Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 03 settembre 2022 n. 11
PRINCIPIO DI DIRITTO
Qualora il termine lungo di impugnazione abbia cominciato a decorrere prima del periodo feriale, al termine di impugnazione, calcolato a mesi, ai sensi degli articoli 155, secondo comma, c.p.c. e 2963, quarto comma, c.c. (per cui il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale coincidente con la data di pubblicazione della sentenza), va alla fine aggiunto, realizzandosi così un prolungamento di tale termine nella misura corrispondente, il periodo di 31 giorni di sospensione previsto dalla l. n. 742 del 1969, come ribadito dall’art. 54, comma 2, del c.p.a., computato ex numeratione dierum ai sensi dell’art. 155, primo comma, c.p.c.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- La questione di principio sollevata dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sottoposta all’esame della Adunanza Plenaria, riguarda le modalità con le quali va computato il periodo della sospensione feriale, ai fini del calcolo del termine lungo di impugnazione delle sentenze.
In particolare, la questione riguarda l’incidenza che ha la sospensione dei termini processuali, dal primo al 31 agosto di ciascun anno (come disciplinata dall’art. 16 del decreto legge n. 132 del 2014, convertito nella legge n. 162 del 2014), ai fini del calcolo del termine di impugnazione, laddove questo termine abbia cominciato a decorrere prima della sospensione “feriale”.
- Nell’ambito dei termini processuali, i termini perentori di impugnazione delle sentenze (v. art. 326 c.p.c. e art. 92 c.p.a.) sono soggetti ad ipotesi particolari di sospensione, talune previste dal codice di procedura civile (43, 398, comma 4), altre da disposizioni speciali emanate dal legislatore, specie in occasione di eventi bellici o di calamità naturali o di eventi epidemiologici (v. ad esempio l’art. 49, comma 2, del decreto legge n. 189 del 2016, in occasione del sisma che ha colpito il centro Italia, l’art. 83 del decreto legge n. 18 del 2020 e l’art. 36, comma 3, del decreto legge n. 23 del 2020, in occasione della pandemia da Covid-19), che abbiano impedito o compromesso l’ordinario svolgimento delle attività processuali.
- A differenza di queste ultime sospensioni, legate a fenomeni emergenziali e di regola temporanei, quella legata alla pausa estiva – stabilita dalla l. n. 742 del 1969 (preceduta dalla l. n. 818 del 1965) – costituisce un’ipotesi di sospensione dei termini processuali di carattere generale, sebbene con alcune eccezioni, ed è giustificata dall’intento di salvaguardare un periodo di ferie per gli avvocati, i quali sarebbero altrimenti vincolati al rispetto dei termini anche per tutto il periodo estivo.
Si tratta, in questo senso, di una misura di sospensione generale, a tutela del diritto di difesa (come già rilevato a suo tempo da questa Adunanza nella pronuncia n. 5 del 1978, a p. 5, e in seguito più volte ribadito dalla Corte costituzionale, con le sentenze n. 255 del 1987, n. 49 del 1990 e n. 380 del 1992), conosciuta e disciplinata anche in altri ordinamenti europei, come dimostrano gli esempi di Austria, Belgio, Portogallo e Spagna (notizie al riguardo sono ricavabili anche dal sito e-justice.europa.eu).
L’art. 1 della l. n. 742 del 1969 – nel disporre la sospensione di diritto dei termini processuali dal 1° al 31 agosto di ciascun anno, e specificando che il loro decorso “riprende” dalla fine del periodo di sospensione – fa espresso riferimento ai termini relativi alla giurisdizione ordinaria ed a quelle amministrative.
La sicura applicazione di tale sospensione anche al giudizio amministrativo dinanzi ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato è confermata anche dall’art. 5 della medesima legge, dove l’eccezione prevista per il giudizio cautelare presuppone chiaramente che valga, altrimenti, la regola della sospensione per ogni altro rito dinanzi al giudice amministrativo (v. già Cons. St., Ad. Plen. n. 5 del 1978).
Della nozione di termini processuali – giova ricordare, per completezza – la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha sempre dato interpretazioni piuttosto ampie, riconoscendo tale carattere, ad esempio, anche ai termini per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi (sin dalla decisione n. 202 del 1967; con esiti non dissimili si veda anche Corte costituzionale n. 49 del 1990, con riguardo all’impugnazione delle delibere condominiali).
In questo quadro normativo, le disposizioni sopravvenute racchiuse nei commi 2 e 3 dell’art. 54 del c.p.a., nel ribadire per il giudizio amministrativo sia la regola che l’eccezione in tema di sospensione feriale dei termini processuali, non hanno introdotto elementi di differenza o di novità. Occorre dunque tenere particolarmente conto dell’orientamento già sviluppatosi con riferimento alla legge n. 742 del 1969.
- Nel discorso sui termini processuali in generale, e su quelli perentori di impugnazione delle sentenze in particolare, debbono inoltre richiamarsi anche le regole sul loro computo, indicate dall’art. 155 c.p.c. e da intendersi applicabili anche al processo amministrativo in forza del rinvio di cui all’art. 39 c.p.a.
