Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 11 luglio 2022 n. 21884
PRINCIPIO DI DIRITTO
La notifica, effettuata dal contribuente direttamente tramite il servizio postale, ai sensi dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, della sentenza di primo grado all’ente locale non presso la sede principale indicata negli atti difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adottato) l’atto oggetto del contenzioso, è valida e, quindi, idonea, ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, comma 2, e 51, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 546 del 1992, a far decorrere il termine di sessanta giorni per impugnare.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- – Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento dell’esame degli ulteriori motivi di ricorso.
- – Con esso viene proposta, al di là del tenore formale della rubrica (poiché è alla sostanza effettiva del motivo – se congruamente strutturato in forza delle indicazioni che la stessa parte ricorrente abbia fornito a sostegno della denuncia – che deve aversi riguardo: Cass., S.U., 24 luglio 2013, n. 17931), una censura di error in iudicando de modo procedendi, che è pur sempre denuncia di un error in procedendo, poiché l’attività di interpretazione delle disposizioni processuali implicate è comunque orientata da un “fatto” che si colloca all’interno del processo.
Lo scrutinio rimesso a questa Corte si avvale, quindi, anche dell’accesso diretto agli atti del giudizio di merito, proprio in forza di quei poteri di giudice del “fatto processuale” che la natura del vizio dedotto impone di esercitare.
- – Parte ricorrente ha evidenziato in fatto (p. 7 del ricorso) di aver “provveduto a notificare la sentenza della CTP di Napoli con racc.ta ricevuta dal Comune di Napoli in 22.04.2016”; indicazione, questa, che trova riscontro, anzitutto, nella sentenza impugnata, ove (p. 2) si dà conto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dalla Spot Light di Alessandro Crasta in ragione della notifica della sentenza di primo grado “con raccomandata del 15 aprile 2016, ricevuta dal Comune di Napoli in data 22 aprile 2016 e depositata presso la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli il 28 aprile 2016”.
Nel fascicolo d’ufficio della Commissione Regionale si rinviene copia della raccomandata con cui il Crasta il 15 aprile 2016 ha inviato al “Comune di Napoli – Direzione Centrale Sviluppo, Ricerca e Mercato del lavoro – Servizio di Polizia Amministrativa”, in “Via Oronzo Massa n. 6 – 80133 Napoli” (oltre che alla Elpis s.r.l. in liquidazione”) la sentenza n. 3477 del 26 febbraio 2016 della Sezione n. 23 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli; sul relativo avviso di ricevimento (n. 14599002) è presente il timbro con la seguente dicitura (tutta in carattere maiuscolo): “Comune di Napoli – Pervenuto il 22 apr. 2016 – Protocollo generale”. La Direzione Centrale Sviluppo, Ricerca e Mercato del lavoro – Servizio di Polizia Amministrativa del Comune di Napoli, sita in Via Oronzo Massa n. 6, è – come incontestatamente dedotto dalla parte ricorrente (p. 12 del ricorso) e come risulta dagli atti del giudizio di merito – l’ufficio dell’amministrazione comunale al quale il Crasta, all’epoca titolare della ditta individuale Spot Light, aveva rivolto istanza di rimborso degli importi indebitamente versati a titolo di canone sostitutivo dell’imposta comunale sui mezzi pubblicitari per gli anni dal 2009 al 2013, nonché l’ufficio nei cui confronti era stato indirizzato il ricorso di primo grado avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla predetta istanza.
- – Tali emergenze processuali e il “fatto processuale” al quale esse danno evidenza – sorretti dalle presupposte deduzioni e indicazioni di parte ricorrente (così da rendere priva di consistenza l’eccezione di inammissibilità del motivo per difetto di autosufficienza sollevata dalla Elpis s.r.l. in liquidazione) – indirizzano la delibazione di queste Sezioni Unite verso la quaestio iuris che si palesa rilevante ai fini della decisione, perché in stretta connessione logico-giuridica con la fattispecie concreta.
