Corte Costituzionale, sentenza 24 Gennaio 2025 n. 5
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento all’art. 111 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima;
Vanno, altresì, dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, cod. proc. amm., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 76 e 125 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- 1. Il TAR Piemonte dubita della legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), cod. proc. amm., limitatamente alla prima parte, che devolve alla competenza inderogabile del TAR per il Lazio «le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro»;
- Il giudice a quo è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità del silenzio serbato dalla Direzione territoriale per il Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (avente sede in Torino), in merito all’avvicendamento, presso due sale da gioco situate nella Provincia di Alessandria, del concessionario per la raccolta del gioco del “bingo”. In base alla disposizione censurata, la competenza a decidere spetterebbe al TAR Lazio, innanzi al quale, dunque, le parti andrebbero rimesse con provvedimento dello stesso giudice adìto;
- Secondo la prospettazione del rimettente, tuttavia, la riserva di competenza funzionale al TAR Lazio per tutti i giudizi riguardanti i provvedimenti dell’amministrazione dei monopoli in materia di giochi con vincita in denaro contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e del giudice naturale precostituito per legge, di cui agli artt. 3 e 25, primo comma, Cost., con il «diritto di impugnazione» (viene richiamato l’art. 111 Cost.), con la previsione della «competenza dei tribunali amministrativi territoriali» di cui all’art. 125 Cost., e con l’art. 76 Cost., per violazione dei principi e criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione n. 69 del 2009;
- Il giudice a quo richiama la sentenza di questa Corte n. 174 del 2014, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della seconda parte della disposizione in esame, che parimenti devolveva alla competenza funzionale inderogabile del TAR le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti «emessi dall’Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro»;
- Preliminarmente, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità, per difetto di rilevanza delle odierne questioni, sollevata dalla controinteressata Gamenet spa con la memoria depositata il 5 novembre 2024.;
- La parte evidenzia che, in ordine alla decisione sul processo principale, il TAR Piemonte – proprio in applicazione dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), cod. proc. amm. – è stato dichiarato incompetente con l’ordinanza 20 settembre 2024, n. 3524, resa in sede di appello cautelare dalla sezione sesta del Consiglio di Stato. La controversia, ormai riassunta dalle parti dinanzi al TAR Lazio, non sarebbe dunque «più pendente dinanzi al giudice rimettente che aveva sollevato la questione di costituzionalità», con conseguente irrilevanza delle questioni dallo stesso sollevate;
- L’eccezione non è fondata;
- Di recente questa Corte ha affermato che la decisione sulla competenza, pur assunta in sede di impugnazione in via definitiva, non ostacola la potestà del giudice di primo grado di dubitare della legittimità costituzionale della norma che disciplina il riparto di competenza (sentenza n. 163 del 2024). Deve quindi ritenersi, in linea di principio, che il TAR Lazio, indicato come giudice competente dal Consiglio di Stato, ben potrebbe a propria volta rimettere in discussione la questione sulla competenza qualora gli sorgessero dubbi in ordine alla legittimità costituzionale della norma che quella competenza ad esso attribuisce. Pertanto, nell’ipotesi in cui una questione di legittimità costituzionale sia stata già sollevata, nell’ambito della medesima controversia, dal giudice di primo grado antagonista (nel caso odierno: dal TAR Piemonte), occorre concludere che la decisione del giudice di appello, con la quale quel giudice rimettente è stato spogliato della competenza pur nelle more della decisione di questa Corte, non recide il vincolo di rilevanza. Il giudizio principale deve infatti svolgersi sul presupposto dell’individuazione del giudice competente (ancora sentenza n. 163 del 2024), e tale presupposto forma oggetto, ancorché in via indiretta, proprio delle sollevate questioni di legittimità costituzionale;
