Con la pronuncia in esame, il Consiglio di Stato, respingendo l’appello, ha ribadito che :
«(…) secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza in materia, l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi e gli aventi causa con riguardo allo specifico rapporto oggetto del giudizio, con la conseguenza che tali effetti si estendono anche nei confronti delle altre parti rimasti estranei al processo. Ciò in ragione dell’efficacia riflessa del giudicato (che fa riferimento ad un’efficacia nei confronti di soggetti diversi da quelli indicati dall’articolo 2909 c.c. o di situazioni ulteriori rispetto a quella considerata dalla sentenza passata in giudicato), che presuppone un ‘nesso di pregiudizialità’ dipendenza giuridica (che si ha solo allorché un rapporto giuridico, pregiudiziale o condizionante, rientra nella fattispecie di altro rapporto giuridico condizionato, dipendente), il quale solo legittima l’efficacia riflessa del giudicato nei confronti di soggetti in tutto o in parte diversi, nel rispetto dei diritti costituzionali del contraddittorio e di difesa (Cass. SS.UU. n. 6523 del 2008). E’ stato, invero, affermato che “la sentenza che sia passata in giudicato, oltre ad avere un’efficacia diretta tra le parti, i loro eredi od aventi causa, ne ha anche una riflessa, poiché, quale affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo nel quale sia stata resa qualora essi siano titolari di diritti dipendenti dalla situazione definita in quel processo” (Cass. n. 22908 del 2013). L’affermazione oggettiva di verità contenuta nel giudicato produce conseguenza giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata resa, se titolari, come nella specie, di diritti dipendenti dalla (o comunque subordinati) situazione definita in quella lite (Corte di Cass. n. 5377 del 2023)».
Inoltre, il Collegio, ha affrontato e chiarito ulteriori questioni di cui si riporta di seguito il testo rilevante:
- «(…) l’ordine di demolizione di un’opera abusiva non richiede la comunicazione di avvio del procedimento. Ciò in quanto, come correttamente precisato dal T.A.R., l’ordinanza di demolizione è un atto vincolato, posto che la sanzione ripristinatoria costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, che non richiede la partecipazione del destinatario dell’atto (Cons. Stato, sez. VI, n. 5870 del 2023)».
- «(…) il trascorrere del tempo non può incidere sull’ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito edilizio attraverso l’adozione della misura repressiva prescritta, dovendo escludersi che l’ordinanza di demolizione, sebbene adottata dopo un periodo di tempo considerevole dalla realizzazione dell’abuso, debba essere motivata anche sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale al ripristino della legalità. Nel caso di tardiva emanazione del provvedimento di demolizione di un abuso edilizio, la mera inerzia da parte dell’Amministrazione nell’esercizio del relativo potere/dovere non è idonea a far divenire legittimo ciò che è sin dall’origine illegittimo: tale inerzia – di cui non si può certo dolere l’interessato che continua ad utilizzare un bene che non doveva essere realizzato e deve essere rimosso – non può certamente radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al proprietario dell’abuso (Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2018, n. 2612; Cons. Stato, sez. VI, n. 1887 del 2018)».
- «(…) per indirizzo consolidato della giurisprudenza in materia, la mancata esatta individuazione dell’area di sedime da acquisire di diritto gratuitamente al patrimonio indisponibile del Comune ai sensi dell’art. 31, comma 3, d.P.R. 380 del 2001, non costituisce ragione di illegittimità dell’ingiunzione a demolire (Cons. Stato, sez. VI, n. 5471 del 2017); tuttavia, pur dovendosi dare rilievo ai principi recentemente espressi dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 95 del 2022, con cui si sollecita la valutazione della sanzione in misura proporzionata in rapporto alla gravità dell’illecito commesso, i ricorrenti, nella specie, hanno prospettato doglianze generiche non idonee a confutare il calcolo dell’area di sedime effettuato dall’Amministrazione».
Consiglio di Stato, sez. VI, ordinanza n. 8694/2023