Lo scrutinio del motivo di ricorso è orientato, infatti, dall’avvenuta notifica, direttamente tramite il servizio postale, senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario, della sentenza di primo grado all’ente locale (amministrazione comunale) non presso la sede dell’ufficio tributi, in persona del cui dirigente l’ente medesimo si è costituito in giudizio, ma presso la sede, diversa, di altro ufficio comunale: ufficio già destinatario dell’istanza di rimborso avanzata dal contribuente e che non aveva emesso l’atto richiesto.
Resta, quindi, fermo il principio – armonico rispetto alle funzioni ordinamentali e alle attribuzioni processuali proprie di questa Corte di legittimità – per cui la funzione nomofilattica non vive di astrattismi, ma guarda necessariamente all’oggetto della lite, siccome volta a dare vita ad “un principio di diritto legato all’orizzonte di attesa della fattispecie concreta” (Cass., S.U., 22 maggio 2018, n. 12564).
Del resto, è carattere consustanziale all’esercizio della giurisdizione questa osmosi tra interpretazione della legge e il fatto – la vicenda della vita o, come nel caso in esame, la vicenda del processo – portato dinanzi al giudice, la quale alimenta e dà consistenza alla regola del caso concreto, ossia quella regola che, ove provenga dal giudice della nomofilachia, si pone, nell’ottica valoriale della certezza del diritto e della sicurezza giuridica, a presidio di un trattamento uniforme dei cittadini dinanzi al giudice (quale precipitato immediato del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.) ed è tale da potersi accreditare come “precedente”, ossia come regola “forte” di decisione di casi a venire, elevandosi, dunque, “a criterio e misura della prevedibilità e calcolabilità riguardo alla decisione di controversie future” (Cass., S.U., 28 gennaio 2021, n. 2061).
- – Dunque, è il “fatto processuale” innanzi circoscritto a delimitare l’area di indagine sul tema delle modalità e del luogo della notificazione della sentenza nell’ambito del giudizio di merito (ma – giova precisare – tanto vale anche in riferimento alla notificazione degli atti introduttivi del primo e secondo grado dinanzi alle Commissioni tributarie).
E l’indagine intercetta il quesito, prospettato dall’ordinanza interlocutoria n. 3984/2022 della Quinta Sezione, con cui viene sollevato il seguente interrogativo: se, in tema di notificazioni nel processo tributario, sia rituale, o meno, la consegna della sentenza di primo grado a un ufficio dell’ente locale che non sia ubicato anche nella sua sede principale indicata negli atti difensivi, ma sia comunque riconducibile all’ufficio che ha emanato l’atto impositivo impugnato o (come nella specie) non ha emanato l’atto richiesto.
Quesito che occorre, comunque, calibrare in ragione, essenzialmente, dell’accertato “fatto processuale” e, dunque, alla luce di una vicenda in cui la sentenza di primo grado è stata notificata dal contribuente direttamente tramite il servizio postale ordinario, a mezzo raccomandata ordinaria.
- – A tal riguardo, la Sezione rimettente evidenzia che, nella giurisprudenza di legittimità, si registra un solo precedente – Cass., 8 ottobre 2010, n. 20851 – che, affrontando il tema della notificazione presso un ufficio periferico dell’ente comunale impositore, ha affermato “la validità della notifica indirizzata all’amministrazione, in sede diversa da quella legale”.
Tuttavia, si precisa nell’ordinanza interlocutoria, il precedente citato «non risolve la questione della validità della consegna “a mani” anche se non disposta al legale rappresentante dell’ente locale», ritenuta, invece, affetta da nullità, per violazione dell’art. 17 proc. trib., da altre pronunce di questa Corte (Cass., 2 marzo 2015, n. 4222; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4616; Cass., 4 maggio 2018, n. 10776; Cass., 1° dicembre 2020, n. 27400).
- – La quaestio iuris, sebbene così resecata, non può prescindere dall’esame del contesto normativo più generale in cui essa si colloca; contesto che ne illumina gli aspetti peculiari, condizionandone in parte anche la soluzione.
