<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 18 giugno 2020 n. 11867</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="2"> <li><em> Osserva il collegio che la norma di riferimento che viene in rilievo in proposito per la determinazione della giurisdizione si identifica, per l’appunto, con l’art. 133, 1° comma, lett. b), del c.p.a., per il quale sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti ed i provvedimenti relativi ai rapporti di concessione di beni pubblici, “</em>ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi<em>“. Proprio con riferimento alla delimitazione di quest’ultima deroga la consolidata giurisprudenza di queste Sezioni unite (v., tra le tante, S.U. nn. 24902/2011, 13940/2014, 21597/2018), ha affermato che sono riservate alle giurisdizione del giudice ordinario quelle controversie con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di interessi generali, mentre quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, o quando investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone, e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull’</em>an<em>che sul </em>quantum<em>), la stessa è attratta nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Orbene, applicando questo principio generale alla fattispecie concreta qui in esame e correlandolo al </em>petitum<em> sostanziale concretamente riconducibile alla domanda originaria proposta dalla ricorrente dinanzi al TAR Emilia-Romagna, non può porsi in dubbio che, nel caso di specie, il Comune di Cervia non ha adottato un vero provvedimento autoritativo costituente esercizio di un potere pubblico di natura discrezionale (nemmeno a titolo di “</em>discrezionalità tecnica<em>“), essendosi, invero, detto ente limitato a disporre il ricalcolo del canone annuale per la concessione demaniale marittima in applicazione di una norma di mero aggiornamento quantitativo (ovvero ai sensi dell’art. 1, comma 252, della legge n. 296/2006), ragion per cui deve affermarsi l’appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In particolare, a tal proposito, è importante rilevare che la legge finanziaria 2007 (segnatamente, l’art. 1, commi 251 e ss., della citata legge 296/2006), abrogando la normativa previgente, aveva stabilito che, per le concessioni destinate ai porti turistici – che prima avevano una specifica disciplina – si applicassero gli stessi canoni previsti per le concessioni con finalità turistico-ricreative.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Dal canto suo, la Corte costituzionale, con la richiamata sentenza n. 29/2017, ha chiarito che non potevano applicarsi i criteri di calcolo commisurati ai valori di mercato per le opere realizzate dal concessionario, ma che ancora non erano entrate nel patrimonio dello Stato, potendo ciò avvenire solo alla fine del termine della concessione e non già nel corso della medesima.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Sulla base di tali presupposti il Comune di Cervia ha, in effetti, proceduto, esercitando il proprio potere “</em>tecnico-ricognitivo<em>“, ad una “rinnovata ed unilaterale modifica”, fondata sulla riqualificazione e classificazione delle aree dell’originaria concessione e valorizzando, in particolare, le superfici ospitanti i pontili, le scogliere ed i fabbricati, ossia tutte le opere realizzate dal concessionario secondo i nuovi (e asseritamente illegittimi) parametri.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>In sostanza, l’attività posta in essere dal Comune di Cervia si è concretizzata in un mero accertamento tecnico – peraltro, sulla base delle schede di calcolo delle superfici fornite dallo stesso concessionario, e, quindi, privo di alcuna discrezionalità – all’esito del quale il medesimo Comune ha semplicemente provveduto all’aggiornamento della misura del canone da riscuotere, con esclusivo riguardo all’utilizzo del suolo (e non anche con riferimento ai manufatti nel senso sopra delineato), alla luce delle indicazioni “tabellari” di cui all’art. 3 della legge 493/1993, che distingue, in proposito, le relativi superfici (in particolare, area scoperta, area coperta, specchi acquei liberi, specchi acquei occupati da opere di difficile rimozione, specchi acquei occupati da scogliere frangiflutti).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Alla luce delle esposte argomentazioni, deve, perciò, trovare conferma il principio in base al quale, in materia di concessioni amministrative di beni pubblici, l’art. 133, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 104 del 2010 (come il previgente art. 5 della l. n. 1034 del 1971, mod. dall’art. 7 della I. n. 205 del 2000), nell’attribuire la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo fa espressamente salve le controversie aventi ad oggetto “indennità, canoni od altri corrispettivi”, che restano assoggettate al regime generale, a seconda che involgano diritti soggettivi a contenuto patrimoniale o l’esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione dei canoni od alla debenza del rimborso; ne consegue che le controversie attinenti alla sola rideterminazione dei canoni concessori, in applicazione di una cogente disposizione normativa (come nella specie), dovuti per la concessione d’uso di un bene pubblico (come per la concessione demaniale di un porto turistico) appartengono alla giurisdizione ordinaria, avendo ad oggetto diritti soggettivi a contenuto patrimoniale.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="3"> <li><em> In</em><em>definitiva, con riferimento alla fattispecie in questione, la giurisdizione deve essere attribuita al giudice ordinario in relazione alla corretta applicazione del disposto dell’art. 133, comma 1, lett. b), del c.p.a., con il conseguente rigetto del ricorso e la rimessione delle parti dinanzi al giudice ordinario competente (come già individuato nell’impugnata sentenza), nel termine di legge.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>In virtù del principio della soccombenza la società ricorrente va condannata al pagamento, in favore del controricorrente Comune di Cervia, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nei termini di cui in dispositivo.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.</em></p>