Corte di Giustizia UE, sentenza 21 settembre 2023 (causa C-164/22)
QUESITI DI DIRITTO
1) Se nel caso di specie sussiste una situazione di “bis in idem” di cui all’articolo 50 della Carta e all’articolo 54 della CAAS, per il motivo che si tratta dei medesimi fatti, in base alla portata che la giurisprudenza dell’Unione conferisce a tale nozione, o se, al contrario, tale valutazione, per il motivo che si tratta di un unico reato continuato, spetta al giudice del rinvio, conformemente ai principi espressi nella presente decisione di rinvio, tra cui la necessità dell’applicazione del cumulo giuridico (refundición) delle pene e della fissazione di un limite di pena secondo criteri di proporzionalità.
2) Nel caso in cui si ritenesse che non sussiste una situazione di “bis in idem”, per il motivo che non vi è totale coincidenza dei fatti, secondo i criteri esposti nella presente decisione:
- a) Se, alla luce delle circostanze del caso di specie, le limitazioni degli effetti delle sentenze di altri Stati membri dell’Unione, espressamente previste dall’articolo 14 paragrafo 2 della [L. organica n. 7 del 2014], che traspone la normativa dell’Unione, siano compatibili con la decisione quadro 2008/675, nonché con gli articoli 45 e 49, paragrafo 3, della Carta e con il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all’interno dell’Unione.
- b) Se l’assenza nel diritto spagnolo di una procedura o di un meccanismo che consenta il riconoscimento di sentenze pronunciate da giudici di altri Stati membri dell’Unione, nonché l’applicazione del cumulo giuridico delle pene e l’adattamento o la limitazione delle pene, in modo da garantire la proporzionalità di queste ultime, qualora si verifichi la situazione nella quale una sentenza straniera deve essere eseguita in Spagna, relativamente a fatti che si trovano in un rapporto di continuità o di connessione penale con altri fatti giudicati in Spagna e rispetto ai quali esista del pari una sentenza di condanna, sia contraria agli articoli 45 e 49 paragrafo 3 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 6, della decisione quadro 2002/584 e con l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro 2008/909, nonché, in generale, al principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all’interno dell’Unione”.
PRINCIPIO DI DIRITTO
L’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che:
osta all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro in una situazione in cui la persona ricercata è già stata oggetto di una sentenza definitiva in un altro Stato membro e vi sconta una pena detentiva per il reato constatato in tale sentenza, a condizione che la persona di cui trattasi sia perseguita per gli stessi fatti nello Stato membro di emissione, senza che occorra, per dimostrare la sussistenza degli «stessi fatti», tenere conto della qualificazione dei reati in discussione secondo il diritto dello Stato membro d’esecuzione.
TESTO RILEVANTE DELLA SENTENZA
- La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 45, dell’articolo 49, paragrafo 3, e dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la ‘Carta”), dell’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen (Lussemburgo) il 19 giugno 1990 e entrata in vigore il 26 marzo 1995 (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: la “CAAS”), dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la “decisione quadro 2002/584”), della decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale (GU 2008, L 220, pag. 32), e dell’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU 2008, L 327, pag. 27).
- Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, in Spagna, di un mandato d’arresto europeo emesso dal Tribunal Judicial da Comarca de Lisboa, Juízo Central Criminal de Lisboa, Juiz 16 (Tribunale circondariale di Lisbona, sedicesima sezione del Tribunale penale centrale di Lisbona, Portogallo), ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva inflitta al sig. J. per un reato di truffa aggravata.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La CAAS
- L’articolo 54 della CAAS, contenuto nel capitolo 3, intitolato “Applicazione del principio ne bis in idem”, del titolo III della medesima, così dispone: “Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una [p]arte [c]ontraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra [p]arte [c]ontraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita”.
Decisione quadro 2002/584
- L’articolo 3 della decisione quadro 2002/584, intitolato “Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo”, prevede quanto segue: “L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: “autorità giudiziaria dell’esecuzione”) rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo nei casi seguenti: (…)
2) se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna; (…)”.
- L’articolo 4 di tale decisione quadro, intitolato “Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo”, è così formulato: “L’autorità giudiziaria d’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo: (…)
6) se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno; (…)”.