- Né può assumere rilievo la circostanza che il giudizio a quo sia stato ormai riassunto dinanzi al TAR Lazio, ad opera delle parti già costituite presso il giudice rimettente. Va infatti ribadito quanto questa Corte ha affermato in una fattispecie similare, in cui il giudizio a quo – nelle more della decisione incidentale – era stato riassunto, all’esito del regolamento di giurisdizione, presso un giudice appartenente ad altra giurisdizione. In applicazione del principio di autonomia del giudizio di legittimità costituzionale, deve infatti ritenersi che, «[c]osì come l’estinzione del giudizio principale non ha effetti sul giudizio davanti a questa Corte […], allo stesso modo su quest’ultimo giudizio non può produrre effetti di sorta la eventuale riassunzione del giudizio a quo davanti al giudice» la cui competenza sia stata indicata dal Consiglio di Stato – come accade nel caso odierno – in sede di appello avverso il rigetto della misura cautelare (sentenza n. 236 del 2015);
- Ancora in via preliminare, deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità, formulata dall’Avvocatura generale dello Stato e da Gamenet spa, limitatamente alla questione sollevata in riferimento all’art. 111 Cost.;
- L’ordinanza di rimessione, infatti, ne ha omesso qualsivoglia illustrazione, limitandosi a riportare, tra parentesi, un breve inciso («diritto di impugnazione») il quale, tuttavia, risulta privo di un oggettivo aggancio con la restante parte della motivazione. La censura, pertanto, è del tutto carente di motivazione quanto al requisito della non manifesta infondatezza (da ultimo, sentenza n. 110 del 2024, punto 4.2. del Considerato in diritto), il quale richiede che «i parametri siano evocati in maniera non apodittica e generica e che siano specificati i motivi per cui si ritenga verificata la violazione delle norme costituzionali, a pena di manifesta inammissibilità delle questioni proposte (ex multis, ordinanze n. 159 del 2021 e n. 261 del 2012)» (ordinanza n. 127 del 2024);
- I rimanenti profili di inammissibilità, fatti ancora valere dalla difesa statale e da quella di Gamenet spa con riguardo alla motivazione del giudice a quo (che risulterebbe inadeguata e incompleta), non possono invece essere condivisi;
- L’ordinanza di rimessione ha infatti descritto a sufficienza le circostanze di fatto da cui originano le odierne questioni e, quanto al requisito della non manifesta infondatezza, ha adeguatamente argomentato mediante il richiamo di alcuni passaggi della motivazione della sentenza di questa Corte n. 174 del 2014, resa in un caso che si assume analogo. La correttezza di simile assunto attiene, come è evidente, al merito delle questioni e non all’ammissibilità delle stesse. Al contempo, il rimettente non ha mancato di fornire una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento, specie con riguardo all’evoluzione della giurisprudenza costituzionale in tema di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio. Pur omettendo di richiamare l’art. 10, comma 9-ter, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, cui si deve l’introduzione della lettera q-quater) nell’art. 135 cod. proc. amm. (aspetto sul quale si tornerà nei successivi paragrafi, nell’esaminare il merito della questione), il giudice a quo ha tracciato in modo chiaro ed esaustivo i termini delle censure sollevate, ben oltre la soglia dell’ammissibilità. Né gli si può rimproverare di non aver tentato un’interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione censurata, atteso il tenore letterale e perentorio di quest’ultima, che devolve alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio tutti i provvedimenti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli in materia di giochi con vincita in denaro, senza consentire alcuna esclusione di sorta;
- Nel merito, le questioni sollevate dal TAR Piemonte, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 76 e 125 Cost., non sono fondate;
- Portata pregiudiziale assume la censura relativa al preteso vulnus all’art. 76 Cost., sotto il profilo della violazione della delega contenuta nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009. Essa – come da costante giurisprudenza di questa Corte – deve essere scrutinata per prima, in quanto investe il corretto esercizio della funzione legislativa (da ultimo, sentenza n. 98 del 2024);
- La questione non è fondata per il dirimente rilievo che la lettera q-quater) dell’art. 135 cod. proc. amm., rispetto alla quale si contesta la mancata rispondenza ai principi ed ai criteri direttivi di cui alla legge-delega n. 69 del 2009, è stata inserita, nell’attuale testo normativo, non dal decreto delegato, ma da una fonte successiva. L’aggiunta, infatti, si deve all’art. 10, comma 9-ter, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, ossia ad una disposizione non legata da vincoli di sorta con la legge di delegazione;
