<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 25 settembre 2020 n. 206</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, lettera a), della legge della Regione Toscana 25 marzo 2015, n. 35 (Disposizioni in materia di cave. Modifiche alla l.r. 104/1995, l.r. 65/1997, l.r. 78/1998, l.r. 10/2010 e l.r. 65/2014), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.– Ai fini dello scrutinio richiesto a questa Corte è necessario richiamare, nei suoi tratti salienti, il quadro normativo di riferimento, insieme agli antecedenti di fatto nel giudizio principale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.1.– Nel disciplinare l’esercizio dell’attività estrattiva, la legge reg. Toscana n. 35 del 2015 prevede che lo stesso sia «subordinato ad autorizzazione del comune» (art. 16, comma 1) e che la relativa domanda sia corredata, fra l’altro, da un «progetto di coltivazione», che indichi anche le «tipologie ed i quantitativi dei materiali da estrarre» (art. 17, comma 1, lettera c, numero 3); il contenuto di tale progetto costituisce l’oggetto dell’autorizzazione (art. 18).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per le ipotesi nelle quali il titolare intenda introdurre varianti al progetto autorizzato, l’art. 23 consente il ricorso a segnalazione certificata di inizio attività (comma 2), fatti salvi alcuni casi nei quali, per la rilevanza della variante, è richiesto il rilascio di una nuova autorizzazione (comma 1).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Rientra in tali casi la fattispecie prevista dalla norma censurata, che concerne la variazione in aumento del volume di scavo, prescrivendo – per l’appunto – che ove tale variazione superi il margine di 1.000 metri cubi sia necessario ottenere una nuova autorizzazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.2.– Ai fini che qui vengono in rilievo, detta ultima previsione non può essere letta disgiuntamente da quella di cui all’art. 21 della legge reg. Toscana n. 35 del 2015, che – per il caso di «realizzazione di interventi in difformità dal progetto autorizzato che comportino varianti sostanziali di cui all’articolo 23, comma 1» (comma 1, lettera d) – dispone l’adozione, da parte del comune, del «provvedimento di sospensione dell’autorizzazione» (comma 1), da notificarsi al trasgressore con l’indicazione dei termini entro cui provvedere a presentare le eventuali controdeduzioni (comma 2); il successivo comma 3 prevede, infine, che, ove «non ritenga meritevoli di accoglimento le controdeduzioni o queste non siano state presentate entro il medesimo termine, il comune adotta il provvedimento di decadenza» dall’autorizzazione stessa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.3.– Il giudizio principale prende avvio in tale contesto normativo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Riferisce infatti il rimettente che, all’esito dell’accertamento di lavorazioni quantitativamente difformi dal «progetto di coltivazione» autorizzato, in data 27 luglio 2018 il Comune di Carrara emise un’ordinanza con la quale sospendeva l’autorizzazione già rilasciata ad Escavazione Marmi Lorano II srl.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La società aveva impugnato detta ordinanza con ricorso davanti al TAR Toscana.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.4.– L’ordinanza impugnata era stata tuttavia revocata dal citato Comune con provvedimento del 30 ottobre 2018, a seguito dell’intervenuta modifica della normativa applicabile.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana 2 ottobre 2018, n. 54, recante «Modifiche alla legge regionale 25 marzo 2015, n. 35 (Disposizioni in materia di cave. Modifiche alla l.r. 104/1995, l.r. 65/1997, l.r. 78/1998, l.r. 10/2010 e l.r. 65/2014)», aveva infatti inserito, nella legge reg. Toscana n. 35 del 2015, l’art. 58-bis.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.5.– Quest’ultima previsione era stata introdotta in quanto – come evincibile dal preambolo della legge di modifica – i controlli effettuati dai Carabinieri forestali della Toscana nelle cave del distretto apuo-versiliese avevano rilevato aumenti di scavo per quantitativi idonei a dar luogo alla decadenza dalle autorizzazioni rilasciate; tali condotte non erano però state contestate alle imprese da alcuni comuni del distretto, i quali, nel verificare se fosse stato o meno superato il margine di 1.000 metri cubi di cui all’art. 23, non tenevano conto degli scavi effettuati al di fuori del perimetro di cui al «progetto di coltivazione», ma che rimanevano comunque all’interno della più ampia area a disposizione del gestore.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Questa interpretazione aveva ingenerato l’affidamento degli operatori in ordine alla conformità volumetrica dell’attività di escavazione, rendendo perciò necessario un intervento normativo che, nel fornire espressamente una più rigorosa definizione del perimetro estrattivo in termini corrispondenti a quello del «progetto di coltivazione», prevedesse tuttavia anche un periodo transitorio di adeguamento, durante il quale veniva esclusa l’immediata applicazione della più grave misura sanzionatoria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.6.– A questo scopo, l’art. 58-bis della legge reg. Toscana n. 35 del 2015, rubricato «Disposizioni transitorie per il sanzionamento di difformità volumetriche sino all’approvazione dei piani attuativi dei bacini estrattivi delle Alpi Apuane» dispone, al comma 1, che «[F]ino all’approvazione dei piani attuativi previsti dall’articolo 113 della L.R. 65/2014 e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2019, qualora il titolare di un’autorizzazione in corso di validità abbia realizzato una difformità volumetrica superiore ai 1000 metri cubi rispetto al progetto di coltivazione autorizzato, ma comunque all’interno dell’area in disponibilità a destinazione estrattiva, il comune ordina la cessazione immediata dell’attività nell’area oggetto della difformità e la presentazione di una perizia giurata», ove si attesti che le difformità sono state realizzate in epoca anteriore al 25 ottobre 2018, data di entrata in vigore della legge stessa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con il medesimo provvedimento, il Comune ordina «altresì la presentazione e realizzazione di un progetto di messa in sicurezza e risistemazione ambientale dell’area che tenga conto degli impatti complessivi derivanti dalle lavorazioni difformi».