Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 09 dicembre 2022 n. 36057
PRINCIPIO DI DIRITTO
A seguito della riforma dell’art. 83 cod. proc. civ. disposta dalla legge n. 141 del 1997, il requisito della specialità della procura, richiesto dall’art. 365 cod. proc. civ. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica; nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso. Tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione; tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 cod. civ. e dall’art. 159 cod. proc. civ., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Le considerazioni dell’ordinanza interlocutoria.
- Nell’ordinanza interlocutoria la Sesta Sezione Civile osserva che, secondo un risalente e consolidato indirizzo giurisprudenziale espresso dalla sentenza 10 marzo 1998, n. 2642, delle Sezioni Unite, a seguito delle modifiche dell’art. 83 cod. proc. civ. introdotte dall’art. 1 della legge 27 maggio 1997, n. 141, quando dalla copia notificata all’altra parte risulta che il ricorso per cassazione (o il controricorso) presentano a margine o in calce, ovvero in foglio separato ad essi unito materialmente, una procura rilasciata al difensore che ha sottoscritto l’atto, tale procura, salvo che dal suo testo non si rilevi il contrario, deve considerarsi conferita per il giudizio di cassazione e soddisfa perciò il requisito della specialità previsto dall’art 365 cod. proc. civ. anche se non contiene alcun riferimento alla sentenza da impugnare o al giudizio da promuovere. Depone per la validità di siffatta procura l’art. 83 cod. proc. civ. (nella nuova formulazione risultante dalla legge n. 141 del 1997) il quale, interpretato alla luce dei criteri letterale, teleologico e sistematico, fornisce argomenti per ritenere che la posizione topografica della procura (il cui rilascio può ora avvenire oltreché in calce e a margine dell’atto anche in un foglio separato, ma congiunto materialmente all’atto) è idonea, al tempo stesso, a conferire la certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui l’atto accede.
Questo indirizzo, confermato da una serie innumerevole di pronunce successive, rappresenta, per l’ordinanza interlocutoria, «il punto di equilibrio tra due orientamenti, facenti capo a distinti principi di diritto»: il primo stabilisce che il criterio per valutare il requisito della specialità richiesto dall’art. 365 cod. proc. civ. non è lo stesso se la procura, anziché essere collocata in calce o a margine del ricorso, sia rilasciata con un atto autonomo; il secondo, invece, è nel senso che il criterio di valutazione è il medesimo, sia qualora la procura sia rilasciata a margine o in calce al ricorso sia nel caso in cui «sia rilasciata su un foglio separato ma materialmente congiunto al ricorso stesso».
- L’orientamento delle Sezioni Unite, però, sarebbe stato in qualche modo rivisto e modificato da recenti «più rigorosi indirizzi», in base ai quali il ricorso per cassazione è da ritenere inammissibile se la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso stesso, contiene «espressioni incompatibili con la specialità richiesta e dirette piuttosto ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali». E una situazione del genere ricorre, secondo la Sesta Sezione, in entrambi i ricorsi qui in esame.
Tali nuovi e più recenti indirizzi, peraltro formatisi in relazione a ricorsi nei quali la procura era stata rilasciata su foglio autonomo materialmente congiunto al ricorso, finiscono col restringere la portata applicativa del principio enunciato dalle Sezioni Unite nella suindicata sentenza, almeno in presenza di procure prive di ogni riferimento al procedimento di cassazione o munite di formule che chiaramente si riferiscono ai gradi di merito.
- L’ordinanza interlocutoria ricorda che sono intervenute alcune recenti novità normative che potrebbero indurre a rimeditare il problema.
In primo luogo, vengono richiamate le modifiche conseguenti all’introduzione del processo civile telematico anche nel giudizio di cassazione, con conseguente ulteriore interpolazione dell’art. 83 cod. proc. civ. ad opera dell’art. 45 della legge 18 giugno 2019, n. 69.
Nel testo attuale, infatti, la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata «su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia». Nel caso in cui, invece, la procura sia stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici «ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale».
Tali modalità dovrebbero, in prospettiva, diventare «tendenzialmente esclusive», e si tratta di forme nelle quali la connessione materiale tra la procura speciale firmata dalla parte e l’atto difensivo cui essa accede risulta ancor meno effettiva rispetto alla procura conferita su foglio a parte materialmente congiunto al ricorso.
Allo stesso modo, osserva l’ordinanza interlocutoria, va ricordata la recente normativa in tema di protezione internazionale (art. 35-bis, comma 13, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25) la quale, allo scopo di dimostrare la posteriorità della data di conferimento rispetto a quella del provvedimento impugnato, prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione in caso di mancata certificazione, da parte del difensore, della data di rilascio della procura in suo favore.
Tanto la disciplina del processo telematico quanto la disposizione ora richiamata in materia di protezione internazionale forniscono argomenti sia favorevoli che contrari rispetto all’orientamento fatto proprio dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 2642 del 1998.