- – Occorre, dunque muovere, anzitutto, dal principio – enunciato, in particolare, dalle sentenze n. 8053 del 7 aprile 2014 e n. 14916 del 20 luglio 2016 di queste Sezioni Unite, ma che ha trovato poi ampio e consolidato consenso nella giurisprudenza successiva – secondo cui le disposizioni degli artt. 1 (“I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”: comma 2) e 49 (“Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto”: comma 1) del d.lgs. n. 546 del 1992, relative al processo e alle impugnazioni in generale, istituiscono “un’autentica specialità del rito tributario, sancendo la prevalenza della norma processuale tributaria, ove esistente, sulla norma processuale ordinaria, la quale ultima si applica, quindi, in via del tutto sussidiaria, oltre che nei limiti della compatibilità”.
Di qui, la contrapposizione con la disposizione di cui all’art. 62 (“Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto”: comma 2) del medesimo d.lgs., la quale, per il giudizio di cassazione “(a)vverso la sentenza della commissione tributaria regionale” (comma 1 dell’art. 62, che prevede la proponibilità del ricorso per cassazione “per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell’ art. 360, primo comma, del codice di procedura civile”), «fa espressamente riferimento all’applicabilità delle norme del codice di procedura civile, così attribuendo, per questa sola ipotesi, la prevalenza alle norme processuali ordinarie ed escludendo l’esistenza di un “giudizio tributario di legittimità”, cioè di un giudizio di cassazione speciale in materia tributaria».
- – Tale regime diversificato tra processo tributario – ossia quello che si svolge dinanzi alle commissioni tributarie – e giudizio civile di legittimità, quanto alla disciplina processuale rispettivamente applicabile, si riverbera sulla individuazione delle norme alle quali occorre fare riferimento (anche) in materia di notificazioni.
- – La disciplina propria del processo tributario che trova evidenza al riguardo è, anzitutto, quella dettata dall’art. 16 proc. trib., rubricato “Comunicazioni e notificazioni”, che, per quanto concerne specificamente le notificazioni, dispone, in primo luogo (comma 2), che queste “sono fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall’art. 17”.
Sicché, tra le norme del codice di rito che trovano applicazione vi è anche l’art. 149, che consente la notificazione a mezzo del servizio postale, ma in base alle regole dettate dalla legge 20 novembre 1982, n. 890 e successive modificazioni.
- – La deroga che l’art. 16, comma 2, proc. trib. ha disposto rispetto alle notificazioni da effettuarsi secondo le regole del codice di rito civile attiene – come fatto palese dalla rubrica del richiamato art. 17 – al “luogo” delle notificazioni, le quali “… sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio. …” (comma 1). Con l’ulteriore precisazione che “(l)’indicazione della residenza o della sede e l’elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo” (comma 2).
Sicché, alla luce del principio espresso dalle Sezioni Unite con la citata sentenza del 2016, dalla chiara formulazione dell’art. 17 proc. trib., in coerenza con l’assetto innanzi rammentato, si trae pianamente che, nel processo tributario, rispetto alla notificazione della sentenza di primo grado da eseguirsi nel domicilio eletto dalla parte (ovvero, in mancanza di elezione di domicilio, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte stessa), prevale, comunque, la facoltà, alternativa, di eseguire la notificazione con “consegna in mani proprie”, quale modalità che, pertanto, risulta idonea a far decorrere il termine c.d. “breve” per l’impugnazione di cui al citato art. 38.
- – L’art. 16 proc. trib. prevede, poi, al comma 3, due ulteriori forme di notificazione con modalità definita “diretta” (“Le notificazioni possono essere fatte anche direttamente …”) e che, dunque, possono effettuarsi dalla parte senza il ministero dell’ufficiale giudiziario o di altro soggetto equiparato, quali il messo comunale e il messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria e l’avvocato autorizzato dall’ordine forense.
Si tratta: a) della notificazione “a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto”; b) “ovvero” della notificazione, consentita al solo contribuente, “all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia”.