In particolare, e per quanto più rileva ai fini della definizione della questione qui sollevata, nei termini a mesi (qual è il termine lungo di impugnazione delle sentenze) si osserva il calendario comune, con la precisazione che, applicando l’art. 2963, commi 4 e 5, c.c. relativo al computo dei termini di prescrizione (ma avente tuttavia portata generale, anche nel diritto processuale), la scadenza si verifica nel giorno del mese corrispondente al giorno del mese iniziale. Si adotta in questo modo il sistema detto della computazione civile, non ex numero bensì ex nominatione dierum, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dal numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale. Se però nel mese di scadenza manca tale giorno, il termine si compie con l’ultimo giorno dello stesso mese.
Nei termini a giorni o ad ore, vale la regola per cui non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine, mentre si computa il giorno finale, salvo che non cada in un giorno festivo: in tal caso la scadenza è prorogata al primo giorno seguente non festivo.
Nel rimettere la questione, il Consiglio di giustizia muove dal duplice presupposto che il termine lungo di impugnazione sia un termine a mesi e vada quindi calcolato ex nominatione dierum ed inoltre che anche quello di sospensione “feriale” sia divenuto, dopo la modifica del 2014, un termine calcolabile a mesi.
Mentre il primo presupposto è indubbio, il secondo, come si dirà, è invece revocabile in dubbio.
- Al di là peraltro della natura (se a mesi o a giorni) del termine della sospensione feriale, la questione centrale posta dal Consiglio di giustizia concerne le modalità di computo di detto periodo nel suo interferire con il calcolo del termine lungo di impugnazione che (si intende, sempre) abbia già cominciato a decorrere.
5.1. Nel ragionamento del Consiglio di giustizia, il periodo compreso tra il 1° e il 31 agosto andrebbe “scomputato” ovvero, detto altrimenti, nel calcolo del termine lungo bisognerebbe semplicemente “saltare” il periodo compreso tra il 1° e il 31 agosto e non contarlo affatto, legando tra di loro il periodo precedente la sospensione a quello ad essa successivo.
La ricostruzione del Consiglio di giustizia è motivata anche, se non soprattutto, in ragione dell’esigenza avvertita di rendere omogenei i due differenti sistemi di calcolo ad oggi seguiti dalla Corte di Cassazione (e anche dal giudice amministrativo) a seconda che il termine lungo di impugnazione inizi a decorrere durante o prima del periodo feriale: per il caso in cui la data di deposito della sentenza cada nel (mezzo del) periodo feriale, la Cassazione (Sezioni Unite n. 3688 del 1995) e questa stessa Adunanza (sentenza n. 18 del 2016), valorizzando il dato letterale dell’art. 1, comma 1, secondo periodo, della l. 742 del 1969 (“Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo”), reputano che l’inizio della decorrenza del termine di impugnazione sia differito al 1° settembre e si calcoli unicamente a mesi.
5.2. Di contro, laddove il termine di impugnazione abbia cominciato a decorrere prima della sospensione, la tesi di parte appellante, confortata dalla giurisprudenza (v. infra), è nel senso che il periodo della sospensione feriale vada invece prima computato ovvero inglobato nei sei mesi del termine di impugnazione, e poi, alla fine sommato, aggiunto, ad esso, con l’effetto di prolungare il termine di impugnazione.
5.3. La differenza pratica (in termini di giorni) tra le due soluzioni prospettate, nel peculiare caso di specie, è anche conseguenza della regola codicistica, già sopra richiamata (art. 2963, ultimo comma, c.c.), secondo cui, quando il termine è a mesi e il mese di scadenza manca del giorno (corrispondente a quello del mese) iniziale, il termine si compie allora con l’ultimo giorno dello stesso mese di scadenza.
Poiché infatti nel caso in esame il dies a quo è costituito dal 30 luglio 2021, giorno di pubblicazione della sentenza di primo grado appellata, seguendo la via indicata dal Consiglio di giustizia (e scomputando quindi il periodo della sospensione feriale dal calcolo complessivo) si avrebbe che i sei mesi scadrebbero l’ultimo giorno del sesto mese ossia, trattandosi di febbraio, il 28 febbraio 2022. Seguendo invece la soluzione prospettata dall’appellante (e computando quindi il periodo della sospensione feriale nel calcolo del termine lungo per poi sommarlo alla fine), i sei mesi scadrebbero il 30 gennaio 2022, ma poi bisognerebbe ancora ad essi sommare i 31 giorni della sospensione feriale, arrivando così al 2 marzo 2022.
