<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – ordinanza 13 novembre 2019 n. 29465</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In base ad un consolidato e condiviso indirizzo di queste Sezioni Unite il ricorso per regolamento di giurisdizione, non essendo un mezzo di impugnazione, ma soltanto uno strumento per risolvere in via preventiva ogni contrasto, reale o potenziale, sulla “</em>potestas judicandi<em>” del giudice adito – salvo il rispetto dell’onere di cui all’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. – vedi Cass. S.U. 7 novembre 2013, n. 25038 – deve contenere, a pena di inammissibilità, soltanto l’esposizione sommaria dei fatti di causa per consentire alla Suprema Corte di conoscere dal ricorso, senza attingere “</em>aliunde<em>“, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo, e delle posizioni in esso assunte dalle parti, pur se in funzione della sola questione di giurisdizione che essa è chiamata a decidere, potendo anche non contenere i motivi specifici di ricorso, e cioè l’indicazione del giudice che ha la giurisdizione o delle norme e delle ragioni di fatto o di diritto su cui è sostenuto (Cass. SU 20 febbraio 2017, n. 4308; Cass. SU 18 maggio 2015, n. 10092; Cass. SU 16 maggio 2013, n. 11826; Cass. SU 9 giugno 2004, n. 10980; Cass. SU 20 ottobre 2000, n. 1129 nonché Cass. SU n. 1542 del 1977; Id. n. 1923 del 1977; Id. n. 4837 del 1977; Id. n. 1290 del 1983; Id. n. 224 del 1984; Id.. n. 1540 del 1993); nella specie, il ricorso risulta essere formulato in modo conforme al suddetto principio perché in esso sono esposti gli estremi della controversia necessari per la definizione della questione di giurisdizione, con l’indicazione delle parti, dell’oggetto e del titolo della domanda nonché con la specificazione del procedimento cui si riferisce l’istanza e della fase in cui si trova, il che consente la verifica del rispetto delle condizioni per la proponibilità del mezzo, imposte dall’art. 41 cod. proc. civ.(vedi spec. Cass. SU 20 febbraio 2017, n. 4308 cit.); d’altra parte, il suddetto principio si raccorda con il costante indirizzo della Corte secondo cui, in ordine alle questioni di giurisdizione, le Sezioni Unite svolgono anche il ruolo di giudici del fatto e pertanto possono apprezzare direttamente i “</em>fatti<em>”, anche non processuali, traendone conseguenze in piena autonomia e indipendenza sia dalle deduzioni delle parti che dalle valutazioni del giudice del merito (Cass. SU 21 aprile 2015, n. 8074; Id. 17 luglio 2008, n. 19603; Id. 2 aprile 2007, n. 8095; Id. 22 luglio 2002, n. 10696; Id. 10 agosto 2000, n. 560; Id. 19 febbraio 1999, n. 79; Id. 9 ottobre 1984, n. 5028; Id. 19 novembre 1979, n. 6025).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Quanto alla questione di riparto di giurisdizione, il presente ricorso per regolamento preventivo deve essere deciso affermando la giurisdizione del giudice ordinario.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Per costante indirizzo delle Sezioni Unite, in tema di impiego pubblico contrattualizzato, ai sensi dell’art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di lavoro, senza che abbia alcuna incidenza sulla giurisdizione del giudice ordinario la circostanza che nel giudizio vengano in questione “</em>atti amministrativi presupposti<em>”, che se riconosciuti illegittimi possono essere disapplicati (fra le tante: Cass. SU 16 febbraio 2009, n. 3677; Cass. SU 20 giugno 2017, n. 15276; Cass. SU 4 luglio 2018, n. 17535); con orientamento altrettanto fermo, è stato precisato che la riserva alla giurisdizione amministrativa delle controversie relative alle “</em>procedure concorsuali<em>”, prevista dal successivo comma 4 dello stesso art. 63, è del tutto residuale e deve essere intesa come riferita alle controversie in materia di procedure concorsuali strumentali all’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni le quali possono anche essere procedure concorsuali interne purché configurino “</em>progressioni verticali novative<em>” – cioè in un’area o fascia superiore a quella di appartenenza – e non progressioni meramente economiche oppure che, in base alla contrattazione collettiva applicabile, comportino il conferimento di qualifiche più elevate, ma comprese nella stessa area, categoria o fascia di inquadramento e, come tali, caratterizzate, da profili professionali omogenei nei tratti fondamentali, diversificati sotto il profilo quantitativo piuttosto che qualitativo (vedi, fra le tante: (vedi, tra le tante: Cass. 13 ottobre 2011, n. 21060; Cass. SU 5 aprile 2017, n. 8799; Cass. 11 aprile 2018, n. 8985; Cass. SU 4 luglio 2018, n. 17535 cit. e giurisprudenza ivi richiamata).