Diritto spagnolo
- Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, della ley orgánica 7/2014, sobre intercambio de información de antecedentes penale y consideración de resoluciones judiciales penales en la Unión Europea (L. organica n. 7 del 2014, sullo scambio di informazioni relative ai casellari giudiziari e sulla considerazione delle decisioni giudiziarie penali nell’Unione Europea), del 12 novembre 2014 (BOE n. 275, del 13 novembre 2014, pag. 93204): “(…) [
L]e decisioni di condanna definitive adottate da altri Stati membri non esplicheranno effetti sulle seguenti e non possono comportarne la revoca o il riesame: a) le decisioni definitive adottate anteriormente dai giudici spagnoli e le decisioni relative alla loro esecuzione; b) le decisioni di condanna pronunciate nel corso di ulteriori procedimenti in Spagna connessi a reati commessi prima che il giudice dell’altro Stato membro abbia pronunciato una decisione di condanna; c) le ordinanze pronunciate o che devono essere pronunciate in forza dell’articolo 988, terzo comma, della Ley di Enjuiciamiento Criminal (codice di procedura penale) che fissa i limiti all’esecuzione delle pene, fra le quali quella di cui al punto b)”.
- L’articolo 988, terzo comma, del codice di procedura penale dispone, in sostanza, che, quando il colpevole di più reati è stato condannato in procedimenti diversi per fatti che avrebbero potuto costituire oggetto di un procedimento unico, si applicheranno i limiti stabiliti all’articolo 76 del Código Penal (codice penale). Secondo quest’ultimo articolo, la durata massima di esecuzione effettiva della condanna non può essere superiore al triplo della pena più grave, e non può, in via di principio, essere superiore a 20 anni.
[…] 21. In tale contesto, l’Audiencia Nacional (Corte centrale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
“1) Se nel caso di specie sussiste una situazione di “bis in idem” di cui all’articolo 50 della Carta e all’articolo 54 della CAAS, per il motivo che si tratta dei medesimi fatti, in base alla portata che la giurisprudenza dell’Unione conferisce a tale nozione, o se, al contrario, tale valutazione, per il motivo che si tratta di un unico reato continuato, spetta al giudice del rinvio, conformemente ai principi espressi nella presente decisione di rinvio, tra cui la necessità dell’applicazione del cumulo giuridico (refundición) delle pene e della fissazione di un limite di pena secondo criteri di proporzionalità.
2) Nel caso in cui si ritenesse che non sussiste una situazione di “bis in idem”, per il motivo che non vi è totale coincidenza dei fatti, secondo i criteri esposti nella presente decisione:
- a) Se, alla luce delle circostanze del caso di specie, le limitazioni degli effetti delle sentenze di altri Stati membri dell’Unione, espressamente previste dall’articolo 14 paragrafo 2 della [L. organica n. 7 del 2014], che traspone la normativa dell’Unione, siano compatibili con la decisione quadro 2008/675, nonché con gli articoli 45 e 49, paragrafo 3, della Carta e con il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all’interno dell’Unione.
- b) Se l’assenza nel diritto spagnolo di una procedura o di un meccanismo che consenta il riconoscimento di sentenze pronunciate da giudici di altri Stati membri dell’Unione, nonché l’applicazione del cumulo giuridico delle pene e l’adattamento o la limitazione delle pene, in modo da garantire la proporzionalità di queste ultime, qualora si verifichi la situazione nella quale una sentenza straniera deve essere eseguita in Spagna, relativamente a fatti che si trovano in un rapporto di continuità o di connessione penale con altri fatti giudicati in Spagna e rispetto ai quali esista del pari una sentenza di condanna, sia contraria agli articoli 45 e 49 paragrafo 3 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 6, della decisione quadro 2002/584 e con l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro 2008/909, nonché, in generale, al principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all’interno dell’Unione”.
[…] Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
[…] 25. Nel caso specie, dalla decisione di rinvio risulta che, con ordinanza del 20 dicembre 2021, il Juzgado Central de Instrucción nº 1 della Audiencia Nacional (giudice centrale d’istruzione n. 1 della Corte centrale) ha rifiutato l’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione, con la motivazione che la persona ricercata era un cittadino spagnolo, ma ha deciso l’esecuzione in Spagna della pena inflitta in Portogallo. Orbene, facendo valere, segnatamente, l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, la persona ricercata mette in discussione l’ordinanza in parola dinanzi al giudice del rinvio e sostiene che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione deve essere rifiutata sulla base del rilievo che essa è stato oggetto di una sentenza definitiva per gli stessi fatti in uno Stato membro.
- In tale contesto, senza che occorra pronunciarsi sull’articolo 50 della Carta né sull’articolo 54 della CAAS, si deve considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che osta all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro in una situazione in cui il reato per il quale la persona ricercata è stata oggetto di una sentenza definitiva nello Stato membro d’esecuzione e il reato per il quale tale persona è perseguita nello Stato membro emittente sono, secondo il diritto dello Stato membro d’esecuzione, da qualificare come “reato continuato”.
- Come risulta dalla formulazione dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, la disposizione in parola enuncia un motivo di non esecuzione obbligatoria in forza del quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rifiutare di eseguire il mandato di arresto europeo qualora sia informata che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti in uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in base alle leggi dello Stato membro della condanna.
