Cass. pen., VI, ud. dep. 16.02.2022, n. 5538
MASSIMA
Integra il delitto di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento di cui all’art. 388 c.p., comma 5, l’atto di disposizione di beni compiuto dal debitore che abbia anche solo ricevuto l’ingiunzione da parte dell’ufficiale giudiziario ex art. 492 c.p.c. di astenersi dal sottrarre all’espropriazione i beni pignorati, non rilevando, agli effetti penali, la circostanza che siano state o meno perfezionate le ulteriori formalità che l’ordinamento processuale civile prescrive ai fini della validità ed efficacia del pignoramento, in quanto, ai predetti fini, l’essenza dell’atto non è data dall’opponibilità ai terzi del vincolo di indisponibilità, ma dal suo contenuto precettivo che si sostanzia nell’ingiunzione.
Seppure in materia è configurabile uno scontro giurisprudenziale, secondo tale prospettiva interpretativa, l’essenza del pignoramento, quanto meno agli effetti penali, non sarebbe rappresentata dall’opponibilità del vincolo di indisponibilità rispetto ai terzi, che muta in ragione del diverso regime legale di pubblicità degli atti di trasferimento del bene pignorato, ma piuttosto dal suo contenuto precettivo, che rimane sempre identico in tutte le forme di espropriazione forzata, e che si sostanzia nell’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario rivolge al debitore di astenersi dal compiere atti diretti a sottrarre il bene alla procedura espropriativa, secondo il chiaro tenore dell’art. 492 c.p.p..
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
- Occorre, in via preliminare rispetto all’esame dei motivi di ricorso proposti, verificare se la condotta accertata dalle sentenze di merito sia o meno astrattamente riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 388 c.p., comma 5,.p. sub specie di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento.
Le sentenze di merito, infatti, hanno concordemente accertato che l’imputato, il giorno successivo alla notifica dell’atto di pignoramento su due beni immobili di sua proprietà, ha trasferito alla moglie tali beni e ha trascritto i contratti di vendita nei registri immobiliari anteriormente alla trascrizione del vincolo esecutivo da parte del creditore.
Vi è, tuttavia, un contrasto nella giurisprudenza di questa Sezione, deputata tabellarmente a giudicare dei ricorsi presentati in materia di delitti contro l’amministrazione della giustizia, sull’idoneità ad integrare il delitto di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento dell’atto di alienazione a terzi di un bene immobile posto in essere dopo la notifica dell’atto di pignoramento, ma prima della trascrizione dello stesso nei registri immobiliari.
- La condotta di “sottrazione” di cose sottoposte a pignoramento-costituisce una delle condotte alternative mediante le quali può realizzarsi il delitto di cui all’art. 388 c.p., comma 5.
Questa condotta, peraltro, rispetto alle altre previste dalla disposizione (la soppressione, la distruzione, la dispersione e il deterioramento del bene), in ragione della propria maggiore latitudine semantica, esercita un ruolo di chiusura, improntato all’esigenza di sanzionare ogni comportamento contrassegnato dalla direzione e dall’attitudine a ledere l’interesse tutelato, che è quello alla conservazione del vincolo esecutivo apposto sul bene, in funzione del corretto conseguimento delle finalità della procedura esecutiva e della realizzazione dell’interesse del creditore in via giudiziale.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il delitto di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento sussiste ogni qual volta si compia un’azione diretta ad eludere il vincolo esecutivo (Sez. 6, n. 4630 del 07/02/1984, dep. 18/05/1984, Rv. 164271); è, pertanto, configurabile non solo quando la condotta sia obiettivamente idonea ad impedire la vendita della cosa pignorata, ma anche quando crei per gli organi della procedura esecutiva ostacoli o ritardi nel reperimento del compendio esecutato (Sez. 6, n. 179 del 02/10/1984, dep. 10/01/1985, Rv. 167317), rendendo anche semplicemente più difficoltosa la concreta attuazione delle pretese, delle facoltà e dei diritti il cui pieno soddisfacimento l’ordinamento giuridico intende tutelare (Sez. 6, n. 49895 del 03/12/2009, dep. 30/12/2009, P.M. in proc. Ruocco; Sez. 6, n. 179 del 02/10/1984, dep. 10/01/1985, Tagliapietra, Rv. 167317 – 01; Sez. 6, n. 4312 del 07/02/1985, dep. 07/05/1985, Scioscia).
