<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, ordinanza 24 settembre 2020 n. 203</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Vanno dichiarate manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile), come aggiunti dall’art. 55, comma 1, lettera a), numero 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dalla Corte d’appello di Firenze, seconda sezione civile. </em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Considerato che la Corte d’appello di Firenze, seconda sezione civile, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile), in riferimento agli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che questa Corte, decidendo su ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, sollevate dalla medesima rimettente, con sentenza n. 36 del 2016, ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale del censurato art. 2, comma 2-bis, «nella parte in cui si applica alla durata del processo di primo grado previsto dalla legge n. 89 del 2001»;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, con la stessa sentenza, la questione di legittimità costituzionale del successivo comma 2-ter dell’art. 2 della predetta legge è stata dichiarata inammissibile per irrilevanza. Ciò in quanto quella disposizione, «benché sia in linea astratta riferibile a qualunque procedimento civile di cognizione, non potrà in concreto trovare applicazione nel procedimento regolato dalla legge n. 89 del 2001, che non è strutturato in tre gradi di giudizio», come già affermato dalla Corte di cassazione, «a partire dalla sentenza della sesta sezione civile 6 novembre 2014, n. 23745», e da ultimo ribadito con ordinanza della stessa sezione, 30 ottobre 2019, n. 27782;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che, con successiva ordinanza di questa Corte n. 208 del 2016, identiche questioni di legittimità costituzionale dei medesimi commi 2-bis e 2-ter dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, riproposte ancora una volta dalla Corte d’appello di Firenze, sono state dichiarate inammissibili: la prima per carenza di oggetto (stante la già intervenuta caducazione dell’art. 2, comma 2-bis, nella parte oggetto di censura) e la seconda per irrilevanza;</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>che le odierne (a loro volta identiche) questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge n. 89 del 2001, per le medesime già esposte ragioni, vanno dichiarate, pertanto, manifestamente inammissibili.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.</em></p>