<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, ordinanza 12 giugno 2020 n. 114</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 649 del codice di procedura penale sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), dal Tribunale ordinario di Rovigo.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Considerato che, con ordinanza del 14 febbraio 2019, il Tribunale ordinario di Rovigo ha sollevato – in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), nonché – come risulta dal tenore della motivazione – all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE) – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 649 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dei relativi Protocolli»;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>che le questioni sollevate ricalcano nella sostanza, quanto alla norma censurata, ai parametri evocati, al petitum e all’iter argomentativo, quelle sollevate dal Tribunale ordinario di Bergamo con l’ordinanza iscritta al n. 169 del r.o. 2018 e dichiarate inammissibili con la sentenza n. 222 del 2019;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>che in detta pronuncia questa Corte ha ritenuto inammissibile la censura di contrasto dell’art. 649 cod. proc. pen. con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 4 Prot. n. 7 CEDU (e implicitamente all’art. 50 CDFUE), sul rilievo che l’ordinanza di rimessione non aveva chiarito adeguatamente le ragioni per cui non sarebbero state soddisfatte le condizioni di ammissibilità di un “doppio binario” procedimentale e sanzionatorio per l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), enunciate dalla recente giurisprudenza europea;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>che, inoltre, nella medesima sentenza n. 222 del 2019 questa Corte ha osservato che tanto la Corte europea dei diritti dell’uomo (grande camera, sentenza 15 novembre 2016, A e B contro Norvegia), quanto la Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 20 marzo 2018, in causa C-524/15, Menci) non ritengono ex se contraria al divieto di bis in idem la sottoposizione di un imputato a processo penale per il medesimo fatto per il quale egli sia già stato definitivamente sanzionato in via amministrativa, esigendo unicamente la sussistenza di un legame materiale e temporale sufficientemente stretto tra i due procedimenti, da ravvisarsi in presenza di sanzioni che perseguano scopi complementari, della prevedibilità del “doppio binario” sanzionatorio, di forme di coordinamento tra i procedimenti e della proporzionalità del complessivo risultato sanzionatorio;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>che, in base a detti criteri, nella sentenza Menci la Corte di giustizia ha ritenuto compatibile con il divieto di bis in idem di cui all’art. 50 CDFUE il complessivo regime sanzionatorio e procedimentale previsto dal legislatore italiano in materia di omesso versamento dell’IVA, salva la verifica, da parte del giudice di merito, della non eccessiva onerosità, nel caso concreto, dell’applicazione del “doppio binario” sanzionatorio;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>che, infine, la sentenza n. 222 del 2019 aveva evidenziato che l’allora giudice rimettente non aveva dimostrato la non conformità della disciplina censurata a tutti i criteri enunciati dalla giurisprudenza europea, così incorrendo in lacune argomentative tali da determinare un’insufficiente motivazione tanto della non manifesta infondatezza della questione prospettata, quanto della sua rilevanza, con conseguente inammissibilità della censura principale di violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 4 Prot. n. 7 CEDU (e implicitamente all’art. 50 CDFUE);</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>che, nel presente giudizio, il Tribunale ordinario di Rovigo è incorso nelle medesime carenze argomentative;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>che tali lacune, identiche a quelle che hanno condotto questa Corte a dichiarare inammissibili le questioni esaminate nella sentenza n. 222 del 2019, non possono che condurre alla declaratoria di manifesta inammissibilità della censura principale oggi sollevata dal Tribunale di Rovigo, di contrarietà dell’art. 649 cod. proc. pen. all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 4 Prot. n. 7 CEDU e all’art. 50 CDFUE;</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>che le censure relative alla lesione dell’art. 3 Cost. risultano – analogamente a quelle esaminate nella sentenza n. 222 del 2019 – meramente ancillari rispetto a quelle prospettate in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 4 Prot. n. 7 CEDU e all’art. 50 CDFUE, sicché la declaratoria di manifesta inammissibilità di queste ultime non può che riverberarsi sulle prime.</em></p>