- – Va, peraltro, ricordato che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, sono state introdotte anche nel processo tributario le notificazioni telematiche (art. 16-bis proc. trib., inserito dall’art. 9, comma 1, lett. h, del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, che disciplina anche le comunicazioni e i depositi telematici). Tuttavia, la forma della notifica telematica mette in campo concetti e regole, proprie dell’habitat della tecnologia informatica, che si astraggono dalla materialità dell’atto processuale e dell’attività di sua trasmissione e consegna, che connota indefettibilmente le forme tradizionali di notificazione, sulle quali è esclusivamente calibrata la presente decisione.
- – La ricordata disciplina delle notificazioni nel processo tributario non rimane confinata in ambito soltanto endoprocessuale di ciascun grado di merito, ma si estende – sempre “con carattere di specialità e quindi di prevalenza” (Cass., S.U., n. 14916/2016, citata) – alla fase dell’impugnazione, come è confermato, anzitutto, dall’art. 38, comma 2, proc. trib., come modificato dall’art. 3 del d.l. n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 73 del 2010, che reca la disciplina sulla decorrenza del termine c.d. breve d’impugnazione della sentenza.
L’originaria formulazione della disposizione addossava alle parti “l’onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile”; incombente che, nel presupporre la necessaria intermediazione dell’ufficiale giudiziario, si reputava volto alla “salvaguardia di esigenze di certezza e sicurezza messe a presidio della formazione del giudicato formale sulla sentenza” (Cass., 28 giugno 2018, n. 16554).
Il legislatore della novella del 2010 ha inteso, invece, operare un espresso richiamo all’art. 16 proc. trib. quanto all’onere delle parti “di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti” e tanto, quindi, non solo avvalendosi delle forme previste dal codice di procedura civile, ma anche facendo ricorso alle fattispecie di notificazione c.d. “diretta” consentite dal comma 3 dello stesso art. 16.
Dalla notificazione effettuata a norma del comma 2 dell’art. 38, proc. trib. nella vigente formulazione, decorre, quindi, ex art. 51, comma 1, proc. trib., il termine di sessanta giorni per l’appello, là dove, invece, in mancanza, trova applicazione il termine, c.d. “lungo”, dell’art. 327 c.p.c., secondo quanto stabilito dall’art. 38, comma 3, proc. trib.
- – La specialità del regime di notificazione degli atti (di parte o del giudice) nel processo tributario si coglie, quindi, già nell’art. 16 proc. trib., non solo là dove (comma 2) è richiamata la disciplina dell’art. 17 proc. trib. quale eccezione a quella dettata in via ordinaria dagli articoli 137 e seguenti del codice di rito civile, ma anche nelle previsioni (comma 3) di una notificazione diretta ad opera della parte tramite il servizio postale con raccomandata ordinaria (dunque, senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario e non in base alle regole dettate dalla legge n. 890 del 1982) e della “consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia” per quanto riguarda le sole notificazioni del contribuente nei confronti dell’ente impositore.
- – Le forme di notificazione c.d. dirette previste dall’art. 16, comma 3, proc. trib. sono, quindi, diverse ed alternative tra loro (Cass., S.U., 29 maggio 2017, n. 13452 e n. 13453; Cass., S.U., 10 gennaio 2020, n. 299), come, del resto, è reso palese dalle specifiche modalità che la norma prescrive, rispettivamente, per ciascuna di esse: nella prima, l’atto in plico è spedito per posta e la prova della ricezione è fornita dall’avviso di ricevimento; nella seconda, l’atto è consegnato all’impiegato addetto e la prova della consegna è fornita dalla “ricevuta sulla copia” dell’atto stesso rilasciata dell’addetto.
