Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 30 giugno 2022 n. 20869
PRINCIPIO DI DIRITTO
Con riguardo alla posizione dei proprietari di immobili o dei residenti in un’area interessata da un intervento in tema di acque, la vicinitas opera senz’altro quale elemento atto a fondare la legittimazione dei medesimi, mentre l’interesse ad agire, che non può desumersi soltanto da tale dato di prossimità, ben può ricavarsi dall’allegazione del pericolo di una compromissione dei beni costituiti dalla salute, dal paesaggio, dall’ambiente e che, in ragione della detta vicinitas, qualifichi e differenzi gli interessi dei detti soggetti, senza che sia necessaria la prova puntuale della concreta pericolosità dell’opera.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- ―Il ricorso è fondato.
2.1. ― E’ da premettere che la sentenza resa da questa Corte quanto alla legittimazione attiva e al correlato interesse ad agire degli odierni ricorrenti nel procedimento amministrativo avente ad oggetto l’impugnazione del decreto del Dirigente della Direzione generale ambiente, energia e sviluppo sostenibile della Regione Lombardia, col quale era stata espresso un giudizio sulla compatibilità ambientale del progetto di sistemazione idraulica e di laminazione del fiume Seveso, non spiega effetti nel presente giudizio. Tale pronuncia infatti, oltre a concernere l’impugnazione di un provvedimento diverso da quello che qui viene in esame, è stata resa con riguardo a questioni ― quelle sulla legittimazione e sull’interesse ad agire ― che hanno natura processuale: di talché trova applicazione il principio per cui la statuizione su una questione di rito dà luogo al giudicato formale limitatamente al rapporto processuale nel cui ambito è emanata (Cass. Sez. U. 17 novembre 2021, n. 35110).
Deve nondimeno aggiungersi che il tema qui in esame è sovrapponibile a quello già trattato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 21740 del 2019, in quanto nei due giudizi vengono in questione la legittimazione e l’interesse ad agire riferiti a soggetti che si assumono lesi da atti amministrativi emanati nel medesimo procedimento, rispetto ai quali è fatto valere un potenziale pregiudizio che si connota allo stesso modo nell’uno e nell’altro caso.
2.2. ― Ciò posto, riprendendo le considerazioni svolte nel provvedimento impugnato, occorre rilevare essere senz’altro vero che il criterio della vicinitas risulta essere comunemente impiegato, nella giurisprudenza amministrativa, con riguardo alle impugnative dei titoli autorizzatori all’edificazione (così, a titolo esemplificativo: Cons. St. 3 maggio 2021, n. 3480; Cons. St. 23 maggio 2019, n. 3386).
Analogo criterio opera, per la verità, con riferimento alla materia ambientale: infatti, la legittimazione ad impugnare provvedimenti in materia ambientale deve essere verificata alla luce del criterio della vicinitas, intesa non come stretta contiguità, bensì come stabile e significativo collegamento ― da indagare caso per caso ed avuto riguardo alla natura e potenzialità dell’impianto autorizzato ― del ricorrente con la zona il cui ambiente si intende proteggere (Cons. St. 26 febbraio 2010, n. 1134). Sussiste, quindi, anche sulla base del criterio della vicinitas, la legittimazione ad agire dei singoli per la tutela del bene ambiente, in particolare a tutela di interessi incisi da atti e comportamenti dell’amministrazione che li ledono direttamente e personalmente, unitamente all’intera collettività che insiste sul territorio locale (Cons. St. 16 giugno 2009, n. 3849).
Il solo dato della vicinitas non basta tuttavia a dar ragione dell’ammissibilità dell’impugnazione del provvedimento incidente sull’assetto del territorio.
Riallacciandosi all’arresto di Cass. Sez. U. 27 agosto 2019, n. 21740, reso proprio sul ricorso degli odierni ricorrenti avverso la precedente decisione del Tribunale Superiore delle Acque, queste Sezioni Unite hanno di recente rilevato che la legittimazione dei proprietari di immobili o dei residenti in un’area interessata da un intervento idraulico ad impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente (in quanto opere riguardanti acque pubbliche) può fondarsi anche sul solo requisito della vicinitas, il quale costituisce elemento di differenziazione di interessi qualificati, appartenenti ad una pluralità di soggetti facenti parte di una comunità identificata in base ad un prevalente criterio territoriale che evolvono in situazioni giuridiche tutelabili in giudizio, allorché l’attività conformativa dell’Amministrazione incida in un determinato ambito geografico, modificandone l’assetto nelle sue caratteristiche non soltanto urbanistiche, ma anche paesaggistiche, ecologiche e di salubrità; si è tuttavia rimarcata la necessità che detta attività venga nel contempo denunciata come foriera di rischi per la salute, senza che occorra la prova puntuale della concreta pericolosità dell’opera, né la ricerca di un soggetto collettivo che assuma la titolarità della corrispondente situazione giuridica (Cass. Sez. U. 30 giugno 2021, n. 18493).