- Suddetta disposizione mira a evitare che una persona sia nuovamente perseguita o giudicata penalmente per gli stessi fatti e rispecchia il principio del ne bis in idem, sancito all’articolo 50 della Carta, secondo il quale nessuno può essere perseguito o condannato penalmente due volte per lo stesso reato [sentenza del 25 luglio 2018, AY (Mandato d’arresto – Testimone), C-268/17, EU:C:2018:602, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].
- Una delle condizioni contemplate all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 cui è subordinato il rifiuto d’esecuzione del mandato d’arresto europeo è dunque che la persona ricercata sia stata giudicata con sentenza definitiva “per gli stessi fatti”.
- Per quanto riguarda la nozione di “stessi fatti”, la Corte ha considerato che, giacché l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 non rinviava al diritto degli Stati membri, tale nozione doveva essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme [sentenza del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo – Ne bis in idem), C-665/20 PPU, EU:C:2021:339, punto 70 e giurisprudenza ivi citata].
- Inoltre, occorre interpretare la nozione in parola nel senso della sola identità dei fatti materiali, ricomprendente un insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro, a prescindere dalla qualificazione giuridica dei fatti medesimi o dall’interesse giuridico tutelato [sentenza del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo – Ne bis in idem), C-665/20 PPU, EU:C:2021:339, punto 71 e giurisprudenza ivi citata].
- Più specificamente, la Corte ha dichiarato che l’identità dei fatti materiali deve essere intesa come un insieme di circostanze concrete derivanti da eventi che sono, in sostanza, gli stessi, in quanto coinvolgono lo stesso autore e sono inscindibilmente legati tra loro nel tempo e nello spazio [sentenza del 23 marzo 2023, Generalstaatsanwaltschaft Bamberg (Riserva relativa al principio del ne bis in idem), C-365/21, EU:C:2023:236, punto 38 e giurisprudenza ivi citata].
- Per contro, il principio del ne bis in idem non trova applicazione quando i fatti di cui trattasi non sono identici, bensì soltanto analoghi [v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2023, Generalstaatsanwaltschaft Bamberg (Riserva relativa al principio del ne bis in idem), C-365/21, EU:C:2023:236, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].
- Peraltro, non è sufficiente per concludere nel senso dell’identità dei fatti la mera circostanza che, in una data pronuncia, sia menzionato un elemento di fatto che riguarda il territorio di un altro Stato membro. Occorre altresì verificare se il giudice che ha reso detta pronuncia si sia effettivamente pronunciato su detto elemento di fatto al fine di accertare l’infrazione, dimostrare la responsabilità della persona perseguita per tale infrazione e, se del caso, infliggerle una sanzione, di modo che detta infrazione debba essere considerata come estesa al territorio di tale altro Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2022, N. e a., C-151/20, EU:C:2022:203, punto 44).
- Spetta al giudice del rinvio, il solo competente a pronunciarsi sui fatti, determinare se, nel caso di specie, i fatti oggetto della pronuncia portoghese siano identici, nel senso di cui ai punti da 30 a 34 della presente sentenza, a quelli giudicati in via definitiva dai giudici spagnoli. Ciò premesso, la Corte può fornire a detto giudice elementi di interpretazione del diritto dell’Unione nell’ambito della valutazione dell’identità dei fatti [sentenza del 23 marzo 2023, Generalstaatsanwaltschaft Bamberg (Riserva relativa al principio del ne bis in idem), C-365/21, EU:C:2023:236, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].
- Al riguardo, dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che la persona ricercata ha ripetuto in Portogallo l’attività fraudolenta messa in atto in Spagna. Se si tratta quindi di attività che seguono il medesimo modus operandi, queste sono state nondimeno messe in atto attraverso persone giuridiche diverse, l’una dedita all’attività fraudolenta in Spagna e l’altra dedita a siffatta attività in Portogallo.
Inoltre, il giudice del rinvio segnala che i parallelismi tra i fatti commessi rispettivamente in Portogallo e in Spagna sono meramente episodici, dal momento che l’attività fraudolenta è stata proseguita in Portogallo dopo l’avvio di un procedimento di indagine e la cessazione dell’attività in Spagna. Parimenti, le persone colpite dal reato sarebbero diverse.
Appare quindi che le attività fraudolente realizzate in Spagna e in Portogallo non erano inscindibilmente legate fra loro. Peraltro, il giudice del rinvio precisa che la pronuncia spagnola concerne l’attività fraudolenta svolta in Spagna a danno di persone residenti in tale Stato membro, mentre la pronuncia portoghese concerne quella messa in atto in Portogallo a danno di persone residenti in quest’ultimo Stato membro.
