Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 18 dicembre 2023, n. 10978
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con l’appellata sentenza n. 50 del 9 gennaio 2023, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Reggio Calabria, ha accolto il ricorso proposto dall’appellato, signor …, avverso la ordinanza – ingiunzione n. 159498 del 13 maggio 2013, emessa dal Dipartimento per le politiche ambientali della Regione Calabria ed avente ad oggetto il pagamento di sanzione, pari a euro 6.572,09, a titolo di indennità risarcitoria per danno ambientale ai sensi dell’art. 1, comma 37, della l. n. 308 del 2004.
- Il signor … si era rivolo al T.a.r. per la Calabria, attraverso un atto di riproposizione del processo, dopo che il Tribunale civile di Reggio Calabria, con sentenza n. 1132 del 14 luglio 2017, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario a conoscere della controversia.
- Il ricorrente, che ha agito in qualità di titolare del permesso di costruire in sanatoria n. 40 del 31 agosto 2007, rilasciato dal Comune di Campo Calabro ex art. 32 L. n. 326 del 2003, ha impugnato la su indicata ordinanza ingiunzione articolando quattro motivi di gravame e, con uno di essi, ha fatto valere l’eccezione di prescrizione per intervenuta decorrenza dei termini massimi di conclusione del procedimento amministrativi, con conseguente diritto del ricorrente al pagamento del danno da ritardo di cui all’art. 2-bis l. n. 241 del 1990 ovvero, in subordine, del termine decadenziale di cui all’art. 14 comma 2 l. n. 689 del 1981.
- La Regione Calabria non si costituiva in giudizio.
- L’adito T.a.r., con la sentenza n. 50 del 2023, qui impugnata, ha ritenuto fondato il motivo relativo alla intervenuta prescrizione del credito della Regione Calabria di cui all’ordinanza – ingiunzione n. 159498 del 13 maggio 2013 e ha conseguentemente annullato il provvedimento impugnato e accolto il gravame; ha altresì dichiarato non ripetibili le spese del giudizio.
- Con l’atto di appello la Regione Calabria ha proposto due motivi di gravame.
6.1. Con il primo ha proposto il vizio di inammissibilità del ricorso di primo grado giacché risulterebbe dagli atti di causa che il ricorso introduttivo dinanzi al T.a.r. non è stato ritualmente notificato all’Amministrazione resistente e che per tale ragione l’Amministrazione non si è costituita in giudizio. Sostiene l’appellante che, nel caso in cui il Giudice ordinario declini la propria giurisdizione, l’atto di riproposizione, con il quale la causa è portata a conoscenza del Giudice amministrativo con il fenomeno della “translatio iudicii”, deve seguire le regole che disciplinano tale processo davanti al Giudice amministrativo […]
Conseguentemente, essendo l’atto di riproposizione un vero e proprio atto introduttivo del giudizio, la notifica del ricorso introduttivo ai sensi dell’art. 41 c.p.a. dovrebbe essere effettuata alla Pubblica Amministrazione che ha emanato l’atto nella persona del rappresentante legale dell’Ente. Nel caso in esame, invero, il ricorso è stato “riproposto” dinanzi al T.a.r. ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p.a. con atto notificato in copia a mezzo pec (senza procura allegata) al procuratore costituito dell’Amministrazione regionale nel giudizio definito con la sentenza del Giudice ordinario che ha declinato la giurisdizione a favore del Giudice Amministrativo. Pertanto, anche in relazione alla assenza di costituzione della Regione Calabria in primo grado, il T.a.r. avrebbe dovuto dichiarare il ricorso inammissibile, con la conseguenza che la sentenza pronunciata andrebbe annullata ai sensi dell’art. 105 c.p.a. e la causa andrebbe rimessa al primo giudice per lo svolgimento del giudizio di merito.
6.2. Con il secondo motivo, […]
- L’appellato si è costituito in giudizio affermando, in contrario avviso rispetto all’appellante, che l’atto di riassunzione sarebbe tempestivo e rituale atteso che nel caso in esame la disposizione da rispettare risulterebbe essere non quella dell’art. 40 c.p.a. bensì quella dell’art. 125 delle disposizioni attuative del c.p.c. operante ai sensi del rinvio esterno operato ex art. 39 c.p.a. Troverebbe pertanto applicazione l’art. 170, comma 1, c.p.c. (“Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti”).
- Entrambe le parti hanno articolato le proprie difese con specifiche memorie depositate in vista dell’udienza pubblica.
- Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
- Il Collegio osserva che è fondato ed assorbente il primo motivo d’appello con il quale l’appellante ha sostenuto la erroneità della sentenza di primo grado in ordine alla ammissibilità del ricorso di primo grado per nullità della notificazione. L’odierno appellato si è infatti rivolto al T.a.r per la Calabria con un atto introduttivo con il quale ha riproposto la causa per cui il Giudice ordinario si era dichiarato sfornito della giurisdizione.