La condotta di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento, peraltro, assume, in ragione della natura e del regime giuridico dei beni coinvolti, forme diverse (v. Sez. 6, n. 42582 del 22/09/2009, dep. 06/11/2009, P.M. in proc. Mazzone, Rv. 244853; Sez. 6, n. 31979 del 08/04/2003, dep. 29/07/2003, D’Angelo, Rv. 226220)
Se, infatti, come evidenzia l’esame della giurisprudenza, la sottrazione di cosa mobile pignorata si connota in larghissima parte come amotio e, dunque, come spostamento materiale della cosa, in caso di beni immobili vengono evidentemente in rilievo condotte diverse e, tra queste, in particolare, quella consistente in negozi dispositivi di diritti, tra cui in primis la vendita del bene.
2.1. Vi è, tuttavia, un contrasto nella giurisprudenza della Sesta Sezione penale sul momento iniziale dell’operatività della fattispecie di cui all’art. 388 c.p., comma 5,.p. in caso di pignoramento immobiliare.
A differenza del pignoramento mobiliare, che non conosce una significativa crasi temporale tra l’ingiunzione rivolta dall’ufficiale giudiziario al debitore di non disporre dei beni e l’apprensione dei beni sottoposti a vincolo, nel pignoramento immobiliare, infatti, tra la notifica dell’ingiunzione al debitore esecutato a non disporre del bene e la trascrizione dell’atto di pignoramento nei registri immobiliari può intercorrere un lasso di tempo nel quale il debitore può disporre del bene sottoposto a procedura esecutiva.
Il pignoramento immobiliare è, infatti, un atto “a struttura complessa”, in quanto alla iniziativa del creditore (che deve predisporre un atto scritto nel quale vengono individuati “i beni e diritti immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione”, il c.d. libello), fanno seguito dapprima l’ingiunzione redatta dall’ufficiale giudiziario e notificata ai sensi dell’art. 492 c.p.c. (con la quale al debitore viene ingiunto “di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi”) e, da ultimo, la trascrizione dello stesso atto nei pubblici registri immobiliari richiesta dal creditore pignorante.
2.2. La prima pronuncia della giurisprudenza di legittimità intervenuta sul tema è stata resa in una fattispecie di vendita, da parte del proprietario custode, della nuda proprietà di un immobile dopo la notifica dell’atto di pignoramento ma prima della trascrizione.
In questo caso la Corte ha affermato che il reato punito dall’art. 334 c.p. e, successivamente, dall’art. 388 c.p., è configurabile non solo quando la condotta sia obiettivamente idonea ad impedire la vendita della cosa pignorata ma anche quando crei per gli organi della procedura esecutiva ostacoli o ritardi al reperimento del compendio esecutato (Sez. 6, n. 179 del 2 ottobre 1984, Tagliapietra, Rv. 167317).
Questa pronuncia, pur intesa a chiarire la nozione di sottrazione del bene in relazione alla natura del diritto reale di godimento costituito, ha affermato l’idoneità ad integrare il reato di cui all’art. 388 c.p. dell’atto di disposizione del bene posto in essere nell’arco temporale intercorrente tra la notifica dell’intimazione al debitore e la trascrizione del pignoramento.
2.3. Nella giurisprudenza della Sesta Sezione è, tuttavia, successivamente emerso un orientamento di segno contrario secondo il quale non integra il reato di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento l’atto di disposizione di un bene immobile compiuto dopo la notifica dell’atto di pignoramento ma prima della trascrizione di quest’ultimo (Sez. 6, n. 29154 del 03/06/2015, P.o. in proc. Fiorentino, Rv. 264118 – 01, fattispecie in cui l’atto di disposizione era consistito nella risoluzione consensuale di una donazione; Sez. 6, n. 38099 19/05/2009, Piazza, Rv. 244552 – 01, con riferimento alla donazione di un immobile; Sez. 6, n. 35854 del 6/05/2008, Leggio, Rv. 241247, con riferimento alla vendita di un immobile).
Secondo queste sentenze, infatti, la vendita del bene staggito, pur dopo la notifica dell’ingiunzione di cui all’art. 491 c.p.c. al debitore esecutato, non può comportare la sottrazione del bene al vincolo esecutivo, perché il pignoramento, in assenza della trascrizione nei registri immobiliari, non si è ancora perfezionato e, dunque, il reato di cui all’art. 388 c.p., comma 5, non è configurabile.
