<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte costituzionale, sentenza 13 dicembre 2019, n. 271</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia; vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo n. 104 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 103, 113 e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.− L’art. 1, comma 22, lettera a), del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici), convertito, con modificazioni, nella legge 14 giugno 2019, n. 55, ha abrogato (anche) il comma 2-bis dell’art. 120 cod. proc. amm., recante le norme oggetto dei dubbi di legittimità costituzionale del rimettente (nonostante l’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato, nel parere n. 782 del 22 marzo 2017, avente ad oggetto le «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50», avesse piuttosto suggerito una modifica del procedimento di gara, volta a separare temporalmente la fase di ammissione/esclusione da quella di aggiudicazione, o, in alternativa, «l’opzione zero» di non modificare il rito ed attendere una verifica di impatto della regolamentazione in grado di metterne in luce i vantaggi e gli svantaggi).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’intervenuta abrogazione nelle more del giudizio di legittimità costituzionale non incide sulla rilevanza delle questioni, poiché, ai sensi dell’art. 1, comma 23, del citato d.l. n. 32 del 2019, «Le disposizioni di cui al comma 22 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» e quindi non riguardano i processi a quibus.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.− Sempre in punto di rilevanza, nel giudizio promosso con ordinanza iscritta al n. 138 del reg. ord. 2018, il TAR Puglia, adito per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva (oltre che per la dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e per il risarcimento in forma specifica), osserva che dal rigetto delle questioni di legittimità costituzionale sollevate deriverebbe, in applicazione dell’art. 120, comma 2-bis, secondo periodo, la necessità di adottare una pronunzia di rito dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso, per avere la ricorrente omesso di contestare tempestivamente l’ammissione della controinteressata. Per contro, l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale comporterebbe l’applicabilità delle ordinarie coordinate ermeneutiche in tema di interesse ad agire, da cui discenderebbe l’ammissibilità del ricorso e la necessità di adottare una sentenza di merito.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel giudizio promosso con ordinanza iscritta al n. 141 del reg. ord. 2018, il rimettente, adito ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis, primo periodo, per l’impugnazione del provvedimento di ammissione dei concorrenti, osserva, invece, che dal rigetto delle questioni di legittimità costituzionale deriverebbe l’ammissibilità del ricorso, mentre il loro accoglimento comporterebbe l’adozione di una sentenza di inammissibilità, per essere stato impugnato un atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La motivazione è corretta, perché in entrambi gli speculari giudizi (uno sull’aggiudicazione e l’altro sull’ammissione) il giudice a quo deve fare applicazione dell’art. 120, comma 2-bis, per decidere sull’ammissibilità dei ricorsi.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.− È poi non implausibile la motivazione del rimettente sull’applicabilità ratione temporis delle norme censurate, ai sensi del combinato disposto degli artt. 204 e 220 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (d’ora in avanti: codice dei contratti pubblici), sulla ricorrenza del presupposto di operatività della pubblicazione del provvedimento di ammissione, ai sensi dell’art. 29 del codice dei contratti pubblici, e, quanto al giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 138 del reg. ord. del 2018, sulla sussistenza di una controversia avente ad oggetto il possesso in capo all’aggiudicataria di un requisito tecnico-professionale richiesto a pena di esclusione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.− Prima di affrontare il merito delle questioni, è opportuno brevemente tratteggiare la genesi e il contenuto delle norme oggetto dei dubbi di legittimità costituzionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.1.