Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 01 aprile 2025 n. 2739
PRINCIPIO DI DIRITTO
In tema di responsabilità della p.a. per danno da ritardo nella determinazione, nei termini di legge, dell’indennità di esproprio, non è configurabile un danno in re ipsa in considerazione dell’affermata lesione del diritto di proprietà. Infatti, anche nel settore in essame, dev’essere ribadito che la responsabilità della p.a. ha natura aquiliana, con la conseguenza che il danneggiato dovrà offrire la prova sia del danno evento che del danno conseguenza.
TESTO RILVEANTE DELLA DECISIONE
- La società Domina s.r.l. (di seguito nel presente atto, anche società appellante o società) ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il T.a.r. Campania, Sez. V, ha respinto la domanda di risarcimento del danno da ritardo e del danno da disturbo asseritamente subiti dalla predetta società in relazione alla mancata determinazione nei termini di legge dell’indennità di esproprio da parte del Comune di Casalnuovo di Napoli e alla frustrazione delle potenzialità economiche di un bene della predetta società ablato dalla Amministrazione comunale.
Il giudice di primo grado ha condannato la società ricorrente anche al pagamento in favore del Comune resistente delle spese di giudizio, liquidate in € 1.500,00, oltre accessori di legge.
- La società appellante era proprietaria di un terreno sito in Casalnuovo di Napoli, alla Via Nazionale delle Puglie, di superficie pari a 2.117 mq, ricadente in Z.T.O “P – Parcheggi” (in catasto terreni foglio 4, particelle 1119-1120), oggetto di una procedura di esproprio, in variante rispetto allo strumento urbanistico vigente, per la realizzazione “di un parcheggio con annessa piazzetta e arredo antistanti la nuova Chiesa di Tavernanova”, acquisito dalla Amministrazione comunale, con decreto di esproprio del Comune di Casalnuovo di Napoli n. 6/2013.
2.1. Con determinazione n. 128 del 10 giugno 2013, il Comune di Casalnuovo di Napoli, determinava l’indennità provvisoria di esproprio in € 87.805,74; non essendovi accordo tra le parti circa l’importo dell’indennità espropriativa, la stessa veniva depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti.
La società si opponeva alla stima provvisoria determinata dal Comune, con ricorso alla Corte d’Appello di Napoli (ricorso R.G. n. 3840/2013), dichiarato inammissibile con ordinanza del 26-29 dicembre 2014.
2.2. Con nota prot. 44255 del 18 novembre 2015, il Comune di Casalnuovo di Napoli rigettava la richiesta della società diretta alla conclusione del procedimento espropriativo, in conformità all’art. 21 TUE, evidenziando che il bene ablato era oggetto di ordinanza di demolizione n. 12 del 21 giugno 2011, non ottemperata (la predetta ordinanza di demolizione era stata impugnata davanti al T.a.r. Campania che, con sentenza n. 216/2019, lo ha respinto; la società ha proposto ricorso in appello avverso la predetta sentenza, che è stato respinto dal Consiglio di Stato, Sez. VII, con sentenza n. 8318/2023, condannando la società appellante anche al pagamento delle spese del giudizio di appello; la società ha proposto ricorso per revocazione che è stato dichiarato inammissibile, con sentenza della Seconda Sezione n. 7775/2024, depositata in data 25 settembre 2024).
2.3. La nota prot. 44255 del 18 novembre 2015 sopra richiamata veniva impugnata dalla società davanti al T.a.r. Campania (ricorso R.G. n. 326/2016); riavviato il procedimento di cui all’art. 21 del T.U.E. (su impulso della ordinanza cautelare del T.a.r. Napoli n. 458/2016), l’incaricata terna arbitrale depositava in data 27 luglio 2017 la relazione di stima dell’indennità richiesta, quantificandola in € 77.820,92; nel ricorso del giudizio davanti al T.a.r. (R.G. n. 326/2016), la ricorrente dichiarava di non avere più interesse alla definizione nel merito del giudizio, dichiarando invece la permanenza d’interesse ai fini della possibile istanza risarcitoria; il giudizio veniva definito con sentenza n. 484/2017, che dichiarava l’improcedibilità del ricorso, per sopravvenuto difetto di interesse senza pronunciarsi sulla fondatezza delle censure dedotte dalla società.