- La Sesta Sezione afferma, quindi, che l’intervento delle Sezioni Unite è necessario per garantire la certezza e l’uniformità delle interpretazioni, dal momento che si profilano due diverse opzioni.
Da un lato, l’interpretazione secondo cui «sarebbe sempre e comunque necessario che la procura per il giudizio di cassazione risulti speciale in base al suo contenuto (e non in base ad una mera collocazione topografica) e, quindi, sarebbe sempre necessario che la stessa indichi la sentenza da impugnare ovvero, quanto meno, individui con assoluta certezza il giudizio per il quale viene rilasciata, ai fini del ricorso per cassazione».
Da un altro lato, invece, l’altra interpretazione secondo cui «basterebbe verificare che il difensore abbia correttamente effettuato l’operazione di “congiunzione” o “allegazione” della procura al ricorso cui accede, in tal modo implicitamente attestando, secondo le modalità previste dalla legge, di avere sottoposto il ricorso stesso, già completo, all’esame della parte, che ha avuto quindi la possibilità di prenderne visione».
Si tratta, secondo la Sezione rimettente, di una questione di massima di particolare importanza che può porsi «in una serie indefinita di ricorsi aventi ad oggetto le più svariate materie». Le Sezioni Unite, quindi, dovrebbero stabilire se il requisito della specialità della procura di cui all’art. 365 cit. possa essere soddisfatto anche solo in base al criterio topografico e indicare, in caso di conferma di detto criterio, quali siano le ipotesi nelle quali il testo della procura sia tale da ritenere incompatibile col requisito di specialità previsto dalla norma suindicata.
Il quadro normativo.
- Le Sezioni Unite ritengono innanzitutto di dover anteporre una breve ricapitolazione delle norme rilevanti.
Il punto di partenza è l’art. 83 cod. proc. civ., il cui secondo comma dispone che la procura alle liti può essere generale o speciale: è generale se viene conferita per un numero indefinito di controversie, è speciale se riferita ad una causa determinata; in relazione al ricorso per cassazione l’art. 365 cod. proc. civ. impone che la procura sia speciale e venga sottoscritta da un avvocato iscritto nell’apposito albo. Mentre, di regola, la procura alle liti deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata (art. 83, secondo comma, cit.), il successivo terzo comma riconosce al difensore il potere di autenticazione della firma in calce (cioè alla fine) o a margine dell’atto di inizio di ogni fase (citazione, comparsa di risposta, ricorso, controricorso, precetto etc.).
L’art. 83, terzo comma, ha subito, nel tempo, alcuni importanti modifiche.
In particolare, l’art. 1 della legge 27 maggio 1997, n. 141, ha interpolato nel testo di quel comma il seguente inciso: «La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce». Successivamente, l’art. 45, comma 9, lettera b), della legge n. 69 del 2009 ha aggiunto, di seguito all’inciso precedente, la seguente frase: «, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia». L’art. 45, comma 9, lettera c), della legge n. 69 del 2009 ha poi aggiunto, nel testo dell’art. 83, terzo comma, cit., un ulteriore periodo che così dispone: «Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica».
L’ultimo comma dell’art. 83 cod. proc. civ. stabilisce, infine, che la procura speciale «si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo quando nell’atto non è espressa volontà diversa».
In relazione, specificamente, al ricorso per cassazione, l’esistenza di una procura speciale validamente conferita è essenziale. Ciò risulta dall’art. 366, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., a norma del quale il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, «l’indicazione della procura, se conferita con atto separato», nonché dall’art. 369, secondo comma, n. 3), il quale dispone che insieme al ricorso debba essere depositato in cancelleria, a pena di improcedibilità, la procura speciale, se conferita con atto separato. Nello stesso senso depone, anche se indirettamente, l’art. 125 cod. proc. civ., secondo cui, mentre di regola la procura al difensore «può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata» (secondo comma), tale possibilità non sussiste quando la legge richiede che il difensore sia munito, per il compimento dell’atto, della procura speciale.
Lo status della giurisprudenza prima della riforma di cui alla legge n. 141 del 1997.
- Il problema della validità della procura alle liti – sia da un punto di vista generale che, specificamente, in relazione al ricorso per cassazione, per il quale la legge esige, per comprensibili ragioni, una particolare attenzione – ha affaticato a lungo la giurisprudenza di questa Corte.
6.1. Non è il caso di ripercorrere in questa sede, per ovvie ragioni di brevità, tutti i problemi in discussione quando il testo dell’art. 83 cod. proc. civ. non era stato ancora interessato dalla modifica di cui alla citata legge n. 141 del 1997.
È opportuno ricordare, però, anche per dare ragione del contesto nel quale si inserisce l’intervento legislativo ora indicato, che queste Sezioni Unite, con la sentenza 6 agosto 1977, n. 3571, già affermarono che le forme di cui all’art. 83 cit. per il conferimento della procura alle liti sono fondate sulla necessità di assicurare la certezza dell’esistenza e della tempestività della procura stessa e, quindi, la riferibilità alla parte dell’attività svolta dal difensore. La procura, cioè, non assolve soltanto allo scopo di rendere possibile il contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario, ma ha tanto una funzione interna, di regolazione dei rapporti tra la parte e il suo difensore, quanto una di validità esterna; essa, cioè, garantisce alla controparte, proprio in considerazione dell’importanza pubblica del processo, che l’attività svolta dal difensore sia con certezza giuridica riferibile al titolare della posizione sostanziale controversa.