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Peraltro, in linea generale, è stato escluso che – pure in presenza in una procedura concorsuale per l’assunzione (nel senso indicato) – la riserva di giurisdizione amministrativa in materia di procedure concorsuali ex art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 possa estendere la propria rilevanza alla fase successiva all’approvazione della graduatoria e, in particolare, alle controversie relative alle pretese di assunzione basate sull’esito del concorso (</em>ex plurimis<em>: Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21671; Cass. SU 28 maggio 2012, n. 8410; Cass. SU 13 febbraio 2008, n. 3409); infatti, con il superamento di un concorso pubblico e l’approvazione della relativa graduatoria, indipendentemente dalla nomina, si consolida nel patrimonio dell’interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo, alla quale vanno riferiti tutti gli atti successivi, sicché la controversia rimane devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto, con l’approvazione della graduatoria, si esaurisce l’ambito riservato al procedimento amministrativo e all’attività autoritativa dell’Amministrazione e subentra una fase in cui i comportamenti della P.A. vanno ricondotti nell’alveo privatistico, espressione del potere negoziale dell’Amministrazione nella veste di datrice di lavoro, come tali da valutare alla stregua dei principi civilistici in ordine all’inadempimento delle obbligazioni (art. 1218 cod. civ.), anche secondo i parametri della correttezza e della buona fede (vedi, per tutte: Cass. SU 23 marzo 2017, n. 7483; Cass. 7 aprile 2005, n. 7219; Cass. SU 16 novembre 2017, n. 27197 e ivi richiami dei precedenti); ciò, d’altra parte, vuol dire che l’ambito della giurisdizione amministrativa copre l’intero iter attinente al reclutamento, dal relativo avvio (generalmente coincidente con la determinazione adottata dall’organo competente di ricorrere alla procedura stessa) sino all’approvazione della graduatoria finale con la proclamazione dei vincitori, la quale pertanto costituisce lo spartiacque del criterio di riparto (vedi, per tutte: Cass. SU 13 novembre 2018, n. 29080).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>All’affermazione dei suddetti principi si è giunti (a partire da Cass. SU 15 ottobre 2003, n. 15403, seguita dalle conformi pronunce successive; vedi: Cass. SU n. 3948/2004, n. 10183/2004, n. 6217/2005, n. 10605/2005, n. 20107/2005 e mai smentita) per effetto dell’interpretazione del citato comma 4 dell’art. 63 cit., adottata sulla base dei principi elaborati dalla Corte costituzionale a proposito dell’art. 97 Cost.; in base a tale interpretazione, il lemma “</em>assunzione<em>” (contenuto nel comma 4 cit.) è stato inteso in senso estensivo, così da comprendervi, come si è detto, non solo i concorsi aperti agli esterni (essendo indifferente che vi partecipino anche lavoratori già dipendenti pubblici) ma anche quelli riservati agli interni e finalizzati a “</em>progressioni verticali novative<em>”, da identificare e distinguere da quelle meramente orizzontali sulla base delle fonti che le regolano, di volta in volta (vedi Cass. SU 10 dicembre 2003, n. 18886 e Cass. S.U. n. 15403/2003; Cass. SU 6 giugno 2017, n. 13981; Cass. 13 settembre 2017, n. 21198); invece, al termine “</em>concorsuale<em>” è stato attribuito un significato restrittivo, cioè riferito alle sole procedure caratterizzate dall’emanazione di un bando, da una successiva fase di svolgimento delle prove e di confronto delle capacità, dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria di merito, cioè alle procedure conformi ai principi indicati nel comma 3 dell’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001 (vedi, per tutte: Cass. SU 29 maggio 2012, n. 8522; Cass. SU n. 21558 del 2009 e successiva giurisprudenza conforme); pertanto, è stato sottolineato che tra le anzidette procedure concorsuali di regola non rientrano le selezioni per il conferimento di incarichi dirigenziali perché in esse non si rinvengono i suindicati elementi caratteristici, visto che le assegnazioni di tali incarichi anche se precedute da una fase selettiva (ad esempio tramite interpello, come accade nella specie), rivestono il carattere di determinazioni negoziali assunte dall’Amministrazione con i poteri e le capacità del datore di lavoro privato, il che comporta, come si desume anche dall’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, il rispetto da parte delle P.A. dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 cod. civ.