Ed è evidente la differenza che intercorre tra la “ricevuta sulla copia” dell’atto rilasciata dall’impiegato addetto e l’avviso di ricevimento postale, ossia “la ricevuta che, compilata dal mittente all’atto della spedizione e firmata dal destinatario all’atto della consegna, viene recapitata al mittente [con posta prioritaria] ai fini della conferma dell’avvenuta consegna” (art. 5 Allegato A alla delibera n. 385/13/CONS Condizioni generali di servizio per l’espletamento del servizio universale postale di Poste Italiane, in G.U. n. 165 del 2013; ma, analogamente, quanto alla restituzione dell’avviso di ricevimento alla parte richiedente la notificazione, l’art. 5 della legge n. 890 del 1982).
E tale distinzione tra le due forme di notificazione diretta – spedizione postale ordinaria e consegna all’addetto – è, altresì, ribadita da altre norme del processo tributario (si veda ad es. l’art. 22, comma 1, sulla costituzione in giudizio del ricorrente) e, segnatamente, dal già citato comma 2 dell’art. 38, che, nel regolamentare l’onere di deposito della sentenza notificata nella segreteria della commissione tributaria (“che ne rilascia ricevuta e l’inserisce nel fascicolo d’ufficio”), prevede incombenti differenziati per ciascuna forma di notificazione: il deposito dell’“originale o copia autentica dell’originale notificato”, in riferimento alla notificazione in base alle norme del codice di procedura civile; “ovvero “copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta”, in riferimento, rispettivamente, alla consegna all’impiegato addetto e alla spedizione per posta ordinaria, richiedendo nel primo caso anche il deposito della “fotocopia della ricevuta di deposito” e nel secondo la “fotocopia della ricevuta … della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale unitamente all’avviso di ricevimento”.
- – Quanto, poi, alle forme di notificazione che sono effettuate tramite il servizio postale universale, come detto rispettivamente contemplate nei commi 2 (art. 149 c.p.c.) e 3 (notifica diretta con plico raccomandato) dell’art. 16 proc. trib., queste Sezioni Unite (cfr. le citate sentenze n. 13452/2017, n. 13453/2017 e n. 299/2020) hanno evidenziato – alla luce dell’art. 30 della legge delega 30 dicembre 1991, n. 413, di adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile – che “non v’è alcuna ragione logica e giuridica per distinguer(n)e il regime”.
In particolare, come ancora puntualizzato dalle coeve sentenze del 2017 innanzi richiamate, la notificazione diretta a mezzo del servizio postale universale, ai sensi del citato comma 3 dell’art. 16 – “cioè senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ma pur sempre con quella dell’ufficiale postale)” – è caratterizzata da “modalità semplificate … che, data anche la spiccata specificità del processo tributario (cfr. Corte cost., sent. n. 18 del 2000), non violano gli artt. 3 e 24 della Costituzione”.
In siffatta forma di notificazione diretta “l’avviso di ricevimento del plico costituisce di norma atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 cod. civ.; pertanto le attestazioni in esso contenute godono della stessa fede privilegiata di quelle relative alla procedura di notificazione a mezzo posta eseguita per il tramite dell’ufficiale giudiziario”.
- – Alla luce della illustrata ricognizione del contesto di riferimento può ora esaminarsi la questione di diritto posta dal primo motivo di ricorso, in fattispecie – come più volte ricordato – di notificazione diretta della sentenza tramite servizio postale, ai sensi del comma 3 dell’art. 16 proc. trib., non presso l’ufficio dell’amministrazione comunale in persona del cui dirigente l’ente medesimo si era costituito in giudizio, ma presso altro e diversamente ubicato ufficio comunale, già destinatario dell’istanza di rimborso avanzata dal contribuente e che non aveva emesso l’atto richiesto.
- – La ritualità della notificazione dell’atto processuale presso un ufficio periferico dell’ente e non presso la sua sede principale è affermazione che si rinviene – come evidenziato dalla stessa ordinanza di rimessione – in un unico precedente giurisprudenziale (Cass. n. 20851/2010, citata).
Con esso si è ritenuta validamente effettuata la notificazione di ricorsi “proposti nei confronti dell’ente in persona del suo legale rappresentante, ancorché indirizzati alla sede, diversa da quella legale del Comune, dell’ufficio competente ratione materiae”.