Nel solco di tale insegnamento queste Sezioni Unite, con la successiva sentenza 22 novembre 1994, n. 9869, furono chiamate ad affrontare il problema, oggetto di pronunce contrastanti, della validità o meno della procura alle liti apposta su foglio separato, unito con punti metallici all’atto del processo, con sottoscrizione autenticata dal difensore. Componendo il contrasto di giurisprudenza, quel Collegio partì dalla premessa per cui il difensore non è munito di un potere certificatorio generale, bensì soltanto di quello, eccezionalmente conferitogli dall’art. 83, terzo comma, cod. proc. civ., di autenticare la sottoscrizione della parte che gli ha rilasciato la procura solo nell’ipotesi che questa gli sia conferita in calce o a margine degli atti in tale norma espressamente indicati. E, sulla base di tale premessa, che rispondeva alla formulazione dell’art. 83 cit. allora vigente, queste Sezioni Unite stabilirono che è affetta da nullità la procura autenticata dal difensore e rilasciata su un foglio staccato dall’atto processuale cui accede e legato allo stesso da una spilletta. Simile procura, infatti, non poteva considerarsi apposta in calce all’atto, perché non forma con esso un corpo unico, ed era priva dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo (art. 156, secondo comma, cod. proc. civ.) perché «la norma non attribuisce in questa ipotesi al difensore il potere certificatorio».
6.2. Le Sezioni Unite tornarono sull’argomento nella successiva sentenza 27 ottobre 1995, n. 11178.
In quella pronuncia fu affrontato un problema diverso, e cioè quello della possibilità o meno di qualificare “speciale” una procura conferita per la proposizione del ricorso per cassazione – in quel caso si trattava del ricorso incidentale – in una data certamente successiva a quella di pubblicazione della sentenza impugnata e a quella di notificazione del ricorso principale, ma tuttavia con una formulazione priva di un esplicito riferimento al ricorso per cassazione e al grado del processo per il quale essa era stata conferita. Dopo aver ricordato che il requisito della specialità della procura non sussiste se essa è conferita prima della pubblicazione del provvedimento impugnato col ricorso, quella sentenza rilevò essere non infrequente, nella pratica giudiziaria, il caso di una procura che «non espliciti in modo chiaro la volontà che sia proposto ricorso per cassazione e, anzi – per essersi fatto ricorso all’uso di timbri predisposti per altre evenienze o per poter essere impiegati in ogni circostanza – dia adito al sorgere della questione se una procura speciale, nel senso richiesto dall’art. 365 cod. proc. civ., vi sia o no».
Componendo il contrasto interpretativo che era sorto sul punto, queste Sezioni Unite posero in luce la necessità «di indagare la volontà della parte senza limitarsi al senso letterale delle parole (art. 1362, primo comma, cod. civ.), impiegando gli altri criteri ermeneutici indicati dagli artt. 1363 e ss. cod. civ., in quanto compatibili con la struttura dell’atto». Fu quindi affermato che l’impiego di «espressioni di significato non univoco» o «un’esemplificazione non appropriata al caso» non erano tali da escludere «un’interpretazione dell’atto conforme alla presumibile intenzione della parte». Assumendo come criterio interpretativo il principio di conservazione degli atti (art. 159 cod. proc. civ.), quella sentenza pervenne alla conclusione che «se la certezza sul fatto che la procura è stata apposta a margine d’un ricorso o controricorso già redatto esclude per sé ogni dubbio sulla volontà della parte di proporlo, quale sia stato il tenore dei termini usati nella redazione della procura; la mancanza d’una prova siffatta e la conseguente incertezza al riguardo dell’effettiva portata della volontà della parte manifestatasi attraverso espressioni non univoche o generiche ovvero attraverso l’impiego di esemplificazioni non appropriate, non può tradursi in una pronunzia di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale, ma va superata attribuendo alla parte la volontà che consente all’atto di procura di avere effetto».
Tale principio, si disse in quell’occasione, non può tuttavia operare in presenza di espressioni «che univocamente conducano ad escludere che la parte abbia inteso rilasciare la procura per proporre ricorso per cassazione».
Gli sviluppi successivi alla riforma di cui alla legge n. 141 del 1997 e la sentenza n. 2642 del 1998.
- Intervenuta la legge qui indicata – la quale, sia detto per inciso, fu probabilmente determinata proprio da una nota vicenda giudiziaria che non è qui il caso di richiamare – queste Sezioni Unite furono nuovamente chiamate a pronunciarsi sulla questione e lo fecero con la sentenza 10 marzo 1998, n. 2642 (ricordata nell’odierna ordinanza interlocutoria).