− L’art. 1, comma 1, lettera bbb), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), pur in assenza di un’indicazione in tal senso delle direttive europee, aveva delegato il Governo a revisionare e razionalizzare il rito abbreviato previsto per i giudizi concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, «anche mediante l’introduzione di un rito speciale in camera di consiglio che consent[a] l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione; previsione della preclusione della contestazione di vizi attinenti alla fase di esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In esecuzione di tale dettagliato criterio di delega, l’art. 204 del codice dei contratti pubblici aveva interpolato l’art. 120 cod. proc. amm., introducendo ai commi 2-bis, 6-bis e 9 un nuovo rito, variamente denominato “super accelerato”, “super veloce”, “super speciale”, speciale “di terzo grado”.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Esso, infatti, era speciale rispetto a quello di cui all’art. 120 cod. proc. amm. (rubricato «Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a»), il quale, a sua volta, è speciale rispetto a quello previsto dall’art. 119 (rubricato «Rito abbreviato comune a determinate materie»), il quale, a sua volta ancora, è speciale rispetto all’ordinario processo di cognizione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il legislatore aveva quindi previsto che «il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali» dei concorrenti andava impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici; e che «l’omessa impugnazione preclude[va] la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>A seguito di un vivace dibattito giurisprudenziale, l’art. 19 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), modificando il citato art. 29 del codice dei contratti pubblici, aveva rafforzato il sistema di comunicazione e pubblicità degli atti di ammissione ed esclusione, chiarendo che il termine d’impugnazione decorreva dal momento in cui essi, corredati di motivazione, fossero resi disponibili all’impresa concorrente.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 120, comma 2-bis, poi, al terzo periodo, recepiva la regola giurisprudenziale secondo cui non sono impugnabili gli atti del procedimento di gara «privi di immediata lesività», ivi compresa la proposta di aggiudicazione (così superando l’orientamento giurisprudenziale che rendeva facoltativa l’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria, di cui essa ha preso il posto).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il rito “super speciale” non apportava alcuna innovazione con riferimento alle esclusioni, perché la giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto che esse fossero immediatamente lesive e quindi autonomamente impugnabili, mentre il radicale cambio di rotta riguardava la previsione dell’onere di impugnazione dell’altrui ammissione alla gara, che da sempre era stata considerata contestabile esclusivamente al momento dell’aggiudicazione, quando si conoscono il vincitore e gli altri concorrenti “perdenti”, che solo allora acquistano interesse a fare valere l’illegittimità dell’ammissione dell’aggiudicatario e dei soggetti che li precedono in graduatoria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il rito si caratterizzava per una (ulteriore) abbreviazione di tutti i termini processuali ed una logica iperacceleratoria di tutte le attività processuali (commi 6-bis e 9).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>6.− Nel merito, con la prima questione il rimettente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., perché, in violazione dei princìpi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale (artt. 3 e 24 Cost.), impone al soggetto partecipante alla gara, in un momento in cui non ha alcun interesse concreto all’attivazione dell’iniziativa giurisdizionale, un onere di impugnazione economicamente gravoso, cui è correlata una «sanzione» eccessiva e sproporzionata, ossia la preclusione a fare valere le doglianze avverso le ammissioni nei giudizi a valle sull’aggiudicazione, che sola, per contro, fa sorgere in capo al concorrente l’interesse concreto ed attuale al ricorso.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>7.− È noto che il <strong>legislatore</strong> gode di <strong>ampia discrezionalità</strong> nella <strong>conformazione degli istituti processuali</strong> (ex multis, sentenze n. 172, n. 160, n. 139 e n. 45 del 2019, n. 225, n. 77 del 2018, n. 241, n. 94 del 2017) e nella <strong>fissazione di termini di decadenza o prescrizione</strong>, ovvero di altre disposizioni condizionanti l’azione (tra le tante, sentenze n. 45 del 2019, n. 6 del 2018, n. 94 del 2017 e n. 155 del 2014), «con il solo limite della <strong>manifesta irragionevolezza</strong> o <strong>arbitrarietà</strong> delle scelte compiute (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 23 del 2015 e n. 157 del 2014), che si ravvisa, con riferimento specifico all’art. 24 Cost., ogniqualvolta emerga <strong>un’ingiustificabile compressione</strong> del diritto di agire (sentenze n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004)» (sentenza n. 121 del 2016).