A tal fine, la sentenza n. 20851/2010 ha argomentato in forza del richiamo a fattispecie, reputata similare, di atto processuale notificato per errore dal contribuente al “Centro di servizio” e non già “all’Ufficio delle entrate, unica parte processuale legittimata”, ponendo in rilievo (secondo quanto affermato da altro precedente: Cass., 10 febbraio 2010, n. 2937) che il Centro di servizio, “in ossequio al principio generale di tutela dell’affidamento del contribuente ed al conseguente dovere di collaborazione (art. 10 della l. n. 212 del 2000), è tenuto, facendo parte della medesima Amministrazione finanziaria, a trasmettere il ricorso al competente Ufficio delle Entrate, conseguendone, in difetto, che la mancata tempestiva costituzione dell’Ufficio in appello non è imputabile al contribuente, bensì all’Amministrazione medesima”.
- – Non dissimile è stata la soluzione che la giurisprudenza della Sezione Quinta ha fornito in fattispecie di notificazione di atto processuale presso un ufficio dell’Agenzia delle entrate non territorialmente competente, poiché diverso da quello che aveva emesso l’atto impositivo (tra le altre, Cass., 15 dicembre 2004, n. 23349; Cass., 26 gennaio 2008, n. 1925; Cass., 17 dicembre 2008, n. 29465; Cass., 3 luglio 2009, n. 15718; Cass., 30 dicembre 2011, n. 30753; Cass., 21 gennaio 2015, n. 1113; Cass., 11 marzo 2015, n. 4862; Cass., 24 settembre 2015, n. 18936; Cass., 23 ottobre 2015, n. 21593).
- – Alla conclusione della validità di una siffatta notificazione si è giunti valorizzando, anzitutto, il carattere unitario della stessa Agenzia delle entrate, le cui articolazioni del medesimo organo sono prive di autonoma e distinta soggettività giuridica, trovando ragione e configurazione in funzione di un sistema di organizzazione finalizzato ad una più adeguata e razionale distribuzione interna del lavoro. In tal senso, la struttura soggettiva del rapporto col contribuente resta inalterata, instaurandosi e permanendo esclusivamente fra il medesimo e l’Agenzia considerata.
Al tempo stesso, si è dato risalto ai principi di collaborazione e buona fede, in forza dei quali, alla luce del principio di buon andamento (art. 97 Cost.), deve essere improntata l’azione dell’amministrazione pubblica, per cui l’atto del privato che venga indirizzato all’organo esattamente individuato, benché privo di competenza per esigenze organizzative specifiche ad esso, produce gli effetti che la legge gli riconnette, essendo onere dell’ufficio curarne la trasmissione a quello competente.
A tal fine viene in soccorso, altresì, il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, espressione del principio di eguaglianza dinanzi alla legge (art. 3 Cost.) ed elemento essenziale dello Stato di diritto immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico, là dove nella materia tributaria ha avuto modo di essere esplicitato specificamente dall’art. 10 della legge n. 212 del 2000 (tra le altre, Cass., 10 dicembre 2002, n. 17576).
- – Inoltre, il menzionato indirizzo giurisprudenziale ha fatto leva sul principio, vivificato dalle fonti sovranazionali, di effettività della tutela giurisdizionale, che richiede di ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità dei rimedi giurisdizionali, nonché, infine, sul carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato.
- – Dunque, l’orientamento in cui si colloca il citato precedente specifico (Cass. n. 20851/2010) chiama a raccolta una serie di principi, tra loro cospiranti, i quali consentono di giungere ad analoga soluzione anche nella concreta fattispecie in esame, non interferendo con le argomentazioni giuridiche che sostanziano la ratio decidendi di quella soluzione il diverso piano giustificativo delle pronunce che l’ordinanza di rimessione indica come contrastanti.