Questa decisione si pose in continuità con la sentenza n. 11178 del 1995, in quanto esordì ribadendo che, se dalla copia notificata alla controparte risulta che il ricorso per cassazione o il controricorso contengono una procura rilasciata al difensore che ha firmato l’atto, «tale procura – salvo che dal suo testo non si rilevi il contrario – deve considerarsi conferita per il giudizio di cassazione e costituisce perciò una valida procura speciale, anche se non contiene un riferimento alla sentenza da impugnare o al giudizio da promuovere».
In relazione, poi, alla novità introdotta dalla legge n. 141 del 1997 nel testo dell’art. 83, terzo comma, cod. proc. civ., queste Sezioni Unite rilevarono che la modifica, pur essendo in apparenza dettata per regolare il caso della procura redatta su foglio separato, doveva indurre a ripensare più in generale il problema della specialità della procura. Quella sentenza dichiarò, quindi, che l’obiettivo primario del legislatore era quello di «porre rimedio al problema aperto dalla sentenza n. 9869 del 1994 delle Sezioni Unite, piuttosto che quello di introdurre e disciplinare soltanto un nuovo modo di conferire la procura speciale». Richiamati alcuni passaggi dei lavori parlamentari, le Sezioni Unite osservarono che la vera ragione della riforma era quella di «evitare di favorire atteggiamenti cavillosi, che producano la sconfitta della giustizia». Nella motivazione si legge che, per dare attuazione alla voluntas legis, «si deve evitare di perpetuare una giurisprudenza esasperatamente casistica, quale inevitabilmente si riprodurrebbe continuando a ricercare nella procura conferita su foglio separato indici di riferimento all’atto, cui la procura è stata unita dal difensore».
Quella sentenza, quindi, formulò in modo chiaro un concetto che, come in seguito si vedrà, è stato poi molte volte ripreso, e cioè quello dell’importanza del c.d. criterio topografico. Si legge ancora in motivazione che «la procura speciale, redatta in margine o in calce ad un determinato atto (e attualmente anche in un foglio separato congiunto materialmente all’atto), deve ritenersi rilasciata per il giudizio cui l’atto stesso si riferisce. Pertanto, anche per il giudizio di legittimità non sembra infondato inferire che la procura rilasciata in margine, in calce o in un foglio separato ma unito al ricorso (o al controricorso) si riferisca al giudizio di cassazione. In definitiva, dalla disposizione dell’art. 83 cpv. cit. può argomentarsi che la posizione topografica della procura conferisca la certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e che, ad un tempo, dia luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui l’atto accede». Tale presunzione, peraltro, secondo quanto già indicato dalla suindicata sentenza del 1995, non opera in presenza «di espressioni, che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di rilasciare la procura per proporre ricorso per cassazione».
Nessun dubbio sussiste dunque, secondo questa decisione, circa la piena equipollenza, conseguente al mutamento legislativo, tra procura redatta a margine, in calce o su foglio separato unito al ricorso o al controricorso, perché il criterio topografico assume un ruolo decisivo.
La giurisprudenza successiva.
- L’orientamento inaugurato dalla sentenza n. 2642 del 1998 è stato molte volte ribadito dalla giurisprudenza successiva, fino ai giorni nostri.
Non occorre qui indicare tutti i (numerosissimi) provvedimenti che si sono posti in linea di continuità con tale insegnamento. Una serie nutrita di pronunce ha utilizzato il criterio topografico per svalutare l’eventuale assenza, nella procura speciale, di un riferimento specifico a quel giudizio di cassazione, così come il fatto che la procura, per la sua formulazione, fosse in modo evidente riferita ai giudizi di merito, nonché il fatto che la procura non fosse datata.
Sono da richiamare, in proposito, alcune decisioni di queste Sezioni Unite, anche se non pronunciate ai sensi dell’art. 374, secondo comma, cod. proc. civ. (sentenze 17 dicembre 1998, n. 12625, 27 luglio 1999, n. 510, 18 aprile 2002, n. 5556, 27 novembre 2002, n. 16830), nonché una serie di decisioni delle Sezioni semplici. Queste ultime, in particolare, hanno più volte ribadito che il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso e alla sentenza contro la quale l’impugnazione si rivolge, risultando anche irrilevante che la procura faccia riferimento a poteri e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito; sempre che dal relativo testo sia dato evincere una positiva volontà del conferente di adire il giudice di legittimità (così, tra le altre, con diversità di accenti determinati dalle peculiarità di ciascun caso, le sentenze 5 dicembre 2003, n. 18648, 9 maggio 2007, n. 10539, 17 dicembre 2009, n. 26504, 13 dicembre 2010, n. 25137, 1° settembre 2014, n. 18468, 4 maggio 2016, n. 8798 e 9 gennaio 2020, n. 214; nonché le ordinanze 3 ottobre 2019, n. 24670, 30 novembre 2020, n. 27302, 17 gennaio 2022, n. 1165, e 28 marzo 2022, n. 9935).