2.4. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la società Domina s.r.l. ha chiesto il risarcimento del danno da ritardo e del danno da disturbo in relazione alla mancata determinazione nei termini di legge della indennità di esproprio, evidenziando che la relazione di stima dell’indennità definitiva è stata prodotta dall’Amministrazione oltre i termini di legge, a distanza di anni dal decreto di esproprio, solo a seguito di numerose diffide e dell’esperimento di un giudizio volto all’annullamento dell’originario provvedimento di rigetto dell’istanza di quantificazione della predetta indennità, inoltrata dalla società; tale provvedimento lesivo sarebbe stato illegittimamente motivato con la circostanza che il bene ablato risultava gravato da ordinanza di demolizione n. 12 del 21 giugno 2011, non ottemperata, trattandosi di circostanza non ostativa alla conclusione positiva del procedimento; il Comune di Casalnuovo di Napoli avrebbe obliterato che, ai sensi dell’art. 38, comma 2, del d.P.R. n. 327/2001 “qualora la costruzione ovvero parte di essa sia stata realizzata in assenza della concessione edilizia o della autorizzazione paesistica, ovvero in difformità, l’indennità è calcolata tenendo conto della sola area di sedime in base all’articolo 37 ovvero tenendo conto della sola parte della costruzione realizzata legittimamente”.
La società Domina ha chiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti e subendi, quantificati in € 100.000,00 per ogni anno di ritardo, ovvero alla diversa, anche maggiore, somma ritenuta congrua ed equa, tenendo conto della perdita immediata e diretta del bene, dei mancati introiti derivanti dalla impossibilità di conseguire l’oggetto sociale e dalla stasi dell’attività aziendale, non avendo la società la possibilità di accedere a forme di credito.
2.5. Il giudice di primo grado, ritenuta implicitamente la propria giurisdizione, ha respinto la domanda risarcitoria azionata, per mancanza della prova del danno subito e del nesso eziologico con la condotta dell’Amministrazione censurata dalla ricorrente.
- Tanto premesso, la società appellante ha contestato la sentenza impugnata con due articolati motivi.
- Si è costituito in giudizio il Comune di Casalnuovo di Napoli, eccependo, in via preliminare, la intervenuta decadenza della domanda risarcitoria, in quanto ancorata alla nota n. 44255 del 2015 (con la quale il Comune di Casalnuovo di Napoli respingeva la domanda diretta a sollecitare la conclusione del procedimento di determinazione della indennità di esproprio, in quanto l’area in questione era oggetto di un’ordinanza di demolizione rimasta inottemperata) impugnata davanti al T.a.r. Campania, che, con sentenza n. 484/2017, ha dichiarato il ricorso improcedibile (sulla base della dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse della parte all’annullamento dell’atto); è bensì vero che la società aveva dichiarato il permanere dell’interesse con riguardo alla domanda risarcitoria, ma, a fronte della omessa decisione del giudice di primo grado (in ordine all’accertamento della dedotta illegittimità dell’atto a fini risarcitori), la società avrebbe dovuto proporre appello; nel merito, ha contestato le deduzioni della parte appellante e ne ha chiesto la reiezione.
- Con memoria di replica depositata in data 16 settembre 2024 la società appellante ha evidenziato che l’eccezione di decadenza della domanda risarcitoria è stata sollevata dal Comune di Casalnuovo di Napoli per la prima volta in appello e solo nella memoria conclusionale; ha insistito quindi nella richiesta di accoglimento della domanda risarcitoria.
- Con nota depositata in data 4 ottobre 2024, la società appellante, facendo riferimento ad avanzate trattative con l’Amministrazione comunale “per la definizione di un più ampio contenzioso pendente inter partes” ha chiesto il rinvio dell’udienza di 30 giorni per la formalizzazione dell’accordo; con nota depositata in data 4 ottobre 2024 il Comune di Casalnuovo di Napoli ha dichiarato di aderire alla istanza di rinvio, confermando la pendenza di trattative di bonario componimento della controversia.
- All’udienza pubblica del 10 ottobre 2024, in accoglimento della prima istanza di rinvio, la trattazione della causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 5 dicembre 2024.
- Con successiva istanza, depositata in data 4 dicembre 2024, la società ha chiesto un ulteriore rinvio della udienza di trattazione “poiché la parte appellante è in stato di avanzate trattative con il Comune di Casalnuovo per la definizione di un più ampio contenzioso pendente inter partes…”, allegando una nota dell’assessore al contenzioso del Comune di Casalnuovo di Napoli del 4 dicembre 2024; il Comune di Casalnuovo di Napoli, con nota depositata in pari data, ha prestato adesione all’istanza di rinvio.
