Corte di Cassazione, Sez. II Civile, sentenza 06 maggio 2022 n. 14405
PRINCIPIO DI DIRITTO
Gli arbitri hanno l’obbligo di segnalare alla parte l’esistenza di una nullità c.d. di protezione (quale la violazione del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, che impone al costruttore l’obbligo di rilasciare e consegnare all’acquirente una fideiussione di importo corrispondente alle somme riscosse); qualora gli arbitri non pongano in essere tale segnalazione, questa deve essere compiuta dal giudice statale adito in sede di impugnazione del lodo e la mancata segnalazione della nullità di protezione è motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 3, attenendo la disposizione che commina la nullità di protezione all’ordine pubblico comunitario.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è articolato in quattro motivi.
- a) I primi due motivi sono strettamente connessi e denunciano, rispettivamente, il primo “violazione e falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, e il secondo “violazione e falsa applicazione dell’art. 1421 c.c. in combinato disposto con il D.Lgs. n. 122 del 2005, artt. 2 e 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”: il lodo era viziato per omesso rilievo d’ufficio della nullità di cui al D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, o comunque omesso invito al contraddittorio sul punto, e la Corte d’appello ha erroneamente rigettato il motivo che denunciava il vizio, affermando che si tratta di una nullità relativa che poteva essere fatta valere solo dal soggetto a tutela del quale è disposto l’obbligo e che comunque la ricorrente non aveva sollevato l’eccezione di nullità nel giudizio arbitrale e che la proposizione della medesima per la prima volta in sede di impugnazione per nullità del lodo era inammissibile.
I due motivi, che pongono la questione del rilievo d’ufficio della nullità c.d. di protezione nel giudizio arbitrale e della possibilità di far valere tale mancato rilievo nel successivo giudizio di nullità davanti al giudice statale e sull’eventuale dovere di quest’ultimo di rilevare d’ufficio tale nullità o comunque di invitare al contraddittorio sul punto le parti, sono fondati.
Il D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, prevede che all’atto della stipulazione di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà su un immobile da costruire, il costruttore “è obbligato a pena di nullità del contratto, che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procurare il rilascio e a consegnare all’acquirente una fideiussione di importo corrispondente alle somme” che ha riscosso (sulla disposizione e la ratio della sua introduzione cfr. Cass., n. 30555/2019).
La Corte d’appello, nella sentenza impugnata, parla di semplice “nullità relativa, che per disposizione speciale di legge può essere fatta valere solo dal soggetto a tutela del quale viene disposto l’obbligo ivi previsto”, finendo per assimilarla alla annullabilità; in realtà, siamo di fronte a una nullità c.d. di protezione, categoria rispetto alla quale le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 26242/2014, hanno affermato che il rilievo da parte del giudice è sempre obbligatorio, nel senso di indicazione alle parti di tale vizio, mentre la dichiarazione, ove sia mancata una espressa domanda della parte all’esito della suddetta indicazione ufficiosa, è statuizione facoltativa (negli stessi termini, da ultimo, cfr. Cass. n. 3308/2019).
La Corte d’appello afferma poi che la mancata formulazione da parte della ricorrente della eccezione di nullità nel giudizio arbitrale ha determinato l’inammissibilità della relativa proposizione dell’eccezione per la prima volta in sede di impugnazione del lodo. L’affermazione è errata. Secondo la giurisprudenza della Corte Europea di giustizia (v., in particolare, la sentenza 26 ottobre 2006, resa nel procedimento C168/05, Mostaza Clara), il giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione di un lodo arbitrale, ove ritenga che tale accordo contenga una clausola abusiva, deve rilevare la nullità dell’accordo arbitrale e annullare il lodo anche qualora il consumatore non abbia fatto valere tale nullità nell’ambito del procedimento arbitrale, ma solo in quello per l’impugnazione del lodo; tale facoltà va riconosciuta al giudice nazionale in quanto è necessaria per garantire al contraente debole una tutela effettiva, tenuto conto, in particolare, del rischio che questi ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli.