E’ peraltro da evidenziare, ai fini del discorso che successivamente si andrà a sviluppare, che queste decisioni sono per lo più, se non nella loro totalità, emesse in giudizi nei quali la procura era in calce o a margine, cioè in casi nei quali era fuori discussione che la medesima formasse corpo unico col ricorso o il controricorso.
- In anni più recenti, però, come correttamente ha rilevato l’ordinanza interlocutoria, si è andato manifestando un orientamento diverso, più rigoroso, che in qualche misura è in contrasto con quello indicato dalla sentenza n. 2642 del 1998 delle Sezioni Unite.
Si tratta di una serie di pronunce, piuttosto numerose, che hanno dichiarato l’inidoneità della procura speciale, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione, in riferimento a procure redatte su foglio separato e aventi un contenuto ritenuto non idoneo allo scopo.
È stato affermato, ad esempio, che è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell’art. 83, terzo comma, cod. proc. civ., contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione ed univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (ordinanza 24 luglio 2017, n. 18257).
Tale principio è stato in seguito confermato, tra le altre, dai seguenti provvedimenti: l’ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25177 (caso nel quale la procura era stata conferita su foglio separato, privo di timbro di congiunzione e con riferimenti esclusivi alle fasi di merito del giudizio, senza nessun richiamo al giudizio di cassazione); l’ordinanza 5 novembre 2018, n. 28146; la sentenza 2 luglio 2019, n. 17708; l’ordinanza 18 febbraio 2020, n. 4069 (caso in cui la procura era priva di una data successiva al deposito della sentenza d’appello e non conteneva alcun riferimento alla sentenza impugnata o al giudizio di cassazione); l’ordinanza 28 luglio 2020, n. 16040; l’ordinanza 20 gennaio 2021, n. 905 (caso in cui la procura risultava conferita in data anteriore a quella della sentenza impugnata); l’ordinanza 2 novembre 2021, n. 31191 (procura che conteneva un riferimento al «presente giudizio pendente davanti alla Corte di cassazione», ritenuto generico), e l’ordinanza 10 novembre 2021, n. 33274 (caso in cui la procura, illeggibile, era stata apposta a margine di un foglio bianco allegato al ricorso, di modo che non poteva ritenersi “tutt’uno” con il ricorso stesso).
Va detto, peraltro, che quest’orientamento non costituisce una totale novità, perché già in anni più risalenti alcune pronunce avevano dichiarato l’inidoneità della procura speciale, redatta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso, in quanto riferita a giudizi palesemente diversi da quello di cassazione (si vedano, tra le altre, le sentenze 16 dicembre 2004, n. 23381, e 21 marzo 2005, n. 6070, casi nei quali la procura era riferita ad un giudizio penale).
- A conclusione della ricostruzione fin qui compiuta, occorre ricordare che in tempi recentissimi queste Sezioni Unite sono ulteriormente tornate sul problema dei requisiti di validità della procura speciale ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, con due pronunce emesse a breve distanza di tempo.
10.1. La prima decisione è la sentenza 1° giugno 2021, n. 15177, avente ad oggetto la delicata questione della procura speciale nei giudizi di protezione internazionale (art. 35-bis, comma 13, del d.lgs. n. 25 del 2008). Si tratta di una pronuncia che non rileva specificamente nel caso odierno, ma che comunque chiarisce ancora – ove mai ve ne fosse bisogno – che la norma speciale ora indicata «ha inteso modificare l’accesso al giudizio di legittimità rispetto alle ordinarie ipotesi contemplate dalla disciplina processuale ordinaria, prevedendo, per le controversie disciplinate dall’art. 3 del d.lgs. n. 25/2008 e da quelle che allo stesso hanno successivamente rinviato, che la procura speciale debba necessariamente ed indefettibilmente essere rilasciata dal ricorrente in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento sfavorevole». Tale potere certificatorio, hanno chiarito queste Sezioni Unite, «non può dunque ritenersi mera declinazione del sistema di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3) e art. 125, comma 3, c.p.c., essendosi demandato al difensore un atto ben distinto ed ulteriore di fidefacienza circa il conferimento della procura posteriore alla comunicazione del decreto impugnato, che si aggiunge all’autonomo potere asseverativo demandato al difensore quanto all’autenticità della firma».
Ne viene quindi confermato che, di regola, il potere certificatorio del difensore è limitato alla firma e non include altro, tanto che il legislatore, quando ha voluto conferire al difensore il potere-dovere di certificare anche la data, ha ritenuto di doverlo dire espressamente.
10.2. Più vicina al problema oggi in esame è la sentenza 19 novembre 2021, n. 35466, alla quale l’ordinanza interlocutoria si è richiamata per giustificare l’ulteriore rimessione a queste Sezioni Unite della questione odierna.
