Consiglio di Stato, III Sezione, sentenza 17 settembre 2024, n. 7604
PRINCIPIO DI DIRITTO
Il danno non patrimoniale è risarcibile: a) quando derivi da un fatto illecito integrante gli estremi di un reato (es. diffamazione, lesioni personali); b) nelle ipotesi espressamente previste dalla legge; il danno non patrimoniale è, ad esempio, risarcibile per espressa previsione normativa quando sia determinato dall’uso di espressioni offensive negli scritti difensivi durante un procedimento amministrativo o civile; c) quando sia stato leso un diritto della persona costituzionalmente garantito.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
- Con il ricorso iscritto al n. -OMISSIS-, proposto avanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, l’odierna appellante, signora -OMISSIS–, ha impugnato il d.P.R. 30.1.2021 avente ad oggetto la nomina della Commissione straordinaria per la provvisoria gestione del Comune di -OMISSIS- per infiltrazioni della criminalità organizzata, relativamente agli allegati contenenti le proposte ex art.143 TUEL del Ministro dell’Interno e del Prefetto di Lecce, nella parte in cui avrebbero fatto erroneamente riferimento alla posizione giuridico-soggettiva della ricorrente; con richiesta ex articolo del 30 c.p.a del risarcimento del danno, non patrimoniale ed all’immagine, allegatamente dalla stessa subìto.
1.1. Con sentenza n. -OMISSIS- il primo giudice ha declinato la giurisdizione; decisione poi riformata in appello, con sentenza n. -OMISSIS- che ha trattenuto la giurisdizione, sul presupposto che “l’azione intentata non mira alla caducazione dell’assetto di interessi posto dall’effetto tipico del provvedimento di scioglimento del Comune, ma è volta solamente all’accertamento (e dunque alla rimozione) del lamentato vizio istruttorio e motivazionale, ai fini del ristoro per equivalente dei danni patiti all’immagine e alla reputazione commerciale”.
1.2. In sede di riassunzione ex art.105 c.p.a il Tribunale, con sentenza 1 luglio 2022, n. 8986 ha ritenuto manifestamente infondato il ricorso disponendo, altresì, ai sensi dell’art. 126, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002, la revoca dell’ammissione della ricorrente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, con decreto collegiale n. -OMISSIS-.
- Si è costituita la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno che, con controdeduzioni, ha chiesto il rigetto dell’appello.
2.1. Non si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-.
- La causa è passata in decisione alla camera di consiglio del 12 settembre 2024.
- L’appello è infondato.
4.1. Come esposto brevemente in narrativa, la ricorrente ha impugnato il su visto decreto del Presidente della Repubblica, oltre agli uniti allegati di estremi specificati in epigrafe, limitatamente agli infra passaggi motivazionali della proposta del Ministero dell’Interno e della relazione del Prefetto di Lecce, là dove si sarebbe fatto esplicito riferimento -con affermazioni, ritenute dalla ricorrente, non vere e lesive della sua immagine- alle vicende relative alla gestione di un impianto pubblico sportivo denominato “-OMISSIS-”, dato in concessione alla ricorrente stessa.
4.2. L’appellante contesta tali affermazioni, sull’assunto che da esse traspariva, a suo dire, l’erroneo convincimento che la signora -OMISSIS- avesse potuto contribuire a determinare …il clima di connivenza tra amministratori locali e criminalità organizzata e, quindi, il commissariamento del Comune di -OMISSIS-; quando, invece, rimarca con forza la interessata di essere incensurata ed estranea a contatti – diretti o indiretti – con la criminalità organizzata.