Talune, infatti, riguardano la diversa fattispecie del procedimento di notifica mediante consegna diretta a mani dell’impiegato addetto (Cass., 2 marzo 2015, n. 4222; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4616; Cass., 1° dicembre 2020, n. 27400); altre (Cass., 4 maggio 2018, n. 10776, n. 10777 e n. 10778) concernono fattispecie non sovrapponibile a quella in esame.
Per contro, quei principi danno evidenza, in particolare, ad una peculiare saldatura tra il principio di affidamento del cittadino nel buon andamento della funzione pubblica, il carattere impugnatorio del processo tributario, la specialità del rito in tema di notificazioni degli atti del processo tributario (e, segnatamente, della sentenza emessa nel giudizio di merito) e il principio, fondamentale, che costituisce lo scopo ultimo al quale il processo è di per sé orientato, ossia l’effettività della tutela giurisdizionale, nella sua essenziale tensione verso una decisione di merito (tra le altre, Cass., S.U., 28 maggio 2017, n. 13453).
Quest’ultimo, scolpito nel contesto di una dimensione complessiva di garanzie (artt. 24 e 111 Cost.), che costituiscono patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (art. 47 della Carta di Nizza, art. 19 del Trattato sull’Unione europea, art. 6 CEDU), è guida orientativa per l’interprete che impone di evitare eccessi di formalismo e, quindi, restrizioni del diritto della parte all’accesso ad un tribunale che non siano frutto di criteri ragionevoli e proporzionali.
- – Nondimeno, le evidenziate ragioni giustificative di fondo hanno avuto modo di consolidarsi trovando linfa anche nelle coeve sentenze n. 3116 e n. 3118 del 14 febbraio 2006 di queste Sezioni Unite (successivamente, tra le molte, v. Cass., 29 gennaio 2020, n. 1954 e Cass., 7 dicembre 2020, n. 27976), con le quali si è ritenuto che, nei confronti delle Agenzie fiscali che non si siano avvalse del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la regola generale della effettuazione della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio tributario e della sentenza di esso conclusiva al direttore presso la sede centrale (artt. 163, 144 e 145 c.p.c.) debba essere “opportunamente integrata con la disciplina speciale” contenuta negli artt. 10 e 11 proc. trib., in base alle quali disposizioni gli uffici periferici di dette Agenzie hanno assunto, “in modo concorrente e alternativo, secondo un modello simile alla preposizione institoria disciplinata dagli artt. 2203 e 2204 cod. civ.”, la stessa capacità di stare in giudizio già originariamente attribuita agli uffici finanziari che avevano emesso l’atto impugnato.
Pertanto, “anche gli uffici periferici dell’Agenzia, subentrati a quelli dei Dipartimenti delle Entrate, devono essere considerati – una volta che l’atto ha come destinatario l’ente – come organi dello stesso che, al pari del direttore, ne hanno la rappresentanza in giudizio, ai sensi dell’art. 163 c.p.c., comma 2, n. 2 e artt. 144 e 145 c.p.c.”.
Da ciò ne consegue, altresì, che “la notifica della decisione, ai fini della decorrenza del termine breve per la proposizione del ricorso, può essere indifferentemente effettuata all’Agenzia presso la sua sede centrale ovvero presso il suo ufficio periferico”.
- – Viene, dunque, delineato un contesto in cui, con specifico riferimento alla posizione dell’ente locale impositore, all’interprete è consentito valorizzare anche un ulteriore argomento, tratto dall’art. 11, comma 3, proc. trib., come novellato dall’art. 3-bis, comma 1, del d.l. 31 marzo 2005, n. 44 (convertito, con modificazioni, nella legge 31 maggio 2005, n. 88) e che è corroborato dal principio di “legittimazione diffusa” dell’amministrazione finanziaria valorizzato dalle citate sentenze delle Sezioni Unite del 2006.
La norma dettata dalla citata disposizione ha previsto, in luogo della originaria legittimazione processuale passiva dell’ente locale individuata nell’“organo di rappresentanza previsto dal proprio ordinamento”, che tale ente abbia facoltà “di stare anche mediante il dirigente dell’ufficio tributi, ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio”.