Gli arbitri, pertanto, avevano l’obbligo di segnalare alla ricorrente l’esistenza della nullità e, non avendolo questi fatto, la ricorrente era legittimata a impugnare il lodo ai sensi dell’art. 829, comma 3, c.p.c., che dispone che l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è in ogni caso ammessa per contrarietà all’ordine pubblico. Come ha specificato la Corte di giustizia nella pronuncia richiamata, nei limiti in cui un giudice nazionale deve, in base alle proprie norme di diritto processuale nazionale, accogliere l’impugnazione di un lodo arbitrale, fondata sulla violazione delle norme nazionali di ordine pubblico, esso deve ugualmente accogliere una domanda fondata sulla violazione delle norme comunitarie di tale tipo (la tutela dei contraenti deboli si estrinseca infatti in norme imperative che, in considerazione dell’inferiorità di una delle parti contrattuali, mirano a sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza delle parti stesse, finalità, quest’ultima, di interesse pubblico comunitario, v. al riguardo la pronuncia della Corte di giustizia 1 giugno 1999, causa C-126/97, Eco Swiss).
Il pubblico ministero, nella esposizione orale delle sue conclusioni, ha eccepito l’inammissibilità dei due motivi di ricorso, in quanto privi di interesse: la ricorrente ha sì fatto valere davanti alla Corte d’appello la nullità di protezione e la conseguente nullità del lodo, per non avere gli arbitri sottoposto la questione al contraddittorio delle parti, ma ha poi chiesto alla Corte d’appello non di dichiarare la nullità del contratto preliminare concluso tra le parti, ma di pronunciare il trasferimento della proprietà del bene, così rinunciando alla dichiarazione della nullità.
Il rilievo non può essere accolto. È vero che la ricorrente ha chiesto di eseguire il contratto preliminare e non di dichiararlo nullo, ma nel suo atto di impugnazione ai sensi dell’art” 828 c.p.c. ha domandato alla Corte d’appello di dichiarare la nullità dell’accordo integrativo del 12 agosto 2008, con il quale era stato concordato il pagamento di ulteriori Euro 60.000, accordo, quest’ultimo, rispetto al quale non era stata prestata fideiussione da parte del costruttore. La denunciata nullità di protezione attiene quindi non al primo contratto preliminare di vendita, ma, appunto, al successivo contratto integrativo, così che l’accertamento della nullità di quest’ultimo (che porta a non considerare i 60.000 Euro nella determinazione del prezzo dell’immobile) non incide sulla validità del primo contratto ed è quindi compatibile con la domanda di trasferimento dell’immobile ai sensi dell’art. 2932 c.c..
- b) L’accoglimento dei primi motivi comporta l’assorbimento dei restanti terzo e quarto motivo che denunciano il terzo “violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11”, per avere la Corte d’appello confermato un lodo viziato da “manifesta contraddittorietà e incompletezza”, e il quarto “violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 12”, per avere il Collegio arbitrale omesso di pronunciare sulla domanda della ricorrente di accertamento dell’inadempimento della controparte alle obbligazioni assunte nei suoi confronti.
- La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Brescia, che si atterrà al seguente principio di diritto: “gli arbitri hanno l’obbligo di segnalare alla parte l’esistenza di una nullità c.d. di protezione (quale la violazione del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, che impone al costruttore l’obbligo di rilasciare e consegnare all’acquirente una fideiussione di importo corrispondente alle somme riscosse); qualora gli arbitri non pongano in essere tale segnalazione, questa deve essere compiuta dal giudice statale adito in sede di impugnazione del lodo e la mancata segnalazione della nullità di protezione è motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 3, attenendo la disposizione che commina la nullità di protezione all’ordine pubblico comunitario”.
La Corte d’appello provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.