- Così riassunte le due opzioni nelle loro diverse implicazioni e conseguenze, l’Adunanza deve dare atto che, secondo l’orientamento tradizionale, ribadito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 18450 del 2005 e di cui anche il Consiglio di giustizia dà puntuale conto, il termine lungo di impugnazione (originariamente di un anno, ridotto in seguito a sei mesi, ulteriormente ridotto a tre mesi nel rito abbreviato di cui all’art. 119 c.p.a.), qualora abbia cominciato a decorrere prima della sospensione dei termini durante il periodo feriale, è calcolato dapprima a mesi includendovi “fittiziamente” anche il periodo feriale, per poi essere “prolungato” di 46 giorni (ridotti a 31 con la riforma del 2014), calcolati ex numeratione dierum. ai sensi del combinato disposto dell’articolo 155, primo comma, c.p.c. e dell’articolo 1, primo comma, l. n. 742 del 1969.
Ciò comporta che, rilevando la data di pubblicazione della sentenza quale dies a quo e calcolando da tale data i sei mesi (o, nel caso dell’art. 119 c.p.a., i tre mesi) del termine lungo che vengono a scadenza nel giorno del sesto (o del terzo) mese corrispondente al giorno del mese iniziale (art. 155, secondo comma, c.p.c. e art. 2963, quarto comma, c.c.), solo alla fine si aggiunge il periodo a giorni di sospensione feriale (v. Cass., sez. VI, n. 17640 del 2020).
Tale orientamento, ispirato con ogni probabilità più da ragioni pratiche che da convinzioni teoriche, e al quale il giudice amministrativo si è sempre conformato (v. ad esempio Cons. St., sez. VI, n. 1145 del 2011, e ancora da ultimo Cons. St., sez. II, n. 1248 del 2022), si è dunque sviluppato quando la sospensione feriale era fissata dal legislatore dal 1° al 15 settembre, ma è stato ribadito dalla Corte di Cassazione anche dopo l’entrata in vigore del sopra citato art. 16 del decreto legge n. 132 del 2014, convertito nella legge n. 162 del 2014, che ha ridotto la sospensione al periodo compreso tra il 1° e il 31 agosto.
Va richiamata in particolare Cass., sez. VI. n. 2186 del 2021, secondo cui “è costante indirizzo nomofilattico quello per cui il periodo di sospensione sia computato ex numeratione dierum ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1, e l. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1, proprio per la differente dicitura di quest’ultimo precetto (immutata, ai fini in parola, dopo la novella del 2014) (Cass., 24 marzo 1998, n. 3112, Cass., 7 luglio 2000, n. 9068, Cass., 4 ottobre 2013, n. 22699, pag. 4)”.
- Nella sua ratio decidendi, la Corte di Cassazione ha evidenziato che il riferimento al periodo ‘dal 1° al 31 agosto’ riguarda ancora un termine ‘a giorni’, com’era già prima della modifica del 2014 (in questo senso cfr. Cass, sez. III, n. 6592 del 2019 e n. 4426 del 2022).
Questa Adunanza Plenaria condivide e fa propria questa considerazione, che costituisce il primo degli argomenti a sostegno della conferma dell’indirizzo tradizionale quanto alle modalità di computo, nel senso che non emergono effettive ragioni di novità, legate a fatti normativi sopravvenuti, per discostarsi da un criterio interpretativo pluridecennale.
Nella medesima direzione spingono, inoltre, considerazioni di ordine pratico (destinate a prevalere, anche in chiave di certezza, sulle possibili incongruenze riscontrabili nella pratica quotidiana ed evidenziate dalla Sezione remittente), che già questa Adunanza ebbe modo di sottolineare nel precedente più recente in materia di cui alla sentenza n. 18 del 2016, connaturate all’ambito di applicazione della materia che qui viene in discussione e pertanto – come si legge al punto 3 di tale motivazione – “legate all’esigenza di uniforme applicazione del diritto nazionale che mal si conciliano con interpretazioni giurisprudenziali divergenti su una questione comune al processo amministrativo ed al processo civile”.
Tali considerazioni suggeriscono soluzioni interpretative per quanto possibile convergenti, almeno ogni qual volta vengano in preminente rilievo questioni ed istituti di teoria generale o comunque espressione di un diritto processuale, per così dire, “comune” tra i diversi plessi.
- Sulla base di quanto sinora considerato, può essere quindi formulato il seguente principio di diritto sulla questione deferita ai sensi dell’art. 99, comma 1, del c.p.a. dal Consiglio di giustizia, al quale la causa va restituita ai sensi del comma 4 del medesimo articolo:
– qualora il termine lungo di impugnazione abbia cominciato a decorrere prima del periodo feriale, al termine di impugnazione, calcolato a mesi, ai sensi degli articoli 155, secondo comma, c.p.c. e 2963, quarto comma, c.c. (per cui il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale coincidente con la data di pubblicazione della sentenza), va alla fine aggiunto, realizzandosi così un prolungamento di tale termine nella misura corrispondente, il periodo di 31 giorni di sospensione previsto dalla l. n. 742 del 1969, come ribadito dall’art. 54, comma 2, del c.p.a., computato ex numeratione dierum ai sensi dell’art. 155, primo comma, c.p.c.