo nel corso dell’udienza fissata per la verifica dell’esatto adempimento del conduttore a seguito della concessione del termine di grazia, ossia in un momento processuale nel quale un’eventuale pronuncia di accoglimento di questa Corte, nei termini (peraltro perplessi) indicati dal giudice rimettente, non potrebbe produrre alcuna incidenza per la definizione del giudizio.
Invero, per un verso, con la richiesta del termine di cui all’art. 55 della legge n. 392 del 1978, il conduttore mostra una voluntas solvendi incompatibile con l’opposizione alla convalida (tra le molte, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenze 7 ottobre 2008, n. 24764 e 23 dicembre 2003, n. 19772) e, per un altro, una volta spirato il predetto termine senza che sia stata pagata integralmente la somma fissata dal giudice, tale circostanza assume rilievo nel senso di escludere la eccezionale sanatoria della morosità secondo quanto stabilito dall’art. 55 della legge n. 392 del 1978 (sentenza n. 79 del 2020).
Né il giudice rimettente si è confrontato, eventualmente per disattenderla, con la richiamata giurisprudenza di legittimità che ritiene la richiesta del termine di grazia non compatibile con l’opposizione alla convalida e comunque ne comporta la implicita rinuncia.
A ciò si aggiunge la sostanziale contraddittorietà del petitum perché da una parte il giudice rimettente chiede di eliminare del tutto, nell’art. 660, sesto comma, cod. proc. civ., la possibilità che «ai fini dell’opposizione e del compimento delle attività previste negli articoli da 663 a 666 [sia] sufficiente la comparizione personale dell’intimato».
D’altra parte vorrebbe, invece, che la comparizione personale dell’intimato, che ne abbia pregiudicato la difesa, escluda di per sé la convalida dello sfratto ai sensi dell’art. 663 cod. proc. civ. e parimenti escluda la risoluzione del contratto di locazione ove, concesso il termine di grazia ai sensi dell’art. 55 della legge n. 392 del 1978, sia mancato il pagamento integrale della somma a tal fine fissata dal giudice.
9.– In definitiva, l’insufficiente e perplessa motivazione dell’ordinanza di rimessione quanto alla rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate in sede di cosiddetta verifica della sanatoria della morosità entro il concesso termine di grazia, inficia irrimediabilmente la loro ammissibilità.