<p style="text-align: justify;"><strong>CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – sentenza 17 settembre 2019 n. 23102 </strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;">Le Sezioni Unite si ineriscono nel solco della giurisprudenza intesa a riconoscere al GA la potestas iudicandi anche al cospetto di un flebile legame tra il comportamento della PA ed il potere ad essa attribuito dalla legge nell’interesse pubblico.</p> <p style="text-align: justify;">Per il Collegio infatti la circostanza che l'occupazione e la trasformazione irreversibile di un fondo di proprietà privata abbiano avuto luogo in virtù della delibera di approvazione di un progetto di un'opera, cui la legge attribuisce efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, deve considerarsi circostanza sufficiente - già ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, siccome riformulato dall'art. 7, comma primo, lett. b), della legge n. 205 del 2000 – al fine di assumere devoluta la pertinente domanda di risarcimento dei danni alla giurisdizione esclusiva del GA, trovandosi al cospetto di un comportamento riconducibile all'esercizio di un pubblico potere, indipendentemente dall'intervenuto annullamento o dalla sopravvenuta efficacia del titolo legittimante, nel caso di specie, l'espropriazione.</p> <p style="text-align: justify;">(gb)</p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La domanda proposta dai ricorrenti, avente ad oggetto il risarcimento dei danni cagionati dalla perdita della proprietà di un fondo occupato ed irreversibilmente trasformato per la realizzazione di un'opera pubblica, risulta promossa con atto di citazione notificato il 3 novembre 2004, ed è pertanto assoggettata alla disciplina dettata dall'art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7, comma primo, lett. b), della legge 21 luglio 2000, n. 205. In riferimento a tale disciplina, la giurisprudenza di legittimità ha ripetu tamente affermato il principio, richiamato anche dalla sentenza impugnata, secondo cui, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 204 del 2004 e 191 del 2006, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del GA le controversie risarcitorie promosse in epoca successiva al 10 agosto 2000, aventi ad oggetto occupazioni illegittime preordinate all'espropriazione e realizzate in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile come tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano, e ciò anche nel caso in cui l'ingerenza nella proprietà privata e/o la relativa utilizzazione, nonché la relativa, irreversibile trasformazione, siano avvenute senza alcun titolo che le consentisse, ovvero nonostante il venir meno di detto titolo. La predetta giurisdizione non trova giustificazione nell'idoneità della dichiarazione di pubblica utilità a determinare l'affievolimento del diritto di proprietà, e quindi nella configurabilità della posizione giuridica del proprietario come interesse legittimo, ma nella riconducibilità della fattispecie alla materia urbanistico-edilizia, come definita dall'art. 7 cit., in virtù della quale spettano alla cognizione del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto comportamenti ri conducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere da parte della Pubblica Amministrazione, quali che siano i diritti (reali o personali) fatti valere nei confronti di quest'ultima, nonché la natura (restitutoria o risarcitoria) della pretesa avanzata; essa si estende quindi a tutte le ipotesi in cui l'esercizio del potere si è manifestato con l'adozione della dichiarazione di pubblica utilità, anche se poi quest'ultima sia stata annullata da parte della stessa autorità amministrativa che l'ha emessa o dal giudice amministrativo, oppure la relativa efficacia sia altrimenti venuta meno, o ancora l'apprensione e/o l'irreversibile trasformazione del fondo abbiano avuto luogo in as senza di titolo o in virtù di un titolo a sua volta caducato (cfr. Cass., Sez. Un., 30/05/2014, n. 12178; 5/04/2013, n. 8349; 29/03/2013, n. 7938).