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In particolare, questa Corte ha costantemente affermato che l’art. 24 Cost. non comporta che il cittadino debba conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, purché non vengano imposti oneri o prescritte modalità tali da <strong>rendere impossibile o estremamente difficile</strong> l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale (tra le tante, sentenze n. 199 del 2017, n. 121 e n. 44 del 2016).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.− Nella specie, la ragione dell’introduzione del rito “super speciale” è stata individuata nell’esigenza di «definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte» (Consiglio di Stato, Adunanza della commissione speciale, parere n. 855 del 1° aprile 2016, avente ad oggetto lo schema di decreto legislativo recante «Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione», ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n.11), con la conseguente creazione di un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda» (Consiglio di Stato, sezione quinta, 14 marzo 2017, n. 1059).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò al fine precipuo di evitare «che con l’impugnazione dell’aggiudicazione possano essere fatti valere vizi attinenti alla fase della verifica dei requisiti di partecipazione alla gara, il cui eventuale accoglimento farebbe regredire il procedimento alla fase […] di ammissione (con grave spreco di tempo e di energie lavorative, oltre [al] pericolo di perdita del finanziamento, il tutto nell’ottica dei princìpi di efficienza, speditezza ed economicità, oltre che di proporzionalità del procedimento di gara)» (Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale del 22 marzo 2017, parere n. 782 citato).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In questo stesso senso si è pronunciata anche la Corte di giustizia, chiamata dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte a decidere sulla compatibilità del rito in questione con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela (e, in particolare, con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, e con l’art. 1, paragrafi 1 e 2-quater, della direttiva n. 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori). Il giudice europeo, nel fornire risposta positiva, condizionata all’effettiva conoscenza delle ragioni poste a fondamento dei provvedimenti di ammissione ed esclusione, ha osservato che «la realizzazione completa degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 89/665 sarebbe compromessa se ai candidati e agli offerenti fosse consentito far valere, in qualsiasi momento del procedimento di aggiudicazione, infrazioni alle norme di aggiudicazione degli appalti, obbligando quindi l’amministrazione aggiudicatrice a ricominciare l’intero procedimento al fine di correggere tali infrazioni» (Corte di giustizia, quarta sezione, ordinanza del 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, Cooperativa Animazione Valdocco Soc. coop. soc. Impresa Sociale Onlus).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>8.1.− Si è poi rilevato dall’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato (nel citato parere n. 782 del 2017) che con l’introduzione del rito “super speciale” il legislatore aveva anche inteso porre rimedio alla proliferazione incontrollata dei giudizi “retrospettivi”, incentrati, attraverso il fuoco incrociato dei ricorsi principali e incidentali escludenti, sui requisiti di ammissione alla gara, così neutralizzando, per quanto possibile, «l’effetto “perverso” del ricorso incidentale», anche alla luce del difficile dialogo con la Corte di Giustizia in relazione a tale istituto (dialogo reso ancora più problematico dalla recente sentenza, 5 settembre 2019, sezione decima, in causa C-333/18, Lombardi srl, resa su rinvio pregiudiziale dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>9.− Alla stregua di tali considerazioni, tutte condivisibili, la scelta di introdurre il rito in esame non può ritenersi irragionevole, né l’onere di immediata impugnazione e la correlata preclusione processuale, secondo lo schema classico del giudizio impugnatorio, sono tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>10.