In quella sentenza è stato enunciato il seguente principio di diritto: «L’incorporazione della procura rilasciata ex art. 83, terzo comma, c.p.c. nell’atto di impugnazione estende la data di quest’ultimo alla procura medesima, per cui si presume che quest’ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica dell’atto che la contiene. Pertanto non rileva, ai fini della verifica della sussistenza o meno della procura, l’eventuale mancata riproduzione o segnalazione di essa nella copia notificata, essendo sufficiente, per l’ammissibilità del ricorso per cassazione, la presenza della procura nell’atto originale».
È opportuno osservare che nel corpo della motivazione le Sezioni Unite hanno ricapitolato il percorso compiuto dall’ordinanza interlocutoria, identificando tre quesiti (punto 3.6.). A conclusione della decisione, però, la sentenza ha risposto solo al primo quesito, dando per assorbiti gli altri; per cui correttamente l’odierna ordinanza interlocutoria è tornata a porre la questione qui in esame, che non può considerarsi affrontata dalla sentenza del 2021.
Va peraltro rilevato che la sentenza n. 35466 è pervenuta alla conclusione sopra trascritta dando massima importanza, ancora una volta, all’elemento della incorporazione (v. punto 14 della motivazione). Si legge in motivazione, infatti, che si è davanti «alla incorporazione di due elementi di natura diversa, ciascuno dei quali però, utilizzato da solo, non produrrebbe reali effetti in relazione alla fruizione dei diritti processuali: il ricorso privo di procura speciale al suo interno sarebbe inammissibile, e la procura non apposta in calce o a margine di un atto processuale non inciderebbe per aprire un processo. Anche questo conferma che l’unitarietà è lo scopo cui l’atto e la procura sono predisposti, vale a dire che l’incorporazione non è un fenomeno relativo/parziale/eventuale, bensì è il compimento, inclusivo e assoluto, cui sono diretti i due componenti». Ed è partendo da tale assunto che la sentenza n. 35466 del 2021 ha concluso nel senso che l’incorporazione «fa sì che anche la data di emissione dell’atto processuale investa e quindi cronologicamente identifichi la procura»; ragione per cui, poiché il ricorso (come il controricorso) «nasce dopo la sentenza cui attiene e prima della propria notifica, la sua data viene condivisa dalla procura».
La soluzione della questione.
- Queste Sezioni Unite ritengono che la soluzione del problema debba prendere avvio da una constatazione in sé semplice ma che, tuttavia, continua a dividere la giurisprudenza, come risulta in modo evidente dalla ricostruzione compiuta fin qui. Si è visto, infatti, che le sentenze (di cui al precedente punto 8) che hanno ripreso e confermato l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 2642 del 1998 sono state pronunciate, per quanto risulta, in casi nei quali la procura speciale per la proposizione del ricorso per cassazione (o del controricorso) era stata redatta a margine o in calce all’atto. Viceversa, le decisioni (di cui al precedente punto 9) espressive di quello che l’ordinanza interlocutoria definisce come orientamento più rigoroso sono state emesse in casi nei quali la procura era stata conferita con un atto separato.
Questa distinzione – la quale, benché non formalmente enunciata, rimane sottesa al contrasto di giurisprudenza – deve essere, ad avviso di questo Collegio, definitivamente superata, in modo che l’approdo interpretativo al quale si giungerà valga tanto per le procure redatte a margine o in calce quanto per quelle redatte su atto separato. Dopo tutto, l’ordinanza interlocutoria ha chiesto di fare chiarezza sul punto in modo da ridurre quanto più possibile le «difformità interpretative» e orientare le pronunce verso una linea unitaria; che è poi la ragione stessa, nell’attuale assetto dell’ordinamento, dell’intervento delle Sezioni Unite.
Il punto di partenza, quindi, deve essere quello che si è detto, per la semplice ragione che mantenere la citata distinzione è in contrasto con la riforma di cui alla legge n. 141 del 1997. La ricostruzione storica che si è cercato di compiere nelle pagine precedenti dimostra che quell’intervento legislativo aveva proprio questo esplicito obiettivo, ossia equiparare la procura rilasciata su foglio separato, che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, alla procura redatta a margine o in calce. Esigere dalla procura scritta su foglio separato un qualcosa di più equivale a travisare il senso di quella fondamentale riforma e a riportare indietro, se così si può dire, l’orologio del tempo. Se la giurisprudenza di questa Corte avesse costantemente tenuto come guida la volontà di equiparazione posta dal legislatore del 1997 (e non più modificata), le oscillazioni che l’ordinanza interlocutoria ha posto bene in luce probabilmente non si sarebbero determinate.
- Partendo da questa premessa, le Sezioni Unite ritengono di comporre il contrasto di giurisprudenza dando continuità all’orientamento già espresso nelle due fondamentali sentenze n. 11178 del 1995 e n. 2642 del 1998.
