<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 11 giugno 2021 n. 16489</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="6"> <li style="font-weight: 400;"><em> Tanto premesso, rileva il Collegio che delle due censure la prima è tesa a dimostrare l’ammissibilità del ricorso proposto mentre solo con il secondo motivo di ricorso viene direttamente investita la sentenza del Consiglio di Stato addebitandole di aver creato una regola giuridica che non essendo estraibile in via interpretativa dalle norme di legge applicabili alla fattispecie verrebbe a configurare l’eccesso di potere giurisdizionale denunciato.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.1. Pare opportuno rammentare allora che il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per "invasione" o "sconfinamento" nella sfera riservata ad altro potere dello Stato <strong>ovvero per "arretramento"</strong> rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione (Corte Cost n. 6 del 18/01/2018).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em> L’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore è configurabile solo allorché il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma <strong>da lui creata</strong>, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete. Non sussiste, invece, nel caso in cui si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento "abnorme o anomalo" ovvero abbia comportato uno "stravolgimento" delle "norme di riferimento". In questi casi si può profilare, eventualmente, un error in iudicando, ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione (cfr. Cass. S.u. 25/03/2019 n. 8311).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.2. Il controllo del limite esterno della giurisdizione - affidato alla Cassazione dall’art. 111 Cost., comma 8 - non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo, senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che <strong>l’interpretazione delle norme</strong> costituisce il proprium distintivo dell’attività giurisdizionale (Cass. S.u. 04/12/2020 n. 27770).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.3. Non ricorre l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore, ad esempio, quando il giudice speciale si sia attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile nel caso concreto, anche se l’abbia desunta non dal tenore letterale delle singole disposizioni, ma dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela. Tale operazione ermeneutica infatti può dare luogo, tutt’al più, ad un error in iudicando, non alla violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale (Cass. s.u. 11/09/2019 n. 22711, 12/12/2018 n. 32175, 13/05/2013 n. 11347 e 12/12/2012 n. 22784).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.4. Resta fermo che la mancata o inesatta applicazione di una norma di legge da parte del giudice amministrativo integra, al più, un error in iudicando, ma non dà luogo alla creazione di una norma inesistente, comportante un’invasione della sfera di attribuzione del potere legislativo sindacabile dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, (Cass. S.u. 27/06/2018 n. 16974).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="7"> <li style="font-weight: 400;"><em> Tanto premesso va rilevato che nel caso in esame il Consiglio di Stato ha proceduto ad una complessiva ricostruzione del quadro normativo applicabile alla fattispecie in esame offrendone una interpretazione sistematica che tiene conto sia della procedura che della natura del ruolo e delle funzioni dell’avvocatura generale.</em></li> </ol> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.1. Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non è ravvisabile il denunciato travalicamento dei limiti esterni della giurisdizione. L’attività interpretativa del giudice amministrativo non ha portato alla creazione di una regola di diritto inesistente nel pubblico impiego ed anzi contraria a principi anche di rilievo costituzionale che ne permeano la disciplina.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.2. Lungi dal ritenere che l’accesso ai ruoli sub apicali della p.a. avvenga "mediante scelta da parte del preposto dell’ufficio" affermazione che creando sostanzialmente una disposizione non esistente vizierebbe per eccesso di potere la sentenza essendo l’espressione di uno sconfinamento del giudice nel campo riservato al legislatore così viziando la sentenza - il giudice amministrativo ha piuttosto accertato che la procedura per la nomina dell’Avvocato Generale Aggiunto si articola in due fasi: una fase interna ed in una fase esterna.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La fase interna culmina con una proposta motivata da parte dell’Avvocato Generale ed è preceduta da un parere da parte del Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato la cui istruttoria si deve svolgere nel rispetto dei criteri indicati dallo stesso Consiglio con Delib. 3 settembre 2015. Una fase esterna che appartiene al Presidente del Consiglio dei ministri che con suo decreto, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, provvede alla nomina.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.3. Orbene, il ricorrente, pur dando atto del fatto che tale è il procedimento di carattere paraconcorsuale previsto per il conferimento dell’incarico, sostiene che in spregio a detti criteri sarebbe stato omesso "l’esame e la votazione sull’istanza dell’avvocato A. (doc. 4)".</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.4. Rileva al riguardo il Collegio che si tratta di critica che non è sottoponibile a questa Corte poiché attiene al merito della controversia e non si riverbera sul corretto esercizio della giurisdizione da parte del giudice amministrativo nei termini più sopra descritti. Ai sensi della L. n. 103 del 1979, art. 16 bis, comma 4 nell’esprimere il parere sul conferimento dell’incarico di avvocato generale aggiunto, il consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato applica il criterio della rotazione nell’attribuzione degli incarichi e tiene conto delle attitudini organizzative e relazionali del candidato, nonché della professionalità acquisita, desunta in particolare da indici di merito predeterminati dal medesimo consiglio e ricavabili dall’esame dell’attività svolta.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.5. Orbene la sentenza oggi impugnata da atto del fatto che i due candidati e i rispettivi titoli sono stati esaminati anche con una audizione degli stessi e, d’altra parte, il Consiglio di Stato nella sua decisione ha esattamente ricostruito i termini di svolgimento della procedura di nomina. Ha rammentato che in via teorica la proposta formulata dall’Avvocato Generale può disattendere il parere espresso dal CAPS, che è obbligatorio ma non vincolante, a condizione che ne espliciti le ragioni, non senza rammentare che, comunque, nello specifico, seppure a maggioranza, il Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato aveva in via espresso il suo parere, all’esito dell’esame delle posizioni, in maniera conforme a quella che era poi stata la proposta dell’Avvocato Generale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.6. Si tratta di un procedimento di interpretazione del complesso meccanismo che la legge prevede per la nomina, del quale è stata verificata l’applicazione in concreto sotto tutti i profili indicati dalla norma ivi compresa l’anzianità di servizio, attività di interpretazione dei fatti e delle disposizioni di legge applicabili che appartiene tipicamente all’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo che l’ha esercitata restando all’interno dei limiti che le sono propri.</em></p> <ol start="8"> <li style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em> Va ribadito allora che l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente<strong>ma una norma da lui creata</strong>, esercitando un’attività di produzione normativa n. 32175 del 2018 cit.) e non del giudice amministrativo applicabile con la precisazione o inesatta applicazione di una error in iudicando, ma non si che non gli compete (Cass. è tale l’esercizio del compito proprio di rinvenimento della regula iuris che anche nell’ipotesi di una mancata norma di legge si configura, al più, un verifica quella creazione di una norma inesistente, comportante un’invasione della sfera di attribuzione del potere legislativo sindacabile dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1 (Cass. s.u. n. 16974 del 2018e n. 11347 del 2013).</em></li> <li style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em> In</em><em>conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della parte soccombente. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.</em></li> </ol>