Pertanto, anche nel caso dell’ente locale la legge sul processo tributario viene a configurare una legittimazione passiva concorrente, sia in capo al legale rappresentante dell’ente stesso (per cui, nel caso del comune, essa farà capo, di norma, al sindaco, salvo diverse previsioni statutarie), sia in capo al dirigente ufficio tributi.
- – Tale previsione normativa si spiega in un’ottica di semplificazione dei rapporti tra il polo pubblico e il contribuente, ma anche in termini di efficienza dell’organizzazione amministrativa, in quanto l’ente territoriale, siccome esponenziale della collettività di riferimento, si manifesta, a prescindere dai suoi caratteri dimensionali e organizzativi concreti, come ente a fini generali.
Sicché, a fronte di una competenza generale dell’ente territoriale, risponde ragionevolmente ai canoni della semplificazione e dell’efficienza – e, dunque, della buona amministrazione, ex art. 97 Cost. – la previsione di una legittimazione processuale ricadente, anche, sull’ufficio al quale, di norma, sono affidati i complessivi compiti di gestione delle entrate tributarie dell’ente e, dunque, di gestione per esso delle funzioni impositive.
- – Ciò che, tuttavia, non esclude che non vi siano altre articolazioni dell’organizzazione amministrativa dell’ente territoriale, in esso immedesimantesi, alle quali possano affidarsi compiti relativi a funzioni impositive.
Nel caso di specie, non è in contestazione, infatti, che la “Direzione Centrale Sviluppo, Ricerca e Mercato del lavoro – Servizio di Polizia Amministrativa” del Comune di Napoli avesse competenza sulle istanze di rimborsi del canone sostitutivo dell’imposta sulla pubblicità e che sia stato l’ufficio a non emettere l’atto richiesto dall’attuale ricorrente.
- – Tali articolazioni, pur diverse da quella dell’ufficio tributi e prive, diversamente da quell’ufficio, della legittimazione passiva concorrente innanzi richiamata, si caratterizzano per essere comunque organicamente immedesimate nell’ente impositore e in relazione funzionale diretta con atti concernenti il contenzioso tributario al medesimo ente imputabili.
Sicché, un tale assetto organizzativo – in cui trova peculiare risalto il profilo funzionale del contatto tra contribuente ed ente impositore in termini di più agevole e semplificata accessibilità alla funzione pubblica – consente l’applicazione dei principi, sopra illustrati, valorizzati dalla richiamata giurisprudenza della Sezione Tributaria in base ad un orientamento affatto coeso, così da potersi affermare anche nella fattispecie in esame la validità della notifica diretta a mezzo del servizio postale, ex art. 16, comma 3, proc. trib., effettuata dal contribuente all’articolazione interna dell’ente locale.
- – Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: “La notifica, effettuata dal contribuente direttamente tramite il servizio postale, ai sensi dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, della sentenza di primo grado all’ente locale non presso la sede principale indicata negli atti difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adottato) l’atto oggetto del contenzioso, è valida e, quindi, idonea, ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, comma 2, e 51, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 546 del 1992, a far decorrere il termine di sessanta giorni per impugnare”.
- – E’, dunque, fondato il primo motivo di ricorso, posto che la notificazione della sentenza di primo grado è stata validamente effettuata dall’attuale ricorrente con ricezione da parte del destinatario Comune di Napoli il 22 aprile 2016, mentre l’appello proposto dall’ente locale è stato notificato in data 20 settembre 2016, risultando, quindi, inammissibile perché proposto ben oltre il termine breve stabilito per l’appello.
Ne consegue l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso e la cassazione senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, non potendosi riconoscere al gravame inammissibilmente spiegato alcuna efficacia conservativa del processo di impugnazione (tra le altre, Cass., 7 luglio 2017, n. 16863; Cass., 19 ottobre 2018, n. 26525).
- – Le spese dell’intero giudizio vanno interamente compensate tra tutte le parti in ragione delle questioni giuridiche trattate in relazione alla singolarità della fattispecie processuale oggetto di cognizione.