- Come già rilevato dal Giudice amministrativo (sent. Sez. IV n. 6442 del 2014) secondo un orientamento che risulta consolidato e che si richiama quale precedente conforme ex art. 88, comma 2, lett. d) c.p.a., l’istituto della translatio iudicii tra giudice ordinario e giudice amministrativo ha trovato ingresso nel nostro ordinamento fin dalle pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione del 2007 (Cass. SS.UU. 22 febbraio 2007, n. 4109, Corte Costituzionale 12 febbraio 2007 n. 77), che hanno superato il precedente principio di incomunicabilità tra ordini giurisdizionali, incompatibile con una pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale. In particolare, la Corte Costituzionale ha affermato che “Se è vero, infatti, che la Carta costituzionale ha recepito, quanto alla pluralità dei giudici, la situazione all’epoca esistente, è anche vero che la medesima Carta ha, fin dalle origini, assegnato con l’art. 24 (ribadendolo con l’art. 111) all’intero sistema giurisdizionale la funzione di assicurare la tutela, attraverso il giudizio, dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Questa essendo la essenziale ragion d’essere dei giudici, ordinari e speciali, la loro pluralità non può risolversi in una minore effettività, o addirittura in una vanificazione della tutela giurisdizionale: ciò che indubbiamente avviene quando la disciplina dei loro rapporti – per giunta innervantesi su un riparto delle loro competenze complesso ed articolato – è tale per cui l’erronea individuazione del giudice munito di giurisdizione (o l’errore del giudice in tema di giurisdizione) può risolversi in un pregiudizio irreparabile della possibilità stessa di un esame nel merito della domanda di tutela giurisdizionale. Una disciplina siffatta, in quanto potenzialmente lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale e comunque tale da incidere sulla sua effettività, è incompatibile con un principio fondamentale dell’ordinamento, il quale riconosce bensì la esistenza di una pluralità di giudici, ma la riconosce affinché venga assicurata, sulla base di distinte competenze, una più adeguata risposta alla domanda di giustizia, e non già affinché sia compromessa la possibilità stessa che a tale domanda venga data risposta.”
11.1. Successivamente, sul piano legislativo, l’istituto della translatio iudicii è stato disciplinato dall’art. 11 cod. proc. amm. secondo il quale il Giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito (comma 1). Il comma 2 di tale articolo dispone che “ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda se il processo è riproposto dinanzi allo stesso giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato”. Il comma 4 disciplina la situazione speculare, ossia il caso in cui è il giudice amministrativo ad essere indicato dal giudice originariamente adito come quello avente giurisdizione rispetto alla lite. In entrambi i casi è prevista la salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda inizialmente proposta dinanzi al giudice carente di giurisdizione (ferme le preclusioni e le decadenze intervenute): diverso è però il meccanismo attraverso il quale opera la salvezza dei detti effetti. A valle della declaratoria di giurisdizione da parte del giudice ordinario, troverà applicazione presso il giudice investito della lite, il meccanismo della “riproposizione” del processo per cui, quanto al profilo formale, l’atto deve essere riproposto dinanzi al giudice amministrativo nel rispetto delle disposizioni del c.p.a. che disciplinano l’atto introduttivo del giudizio dinanzi al T.a.r. e in particolare quindi nel rispetto degli artt. 40 e 41 del c.p.a. Non può infatti, trovare applicazione l’art. 125 delle disposizioni attuative del c.p.c. in forza del rinvio esterno ex art. 39 c.p.a. poiché il rinvio esterno opera in funzione del fatto che vi siano dei vuoti di disciplina nel codice del processo amministrativo, elemento che invece non sussiste nel caso in esame, in cui il codice del processo amministrativo contiene le regole disciplinanti il contenuto del ricorso e le modalità di introduzione della domanda da legge unitamente alla disciplina dell’art. 11 dello stesso codice. A maggior ragione tale tesi deve ritersi preferibile rispetto a quella prospettata dall’appellato poiché la disciplina dell’art. 125 delle disposizioni attuative del c.p.c. concerne gli atti di “riassunzione” mentre nel caso in esame l’art. 11 del c.p.a. si esprime chiaramente in termini di “riproposizione” (commi 2 e 3 art. 40 c.p.a.); del resto, laddove il legislatore codicistico ha voluto fare riferimento all’istituto della “riassunzione” lo ha indicato espressamente, come nell’art. 80 c.p.a. “Prosecuzione e riassunzione del processo sospeso”.
11.2. Conseguentemente il precipitato di tale ragionamento è che poiché la notifica del ricorso introduttivo del giudizio deve essere effettuata, ai sensi dell’art. 41 c.p.a., alla Pubblica amministrazione che lo ha emanato nella persona del legale rappresentante o presso la sede dell’Ente, nel caso in esame, la notificazione non è stata effettuata in modo rituale poiché il ricorso è stato notificato in copia a mezzo pec al procuratore costituito dell’Amministrazione regionale nel giudizio conclusosi con la declinatoria della giurisdizione dinanzi al Giudice ordinario; peraltro l’Amministrazione non si è costituita nel giudizio dinanzi al T.a.r. per cui il giudice di primo grado, avrebbe semmai dovuto disporne la rinnovazione, il che non è avvenuto. Tale conclusione non osta con i principi di effettività della tutela e di concentrazione dei mezzi giurisdizionali a cui è ispirato l’istituto della translatio iudicii, poiché le disposizioni processuali sono comunque funzionali alla migliore qualità della decisione di merito, che nel caso in esame, essendoci un vulnus nella costituzione del rapporto processuale che si è risolto in una lesione del diritto di difesa di una delle parti, non si è potuta raggiungere.
- Conclusivamente l’atto di appello deve essere accolto per l’assorbente fondatezza del primo motivo, per cui la causa deve essere rimessa al Tribunale amministrativo per la Calabria, sede di Reggio Calabria, ai sensi dell’art. 105 c.p.a.
- Le spese del giudizio possono essere compensate […].