<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – sentenza 2 ottobre 2019 n. 24610 </strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Con la decisione n. 49/2011, la Corte Costituzionale ha affermato l'infondatezza della questione di legittimità innanzi ad essa proposta "</em>con riferimento alla riserva al solo giudice sportivo della competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo, anche ove i loro effetti superino l'ambito dell'ordinamento sportivo, incidendo su diritti l'ambito dell'ordinamento sportivo, incidendo su diritti soggettivi ed interessi legittimi<em>". Le SSUU, con sentenza del 9 novembre 2018, n. 28652 ebbero, poi, ad affermare che "</em>è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111, comma 8, Cost., avverso la sentenza del Consiglio di Stato che affermi la giustiziabilità di una sanzione disciplinare sportiva dinanzi al giudice sportivo anziché a quello amministrativo, atteso che la giustiziabilità della pretesa dinanzi agli organi della giurisdizione statale costituisce una questione di merito e non di giurisdizione<em>". Successivamente, ancora e sotto altro profilo, la più recente sentenza n.160/2019 della Corte Costituzionale ha valutato come non irragionevole il bilanciamento effettuato dal legislatore in tema di esclusione «</em>della possibilità dell'intervento giurisdizionale maggiormente incidente sull'autonomia dell'ordinamento sportivo<em>" con limitazione dello stesso alla sola tutela per equivalente e ferma, quindi, la possibilità di esclusione della più penetrante tutela demolitoria. Tutela - quest'ultima- in relazione alla quale la stessa decisione ha escluso recisamente "</em>il carattere necessitato<em>"</em>in ragione della inesistenza, nella fattispecie, di una necessaria indefettibile tutela demolitoria degli interessi legittimi<em>". Alla stregua dei suddetti enunciati principi la (nuovamente) sollevata eccezione di incostituzionalità non può che essere disattesa.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Si è da tempo affermato (e va ribadito) che, quando c'è effettivo e non illusorio rimedio non si è al cospetto di violazione di norme comunitarie e di diniego di giustizia rilevante ai fini ed ai sensi dell'art. 6 Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Infatti "</em>il ricorso a forme di giustizia arbitrale non costituisce un diniego di giustizia rilevante ai fini dell'art. 6 della CEDU, quale norma interposta all'art. 24 Cost., in quanto non ostacola il diritto di accesso al giudice, purché il rimedio sia effettivo e non illusorio (sentenza Corte EDU 1 marzo 2016 Tabbane c/o Svizzera). (Principio applicato in tema di riserva alla giustizia sportiva, ai sensi dell'art. 2 del d.l. n. 220 del 2003, conv. con mod. dalla I. n. 280 del 2003, delle questioni attinenti le sanzioni disciplinari comminate a società sportive<em>)" ( Cass. civ., S.U. Sent. 13 dicembre 2018, n. 32358). </em></p>