Corte di Cassazione, Sez. I Civile, ordinanza 30 gennaio 2025 n. 2145
PRINCIPIO DI DIRITTO
«In tema di arbitrato irrituale, la clausola compromissoria con la quale sono deferite agli arbitri le controversie sull’interpretazione, esecuzione e risoluzione del contratto cui essa accede, in mancanza di espressa volontà contraria, ascrive alla competenza arbitrale solo le controversie che si riferiscono a pretese aventi la causa petendi nel contratto stesso, dovendosi quindi escludere che tra tali controversie siano incluse quelle volte ad ottenere il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, che non hanno nel contratto il titolo costitutivo della pretesa ma un solo un presupposto di fatto.»
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Passando ad esaminare le censure formulate con il ricorso per cassazione, il primo motivo risulta fondato.
5.1. Come sopra evidenziato, i ricorrenti hanno citato in giudizio Giulia Liberti, chiedendo, in ogni caso, la condanna di quest’ultima al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale ex artt. 1337 c.c. (per violazione del principio di buona fede nel corso delle trattative ad opera della venditrice, che non aveva informato gli acquirenti del procedimento amministrativo avviato dal titolare di un’altra farmacia per ottenere l’assegnazione del dispensario di Galgagnano, poi effettivamente conseguita) ed anche ex 1338 c.c. (per non avere la venditrice informato gli acquirenti delle cause di invalidità del contratto a lei note).
5.2. Com’è noto, l’opinione prevalente riconduce la responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta, posta dagli artt. 1337 e 1338 c.c. a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 24738 del 03/10/2019); Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16735 del 29/07/2011; contra Cass., Sez. 1, Sentenza n. 14188 del 12/07/2016).
La natura della responsabilità precontrattuale, sia essa extracontrattuale o contrattuale, non è comunque decisiva ai fini del presente giudizio, poiché anche l’opinione che riconduce la responsabilità precontrattuale nella nozione di responsabilità contrattuale da “contatto sociale qualificato” – inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ex art. 1173 c.c., e dal quale derivano, a carico delle parti obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, in virtù degli artt. 1175 e 1375 c.c. – non ritiene che la responsabilità abbia titolo nel contratto stipulato dalle parti, che può anche non essere stato stipulato, ma direttamente dalla legge, pur mutuando dalla responsabilità contrattuale la disciplina, soprattutto in termini di onere della prova e prescrizione (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 14188 del 12/07/2016).
In effetti, la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, previsto dagli artt. 1337 e 1338 c.c., assume rilievo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche in caso di contratto validamente concluso quando, all’esito di un accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, alla parte sia imputabile l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5762 del 23/03/2016; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4715 del 14/02/2022).
Ciò che rileva, comunque, è che il titolo costitutivo della pretesa risarcitoria derivante da responsabilità contrattuale non trova titolo costitutivo nel contratto eventualmente stipulato dalle parti, ma direttamente dalla legge.
5.3. Nella specie, la Corte territoriale ha rilevato che la domanda volta a far valere la responsabilità precontrattuale ha ricalcato le ragioni poste a fondamento del lodo arbitrale che, nel 2016, si era già pronunciato in materia, accertando che la Liberti, nel corso delle trattative, aveva omesso di informare gli acquirenti del fatto che il titolare di un’altra farmacia aveva avviato l’iter amministrativo per farsi assegnare il dispensario di Galgagnano e, per tale motivo, ferma restando la validità del contratto, aveva disposto una riduzione del 25% del prezzo ancora dovuto alla Liberti.
La Corte di merito ha evidenziato che gli acquirenti non avevano impugnato il lodo, così accettando la decisione arbitrale di riduzione del prezzo di acquisto del complesso, per l’impossibilità di continuare nella gestione del dispensario di Galgagnano, ma, poi, hanno agito in giudizio davanti al Tribunale di Lodi per far valere un pregiudizio che, secondo la Corte d’appello, non poteva essere considerato diverso soltanto perché non collegato all’oggetto del contratto, ma ad un titolo di responsabilità diverso.