- All’udienza pubblica del 5 dicembre 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
- Preliminarmente, il Collegio deve farsi carico dell’esame della seconda istanza di rinvio presentata dalla società appellante, in relazione alla dichiarata pendenza di trattative tra le parti.
L’istanza non può essere accolta.
L’art. 73, comma 1-bis c.p.a. dispone: “Non è possibile disporre, su istanza di parte, la cancellazione della causa dal ruolo. Il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali, che sono riportati nel verbale di udienza, ovvero, se il rinvio è disposto fuori udienza, nel decreto presidenziale che dispone il rinvio”.
Nel caso di specie, l’istanza di rinvio depositata dalla società appellante in data 4 dicembre 2024 fa seguito ad altra istanza di rinvio, depositata in data 4 ottobre, ed è motivata con riferimento alla pendenza di trattative tra le parti per la definizione in via transattiva del contenzioso in atto.
Orbene, se questa Sezione ha ritenuto in via del tutto eccezionale di accogliere l’istanza depositata in data 4 ottobre 2024, ritiene il Collegio che non possa trovare accoglimento anche la seconda istanza di rinvio (depositata peraltro il giorno prima dell’udienza pubblica), in quanto la motivazione generica in essa riportata non risulta suffragata da idonei elementi giustificativi.
In riscontro alla proposta di transazione formulata dalla società appellante, è stata prodotta in giudizio una nota dell’assessore al contenzioso del Comune di Casalnuovo di Napoli, datata 4 dicembre 2024, nella quale si rappresenta quanto segue: “Con riferimento alla proposta di definizione stragiudiziale dei giudizi pendenti formulata da DOMINA srl per il tramite del proprio difensore e perfezionata con nota assunta la protocollo dell’Ente in data 03/12/2024, al fine di consentire al Consiglio Comunale una compiuta valutazione e di addivenire alle conseguenti determinazioni, si invitano gli Uffici in indirizzo a fornire una dettagliata relazione in merito alla convenienza ed utilità per l’Ente di una eventuale definizione del contenzioso alle condizioni contenute nelle note allegate” (nelle note inviate dal difensore della società la proposta transattiva per la definizione di diversi contenziosi pendenti in sede giurisdizionale era quantificata nella somma onnicomprensiva di € 200.000,00).
Diversamente da quanto rappresentato dalla società appellante, la nota assessorile depositata in giudizio evidenzia che le trattative in atto non sono in stato avanzato, ma ancora in fase istruttoria e prodromica alla assunzione delle determinazioni di competenza dell’organo consiliare, essendo stato dato mandato dall’assessore comunale agli uffici di relazionare “in merito alla convenienza ed utilità per l’Ente di una eventuale definizione del contenzioso alle condizioni contenute nelle note allegate”.
Ritiene conseguentemente il Collegio che non ricorrano i presupposti previsti dall’art. 73, comma 1 – bis c.p.a. (sopra richiamato) per disporre un ulteriore rinvio della udienza pubblica, essendo peraltro la causa matura per la decisione.
- Sempre in via preliminare, il Collegio rileva che la sentenza appellata non è stata impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto implicitamente la giurisdizione con riguardo anche alla fattispecie risarcitoria dedotta in giudizio; ne consegue che la questione relativa alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in subiecta materia non può più essere scrutinata, non potendo essere rilevata d’ufficio, per effetto di quanto disposto dall’art. 9 del c.p.a.
- A prescindere dalla eccezione di decadenza dell’azione risarcitoria, sollevata dal Comune di Casalnuovo di Napoli, il ricorso in appello va respinto, in quanto infondato nel merito.
- Con il primo motivo di appello, l’appellante deduce: error in judicando et in procedendo; vizio di motivazione; violazione e falsa applicazione degli artt. 41 42 e 97 Cost.; artt. 17, 41, 47 e 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; artt. 2 –bis e 7 e ss. l. n. 241/1990; art. 2043 c.c.; artt. 2, 11, e 20 e ss. d.P.R. n. 327/2001; art. 30 c.p.a.; violazione dei principi giurisprudenziali regolatori della materia.
13.1. La società appellante evidenzia che il diritto di proprietà privata è tutelato, oltre che dall’art. 42 della Costituzione, anche dall’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che al suo primo comma così dispone: “Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa”, nonché dall’art. 1 Protocollo addizionale della Convenzione EDU , ai sensi del quale ”Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale”.
