Consiglio di Stato, Sezione II, sentenza 30 luglio 2024 n. 6828
PRINCIPIO DI DIRITTO
Al fine di non incorrere in una forma inammissibile di responsabilità senza danno, è necessario che, per raggiungere la soglia dell’«ingiustizia», la chance perduta sia “seria”. A tal fine: da un lato, va verificato con estremo rigore che la perdita della possibilità di risultato utile sia effettivamente imputabile alla condotta altrui contraria al diritto; sotto altro profilo, al fine di non riconoscere valore giuridico a chance del tutto accidentali, va appurato che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate.
L’approdo alla tutela risarcitoria per perdita di chance presuppone che la stessa sia seria. Si distingue, cioè, tra rilevante probabilità (chance risarcibile) e mera possibilità (chance non risarcibile): il risarcimento del danno da perdita di chance richiede dunque l’accertamento di indefettibili presupposti di certezza dello stesso danno, dovendo viceversa escludersi tale risarcimento nel caso in cui l’atto, ancorché illegittimo, abbia determinato solo la perdita di una mera ed ipotetica eventualità di conseguimento del bene della vita.
Ai fini della risarcibilità del danno da perdita di chance è configurabile l’accesso al risarcimento per l’equivalente solo laddove la chance abbia effettivamente raggiunto un’apprezzabile consistenza, condensata nel concetto di “probabilità seria e concreta”, ovvero di “elevata probabilità” di conseguire il bene della vita sperato.
Ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento, è necessario che sia fornita la prova, anche soltanto presuntiva, circa l’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, sebbene non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- L’appello è infondato.
- Con il primo motivo di gravame la Società lamenta l’erronea estromissione dal giudizio del Ministero, ripercorrendo i passaggi del complesso intreccio di accordi e di atti che sono sfociati in quelli impugnati e annullati in via definitiva dal Consiglio di Stato, che avrebbero interessato in egual misura entrambe le amministrazioni intimate.
12.1 La ricostruzione non può essere condivisa. Nella specie, è vero che il procedimento complessivamente inteso ha visto le due amministrazioni compartecipi nella relativa realizzazione (e non è da escludersi, finanche nella sua ideazione); ma lo è egualmente che titolare della competenza a disporre degli spazi pubblicitari sul proprio territorio, nonché ad avallare l’installazione della relativa strumentazione a supporto è in esclusiva il Comune di Firenze, cui si deve il rilascio dell’autorizzazione che costituisce non a caso l’atto impugnato in principalità nel contenzioso conclusosi con la sentenza del Consiglio di Stato n. 6198/2011.
Il difetto di riconducibilità di tale provvedimento all’organo che ha beneficiato dello stesso determina il difetto di legittimazione passiva di quest’ultimo e, quindi, la correttezza della scelta di estrometterlo dal giudizio, atteso che gli accordi che sono intervenuti con le Società terze non avrebbero potuto esistere ove non avallati a monte dal rilascio del titolo di legittimazione da parte del Comune di Firenze.
- La censura, peraltro, oltre che infondata, è pure irrilevante ai fini di causa, giusta la condivisa ricostruzione della mancanza dell’elemento oggettivo dell’illecito effettuata dal T.a.r. per la Toscana.
13.1. Secondo i principi generali che regolano la responsabilità civile ex art. 2043 cod.civ., il presunto danneggiato è gravato dell’onus probandi di dimostrare gli elementi costitutivi del danno e la sua diretta consequenzialità rispetto all’illecito (nesso causale), l’an e il quantum debeatur.
Invero, il Tribunale adito ha affrontato in maniera succinta la questione degli effetti della mera illegittimità dell’atto amministrativo impugnato quale presupposto della responsabilità dell’amministrazione per danni, con opzione per la sua configurabilità in termini soggettivi, da cui deriva il carattere esimente solo dell’errore incolpevole per complessità della materia e incertezza della giurisprudenza in merito.
Ha tuttavia evidenziato in maniera inequivoca come ai fini del risarcimento del danno conseguente all’annullamento di un provvedimento, occorre che sia provata in modo certo la spettanza del bene della vita e la correlata lesione derivante dal provvedimento illegittimo. Nel caso di specie ciò non è in alcun modo avvenuto.
- La Società dunque non ha introdotto alcun elemento di concretezza in aggiunta a quanto già sostenuto in primo grado, lamentando un generico danno da perdita di chance, per non aver avuto la possibilità di partecipare ad una gara, che non vi era alcun obbligo di bandire, avendo ad oggetto impianti pubblicitari creati appositamente per una diversa e specifica progettualità.