37- In tale contesto, e con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, sembra che i fatti oggetto delle pronunce spagnola e portoghese non siano identici. La circostanza dedotta dal giudice del rinvio, secondo cui i reati commessi in Spagna e quelli commessi in Portogallo dovrebbero essere qualificati come “reato continuato” secondo il diritto spagnolo, non può mettere in discussione siffatta conclusione, nella misura in cui l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 richiede una valutazione dei fatti materiali sulla base di elementi oggettivi che è, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 31 della presente sentenza, indipendente dalla loro qualificazione giuridica nel diritto nazionale.
- Tenuto conto del complesso delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che osta all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro in una situazione in cui la persona ricercata è già stata oggetto di una sentenza definitiva in un altro Stato membro e vi sconta una pena detentiva per il reato constatato in tale sentenza, a condizione che la persona di cui trattasi sia perseguita per gli stessi fatti nello Stato membro di emissione, senza che occorra, per dimostrare la sussistenza degli “stessi fatti”, tenere conto della qualificazione dei reati in discussione secondo il diritto dello Stato membro d’esecuzione.
Sulla seconda questione
- Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se nell’ipotesi in cui occorresse rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione sul fondamento dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e non sul fondamento dell’articolo 3, punto 2, di detta decisione quadro, l’articolo 45 e l’articolo 49, paragrafo 3, della Carta, disposizioni che sanciscono rispettivamente il principio della libera circolazione e di proporzionalità delle pene, in combinato disposto con la decisione quadro 2002/584 nonché con la decisione quadro 2008/675, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, e la decisione quadro 2008/909, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali, ostino ad una normativa nazionale che non consente né di infliggere una sola pena a titolo di un insieme di fatti che possono essere qualificati come “reato continuato”, commesso tanto in Spagna quanto in un altro Stato membro, né il meccanismo nazionale di cumulo delle pene per le pene pronunciate dai giudici di tale altro Stato membro e che devono essere eseguite in Spagna.
- Al riguardo, il governo spagnolo contesta la ricevibilità della seconda questione sulla base del rilievo che, da un lato, l’oggetto del procedimento principale è decidere in appello sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione, laddove, in caso di rifiuto di esecuzione del medesimo e di impegno ad eseguire in Spagna la pena pronunciata in Portogallo, gli effetti connessi al riconoscimento della pronuncia portoghese sarebbero trattati, eventualmente, nel corso di un nuovo procedimento.
D’altro lato, l’interpretazione richiesta sarebbe prematura, giacché l’autorità giudiziaria d’esecuzione spagnola non avrebbe ancora pronunciato una decisione definitiva relativamente al riconoscimento e all’esecuzione in Spagna della pronuncia portoghese. Pertanto, sarebbe unicamente una volta che tale decisione fosse stata adottata che sorgerebbe la questione di accertare se le pene pronunciate rispettivamente in Spagna e in Portogallo debbano eventualmente essere oggetto di un qualche adattamento.
- Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere.
Pertanto, la ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’ottenere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, ma risponde all’esigenza di dirimere concretamente una controversia (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2022, Valstybės sienos apsaugos tarnyba e a., C-72/22 PPU, EU:C:2022:505, punti 47 e 48 e giurisprudenza ivi citata).
- La Corte non può statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, o qualora il problema sia di natura ipotetica (sentenza del 19 gennaio 2023, U.I.M., C-680/20, EU:C:2023:33, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).
- Nel caso di specie, una richiesta di informazioni è stata rivolta al giudice del rinvio, invitando quest’ultimo a precisare, da un lato, il legame che stabilisce fra la seconda questione e il procedimento dinanzi ad esso pendente e, dall’altro, la ragione per la quale una risposta a detta questione gli sarebbe necessaria per dirimere il procedimento principale.
- In risposta a tale richiesta, il giudice del rinvio ha fatto presente che le eventuali conseguenze della condanna della persona ricercata in Spagna sull’esecuzione, in Spagna, della pronuncia portoghese non sarebbero prese in considerazione nell’ambito del procedimento dinanzi ad esso pendente e che, una volta che la decisione di non consegna sarà definitiva, un altro procedimento giudiziario per l’esecuzione in Spagna della pena pronunciata dalla pronuncia portoghese sarà avviato.
- In tale contesto, si deve ritenere che la questione di accertare quali conseguenze occorra trarre dalla condanna della persona ricercata in Spagna per l’esecuzione, in Spagna, della pronuncia portoghese si porrà soltanto quando una decisione sul riconoscimento di quest’ultima pronuncia sarà stata presa, cosicché tale questione non si pone ancora nel procedimento principale, che verte sull’esecuzione o sul rifiuto di esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione.
- Si deve quindi constatare che una risposta alla seconda questione non è necessaria affinché il giudice del rinvio possa pronunciarsi nel procedimento dinanzi ad esso pendente e che, pertanto, tale questione è irricevibile.