Tali pronunce muovono dalla premessa interpretativa, condivisa da parte di autorevole dottrina processualcivilistica e dall’orientamento meno recente della giurisprudenza civile, che ritiene che la trascrizione del pignoramento nei registri immobiliari abbia una efficacia costitutiva e non già meramente dichiarativa e che, dunque, il vincolo di indisponibilità, nei confronti del debitore e dei creditori intervenuti nell’esecuzione, che costituisce l’effetto sostanziale del pignoramento, si costituisca solo al momento della stessa e non da quello anteriore della notificazione dell’ingiunzione.
In alcune sentenze della Sesta Sezione Penale che esprimono questo orientamento interpretativo si rileva anche che la condotta di alienazione del bene immobile posta in essere nel lasso temporale che intercorre tra la notificazione dell’ingiunzione e la trascrizione del pignoramento non potrebbe neppure essere ricondotta all’ambito applicativo dell’art. 388 c.p., comma 1, che punisce colui che compie sui propri beni atti simulati o fraudolenti, per sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, in quanto difetterebbe nella condotta del debitore la modalità simulatoria o fraudolenta del fatto tipico (Sez. 6, n. 38099 19/05/2009, Piazza, Rv. 244552 01).
Il creditore medio tempore rimasto insoddisfatto nella propria pretesa esecutiva sarebbe, dunque, privo di tutela penale e non potrebbe che esperire l’azione di risarcimento dei danni nei confronti del debitore spogliatosi del bene immobile pignorato ed eventualmente del terzo consapevole del pregiudizio recato al creditore.
Questa soluzione è stata criticata a più riprese dalla dottrina, processualcivilistica e penale, in quanto consente al “debitore callido” di sottrarsi facilmente ed impunemente alle conseguenze dei propri inadempimenti.
2.4. Secondo un opposto e più recente orientamento della Sezione, integra, invece, il delitto di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento di cui all’art. 388 c.p., comma 5, l’atto di disposizione di beni compiuto dal debitore che abbia anche solo ricevuto l’ingiunzione da parte dell’ufficiale giudiziario ex art. 492 c.p.c. di astenersi dal sottrarre all’espropriazione i beni pignorati, non rilevando, agli effetti penali, la circostanza che siano state o meno perfezionate le ulteriori formalità che l’ordinamento processuale civile prescrive ai fini della validità ed efficacia del pignoramento, in quanto, ai predetti fini, l’essenza dell’atto non è data dall’opponibilità ai terzi del vincolo di indisponibilità, ma dal suo contenuto precettivo che si sostanzia nell’ingiunzione (Sez. 6, n. 1649 del 04/02/2020, Picerno, Rv. 278964, in applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure il sequestro preventivo di quote di s.r.l. che l’indagato, in assenza di autorizzazione del giudice dell’esecuzione, aveva ceduto a terzi successivamente alla notificazione del pignoramento, ma prima della sua iscrizione nel registro delle imprese; conf. Sez. 6, n. 16497 del 4/02/2020, Picerno, non massimata).
In questa prospettiva interpretativa, dunque, l’essenza del pignoramento, quanto meno agli effetti penali, non sarebbe rappresentata dall’opponibilità del vincolo di indisponibilità rispetto ai terzi, che muta in ragione del diverso regime legale di pubblicità degli atti di trasferimento del bene pignorato, ma piuttosto dal suo contenuto precettivo, che rimane sempre identico in tutte le forme di espropriazione forzata, e che si sostanzia nell’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario rivolge al debitore di astenersi dal compiere atti diretti a sottrarre il bene alla procedura espropriativa, secondo il chiaro tenore dell’art. 492 c.p.p..
Secondo questo orientamento, inoltre, l’adesione al tradizionale orientamento conduce ad un effetto paradossale e, segnatamente, quello di ravvisare la configurabilità del reato soltanto rispetto ad atti di alienazione che, in quanto posti in essere dopo la trascrizione del pignoramento ed essendo come tali inefficaci rispetto alla procedura esecutiva ai sensi dell’art. 2913 c.c., non potrebbero mai avere l’effetto di sottrarre il bene alla procedura espropriativa.