13.2. Tanto premesso, evidenzia di aver chiesto con il ricorso introduttivo del giudizio il risarcimento del danno da ritardo (ex art. 2 – bis l0. 241/1990) e del danno da disturbo in relazione alla colpevole inerzia ovvero alla illegittima attività dell’Amministrazione comunale procedente.
In altri termini, l’inerzia dell’Amministrazione resistente e il reiterato rigetto di tutte le istanze presentate dalla società avrebbe in concreto impedito alla stessa di percepire non solo l’indennità provvisoria di espropriazione, ma anche quella definitiva, pur in assenza di alcun valido e legittimo motivo ostativo alla conclusione del procedimento di determinazione dell’indennità definitiva con un provvedimento positivo.
13.3. Fa rilevare che il procedimento di determinazione dell’indennità definitiva d’espropriazione per pubblica utilità si è concluso, soltanto su impulso della parte privata, per effetto della diffida stragiudiziale del 13 ottobre 2015, con un provvedimento di reiezione con cui l’Amministrazione comunale ha dichiarato che “il bene ablato è gravato da ordinanza di demolizione n. 12 del 21.6.2011, non ottemperata”.
Evidenzia che, una volta approvato il progetto definitivo dell’opera pubblica (comportante l’acquisizione della proprietà della società), il Comune di Casalnuovo di Napoli stabiliva l’indennità provvisoria in € 87.805/74 e poi in data 17 settembre 2013 notificava il decreto definitivo di esproprio n. 6/2013; la società si opponeva alla stima operata dal Comune, ma la Corte di Appello di Napoli, adita a seguito d’impugnativa di tale decreto, con sentenza del 2014, riteneva inammissibile il ricorso, evidenziando che, qualora non sia stata concordata fra le parti, l’indennità definitiva di esproprio avrebbe dovuto essere preventivamente determinata ai sensi dell’art. 21 T.U.E.
Ciò nonostante, il Comune non concludeva il procedimento di cui all’art. 21 T.U.E. e, pertanto, la società lo diffidava in via stragiudiziale a provvedere; sennonché il Comune, con nota prot. n. 44255 del 18 novembre 2015, respingeva la richiesta della società, assumendo che non avrebbe dato corso al provvedimento poiché il bene espropriato era gravato dall’ordinanza di demolizione sopra richiamata; la nota del 18 novembre 2015 veniva impugnata dinanzi al T.a.r. e, soltanto a seguito dell’ordinanza cautelare del 22 marzo 2016 n. 458, il Comune di Casalnuovo di Napoli, in data 27 luglio 2017, depositava la relazione di stima dell’indennità richiesta, quantificata in euro 77.820,92 dalla terna arbitrale nominata a tal fine.
L’Amministrazione comunale ha, dunque, concluso il procedimento volto alla determinazione amministrativa dell’indennità di esproprio a distanza di ben sei anni dal termine previsto.
13.4. L’appellante sostiene che la condotta posta in essere dall’Amministrazione comunale “configuri di per sé un danno ingiusto e sia produttiva dei danni subiti dalla parte ricorrente. L’attività autoritativa illegittima ha inciso su posizioni di diritto soggettivo ed interesse legittimo pretensivo, in un caso in cui è sufficiente acclarare l’illegittimità colpevole o dolosa ovvero ancora l’incontestato ed incontestabile superamento dei termini di legge per legittimare giustamente la pretesa risarcitoria”. La responsabilità del Comune, a titolo di risarcimento del danno, sarebbe ulteriormente aggravata dal fatto che non vi è stata comunicazione di avvio del procedimento volto al diniego della corresponsione dell’indennità.
Evidenzia che il giudice nazionale deve assicurare il rispetto dei diritti sanciti anche dalla normativa sovranazionale ed in primo luogo dalla Convenzione EDU e dalla Carta di Nizza, così come interpretati dalle Corti Europee di Strasburgo e di Lussemburgo, facendo rilevare che la giurisprudenza di tali Corti è univoca nel riconoscere al danneggiato, oltre al danno patrimoniale anche quello morale.
13.4. A giudizio dell’appellante, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, nel caso di specie, sarebbero sussistenti tutti gli elementi costitutivi della responsabilità della P.A. per danno da ritardo nell’adozione del provvedimento richiesto dalla parte privata, nei termini definitivamente fissati dall’Adunanza plenaria nella sentenza del 23 aprile 2021 n. 7.
In conclusione, richiamando i principi espressi dalla Adunanza plenaria, la società sostiene che ricorra il requisito dell’ingiustizia del danno, essendo stati ampiamente superati tutti i termini di legge.