- Si deve ribadire, in proposito, che il parametro costituzionale evocato dal rimettente (l’art. 76 Cost.) «regge soltanto i rapporti fra legge delegante e decreto legislativo delegato, ed è pertanto fuor d’opera assumerlo “quale stregua del giudizio di costituzionalità, qualora sia questione di una norma contenuta in un atto estraneo a quei rapporti”» (ordinanza n. 45 del 2006; e in precedenza, ordinanze n. 253 del 2005, n. 294 e n. 159 del 2004);
- Non sono fondate neanche le questioni sollevate in ordine agli artt. 3 e 125 Cost., che il rimettente argomenta in modo congiunto;
- La trattazione unitaria dei due parametri, invero, si impone in base a quanto costantemente affermato da questa Corte nelle precedenti pronunce aventi a oggetto i casi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio. Come correttamente premette il rimettente, ogni deroga al criterio che impone l’articolazione territoriale dell’organizzazione della giustizia amministrativa, ai sensi dell’art. 125, secondo comma, Cost., deve: a) rispondere a «uno scopo legittimo, giustificato da un idoneo interesse pubblico (che non si esaurisca nella sola esigenza di assicurare l’uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado, astrattamente configurabile rispetto ad ogni categoria di controversie)»; b) essere «contraddistinta da una connessione razionale rispetto al fine perseguito»; c) risultare «necessaria rispetto allo scopo, in modo da non imporre un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa» (sentenza n. 159 del 2014, punto 3.4. del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenze n. 182 e n. 174 del 2014). Si impone, dunque, «un criterio rigoroso» di scrutinio (sentenza n. 237 del 2007), da articolarsi secondo la logica del giudizio di proporzionalità (ancora, sentenza n. 159 del 2014), che rinviene il proprio alveo, per l’appunto, nell’art. 3 Cost.;
- Tanto premesso, l’esame della questione deve prendere le mosse dalla sentenza n. 174 del 2014, con la quale questa Corte, come ricordato dal giudice rimettente, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), cod. proc. amm. limitatamente alla previsione della sua seconda parte, che devolveva alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti «emessi dall’Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro»;
- L’elemento centrale della richiamata decisione è rappresentato dalla considerazione della natura esclusivamente «periferica» dell’autorità amministrativa – la questura – chiamata a rilasciare le autorizzazioni per l’esercizio del gioco lecito, di cui all’art. 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza);
- Ha assunto decisivo rilievo, inoltre, il «carattere squisitamente locale» degli interessi coinvolti nell’operato dell’amministrazione, carattere cui deve corrispondere, sul piano della tutela giurisdizionale, la necessaria articolazione territoriale della giustizia amministrativa, richiesta dall’art. 125, secondo comma, Cost.;
- Diversa è, in tale prospettiva, la situazione che viene in rilievo nella fattispecie sottoposta all’odierno esame della Corte. Le controversie di cui oggi si discute sono quelle che hanno ad oggetto gli atti, afferenti alla vasta materia dei «giochi pubblici con vincita in denaro», emessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, autorità avente carattere indiscutibilmente “centrale”, pur se articolata in più sedi dislocate sul territorio. Si tratta di una competenza ad ampio raggio, i cui confini sono stati delineati dal legislatore all’esito di una lunga e frammentata elaborazione normativa, approdata ad una organica sistemazione con il decreto legislativo 25 marzo 2024, n. 41 (Disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza, ai sensi dell’articolo 15 della legge 9 agosto 2023, n. 111);
- L’intervento dell’Agenzia, in particolare, abbraccia tre settori fondamentali. Vi sono ricomprese, anzitutto, le funzioni di regolazione del mercato del gioco lecito, attraverso le quali si realizza il “governo” dei titoli concessori (artt. 6 e seguenti del d.lgs. n. 41 del 2024): dall’emanazione dei relativi bandi, alla gestione delle procedure di gara, fino al rilascio del provvedimento finale di concessione. In secondo luogo, assumono rilievo le funzioni di contrasto al gioco illegale (ad esempio, quelle previste dall’art. 22 del d.lgs. n. 41 del 2024) e quelle di prevenzione, anche in chiave di lotta contro la ludopatia (art. 7 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute», convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012, n. 189). Ancora, spettano