È opportuno osservare, come correttamente ha sostenuto il Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte, che la soluzione del problema non può prescindere dalla considerazione della centralità del diritto di difesa, riconosciuto dall’art. 24 Cost. e dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale diritto, come più volte ribadito sia dalla Corte costituzionale che dalle Corti europee, per poter essere concretamente esercitato, impone che gli ostacoli di natura procedurale impeditivi al raggiungimento di una pronuncia di merito siano limitati ai casi più gravi, nei quali non è possibile assumere una decisione diversa (si veda, tra le pronunce più recenti, la nota sentenza della CEDU 28 ottobre 2021, pronunciata nel caso Succi contro Italia, nella quale la Corte europea ha evidenziato che le limitazioni all’accesso alle Corti Supreme non devono essere interpretate in modo troppo formale). Tutto ciò sulla base dell’indiscutibile affermazione secondo cui il processo deve tendere per sua natura ad una decisione di merito, perché risiede in questo l’essenza stessa del rendere giustizia.
Deve poi aggiungersi, per quanto specificamente riguarda il problema oggi in esame, che l’art. 111, settimo comma, Cost., prevede che il ricorso per cassazione costituisca uno strumento «sempre ammesso» contro le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale; il che è in armonia con il ruolo di supremo giudice che la Carta fondamentale attribuisce a questa Corte.
Non bisogna dimenticare, inoltre, la centralità del ruolo che il difensore gioca, in favore del proprio cliente, per consentire che il diritto di difesa venga realmente esercitato; tant’è che la procura alle liti, come in precedenza si è detto, risponde da un lato all’esigenza di regolazione dei rapporti tra la parte e il difensore e, dall’altro, a quella esterna di garanzia, per le controparti, della riferibilità all’assistito dell’attività svolta dal difensore.
Due devono essere, ad avviso di queste Sezioni Unite, i fari che orientano l’attività di valutazione dell’idoneità o meno della procura speciale ai fini della proposizione del ricorso per cassazione (come del controricorso e degli atti equiparati): da un lato, la piena valorizzazione del criterio della collocazione topografica e, dall’altro, il principio di conservazione degli atti giuridici che, fissato come norma generale in materia di interpretazione dei contratti (art. 1367 cod. civ.), sussiste anche in materia processuale (art. 159 cod. proc. civ.).
Traducendo in forma più concreta quanto si è detto, va affermato che la sicura riferibilità al difensore della procura redatta a margine o in calce al ricorso sussiste anche per quella redatta su un atto separato ma congiunto materialmente al medesimo; e ciò tanto in presenza quanto in assenza di timbri di congiunzione, perché il requisito dell’incorporazione è stato legislativamente ritenuto presente anche nella seconda ipotesi. In altri termini, l’unità fisica che pacificamente esiste per la procura a margine o in calce al ricorso – e che toglie ogni dubbio sulla sua validità, come emerge anche dalle pronunce dell’orientamento più restrittivo – è stata legalmente creata dal legislatore, per la procura redatta su foglio separato e congiunto, con la legge n. 141 del 1997. Com’è stato efficacemente detto dalla sentenza n. 2642 del 1998, «può argomentarsi che la posizione topografica della procura conferisca la certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e che, ad un tempo, dia luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui l’atto accede».
Tale parificazione è, in effetti, una presunzione che dà attuazione al principio di conservazione dell’atto; di talché, riprendendo ancora un passaggio della sentenza appena richiamata, la procura redatta su foglio separato ma materialmente congiunto è da ritenere valida «in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione».
Questo ulteriore passaggio dimostra la continuità tra la sentenza n. 2642 del 1998 e la sentenza n. 11178 del 1995; come si è detto in precedenza, la scelta da quest’ultima compiuta nel senso di dare il massimo risalto al principio di conservazione degli atti deve necessariamente arrestarsi qualora la procura sia stata redatta in modo tale da escludere con certezza che la parte, nel conferirla, abbia inteso attribuire al difensore il potere di proporre il ricorso per cassazione. Al contrario, com’è stato più volte affermato dalle sentenze indicate in precedenza al n. 8, il fatto puro e semplice che la procura contenga riferimenti ad attività tipiche del giudizio di merito, o sia redatta priva di data, non implica, di per sé, che la stessa debba ritenersi invalida.
- Il Collegio è consapevole del fatto che non mancano, anche da parte della dottrina, sollecitazioni nel senso di esigere un qualcosa di più affinché la procura possa essere considerata speciale e, quindi, idonea ai fini dell’art. 365 cod. proc. civ.; in questo senso, provando a formulare un’ipotesi, si potrebbe richiedere che essa indichi il numero e l’anno del provvedimento impugnato, in modo da garantire la sicura posteriorità della stessa rispetto a quel provvedimento.
Tale opzione, tuttavia, non è percorribile e ciò per almeno due ragioni.
Da un lato, perché deve valere in questo campo la vecchia massima ubi voluit, dixit; e di questo si trae conferma proprio dalla norma speciale di cui si è detto a proposito della protezione internazionale. Assolutamente condivisibile si presenta, su questo punto, il rilievo del Procuratore generale il quale, nella sua requisitoria scritta, ha osservato che «la scelta di trincerarsi dietro un rigido formalismo, a tal fine richiedendo che il testo della procura alle liti riporti il riferimento numerico della pronuncia impugnata dinanzi alla Corte di legittimità, non è in linea con la più convincente elaborazione dottrinale», oltre a non tenere conto «della natura, eminentemente disponibile, degli interessi coinvolti».