In passato si è, peraltro, ritenuto in senso analogo che non è configurabile il delitto punito dall’art. 388 c.p., comma 3, in caso di vendita simulata di un bene immobile sottoposto a sequestro conservativo, effettuata dal proprietario dopo la trascrizione del vincolo reale, occorrendo, al riguardo, altre condotte aggiuntive, idonee a rendere eventualmente più difficoltosa la realizzazione delle finalità cui il vincolo stesso è predisposto (Sez. 6, n. 27164 del 05/07/2011, Li Calzi, Rv. 250526 -01).
2.5. Ritiene il Collegio di aderire a quest’ultima opzione interpretativa, che peraltro oggi è espressione dell’orientamento condiviso della Sezione, emerso nel corso della riunione tenutasi, ai sensi del R.D. 30 gennaio 1941, 12, art. 47 quater (Ordinamento giudiziario), per superare il contrasto verificatosi sul punto.
2.6. Secondo la giurisprudenza civile di legittimità in materia di espropriazione immobiliare, il pignoramento, pur componendosi di due momenti processuali, cui corrispondono i due diversi adempimenti della notifica dell’atto al debitore esecutato e della sua trascrizione nei registri immobiliari, è strutturato come fattispecie a formazione progressiva, nella quale, mentre la notificazione dell’ingiunzione al debitore segna l’inizio del processo esecutivo (e produce, tra gli altri effetti, quello dell’indisponibilità del bene pignorato), la trascrizione ha la funzione di completare il pignoramento, non solo consentendo la produzione dei suoi effetti sostanziali nei confronti dei terzi e di pubblicità notizia nei confronti dei creditori concorrenti, ma ponendosi anche come presupposto indispensabile perché il giudice dia seguito all’istanza di vendita del bene (ex plurimis: Sez. 3 civ., n. 7998 del 20/04/2015, Rv. 635099; conf. Sez. 3 civ., n. 17367 del 18/08/2011, Rv. 619245; conf. Sez. 3 civ., n. 9231 del 16/09/1997, Rv. 508065).
In questa prospettiva interpretativa, mentre la notificazione dell’ingiunzione al debitore segna l’inizio del processo esecutivo (e produce, tra gli altri effetti, quello dell’indisponibilità del bene pignorato), la trascrizione ha la funzione di completare il pignoramento, non solo consentendo la produzione dei suoi effetti sostanziali nei confronti dei terzi e di pubblicità notizia nei confronti dei creditori concorrenti, ma ponendosi anche come presupposto indispensabile perché il giudice dia seguito all’istanza di vendita del bene (ex plurimis: Sez. 3 civ., n. 7998 del 20/04/2015, Rv. 635099 – 01).
Il pignoramento, dunque, per quello che attiene ai doveri del debitore, deve considerarsi perfezionato con la notifica; ne consegue che il debitore che sottrae il bene pignorato non può difendersi allegando la mancata trascrizione in quanto questo adempimento riguarda solo il confitto tra il creditore pignorante e i terzi acquirenti.
2.7. La punibilità dell’atto di disposizione del bene pignorato posto in essere dal debitore esecutato anteriormente alla trascrizione del pignoramento si fonda, peraltro, anche su ragioni sistematiche proprie del sistema penale dei delitti contro l’amministrazione della giustizia.
Secondo l’orientamento prevalente nella giurisprudenza della Sezione, il debitore che ha alienato il bene prima del pignoramento potrebbe essere perseguito per aver effettuato atti fraudolenti sul proprio patrimonio al fine di sottrarsi agli obblighi civili nascenti da una sentenza (art. 388 c.p., comma 1), mentre sarebbe lecita la condotta di chi abbia venduto il bene dopo la notifica dell’ingiunzione, ma prima della trascrizione dell’atto di pignoramento.
L’evidente irragionevolezza di questa conclusione induce a ritenere che, sotto il profilo penale, si sia in presenza di una “cosa sottoposta a pignoramento” ai sensi dell’art. 388 c.p., comma 5, già in seguito alla notifica dell’ingiunzione al debitore a non disporre del bene immobile e, dunque, prima, e a prescindere, dalla trascrizione dell’atto di pignoramento nei registri immobiliari.
Deve, pertanto, ritenersi che “integra il reato di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento l’atto di disposizione di un bene immobile compiuto dopo la notifica dell’atto di pignoramento, ma prima della trascrizione nei registri immobiliari”.
Alla stregua di tali rilievi ritiene, pertanto, il Collegio che la condotta accertata dalla sentenza impugnata sia stata correttamente qualificata come delitto di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento di cui all’art. 388 c.p., comma 5.