13.5. Il motivo di appello è infondato.
13.5.1. La società appellante ancora, in sostanza, l’istanza risarcitoria al ritardo con il quale l’Amministrazione ha proceduto alla determinazione della indennità di esproprio, ostacolando e/o differendo (a suo dire) illegittimamente la determinazione della predetta indennità.
Sulla base di questa premessa, la società appellante chiede la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, da essa quantificati nella somma di € 100.000,00 per ogni anno di ritardo.
13.5.2. A tale riguardo, il Collegio deve rilevare che non vi è stato alcun accertamento giudiziale della illegittimità degli atti della p.a. dai quali sarebbe derivato il preteso danno:
- a) l’impugnativa della nota n. 44255 del 2015 (con la quale il Comune di Casalnuovo di Napoli ha respinto la domanda diretta a sollecitare la conclusione del procedimento di determinazione della indennità di esproprio, in quanto l’area in questione era oggetto di un’ordinanza di demolizione rimasta inottemperata) è stata definita con sentenza del T.a.r. Campania n. 484/2017, che ha dichiarato il ricorso improcedibile (sulla base della dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse della parte all’annullamento dell’atto);
- b) il ricorso proposto avverso l’ordinanza di demolizione n. 12 del 21 giugno 2011 è stato respinto dal T.a.r. Campania, con sentenza n. 216/2019; la società ha proposto ricorso in appello avverso la predetta sentenza, che è stato respinto dal Consiglio di Stato, Sez. VII, con sentenza n. 8318/2023, condannando la società appellante anche al pagamento delle spese del giudizio di appello; la società ha proposto ricorso per revocazione, che è stato dichiarato inammissibile con sentenza della Seconda Sezione n. 7775/2024, depositata in data 25 settembre 2024.
13.5.3. È bensì vero che l’art. 30 comma 3, c.p.a. ha positivizzato il definitivo superamento della c.d. “pregiudiziale amministrativa”, intesa come la necessità di dover previamente esperire la tutela demolitoria al fine di conseguire il ristoro dei pregiudizi ingiusti cagionati dall’attività provvedimentale della P.A., subordinando l’azione risarcitoria esercitata in forma autonoma ad un rigoroso termine decadenziale di centoventi giorni decorrenti dal giorno in cui si è verificato il fatto lesivo ovvero dalla conoscenza del provvedimento dannoso; tuttavia, nel caso di specie, manca la prova della antigiuridicità dell’azione posta in essere dalla Amministrazione comunale; tutti i contenziosi avviati dalla società Domina si sono conclusi con sentenze ad essa sfavorevoli o con una pronuncia di improcedibilità del ricorso, per sopravvenuto difetto di interesse, senza quindi alcun accertamento della illegittimità degli atti impugnati.
13.5.4. In ogni caso, anche a voler ritenere illegittimi gli atti adottati dalla Amministrazione comunale, ciò potrebbe assumere rilevanza solo ai fini della prova dell’elemento soggettivo della responsabilità, potendo il privato danneggiato limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto, quale indice presuntivo della colpa e restando a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile, ma, nel caso di specie, manca la prova del danno e degli altri elementi costitutivi della responsabilità della P.A.
13.5.5. Costituisce jus receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale il risarcimento del danno da ritardo si basa su una responsabilità aquiliana, in quanto la violazione del termine è un fatto illecito, sicchè il danneggiato è tenuto, ai sensi dell’art. 2697 c.c., a provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiato) e la lesione ad un interesse legittimo, riferibile ad un bene della vita di spettanza dell’istante, inciso dal colpevole comportamento inerte dell’Amministrazione (ex multis, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 23 settembre 2024 n. 7726).
- Con il secondo motivo di appello, la società appellante deduce: error in judicando et in procedendo; vizio di motivazione; violazione e falsa applicazione degli artt. 64 e ss. c.p.a., degli artt. 1226, 2043, 2059, 2727 e 2729 c.c.; violazione dei principi giurisprudenziali regolatori della materia; omessa pronunzia.
14.1. La società appellante sostiene che dottrina e giurisprudenza dominanti sarebbero concordi nel ritenere che quando si discorre di “prova del nesso di causa” si usa una espressione ellittica per designare la prova dei fatti materiali, sui quali fondare il ragionamento ricostruttivo del nesso o della sua inesistenza; a suo giudizio, quello che va provato sono solo i fatti materiali posti alla base della istanza risarcitoria, (fatti) la cui sussistenza può essere dimostrata mediante qualsiasi mezzo di prova, ivi compreso il ricorso alle presunzioni semplici.