Secondo la Corte, «Le condotte ascritte alla LIBERTI ricadono nell’ambito della medesima ricostruzione fattuale, le domande cumulate rivolte al Tribunale di Lodi sono lato sensu collegate al contratto di compravendita e ricadono sotto gli effetti della clausola compromissoria, con conseguente competenza giurisdizionale del Collegio arbitrale, anche per le connesse azioni risarcitorie.
A diversa conclusione la Corte non può pervenire neppure facendo riferimento alla giurisprudenza, citata dalla difesa degli appellanti, formatasi sulla necessità di previsione specifica di volontà delle parti per deferire agli arbitri anche le controversie extracontrattuali connesse a vicende negoziali. Un attento esame del precedente richiamato consente alla Corte di rilevare che, nel caso sottoposto al giudice di legittimità, accanto alla clausola compromissoria era stata introdotta dalle parti altra apposita clausola, con cui si conveniva che ogni altra ulteriore controversia, che non potesse essere fatta rientrare fra quelle affidate alla competenza arbitrale, sarebbe stata sottoposta alla competenza del giudice ordinario.
5.3. La statuizione della Corte d’appello non si pone in linea con la giurisprudenza di questa Corte, la quale, anche di recente, ha affermato che la clausola compromissoria con la quale sono deferite agli arbitri le controversie sull’interpretazione o sull’esecuzione del contratto, cui essa accede, in mancanza di espressa volontà contraria, ascrive alla competenza arbitrale solo le controversie che si riferiscono a pretese aventi la causa petendi nel contratto stesso, dovendosi quindi escludere che tra tali controversie possano essere incluse le cause da responsabilità extracontrattuale, che hanno nel contratto solo un presupposto di fatto (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 31350 del 24/10/2022).
In più occasioni, questa Corte ha affermato che la clausola compromissoria, riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce, va interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi causa petendi nel contratto medesimo, con esclusione di quelle che hanno, in esso, unicamente un presupposto storico, come nel caso in cui, pur in presenza della clausola compromissoria contenuta in un contratto di appalto, si propone azione di responsabilità extracontrattuale, ex art. 1669 c.c., deducendo gravi difetti dell’immobile (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 4035 del 15/02/2017; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1674 del 03/02/2012).
In applicazione dello stesso principio, questa medesima Corte ha ribadito che la clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce va interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi titolo nel contratto medesimo, con conseguente esclusione delle liti rispetto alle quali quel contratto si configura esclusivamente come presupposto storico, come nel caso in cui la causa petendi ha titolo nella responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2598 c.c. o nella violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nelle trattative precontrattuali ex art. 1337 c.c. (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 20673 del 13/10/2016).
Non rileva pertanto quanto posto a fondamento della decisione della Corte di appello, e cioè che le condotte ascritte alla Liberti nel contenzioso definito dal lodo irrituale e in quello successivamente instaurato davanti al Tribunale di Lodo ricadano «nell’ambito della medesima ricostruzione fattuale», poiché ciò che rileva è che, in tale ipotesi, il contratto, cui la clausola compromissoria accede, non costituisce il titolo costitutivo del credito vantato ma un elemento di fatto, certamente rilevante, solo ai fini dell’accertamento e della quantificazione del danno. Né assume rilievo l’ulteriore argomento, fondato sulla differenziazione tra la fattispecie in esame e quella riportata in uno dei precedenti di questa Corte, pure riportati dalla Corte d’appello (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 20673 del 13/10/2016), che non inficia il principio appena enunciato, essendo evidente che, ove si ritenga che non operi la clausola compromissoria, l’azione è esperibile in sede giudiziaria.
- Il secondo motivo di ricorso è, invece, inammissibile.
6.1. Il Giudice di merito, nel capo della decisione censurato, ha statuito come segue: «Non è contestata dalle parti la qualificazione giuridica della clausola compromissoria come clausola devolutiva delle controversie ad arbitrato irrituale, con rinvio all’art. 808 ter c.p.c., nella formulazione data dal d.lgs. n. 40/2006, né la sua validità. La clausola negoziale, con cui si è fatto riferimento a categorie giuridiche astratte (interpretazione, esecuzione e risoluzione del contratto), porta la Corte ad affermare ex art. 1362 c.c. che, per volontà delle parti, la giurisdizione è stata derogata in favore degli arbitri con riferimento a tutte le controversie aventi causa petendi nel contratto di compravendita, in cui la clausola è stata inserita.