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (tra le tante: Cass. SU 5 aprile 2017, n. 8799; Cass. SU n. 9281 del 2016; Cass. SU n. 21060 del 2011; Cass. SU n. 21671 del 2013).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Si è aggiunto che qualora il giudizio verta su pretese qualificabili come diritti soggettivi attinenti al rapporto di lavoro – e, quindi, anche nell’ipotesi in cui si contesti l’esito di procedure concorsuali o selettive, nel senso anzidetto – sulla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario non ha alcuna incidenza il fatto che vengano in questione – come meri atti presupposti – atti amministrativi (ivi compresi gli atti generali di autoregolamentazione dell’ente pubblico e/o atti di macro-organizzazione) data la possibilità per il giudice ordinario di disapplicarli, laddove li ritenga rilevanti ai fini della decisione ma illegittimi, come risulta confermato dal comma 1 dell’art. 63 cit. (</em>ex multis<em>: Cass. SU n. 13169 del 2006; Cass. SU n. 3677 del 2009; Cass. SU n. 11712 del 2016); viceversa, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo quando la controversia ha come oggetto principale la contestazione della legittimità degli atti amministrativi autoritativi con i quali l’Amministrazione ha operato le proprie scelte discrezionali circa le modalità di copertura dei posti vacanti ovvero di attribuzione di incarichi direttivi e quindi siano </em>principaliter<em> impugnati gli atti organizzativi mediante i quali le Amministrazioni pubbliche definiscono secondo i principi generali fissati da disposizioni di legge le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuando gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001), mentre l’eventuale pretesa di accertamento dell’invalidità del provvedimento di conferimento dell’incarico e della stipulazione del contratto, in questi casi, ha carattere consequenziale rispetto a quella afferente la legittimità degli atti amministrativi impugnati; infatti, in quest’ultimo caso la posizione fatta valere in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui tutela è demandata al giudice amministrativo – al quale spetta il controllo sulle modalità di esercizio del potere amministrativo ai sensi dell’art. 103 Cost. – perché nel giudizio non si controverte del diritto soggettivo all’assunzione o all’incarico direttivo, bensì delle modalità di esercizio di poteri autoritativi dell’Amministrazione, nella fase antecedente alla pubblicazione della graduatoria del concorso oppure all’esito della selezione per l’incarico direttivo, anche se i relativi effetti si sono poi riverberati sulla singola assunzione, ma in senso derivato (Cass. SU 1 giugno 2017, n. 13851; Cass. SU 20 dicembre 2016, n. 26272; Cass. SU 1 luglio 2016, n. 13534; Cass. 6 marzo 2009, n. 5588); del resto, in simili controversie, in caso di illegittimità degli atti impugnati (anche generali o di macro-organizzazione), non può operare il potere di disapplicazione del giudice ordinario, che presuppone la deduzione di un diritto soggettivo direttamente inciso da un provvedimento amministrativo e non una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo solo all’esito della rimozione del provvedimento amministrativo di macroorganizzazione impugnato (vedi, per tutte: Cass. SU 31 maggio 2016, n. 11387; Cass. SU 27 febbraio 2017, n. 4881; Cass. SU 13 novembre 2018, n. 29080 cit.; Cass. SU 21 dicembre 2018, n. 33212).