</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nel caso di specie, i ricorrenti contestano l'applicabilità del predetto principio alla contro- versia in esame, insistendo sulla natura usurpativa dell'occupazione del fondo, a loro avviso non riconducibile neppure mediatamente all'esercizio di un pubblico potere, in quanto avvenuta sulla base di un'ordinanza sindacale (la n. 136 del 1990) che non recava alcuna indicazione in ordine al titolo legittimante l'esercizio del potere ablatorio: essi stessi, tuttavia, dimostrano di non nutrire alcuna incertezza in ordine alla fonte di tale potere, individuandola nella delibera di approvazione del progetto esecutivo dell'opera (n. 258 del 1988), la cui omessa indicazione nel decreto di occupazione potrebbe dunque risolversi, al più, in un vizio di legittimità di tale provvedimento, ma non impedirebbe di ravvisarvi l'esercizio di un pubblico potere. Nessun rilievo può inoltre assumere, ai fini che interessano, la circostanza che la delibera di approvazione del progetto non recasse l'indicazione dei termini di cui all'art. 13 della legge n. 2359 del 1865, trattandosi di una omissione che, pur comportando l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, non è di per sé idonea ad escludere il collegamento dell'occupazione e della successiva trasformazione del suolo con un fine di pubblico interesse legalmente dichiarato (cfr. Cass., Sez. Un., 16/04/2018, n. 9334; 25/07/ 2016, n. 15284): non risulta dunque pertinente il richiamo della difesa delle ricorrenti alla sentenza n. 10286 del 2014, con cui, in relazione alla medesima vicenda, la Corte ha escluso la configurabilità dell'occupazione appropriativa, ritenendo che i predetti termini non potessero essere desunti dal decreto di finanziamento dell'opera, ma dovessero essere fissati nella delibera di approvazione del progetto, avente efficacia di dichiarazione di pubblica utilità ai sensi della legge regionale n. 35 del 1978. L'esclusiva rilevanza da riconoscersi alla riconducibilità, anche mediata ed indiretta, del comportamento illecito della Pubblica Amministrazione all’esercizio di un pubblico potere, indipendentemente dalla legittimità e dall'efficacia degli atti in cui quest'ultimo si sia estrinsecato, consente di ritenere ininfluenti, ai fini del riparto di giurisdizione, anche le tormentate vicende successivamente attraversate dalla realizzazione dell'opera pubblica, contrassegnate in particolare dall'abbandono del progetto originario, non approvato dall'Assessorato, e dalla relativa sostituzione con un nuovo progetto, adottato in variante allo strumento urbanistico e più volte sottoposto all'e- same della Regione, prima dell'approvazione finale: non può quindi condividersi il richiamo della difesa delle ricorrenti all'ulteriore affermazione contenuta nella citata sentenza, secondo cui, in quanto riguardante un'area non destinata a servizi pubblici, la delibera di approvazione del progetto avrebbe dovuto essere sottoposta all'approvazione espressa dell'Assessorato regionale, non trovando applicazione la procedura semplificata prevista dall'art. 1, quarto comma, della legge n. 1 del 1978 e dall'art. 1 della legge regiona- le n. 35 del 1978. Non merita consenso neppure l'affermazione secondo cui la riapprovazione del progetto esecutivo avrebbe imposto l'adozione di un nuovo decreto di occupazione, in sostituzione di quello emesso sulla base del progetto originario, non approvato: in quanto ricollegabile a quest'ultimo, il comportamento dell'Amministrazione deve infatti considerarsi espressione di una potestà pubblica, indipendentemente dalle concrete vicende del procedimento ablatorio, destinate ad assumere rilievo esclusivamente ai fini della decisione di merito.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Quanto allo sconfinamento lamentato dai ricorrenti, è appena il caso di rilevare che, al pari dell'occupazione realizzata in virtù di una dichiarazione di pubblica utilità illegittima o inefficace, anche l'occupazione di superfici eccedenti quelle indicate nel provvedimento ablatorio costituisce e- spressione di un potere autoritativo preordinato o comunque connesso allo esproprio, il cui sindacato, ancorché denunciato quale lesivo di diritti soggettivi, compete in via esclusiva al giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 25/02/2014, n. 4432). In definitiva, la circostanza che l'occupazione e la trasformazione irreversibile del fondo di proprietà degli attori abbiano avuto luogo in virtù della delibera di approvazione del progetto di un'opera, cui la legge attribuisce efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, deve considerarsi sufficiente, ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come riformulato dall'art. 7, comma primo, lett. b), della legge n. 205 del 2000, ai fini della devoluzione della domanda di risarcimento dei danni alla giurisdizione esclusiva del GA, trattandosi di un comportamento riconducibile all'esercizio di un pubblico potere, indipendentemente dall'intervenuto annullamento o dalla sopravvenuta efficacia del titolo legittimante l'espropriazione.</em></p>