all’Agenzia competenze di natura fiscale e tributaria, ad esempio quelle concernenti l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, disciplinata dal decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 (Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288), con estensione, altresì, ai provvedimenti che dispongono la chiusura degli esercizi insolventi (art. 31, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili», convertito, con modificazioni, in legge 19 dicembre 2019, n. 157). L’Agenzia è altresì competente in merito all’accertamento e ai controlli in materia di prelievo erariale unico (PREU), previste dagli artt. 39, commi 13 e 13-bis, e 39-quater del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326: competenze rispetto alle quali non sono affatto irrilevanti la persona e le vicende del concessionario, ancorché esse si dispieghino a livello locale;
- In questo quadro complessivo, deve dunque ritenersi che gli atti in questione, pur emanati da una delle direzioni territoriali in cui si articola l’organizzazione dell’Agenzia, sono funzionali al soddisfacimento di interessi di natura pubblica riferiti ora al necessario coordinamento amministrativo, strumentale alla gestione unitaria delle concessioni sull’intero territorio nazionale, ora ad esigenze di ordine pubblico e di sicurezza mirate soprattutto al contrasto, anche preventivo, della criminalità e del fenomeno della ludopatia, ora, infine, agli interessi dell’erario;
- Ne è plastica esemplificazione la situazione che fa da sfondo al processo a quo, in cui l’operato della competente direzione territoriale dell’Agenzia, pur riguardando il distacco di un concessionario dal collegamento telematico attivo presso le due sale situate nella Provincia di Alessandria, ha inteso fornire applicazione agli indirizzi e ai criteri emanati, a livello centrale, dalle direzioni generali dell’Agenzia medesima (con modalità che, comunque, sono contestate in quel giudizio, per profili che spetterà al TAR approfondire). Si tratta, quindi, di atti applicativi che, anche a livello territoriale, riflettono le istanze pubbliche sopra ricordate, le quali trascendono gli interessi squisitamente locali (sentenza n. 159 del 2014);
- Alla luce di quanto esposto, deve quindi concludersi che la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, prevista dalla lettera q-quater), prima parte, dell’art. 135 cod. proc. amm., non determina un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa. Invero, la concentrazione, presso un unico tribunale, di tutte le controversie in esame risponde all’esigenza, costituzionalmente rilevante, di evitare che i singoli atti dell’Agenzia, pur se espressivi delle esigenze di natura generale poc’anzi ricordate, siano impugnabili dinanzi ai diversi TAR locali (a seconda – ad esempio – della regione in cui si trova ubicata la sala presso la quale un determinato concessionario distribuisce il gioco al pubblico), «a detrimento della visione d’insieme» (ancora sentenza n. 159 del 2014);
- Non è, infine, fondata la questione relativa alla violazione dell’art. 25 Cost. per presunta lesione del principio del giudice naturale precostituito per legge, enunciato dal primo comma di tale disposizione;
- Già in passato, in sede di sindacato di legittimità costituzionale di altre disposizioni che, in relazione a determinate controversie, hanno accentrato la competenza giurisdizionale di primo grado in capo al TAR Lazio, questa Corte ha fatto richiamo alla propria costante giurisprudenza sul principio del giudice naturale precostituito per legge, secondo cui tale parametro, «lungi dall’ancorarsi a un dato pre-normativo, quale la prossimità geografica del giudice alla vicenda da giudicare, deve interpretarsi unicamente come volto ad assicurare l’individuazione del giudice competente in base a criteri predeterminati, in via generale, dalla legge» (sentenza n. 159 del 2014; negli stessi termini, anche sentenza n. 182 del 2014). Si è quindi, più volte, ribadito che tale precetto costituzionale può considerarsi rispettato quando, come nella specie, «l’organo giudicante sia stato istituito dalla legge e la sua competenza sia definita sulla base di criteri generali fissati in anticipo, nel rispetto della riserva di legge (ex plurimis, sentenze n. 117 del 2012 e n. 30 del 2011)» (sentenza n. 159 del 2014, punto 3.7. del Considerato in diritto; e in precedenza, nello stesso senso, sentenza n. 237 del 2007);
- In questa sede, pertanto, non può che confermarsi tale indirizzo, con conseguente non fondatezza della questione avente ad oggetto la presunta violazione dell’art. 25, primo comma, Cost.