<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – ordinanza 16 maggio 2019 n. 13245 </strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La sentenza nel caso di specie gravata è conforme alla costante giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia: tra le molte, conviene qui ricordare la sentenza n. 4511 del 2007, dove si afferma che, ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, in ragione del sempre più frequente operare dell'Amministrazione al di fuori degli schemi del regolamento di contabilità di Stato e tramite soggetti in essa non organicamente inseriti, è irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo tale titolo consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato: il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è, infatti, spostato dalla qualità del soggetto - che può ben essere un privato o un ente pubblico non economico - alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, cui siano erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla pubblica amministrazione, alla cui realizzazione esso è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, esso realizza un danno per l'ente pubblico (anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato ed approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore) e di tale danno deve rispondere davanti al giudice contabile. Tali principi sono poi stati costantemente ribaditi nella giurisprudenza successiva, potendosi citare, tra le molte, le sentenze n. 20434/09, n. 1774/13 (ove espressamente si afferma che «</em>tra la pubblica amministrazione che eroga un contributo e il privato che lo riceve si instaura un rapporto di servizio<em>»), n. 3310/14, n. 23897/15, n. 1515/16, n. 18991/17, n. 21297/17, n. 14436/18.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La sentenza n. 9846 del 2011, che ha escluso la giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale nel caso di illegittima percezione o utilizzazione di contributi o finanziamenti pubblici volti a indennizzare i soggetti danneggiati da gravi calamità naturali, apparentemente distonica rispetto all'orientamento giurisprudenziale sopra menzionato, in effetti lo conferma </em>a contrariis<em>. Tale sentenza, infatti si fa carico di sottolineare che nella fattispecie ivi esaminata mancava, appunto, proprio il "</em>programma<em>" della pubblica amministrazione destinato ad essere gestito dal privato beneficiario: (si veda la relativa motivazione, pag. 4: «</em>Né si fa riferimento nella sentenza impugnata ad un qualche provvedimento della pubblica amministrazione, dal quale si possa ricavare l'esistenza di un programma finalizzato al perseguimento dell'interesse alla ripresa dell'attività produttiva, cui la società ricorrente sia stata chiamata a partecipare e che non abbia contribuito a realizzare, o ad un provvedimento dal quale si possa, comunque, ricavare che i contributi in questione sono stati erogati al fine specifico della ripresa dell'attività produttiva<em>»). E' proprio il distinguo operato nella sentenza n. n. 9846/11 che impone, allora, di ritenere sussistente un rapporto di servizio allorquando l'erogazione del contributo sia funzionale alla realizzazione di un programma finalizzato al perseguimento di un pubblico interesse, come nel caso della erogazione di risorse pubbliche sulla base di atti normativi, nazionali o dell'Unione Europea, diretti alla realizzazione di politiche economiche pubbliche in determinati settori ritenuti meritevoli di sostegno (agricoltura, industria, ricerca etc.).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Gli argomenti spesi dal ricorrente nel caso di specie non innovano in alcun modo il quadro concettuale che ha portato la giurisprudenza di legittimità agli approdi sopra ricordati e che il Collegio reputa opportuno ribadire: è configurabile un rapporto di servizio tra la pubblica amministrazione erogatrice di contributo ed i soggetti privati i quali, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la relativa illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall'Amministrazione, distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate; il percettore del finanziamento risponde per danno erariale innanzi alla Corte dei conti in tema di erogazioni percepite sulla base di dichiarazioni non veritiere; ai fini del radicamento della giurisdizione della Corte dei conti sul danno erariale conseguente alla illecita percezione di un contributo pubblico risulta decisiva la natura del danno conseguente alla mancata realizzazione degli scopi perseguiti con la contribuzione, non avendo rilevanza né la qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico, il quale ben può essere un soggetto di diritto privato destinatario della contribuzione, nè il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato. </em></p>