− Quanto alla dedotta violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost., va invece verificato l’assunto del rimettente, secondo cui l’aver imposto l’attivazione processuale in un momento in cui il ricorrente non ha un interesse concreto all’impugnazione configurerebbe un’ipotesi di giurisdizione di tipo oggettivo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>11.− Non vi è dubbio che, alla luce degli invocati parametri costituzionali, la giurisdizione amministrativa, nelle controversie tra amministrati e pubblico potere, sia primariamente rivolta alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive e solo mediatamente al ripristino della legalità dell’azione amministrativa, legalità che pertanto può e deve essere processualmente perseguita entro e non oltre il perimetro dato dalle esigenze di tutela giurisdizionale dei cittadini.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel caso di specie, tuttavia, deve escludersi che il legislatore abbia configurato una giurisdizione di tipo oggettivo volta a tutelare in via esclusiva o prioritaria l’interesse generale alla correttezza e trasparenza delle procedure di affidamento, avendo piuttosto inteso dare autonoma rilevanza all’interesse strumentale o procedimentale del concorrente alla corretta formazione della platea dei soggetti partecipanti alla gara (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 26 aprile 2018, n. 4), interesse che è proprio e personale del concorrente, poiché la maggiore o minore estensione di quella platea incide oggettivamente sulla chance di aggiudicazione (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 11 maggio 2018, n. 6).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nello stesso senso si è espressa la Corte di giustizia, secondo cui il rischio che un <strong>provvedimento illegittimo di ammissione</strong> di un concorrente a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico possa cagionare un danno «è sufficiente a giustificare un <strong>immediato interesse ad impugnare</strong> detto provvedimento, indipendentemente dal pregiudizio che può inoltre derivare dall’assegnazione dell’appalto ad un altro candidato» (Corte di giustizia, quarta sezione, ordinanza 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, Cooperativa Animazione Valdocco Soc. coop. soc. Impresa Sociale Onlus), il che evidentemente presuppone il riconoscimento della chance di aggiudicazione come utilità intermedia autonomamente tutelata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>11.1.− Del resto, non mancano nell’ordinamento altre ipotesi positivizzate, in via normativa o giurisprudenziale, di <strong>tutela di interessi non “finali”</strong> (Consiglio di Stato, sezione sesta, 25 febbraio 2019, n. 1321). È il caso, per restare nell’ambito delle procedure di affidamento, dell’interesse strumentale alla edizione della gara che sia illegittimamente mancata, laddove il ricorrente non agisce, nell’immediato, per l’aggiudicazione ma per il suo interesse a partecipare alla procedura; ovvero, dell’interesse strumentale alla sua caducazione, pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, sempre che sussistano in concreto ragionevoli possibilità di ottenere l’utilità richiesta (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze 25 febbraio 2014, n. 9, e 7 aprile 2011, n. 4).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>11.2.− In effetti, se è vero che gli artt. 24, 103 e 113 Cost., in linea con le acquisizioni della giurisprudenza del Consiglio di Stato, hanno posto al centro della giurisdizione amministrativa l’interesse sostanziale al bene della vita, deve anche riconoscersi che attribuire rilevanza, in casi particolari, ad interessi strumentali può comportare un ampliamento della tutela attraverso una sua anticipazione e non è distonico rispetto ai ricordati precetti costituzionali, sempre che sussista un solido collegamento con l’interesse finale e non si tratti di un espediente per garantire la legalità in sé dell’azione amministrativa, anche al costo di alterare l’equilibrio del rapporto tra le parti proprio dei processi a carattere dispositivo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>12.− In conclusione, la scelta del legislatore di fare emergere, all’interno del procedimento di gara, un <strong>distinto interesse strumentale</strong> a contestare l’ammissione di altri concorrenti non altera la struttura soggettiva della giurisdizione amministrativa e pertanto non è lesiva degli invocati parametri costituzionali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>13.