4.3. Contesta nello specifico, la signora -OMISSIS- le infra indicate circostanze fattuali, riportate nella relazione conclusiva redatta dalla Commissione, incaricata di eseguire l’accesso nei confronti del Comune di -OMISSIS-, poi confluita nelle relazioni, prefettizia e ministeriale, allegate al provvedimento gravato,
4.4. Più in particolare, i passaggi motivazionali, asseritamente idonei ad arrecare un danno all’immagine della appellante sono i seguenti e, precisamente: i.) nella relazione del Ministero dell’Interno sarebbe, anzitutto, stato segnalato: …«l’interessamento – a seguito del sostegno elettorale ricevuto – di un altro ex assessore in favore di un soggetto controindicato sul contenzioso sorto a seguito della revoca contrattuale per morosità disposta nei confronti di un’associazione affidataria della gestione di campi di calcetto di proprietà comunale; tale associazione, condotta di fatto da un soggetto pregiudicato, risulta peraltro destinataria di due distinti provvedimenti interdittivi emessi il 22 febbraio 2016 e il 27 marzo 2017 dalla prefettura di Lecce». Va, peraltro, subito evidenziato che, nel caso che occupa, il richiamato provvedimento interdittivo è divenuto inoppugnabile e, pertanto, l’accertamento dell’illegittimità della mancata revisione non potrebbe arrecare alcun apprezzabile vantaggio alla signora -OMISSIS-. ii) Nella relazione del Prefetto di Lecce, si legge, poi, che: «solo in data 18.3.2019, il Comune di -OMISSIS-, dopo numerose riunioni tecniche di coordinamento tenutesi in questa Prefettura nel corso delle quali si è sollecitato l’immediato sgombero dell’impianto sportivo comunale, con l’ausilio della forza pubblica, è rientrato in possesso dello stesso, ponendo fine ad una gestione di fatto da parte di un soggetto fortemente controindicato che si protraeva sine titulo da quasi quattro anni».
4.5. Come già evidenziato, entrambi gli atti, i cui passaggi motivazionali sono oggetto di contestazione, scaturiscono dal su visto decreto del 12 ottobre 2020, a mezzo del quale il Prefetto di Lecce, ai sensi dell’art. 143 D.lgs. n. 267/2000, nel disporre l’accesso nei confronti dell’Amministrazione comunale di -OMISSIS-, ha nominato la Commissione d’indagine incaricata di verificare la sussistenza di possibili forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata, tali da legittimare l’eventuale scioglimento degli organi elettivi.
4.6. Nelle more dell’attività ispettiva della Commissione ed in seguito delle dimissioni intervenute, contestualmente, della metà più uno dei consiglieri comunali, il Consiglio comunale di -OMISSIS- è stato sciolto, ai sensi dell’art. 141, comma 1, lett. b, n. 3 del citato D.lgs. 267/2000 (d.P.R. 11 dicembre 2020). Infine, la Commissione d’accesso ha concluso la propria attività, depositando la relazione in data 16 dicembre 2020, versata in atti.
4.7. Alla luce della predetta relazione il Prefetto di Lecce – rilevata la presenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi – ha proposto l’adozione della misura di rigore di cui al citato articolo 143 T.U.O.E.L., disposta con l’avversato d.P.R. 30 gennaio 2021, e relativi allegati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 45 del 23 febbraio 2021
- Ebbene, occorre ora verificare se la richiesta risarcitoria per i danni allegatamente subìti dalla signora -OMISSIS-, in dipendenza delle surrichimate argomentazioni riportate nei citati pareri sia o meno fondata.
- L’appello è infondato.
- In proposito, in disparte restando la questione che la ricorrente risulta avere dedotto – nel primo grado del giudizio – un interesse alla decisione del merito slegato da connotazioni risarcitorie, perché essenzialmente rivolto all’esigenza di conoscere gli atti valorizzati dalla Prefettura per negare l’aggiornamento, per il quale -tale interesse cognitivo- avrebbe dovuto essere più propriamente coltivato mediante un ricorso ex art 116 c.p.a. e non con un’istanza istruttoria; ciò in quanto, l’ art 34 comma 3, c.p.a., come interpretato dalla giurisprudenza, consente l’accertamento incidentale sull’illegittimità dell’atto solo a fini risarcitori e non ad altri fini, perpetrandosi, altrimenti, un abuso degli strumenti processuali.
- In ogni caso basta in proposito rilevare che la infondatezza della domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente traspare, invero, con riguardo alla insussistenza dei presupposti per giustificarla, come ha ben chiarito il primo giudice.
- Come già esposto in narrativa, la presente controversia trae origine dalla surrichiamata esposizione delle circostanze fattuali, riportate nella relazione conclusiva, redatta dalla Commissione incaricata di eseguire l’accesso nei confronti del Comune di -OMISSIS-, poi confluita nelle relazioni prefettizia e ministeriale allegate al provvedimento gravato, con il quale la gestione provvisoria dell’ente è stata affidata alla Commissione straordinaria nominata ai sensi del successivo art. 144 T.U.O.E.L.