Nel momento in cui, al contrario, essi sono rientrati nel circuito normale di disponibilità del Comune, non ha inteso partecipare alla gara affermando di avere mutato la propria prospettiva economica e così pregiudicandosi l’unica effettiva possibilità concreta di aggiudicarsene l’uso.
14.1. È dunque dirimente, come affermato dal primo giudice, la circostanza che le plance o comunque gli impianti oggetto dell’autorizzazione poi ritenuta illegittima non rientrassero nel quadro originario degli spazi da cedere in uso. Essa, cioè, implica che neppure può parlarsi della preclusa possibilità di partecipazione ad una competizione a seguito dell’affidamento diretto, avendo lo stesso ad oggetto un surplus che l’amministrazione ha creato ad hoc per realizzare il proprio obiettivo di compartecipazione alle spese di una progettualità condivisa in assenza della quale non è affatto detto, e men che meno dimostrato, che essa avrebbe avuto la necessità finanche di introdurli sul territorio.
14.2. Va poi ricordato che al fine di non incorrere in una forma inammissibile di responsabilità senza danno, è necessario che, per raggiungere la soglia dell’«ingiustizia», la chance perduta sia “seria”. A tal fine: da un lato, va verificato con estremo rigore che la perdita della possibilità di risultato utile sia effettivamente imputabile alla condotta altrui contraria al diritto; sotto altro profilo, al fine di non riconoscere valore giuridico a chance del tutto accidentali, va appurato che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate.
Nella specie, è vero che è stata violata la disposizione sulle modalità di rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti pubblicitari, ma lo è in egual misura che ciò ha riguardato i soli impianti oggetto di specifico progetto, e non la generalità degli stessi, ovvero quelli “concepiti” a scopo di sfruttamento economico del numero di spazi ritenuti compatibili col contesto nell’apposito strumento di programmazione (il P.G.I.P.) previsto dalla normativa di settore.
14.3. Ancora, secondo la recente interpretazione offerta dalla giurisprudenza amministrativa, l’approdo alla tutela risarcitoria per perdita di chanche presuppone che la stessa sia seria. Si distingue, cioè, tra rilevante probabilità (chance risarcibile) e mera possibilità (chance non risarcibile): il risarcimento del danno da perdita di chance richiede dunque l’accertamento di indefettibili presupposti di certezza dello stesso danno, dovendo viceversa escludersi tale risarcimento nel caso in cui l’atto, ancorché illegittimo, abbia determinato solo la perdita di una mera ed ipotetica eventualità di conseguimento del bene della vita.
In termini di tecnica risarcitoria, ai fini della risarcibilità del danno da perdita di chance, il prevalente orientamento nell’ambito della giurisprudenza amministrativa ritiene configurabile l’accesso al risarcimento per l’equivalente solo laddove la chance abbia effettivamente raggiunto un’apprezzabile consistenza, condensata nel concetto di “probabilità seria e concreta”, ovvero di “elevata probabilità” di conseguire il bene della vita sperato (Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2021, n. 6268).
Il che è ben lontano dalla situazione in controversia, nella quale non è ravvisabile alcuna ragionevole certezza non tanto e non solo di aggiudicarsi gli spazi in questione, ma finanche che gli stessi sarebbero stati comunque installati e messi a gara.
- Sotto il profilo dell’onere probatorio, infine, ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento, è necessario che sia fornita la prova, anche soltanto presuntiva, circa l’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, sebbene non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre 2022, n. 11434; id., 15 novembre 2019, n. 7845; 7 giugno 2017, n. 2740; sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4115).
- Nella specie, non solo, per quanto già detto, manca la prova della presunta perdita di chancein quanto manca addirittura a monte la situazione in relazione alla quale ridetta chance avrebbe potuto essere “giocata”; ma manca altresì quella dei rivendicati danni aggiuntivi, costituiti dal minor fatturato conseguente all’ampliamento alla concorrenza della fruizione degli spazi pubblicitari. Tale infatti non può certo essere considerata l’ipotetica soglia migliorativa cui la Società sarebbe potuta addivenire ove non penalizzata dalla concessione ad altri, stante che non se ne comprende né la consistenza, né l’obiettiva causalità.
- Da quanto sopra discende anche l’inutilità di accedere alla richiesta istruttoria di c.t.u. siccome finalizzata a provare la consistenza di danni che le regole sulla ripartizione del relativo onere fanno gravare esclusivamente sul ricorrente, che non può ribaltarle in maniera sostanzialmente esclusiva sul giudicante.
- In conclusione, l’appello va respinto e per l’effetto va confermata la sentenza del T.a.r. per la Toscana n. 847/2020.
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