Nel caso in esame, i fatti materiali sui quali si fonda il nesso eziologico della invocata responsabilità della Amministrazione sarebbero stati allegati e provati.
14.2. Inoltre, con riguardo alla asserita mancanza della prova circa la sussistenza del danno, l’appellante “osserva che, una volta allegati i fatti materiali e fornite le precise circostanze di fatto a fronte di un danno certo nella sua verificazione, è, ammesso il ricorso alle presunzioni semplici ex artt. 2729 c.c. e 64 c.p.a. per ritenere dimostrato sia il danno subito che la sua entità e per dare ingresso ad una valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c.. Infatti, in sede di risarcimento del danno nei confronti della P.A., l’onere probatorio sull’ammontare dei danni può ritenersi assolto allorché il ricorrente indichi, come in ipotesi si è verificato, i criteri di quantificazione dello stesso e fornisca un principio di prova sulla sussistenza e quantificazione di esso”.
14.3. Evidenzia inoltre che “in caso di acclarata illegittimità di un atto amministrativo produttivo di danno, al privato non è richiesto un particolare sforzo probatorio per ciò che attiene al profilo dell’elemento soggettivo della fattispecie; egli può, infatti, limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto, dovendosi fare rinvio, al fine della prova alle regole della comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’art. 2727 c.c., mentre spetta alla Pubblica amministrazione dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile”.
Il giudice di primo grado avrebbe ommesso ogni dovuto accertamento sulla legittimità dell’attività dell’Ente espropriante e sulle denunciate violazioni delle regole procedurali, di imparzialità e di buona fede.
14.4. La società appellante evidenzia che le varie iniziative giudiziarie da essa intraprese rappresenterebbero solo la reazione all’inerzia colpevole dell’Amministrazione e alla illegittimità degli atti dalla stessa adottati.
14.5. Il motivo è infondato.
14.5.1. In termini generali, il risarcimento del danno da ritardo o inerzia della P.A. nella conclusione del procedimento postula, ai sensi del comma 1 dell’art. 2-bis, l. n. 241/1990., che la condotta inerte o tardiva della P.A. sia stata causa di un danno prodottosi nella sfera giuridica del privato; il danno, del quale il privato deve fornire la prova sia nell’an che nel quantum, deve essere riconducibile, secondo la verifica del nesso di causalità, al comportamento inerte ovvero all’adozione tardiva del provvedimento conclusivo del procedimento da parte della P.A.,; l’ingiustizia e la stessa sussistenza del danno non possono presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell’adozione del provvedimento amministrativo, dovendo il danneggiato dare la prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in specie, sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quelli di carattere soggettivo a titolo di dolo o colpa del danneggiante (Consiglio di Stato, sez. VII, 11 dicembre 2023 n. 10664; sez. II, 7 gennaio 2022 n. 106).
14.5.2. La società ritiene che sia sufficiente allegare le illegittimità in cui l’Amministrazione sarebbe incorsa (per effetto del superamento del termine per la definizione della indennità di esproprio) e che il danno possa essere ricavato in via presuntiva.
14.5.3. Secondo principi giurisprudenziali consolidati, la cui validità è stata recentemente ribadita dalla Sezione (sentenza 12 aprile 2024 n. 3375), ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’Amministrazione per il ritardo e, più in generale, per la cattiva gestione del procedimento, è necessario che il danneggiato provi la violazione dei termini procedimentali; il dolo o la colpa dell’Amministrazione procedente; il danno ingiusto, inteso come lesione dell’interesse legittimo al rispetto dei predetti termini; il nesso di causalità materiale o strutturale; sul piano delle conseguenze, poi, il fatto lesivo deve essere collegato da un nesso di causalità ai pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali lamentati.
14.5.4. Nei giudizi di natura risarcitoria si applica nella sua pienezza il principio dispositivo dell’onere della prova di cui all’art. 2697, comma 1, c.c.; nel caso di specie, la società appellante si è limitata a quantificare genericamente il danno da ritardo subito in € 100.000,00 per ogni anno di ritardo, senza in alcun modo esplicitare come sia pervenuta a tale quantificazione.
- In conclusione, il ricorso in appello è infondato e la sentenza di primo grado deve essere confermata, in relazione alla mancata dimostrazione degli elementi costitutivi della responsabilità della p.a. a titolo di risarcimento del danno da ritardo.
- Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, sono poste a carico della società appellante, secondo l’ordinario criterio della soccombenza.