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il comma successivo dispone che l’autorizzazione resti sospesa sino all’approvazione del progetto e al completamento delle opere di messa in sicurezza dell’area, ma che tali adempimenti, ove intervenuti nei termini prescritti, determinino l’applicazione di una sola sanzione pecuniaria; la più grave sanzione della decadenza dall’autorizzazione è infatti prevista, in base al comma 3, per la diversa ipotesi in cui «il titolare non ottemperi agli obblighi stabiliti con l’ordinanza», ovvero «nel caso in cui, a seguito di nuovo accertamento, venga rilevata una ulteriore difformità».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.7.– In conformità a tali previsioni, in data 27 novembre 2018 il Comune di Carrara aveva dunque ordinato alla società ricorrente nel giudizio principale di sospendere le attività estrattive e di produrre, entro novanta giorni, la perizia giurata ed il progetto di messa in sicurezza e risistemazione ambientale dell’area previsti dal predetto art. 58-bis.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quest’ultima ordinanza è stata oggetto di impugnazione con motivi aggiunti nel ricorso principale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Tale essendo il quadro normativo di riferimento nel contesto del giudizio principale, la questione sollevata dal TAR Toscana <strong>è inammissibile per errata individuazione della norma applicabile (aberratio ictus).</strong></em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.1.– Il rimettente, infatti, pur rilevando espressamente che la prima ordinanza del Comune di Carrara, fondata sulla violazione dell’art. 23 della legge reg. Toscana n. 35 del 2015, è stata revocata e sostituita da una nuova ordinanza, che trova fondamento nella distinta previsione di cui all’art. 58-bis della stessa legge, rivolge le sue censure unicamente nei confronti della prima norma.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.2.– Secondo il costante orientamento di questa Corte, nei giudizi incidentali ricorre l’inammissibilità della questione per aberratio ictus ogni qual volta le doglianze del giudice rimettente investono una disposizione diversa da quella effettivamente applicabile nel giudizio a quo (fra le altre, sentenze n. 15 del 2020 e n. 109 del 2019): la questione, in tali casi, è irrilevante, poiché, quale che sia la pronunzia nel merito in relazione alle censure prospettate, il giudizio a quo resterebbe definito da norme contenute in disposizioni diverse.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.3.– Nel caso di specie, la diversità fra la norma censurata e quella applicata nel giudizio principale si coglie anzitutto dalla disamina delle condotte che, nelle rispettive previsioni, impongono il rilascio di una nuova autorizzazione; l’art. 23, infatti, prende in considerazione tutti gli aumenti volumetrici di scavo effettuati dall’impresa autorizzata, mentre, come si è detto, l’art. 58-bis, pur richiamando lo stesso limite di volume, riguarda i soli aumenti realizzati mediante scavi esterni al perimetro del «progetto di coltivazione», ma compresi nell’area in disponibilità a destinazione estrattiva, ed entro il citato limite temporale del 25 ottobre 2018.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.4.– Inoltre, e ciò che più conta, tale distinzione si riverbera nella diversità del procedimento amministrativo che prende avvio dall’applicazione dell’una norma piuttosto che dell’altra.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Come è stato illustrato nel punto 2.2, infatti, il superamento del margine di scavo di cui all’art. 23 comporta l’immediata sospensione dell’attività e l’avvio di un procedimento volto all’adozione della sanzione della decadenza, previo contraddittorio con l’impresa che viene invitata a presentare le proprie controdeduzioni.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Invece, il riscontro di una fattispecie riconducibile alla previsione di cui all’art. 58-bis, che nella prospettazione dell’ordinanza di rimessione scherma l’art. 23, comporta che l’impresa cessi provvisoriamente l’attività, provvedendo al contempo ad alcuni adempimenti che, ove tempestivi ed approvati, ne consentano la prosecuzione con l’applicazione della sola sanzione pecuniaria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò, del resto, chiarisce il motivo per il quale il Comune di Carrara si era determinato a revocare la prima ordinanza emanata nei confronti dell’impresa ricorrente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Della norma su cui si fonda la seconda ordinanza del medesimo Comune, oggetto di ricorso per motivi aggiunti ed in relazione alla quale pende il contenzioso, non vi è traccia nell’ordinanza di rimessione, che, pertanto, non chiarisce il profilo della perdurante rilevanza dell’art. 23.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– Peraltro la norma censurata è stata modificata, successivamente all’ordinanza di rimessione, dalla legge della Regione Toscana 5 agosto 2019, n. 56 (Nuove disposizioni in materia di cave. Modifiche alla l.r. 35/2015 e alla l.r. 65/2014), che, all’art. 10, comma 1, stabilisce un margine di tolleranza espresso in termini proporzionati alle dimensioni dell’area di scavo, nel senso prospettato dallo stesso rimettente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, detta modifica non ha inciso sul contenuto dell’art. 58-bis (eccetto che per profili che qui non rilevano); essa, pertanto, non viene in considerazione in questa sede come possibile jus superveniens, poiché non riguarda la norma destinata a definire il giudizio principale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– L’errata individuazione della disposizione applicabile al giudizio principale costituisce ragione decisiva di inammissibilità della questione proposta.</em></p>