9.1. Anzitutto deve essere condiviso quanto statuito dal primo giudice riguardo alle affermazioni contenute negli atti impugnati ritenuti pienamente rispondenti al vero, riportando le stesse una: «neutra e fedele ricostruzione di alcune circostanze di fatto, in cui l’appellante non è neanche mai menzionata personalmente, e che, peraltro, sono dalla stessa documentate e sostanzialmente confermate».
9.2. D’altro canto, non può sottacersi che l’Associazione di cui la ricorrente è stata affidataria della gestione di beni di proprietà comunale, è stata colpita da due distinti provvedimenti interdittivi antimafia, divenuti oramai inoppugnabili.
9.3. Sul versante giurisprudenziale il danno non patrimoniale è stato, anzitutto, definito come quello “determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica” (Cass. Sez. Un. n. 26972/2008). Ai sensi dell’art. 2059 c.c. “Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge “. Si afferma, al riguardo, che il danno non patrimoniale è “tipico“, nel senso che sono tipiche le condizioni richieste dalla legge per poter accogliere la pretesa risarcitoria inerente lo stesso.
La giurisprudenza (Cass. n. 21716/2013; n. 1361/2014; S.U. n. 26972/2008) ha avuto modo di chiarire, sul punto in contestazione, che: “la categoria del danno non patrimoniale attiene ad ipotesi di lesione di interessi inerenti alla persona, non connotati da rilevanza economica o da valore scambio ed aventi natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) con funzione meramente descrittiva (danno alla vita di relazione, danno esistenziale, danno biologico, ecc.); ove essi ricorrano cumulativamente occorre, quindi, tenerne conto, in sede di liquidazione del danno, in modo unitario, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie, fermo restando, l’obbligo del giudice di considerare tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, mediante la personalizzazione della liquidazione”.
9.4.Non è, pertanto, ammissibile nel nostro ordinamento, l’autonoma categoria del “danno esistenziale” in quanto tutti i pregiudizi di carattere non economico, concretamente patiti dal danneggiato, rientrano nell’unica fattispecie del “danno non patrimoniale” di cui all’art. 2059 c.c.
Tale danno, infatti, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del c.d. danno morale soggettivo, ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, purché la lesione dell’interesse superi una soglia minima di tollerabilità (imponendo il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., di tollerare le intrusioni minime nella propria sfera personale, derivanti dalla convivenza) e purché il danno non sia futile e, cioè, non consista in meri disagi o fastidi (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 9283/2014).
9.5. In sintesi il danno non patrimoniale è risarcibile: a) quando derivi da un fatto illecito integrante gli estremi di un reato (es. diffamazione, lesioni personali); b) nelle ipotesi espressamente previste dalla legge; il danno non patrimoniale è, ad esempio, risarcibile per espressa previsione normativa quando sia determinato dall’uso di espressioni offensive negli scritti difensivi durante un procedimento amministrativo o civile; c) quando sia stato leso un diritto della persona costituzionalmente garantito. Alla luce delle svolte considerazioni, il lamentato pregiudizio subìto dal ricorrente difetta, pertanto, degli elementi costitutivi propri della responsabilità aquiliana e non sia imputabile all’Amministrazione, né sul piano oggettivo-causale, né sotto il profilo dell’elemento soggettivo del dolo e tanto meno della colpa.
9.6. Si tratta, invero, come già rilevato, di affermazioni – riportate negli atti allegati al gravato decreto – che non solo non possono ritenersi inveritiere, in considerazione dei presupposti posti a sostegno delle interdittive che hanno colpito l’associazione -OMISSIS-, ma, come ben evidenziato dal primo giudice, “negli atti contestati non è mai stata fatta menzione dell’appellativo della signora -OMISSIS-”.
- Ne segue l’infondatezza dell’appello, per tutte le assorbenti ragioni sin qui esaminate, e la conferma, anche per dette ragioni, della sentenza impugnata.
- Le spese della presente fase di giudizio possono essere interamente compensate tra le parti, tenuto conto della peculiarità delle questioni analizzate.