− Le norme censurate resistono anche al più volte ripetuto rilievo, trasversale a tutte le questioni, che il rito in esame inciderebbe sul diritto di difesa per via dei costi eccessivi imposti alla parte ricorrente, che si troverebbe a dovere versare uno o più (elevati) contributi unificati per i giudizi intrapresi avverso le ammissioni ed un altro (parimenti elevato) contributo unificato per il ricorso avverso l’aggiudicazione, sicché, in sostanza, essa sarebbe dissuasa dal proporre iniziative giurisdizionali «anticipate».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tale aspetto – anche se indubbiamente merita un’attenta riflessione, come già segnalato dall’Adunanza della commissione speciale del Consiglio di Stato nel parere n. 855 del 21 marzo 2016 – è, nell’argomentazione del rimettente, ancillare rispetto alla tesi principale, sicché, una volta ritenuta legittima l’emersione legislativa dell’interesse procedimentale alla corretta cristallizzazione della platea dei concorrenti, esso non mantiene un’autonoma forza logica.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In ogni caso, il costo in tesi eccessivo del cumulo dei contributi unificati non può essere motivo di illegittimità costituzionale delle norme istitutive del rito “super speciale” ma, eventualmente, di quelle che regolano l’imposizione o la misura del contributo medesimo, norme, quest’ultime, non oggetto dell’odierno scrutinio di costituzionalità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>14.− Il TAR Puglia lamenta, poi, la violazione del principio di eguaglianza, perché le disposizioni censurate irragionevolmente diversificherebbero le ammissioni rispetto agli altri atti endoprocedimentali, per i quali il terzo periodo dell’art. 120, comma 2-bis, ribadisce la regola della non immediata impugnabilità.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>15.− L’infondatezza della questione è implicita nelle considerazioni già svolte: al riconoscimento, nel caso di specie, della rilevanza dell’interesse strumentale consegue la legittimità del diverso trattamento normativo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>16.− In un breve passaggio delle ordinanze il rimettente deduce la congiunta violazione degli artt. 24 e 111 Cost., perché il rito “super speciale”, in alternativa al già cennato effetto dissuasivo delle iniziative giurisdizionali, «potrebbe» avere «un effetto di proliferazione dei ricorsi» non compatibile con il principio di ragionevole durata del processo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>17.− La questione, non ulteriormente sviluppata, è inammissibile per contraddittorietà e perplessità, poiché il TAR Puglia stringatamente prospetta una violazione alternativa ed opposta di differenti parametri costituzionali: il rito “super speciale” potrebbe avere un effetto dissuasivo delle controversie o, al contrario, un effetto moltiplicativo delle stesse.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>18.− Da ultimo, il rimettente dubita della legittimità costituzionale delle norme censurate per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, perché tali parametri convenzionali, nell’assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale, implicherebbero la libertà del ricorrente di autodeterminarsi in ordine alla concretezza ed attualità dell’interesse ad agire contro le altrui ammissioni alla gara.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>19.− In realtà, <strong>la Corte EDU lascia all’autonomia degli Stati membri</strong> un certo margine di apprezzamento nella configurazione del diritto di accesso a un tribunale e, in particolare, nella previsione di <strong>eventuali limiti</strong>, a condizione che siano posti per uno <strong>scopo legittimo</strong>, rispettino il <strong>principio di proporzionalità</strong> e non abbiano l’effetto di rendere <strong>impossibile od oltremodo difficile</strong> l’esercizio del diritto convenzionale (tra le tante, Corte EDU, prima sezione, Dimitras contro Grecia, 19 aprile 2018, ricorso n. 11946/11; Corte EDU, prima sezione, Samarzdic contro Croazia, 20 luglio 2017, ricorso n. 32486/14; Corte EDU, prima sezione, Shuli contro Grecia, 13 luglio 2017, ricorso n. 71891/10; Corte EDU, prima sezione, Center for the development of analytical psychology contro Macedonia, 15 giugno 2017, ricorso n. 29545/10; Corte EDU, Grande Camera, Lupeni Greek Catholic Parish e altri contro Romania, 29 novembre 2016, ricorso n. 76943/11).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Poiché, dunque, la giurisprudenza convenzionale segue direttrici ermeneutiche analoghe a quelle di questa Corte in relazione al diritto di difesa e alla sua effettività, deve escludersi il contrasto con gli invocati parametri interposti per le stesse ragioni sopra evidenziate in relazione alla dedotta violazione degli artt. 3 e 24 Cost.</em></p>