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel descritto quadro normativo e giurisprudenziale, il principio-cardine per individuare il giudice dotato in concreto di giurisdizione è quello secondo cui non va utilizzato a tal fine il criterio della soggettiva prospettazione della domanda, ma quello del c.d. “</em>petitum sostanziale<em>”, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della </em>causa petendi<em>, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio quale risulta dai fatti materiali allegati dall’attore e dalle particolari caratteristiche del rapporto giuridico di cui si discute in giudizio, caratteristiche che si evincono da detti fatti (ex multis: Cass. SU 28 giugno 2006, n. 14846; Cass. SU 27 novembre 2007, n. 24625; Cass. SU 25 giugno 2010, n. 15323; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21677); quindi, se in base al suddetto criterio del petitum sostanziale – da determinare all’esito dell’indagine sull’effettiva natura della controversia in relazione alle peculiarità del singolo rapporto fatto valere in giudizio – si accerta che la controversia attiene alla lesione di un diritto soggettivo derivante da un atto o comportamento posto in essere dalla P.A. con i poteri del privato datore di lavoro, la giurisdizione compete al giudice ordinario senza che rilevi che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento di uno o più atti amministrativi (Cass. SU 28 giugno 2006, n. 14846; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21677; Cass. n. 33212 del 2018 cit.) o che comunque nel giudizio vengano in questione “</em>atti amministrativi presupposti<em>” illegittimi incidenti direttamente o indirettamente sulle situazioni giuridiche soggettive di cui si tratta, come tali disapplicabili da parte del giudice ordinario.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel ricorso introduttivo del giudizio di cui si tratta in questa sede l’avv. X ha sostanzialmente contestato la scelta di carattere essenzialmente fiduciario effettuata, nelle determinazioni n. 118, n. 132 e n. 147 del 3 ottobre 2018, dal Direttore generale dell’INPS – previo interpello e secondo la procedura indicata nella Determinazione presidenziale n. 33 del 5 aprile 2018, cui aveva partecipato senza esito favorevole anche il ricorrente originario – di conferimento degli incarichi di coordinamento rispettivamente centrale e territoriale dell’Area Professionale Legale attribuiti agli avvocati Y (Coordinatore centrale per le Risorse Umane), Z (Coordinatore Regionale Legale in Puglia) e W (Coordinatore Distrettuale Legale di Bari) domandando, altresì, l’annullamento degli atti presupposti, ivi comprese la determinazione presidenziale n. 33 del 5 aprile 2018, con la quale sono stati adottati i Criteri e modalità per il conferimento degli incarichi di coordinamento al personale dell’Area dei professionisti e dell’Area medica nonché la nota dell’Istituto n. 2772/2018 recante l’interpello conclusosi con i suddetti conferimenti di incarichi; come risulta dall’art. 33 del CCNL 21 luglio 2010 per la Dirigenza dell’Area VI (Enti pubblici non economici e Agenzie fiscali), i suddetti incarichi vengono attribuiti a professionisti delle singole Aree professionali, al fine di favorire la razionale distribuzione dei compiti tra i professionisti e la promozione della necessaria uniformità di indirizzo, ma non comportano una “</em>progressione verticale novativa<em>”, né danno luogo a sovraordinazione gerarchica di alcun tipo nei confronti di altri professionisti, sono di natura temporanea e sono revocabili anche prima della scadenza prevista; ne deriva che, in base al suddetto criterio del </em>petitum<em> sostanziale, è evidente che la controversia instaurata dall’avvocato Punzi, attiene alla lesione del diritto soggettivo al conferimento degli incarichi di coordinamento centrale o territoriale asseritamente derivante da atti o comportamenti posti in essere dalla P.A. con i poteri del privato datore di lavoro (in particolare, rappresentati dai provvedimenti del direttore generale conclusivi delle selezioni per interpello de quibus) ex art. 5 del citato d.lgs. n. 165 del 2001, sicché essa rientra nella giurisdizione del giudice ordinario senza che rilevi in contrario la soggettiva prospettazione della pretesa giudiziale effettuata dall’originario ricorrente come richiesta di annullamento di atti amministrativi, anche di macro-organizzazione, perché tali atti vengono in questione come meri “</em>atti amministrativi presupposti<em>”, incidenti direttamente o indirettamente sulle anzidette situazioni giuridiche di diritto soggettivo (del ricorrente e dei controinteressati) e, in quanto tali, possono essere disapplicati dal giudice ordinario, secondo quanto si è detto.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In conclusione, il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione deve essere accolto, per le ragioni suindicate; pertanto, sulla causa promossa dall’avv. X va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario dinanzi al quale vanno rimesse le parti, anche per le spese.</em></p>