<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – ordinanza 31 luglio 2019 n. 20698</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il riferimento alla “</em>prima udienza<em>”, quale limite temporale per sollevare il conflitto di giurisdizione, riguarda la prima udienza fissata per la trattazione del merito, come osservato dalle Sezioni Unite, individuata la ragione ispiratrice dell’art. 59, comma 3, legge n. 69 del 2009 (applicabile anche ai giudizi, come nella specie, instaurati anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009: v. Cass., Sez. Un., n. 23109 del 2010, e, conformemente, Cass., Sez. Un., n. 24421 del 2010; Cass., Sez. Un., n. 24686 del 2010) in quella di evitare, almeno tendenzialmente, ogni inutile dispendio di attività processuale, di modo che la competenza giurisdizionale, già individuata nella precedente sentenza, è destinata a divenire incontestabile qualora il giudice successivamente adito non evidenzi immediatamente le ragioni del proprio eventuale dissenso, provocando l’intervento risolutore delle Sezioni Unite della Corte di cassazione ( v. Cass., Sez. Un., 19 maggio 2014 n. 10922 ). In ipotesi di giudizio tempestivamente riproposto, dopo la declinatoria di giurisdizione del giudice ordinario, davanti al giudice amministrativo, l’art. 11, comma 3, del codice del processo amministrativo indica nella prima udienza il tempo oltre il quale il giudice amministrativo non può sollevare il conflitto. Come le Sezioni Unite hanno già statuito con la sentenza 13 aprile 2012, n. 5873, per un verso tale udienza è quella fissata in base all’art. 71, comma 3, codice cit. (“udienza per la discussione del ricorso”) e disciplinata dall’art. 73; per l’altro verso, la disposizione dell’art. 11, comma 3, del codice va interpretata alla stregua di quella, analoga, contenuta nella L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59, comma 3, (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), ove è previsto che “il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio … tale questione … fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito” ( v. anche Cass., Sez. Un., 13 dicembre 2016 n. 25515). Ne consegue che, in tema di regolamento d’ufficio, non è ostativa al promovimento del conflitto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo adito a seguito di </em>translatio iudicii<em> la circostanza che il giudice, prima dell’udienza di discussione, abbia celebrato una (o più) camera di consiglio sulla richiesta di emanazione di misure cautelari, anche ove abbia emesso, all’esito della stessa, un provvedimento provvisorio per assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul merito del ricorso (v. Cass., Sez. Un., 2 luglio 2015 n. 13570; Cass., Sez. Un., 15 maggio 2017 n. 11988).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Occorre stabilire se spetti al giudice ordinario o al giudice amministrativo la giurisdizione sulla controversia sorta con la domanda di reintegra nel possesso proposta dai T. e Z., in conseguenza della lesione del loro diritto di proprietà a causa delle opere realizzate sui loro fondi, dall’Amministrazione inserite in un procedimento espropriativo. Secondo il costante orientamento delle Sezioni Unite, le azioni possessorie sono esperibili davanti al GO nei confronti della P.A. quando il comportamento della medesima non si ricolleghi ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, ed avente contenuto, in senso lato, ablativo, ma si concreti e si risolva in una mera attività materiale lesiva di beni, dei quali il privato vanti il possesso, mentre ove risulti, sulla base del criterio del </em>petitum<em> sostanziale, che oggetto della tutela invocata è, non una situazione possessoria ma, il controllo di legittimità dell’esercizio del potere, va dichiarato il difetto di giurisdizione del GO, competente essendo il GA, con la conseguenza che va affermato il difetto di giurisdizione del GO, ove il ricorrente, assumendo di essere stato molestato nel possesso di un terreno e di un’adiacente strada di sua proprietà, richieda la sospensione o l’eliminazione del provvedimento con cui l’amministrazione comunale abbia disposto la rimozione della recinzione e lo sgombero dell’area, al fine di ripristinare il libero transito dei mezzi agricoli usati da altri cittadini per raggiungere i propri fondi, non potendosi ravvisare nell’attività del Comune un disturbo di fatto del possesso del bene vantato dal privato, quanto l’esercizio di una potestà pubblicistica rientrante nelle competenze municipali in materia di urbanistica e di circolazione stradale (cfr., </em><em>ex plurimis, Cass., Sez. Un., n. 10285 del 2012; Cass., Sez. Un., n. 4128 del 2012; Cass., Sez. Un., n. 23568 del 2008; Cass., Sez. Un., n. 13397 del 2007). Tanto chiarito, nella specie, deve sottolinearsi che la domanda formulata dagli originari ricorrenti si inserisce in un procedimento </em>lato sensu<em> espropriativo, connotato dall’esercizio di potere amministrativo mediante la determinazione dirigenziale di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera stradale che interessava entrambi i mappali, notificata in data 07.11.2016 ai proprietari dei fondi, già oggetto di cessioni bonarie alla p.a., finalizzate ad evitarne l’ablazione di autorità. Lungi dal risolversi in una mera attività materiale lesiva di beni posseduti dai ricorrenti, la condotta dell’Amministrazione pubblica si ricollega direttamente ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti ed avente contenuto, </em>lato sensu<em>, ablativo; con la conseguenza che sulla base del criterio del </em>petitum<em> sostanziale, oggetto della tutela invocata non è una situazione possessoria, ma il controllo di legittimità dell’esercizio del potere, rientrante pienamente della sfera di attribuzione del giudice amministrativo. Del resto sono gli stessi ricorrenti a lamentare che l’occupazione dei mappali è stata conseguenza dell’avvio e della esecuzione dei lavori riferibili agli accordi negoziali e ai successivi atti provvedimentali, essendo tutte le restanti circostanze dedotte da entrambe le parti (quali la violazione degli accordi per mancato rispetto della condizione prevista di apertura del passaggio pedonale e carrabile, esposta dai ricorrenti, e la circostanza che i lavori realizzati non avrebbero inciso sui mappali di proprietà dei ricorrenti, illustrata dalle amministrazioni) del tutto irrilevanti. E dunque i ricorrenti così argomentando, hanno sostanzialmente investito il Giudice Ordinario adito dell’accertamento circa la legittimità del procedimento espropriativo del 2016, nel cui ambito è stata realizzata la invasione degli accessi alle proprietà, accertamento al quale va ricollegato la richiesta tutela possessoria. Pertanto, applicando alla fattispecie il menzionato criterio del “</em><em>petitum sostanziale”, oggetto della tutela possessoria invocata dai ricorrente è – non già una situazione possessoria, ma – il controllo di legittimità dell’esercizio del potere da parte della Provincia, posto che questo ha pacificamente incaricato la realizzazione delle opere in contestazione, nello svolgimento del più volte ricordato procedimento espropriativo e, quindi, in presenza di provvedimenti amministrativi formali emessi nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali e, comunque, nell’esercizio di una potestà pubblicistica rientrante nelle competenze provinciali in materia di urbanistica e di circolazione stradale. Tirando le fila del discorso sin qui condotto, deve essere affermata la giurisdizione del GA a conoscere della odierna controversia, dinanzi al quale va rimesso il giudizio per la riassunzione nei termini di legge.</em></p>