Da un altro lato, e con grande forza, queste Sezioni Unite intendono ribadire che l’avvocato che propone un ricorso per cassazione, il quale deve essere iscritto, tra l’altro, all’apposito albo speciale, è investito di una funzione di grande rilievo sociale, che esige da lui la massima professionalità. L’esercizio della giurisdizione non può avere luogo senza la reciproca e continua collaborazione tra avvocati e magistrati, che si deve fondare sul principio di lealtà; per cui, ove il professionista tradisca questa fiducia, potrà certamente essere chiamato a rispondere, in altra sede, del suo operato infedele; ma non si deve trarre dall’esistenza di possibili abusi, che pure talvolta si verificano, una regola di giudizio che abbia come presupposto una generale e immotivata sfiducia nell’operato della classe forense.
- La bontà dell’approdo interpretativo qui raggiunto è ulteriormente confermata dalle riflessioni che, raccogliendo le sollecitazioni dell’ordinanza interlocutoria, devono essere compiute in riferimento al processo telematico.
Come si è già detto in precedenza, il testo attualmente vigente dell’art. 83 cod. proc. civ. prevede anche, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 69 del 2009, due diverse possibilità di conferimento della procura: la procura redatta su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia, nonché la procura conferita su supporto cartaceo, che il difensore trasmette in copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica (ipotesi, allo stato, ancora numericamente prevalente).
In relazione alla prima modalità di conferimento, la normativa cui fa riferimento l’art. 83 cit. va individuata, ad oggi, nel d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, e nelle specifiche tecniche previste dall’art. 34 del decreto stesso ed emanate con decreto dirigenziale del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. A norma dell’art. 18, comma 5, del d.m. cit., nel testo sostituito dall’art. 1, comma 1, del d.m. 3 aprile 2013, n. 48, la procura alle liti «si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine».
Occorre poi considerare che l’art. 13 del d.m. n. 44 del 2011 e l’art. 14, comma 1, delle specifiche tecniche, nel testo attualmente vigente (vale a dire il decreto del 16 aprile 2014, nella versione modificata in parte qua dal decreto del 28 dicembre 2015), stabiliscono che i documenti informatici (atto del processo e documenti allegati) sono trasmessi dagli utenti esterni (tipicamente i difensori), all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario destinatario, all’interno della c.d. “busta telematica”. Ne consegue che, secondo la normativa regolamentare sul PCT, la procura speciale (rilasciata su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale ovvero conferita su supporto cartaceo e successivamente digitalizzata mediante estrazione di copia informatica autenticata con firma digitale) sarà considerata apposta in calce se allegata al messaggio di posta elettronica certificata (PEC) con il quale l’atto è notificato ovvero se inserita nella “busta telematica” con la quale l’atto è depositato.
Nella prospettiva di un prossimo futuro nel quale anche nel processo di cassazione lo strumento telematico sarà l’unico utilizzabile, quindi, il requisito della “congiunzione materiale” sarà soddisfatto, nella realtà virtuale, con l’inserimento del documento contenente la procura speciale nel messaggio PEC con cui si procede alla notifica dell’atto cui si riferisce ovvero nella busta telematica con la quale si procede al deposito del medesimo atto. Ne deriva l’ulteriore conferma che il requisito della separazione della procura dall’atto cui essa accede sarà la regola generale, il che indirettamente rafforza la validità dell’orientamento tradizionale che queste Sezioni Unite intendono confermare.
L’enunciazione del principio di diritto.
- Il contrasto di giurisprudenza prospettato dall’ordinanza interlocutoria va risolto, pertanto, enunciando il seguente principio di diritto:
«A seguito della riforma dell’art. 83 cod. proc. civ. disposta dalla legge n. 141 del 1997, il requisito della specialità della procura, richiesto dall’art. 365 cod. proc. civ. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica; nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso. Tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione; tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 cod. civ. e dall’art. 159 cod. proc. civ., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti».
L’esame della procura conferita nel caso in esame.
- Alla luce del principio appena enunciato emerge che la procura conferita nel caso in esame dalla ricorrente è valida. Essa, infatti, è sottoscritta dalla ricorrente Gina Tralicci, con firma autenticata dal difensore avv. Saverio Cosi, ed è conferita con atto separato e materialmente congiunto al ricorso, nel quale si afferma di voler attribuire al difensore il mandato in ogni stato e grado del giudizio.
L’ampiezza della formula utilizzata, sebbene contenente riferimenti anche ad attività tipiche del giudizio di merito, è tale da consentire di ritenere compresa anche la possibilità di proporre ricorso per cassazione, in virtù del principio di incorporazione interpretato nei sensi di cui in motivazione.
Ne consegue che, dichiarata la validità della procura speciale conferita dalla ricorrente, il ricorso va restituito alla Sesta Sezione Civile – 3 per la decisione.