Ciò consente di individuare due distinti profili di ammissibilità dell’impugnazione, che costituiscono il riflesso di differenti condizioni dell’azione: quello della legittimazione e quello dell’interesse ad agire.
La distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione è stata riaffermata pochi mesi or sono dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con riferimento al caso dell’impugnazione del titolo autorizzatorio edilizio. Nell’occasione si è detto esser necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non potersi affermare che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato (Cons. St. Ad. Plen. 9 dicembre 2021, n. 22). Nella stessa sentenza è stato ribadito il principio per cui l’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso: e ciò in quanto ai fini indicati occorre aver riguardo alla prospettazione della parte che agisce in giudizio, la verifica circa la sussistenza dell’interesse a ricorrere dovendo essere condotta «prescindendo dall’accertamento effettivo della (sussistenza della situazione giuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver subito» (sent. cit., in motivazione).
Anche in materia ambientale, sotto il profilo dell’interesse a ricorrere, conta l’allegazione, non la prova, dell’attitudine dell’intervento a generare un danno in ragione della vicinitas tra i soggetti che impugnano il provvedimento e il sito del detto intervento. Il danno è quello che può riguardare beni quali la salute, il paesaggio e pure l’ambiente, eretto a bene costituzionalmente protetto dalla l. cost. n. 1/2022, con cui, aggiungendosi un terzo comma all’art. 9 della Carta fondamentale, è stato per l’appunto stabilito che la Repubblica tutela «l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni».
Può allora concludersi nel senso che, con riguardo alla posizione dei proprietari di immobili o dei residenti in un’area interessata da un intervento in tema di acque, la vicinitas opera senz’altro quale elemento atto a fondare la legittimazione dei medesimi, mentre l’interesse ad agire, che non può desumersi soltanto da tale dato di prossimità, ben può ricavarsi dall’allegazione del pericolo di una compromissione dei beni costituiti dalla salute, dal paesaggio, dall’ambiente e che, in ragione della detta vicinitas, qualifichi e differenzi gli interessi dei detti soggetti, senza che sia necessaria la prova puntuale della concreta pericolosità dell’opera.
2.3. ― Ora, la sentenza qui impugnata si è limitata a dar conto di elementi naturali (l’esistenza di una fascia alberata e l’interposizione, tra i ricorrenti e l’area di intervento, del fiume Seveso) che non sono però indicativi dell’inesistenza di una situazione di prossimità nel senso sopra indicato, giacché quel che rileva, nel caso in esame, ai fini della legittimazione dei ricorrenti, è l’esistenza di uno stabile e significativo collegamento tra i detti istanti e il sito ove deve realizzarsi l’impianto di laminazione, in considerazione della potenzialità degradante e nociva dello stesso.
Quanto, poi, alla prospettazione del danno (rilevante ai fini dell’interesse ad agire), è la stessa sentenza impugnata (pag. 4) a dar conto di come gli odierni ricorrenti avessero fatto valere «il loro specifico interesse a contestare l’opera» anche con riguardo al mancato apprezzamento delle «ragioni inerenti alla tutela dell’ambiente e della salute collettiva»; nel ricorso per cassazione (pagg. 4 s.) è poi ricordato come gli istanti avessero depositato, nel corso del giudizio di merito, una perizia che individuava la molteplici criticità progettuali e le plurime carenze istruttorie, sotto il profilo idrogeologico, idraulico, paesaggistico, ambientale e sanitario, e come, con l’atto introduttivo del giudizio, fossero stati dedotti anche vizi per illegittimità derivata da quelli che riguardavano il decreto di valutazione di impatto ambientale (vizi fatti valere nel primo giudizio, ove era stato contestato «l’elevatissimo rischio» per la salute dei ricorrenti, dipendente dalla «volatilizzazione delle sostanze tossiche e cancerogene presenti nelle acque del Seveso ed infine dal punto di vista paesistico ambientale e della proliferazione delle zanzare»: cfr. pag. 4 del ricorso).
2.4. ― Ne discende, alla stregua dei richiamati criteri, che la domanda degli odierni ricorrenti risultava sorretta sia dalla legittimazione che dall’interesse ad agire.
- ―La sentenza va allora cassata, con rinvio del giudizio avanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche che, in diversa composizione, regolerà pure le spese del presente giudizio di legittimità.