La tesi restrittiva sostenuta dagli appellanti non tiene conto che gli invocati rimedi della nullità e dell’annullamento implicano, di per sé, sia questioni interpretative dell’atto di compravendita, in relazione a quanto contrattualmente stabilito, sia questioni legate alla concreta esecuzione del programma negoziale.
Nel contratto di compravendita non si rinviene alcuna espressa volontà delle parti di riservare parte dei diritti, derivanti da tale rapporto, alla giurisdizione ordinaria o di delimitare la portata della clausola compromissoria.
Il criterio per la sua interpretazione, dato dall’art. 808 quater c.p.c., e l’indicazione del legislatore di privilegiare l’unitarietà della giurisdizione scelta dalle parti, come osservato dal Giudice di primo grado, consente alla Corte di condividere le conclusioni della sentenza impugnata, in punto improcedibilità delle proposte domande di nullità ex art. 1419 cc, di annullamento ex artt. 1439 e 1440 cc e di accertamento del mancato avveramento della condizione sospensiva/inefficacia del contratto di compravendita.
6.2. Secondo i ricorrenti, la Corte d’appello è incorsa nella violazione o la falsa applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, e in particolare dell’art. 1364 c.c., poiché la menzionata Corte ha esteso l’operatività della clausola arbitrale alle domande di nullità e annullabilità, mentre la clausola è chiara nel prevedere l’operatività della clausola solo per le controversie relative all’interpretazione, all’esecuzione e alla risoluzione del contratto di compravendita, escludendo le vertenze relative alle domande sopra indicate, dovendosi tenere conto che l’art. 808 quater c.p.c. si applica solo all’arbitrato rituale e, comunque, anche a voler applicare l’art. 808 quater c.p.c. anche in caso di arbitrato irrituale, nessun dubbio interpretativo è nella specie configurabile, sicché non vi è spazio per far valere il favor arbitratus.
Com’è noto, l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., o per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novello art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass., Sez. L., Sentenza n. 10745 del 04/04/2022; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016).
Nessuna delle due citate censure, però, può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2465 del 10/02/2015).
In particolare, ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’ inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass., Sez. L, Sentenza n. 10554 del 30/04/2010; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 22536 del 26/10/2007).
6.3. Nella specie, è evidente che la parte ha semplicemente contrapposto la propria opzione interpretativa a quella offerta dal Giudice di merito, senza spiegare in che termini quest’ultimo abbia violato le norme sull’interpretazione dei contratti e, in particolare, il disposto dell’art. 1364 c.c., senza spiegare il perché di quanto affermato.
I ricorrenti hanno dedotto che il Giudice di merito ha esteso la clausola arbitrale a questioni sulle quali non risulta che le parti abbiano voluto riferirsi, con affermazioni di carattere assertivo, senza contrastare gli argomenti posti dalla Corte d’appello, e sopra riportati, per ritenere che le parti abbiano voluto estendere l’ambito operativo della clausola a tutte le controversie aventi causa petendi nel contratto di compravendita in cui la clausola è stata inserita.
- In conclusione, dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, deve essere accolto il primo motivo, in applicazione del seguente principio: «In tema di arbitrato irrituale, la clausola compromissoria con la quale sono deferite agli arbitri le controversie sull’interpretazione, esecuzione e risoluzione del contratto cui essa accede, in mancanza di espressa volontà contraria, ascrive alla competenza arbitrale solo le controversie che si riferiscono a pretese aventi la causa petendi nel contratto stesso, dovendosi quindi escludere che tra tali controversie siano incluse quelle volte ad ottenere il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, che non hanno nel contratto il titolo costitutivo della pretesa ma un solo un presupposto di fatto.»
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, chiamata a statuire anche sulle spese del presente procedimento.