Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili– ordinanza 21.05.2024 n. 14028
Principio Di Diritto
L’imposta di soggiorno è un tributo locale, a carico di chi soggiorna (o pernotta) in una struttura ricettiva che si trova in un Comune in cui tale imposta è stata istituita. Tale imposta è corrisposta dalle persone che vi soggiornano e l’intero ammontare incassato dall’Ente comunale, come da normativa, è interamente investito in ambito turistico, ma Il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno anche nei casi verificatisi prima del 19 maggio 2020.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
– 7. L’art. 4 (Imposta di soggiorno) del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, prevede che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio.
(…)
- Queste Sezioni Unite, con ordinanza del 24 luglio 2018, n. 19654, avevano affermato che, ai fini della imposta di soggiorno, secondo l’originaria disciplina di cui all’art. 4 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, il rapporto tributario intercorre esclusivamente tra il Comune che ha istituito l’imposta e colui che alloggia nella struttura ricettiva, sul quale grava la prestazione patrimoniale. Il gestore della struttura ricettiva (o “albergatore”) è, pertanto, del tutto estraneo al rapporto tributario, non potendo questi assumere, nel silenzio della legge, la funzione di «sostituto» o di «responsabile d’imposta»
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Giacché, tuttavia, i regolamenti comunali affidano al gestore della struttura ricettiva attività obbligatorie e funzionali alla realizzazione della potestà impositiva dell’ente locale, alla stregua dell’interpretazione data dall’ordinanza n. 19654 del 2018 all’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, vigente ratione temporis, tra il gestore ed il Comune si instaura un rapporto di servizio pubblico (—)
Tali attività di riscossione e riversamento interne al rapporto di servizio implicano il «maneggio di denaro pubblico» e quindi l’obbligo della resa del conto, al che consegue la giurisdizione della Corte dei Conti.
- – Alla stregua del comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, (…) il gestore della struttura ricettiva è stato invece individuato quale responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno di cui al comma 1, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, nonché della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale.
Tale configurazione induce a delineare l’imposta di soggiorno come imposta di consumo, gravante su colui che alloggia nella struttura ricettiva situata nel territorio comunale, il quale è il soggetto passivo di imposta, mentre il gestore della struttura ricettiva è divenuto, in base alla qualificazione ex lege del rapporto impressa dal comma 114 ter dell’art. 4, responsabile di imposta, con diritto di rivalsa verso il soggetto passivo.
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In forza della nuova disciplina, non può tuttora ravvisarsi un rapporto di servizio pubblico tra il Comune ed il gestore, ovvero un «maneggio di denaro pubblico» da parte di quest’ultimo, tale da giustificarne la qualità di agente contabile
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- L’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021 ha disposto che il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011 “ai sensi del quale si attribuisce la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva con diritto di rivalsa sui soggetti passivi e si definisce la relativa disciplina sanzionatoria, si intende applicabile anche ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020”.
10.1. – Anche le sezioni penali di questa Corte hanno dovuto occuparsi degli effetti retroattivi stabiliti dall’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, come convertito, ai fini della verifica della perdurante rilevanza penale come peculato delle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno, attuate dal gestore di una struttura ricettiva prima della data del 14 maggio 2020 (indicativamente, Cass. pen. Sez. 6, n. 12516 e n. 9213 del 2022).
10.2. – Il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, (…), nel prescrivere che il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, con le relative sanzioni amministrative, non recava alcuna espressa indicazione o inequivoca formulazione di deroga al principio di irretroattività di cui all’art. 11 preleggi.
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Il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, vigente dal 19 maggio 2020, non poteva neppure qualificarsi come norma interpretativa del preesistente comma 1, attribuendo al rapporto fra il gestore della struttura ricettiva e il Comune un significato nuovo, in base al quale il primo riveste la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno.
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L’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, come convertito (in vigore dal 21 dicembre 2021), (…) ha, dunque, a sua volta attribuito alla norma introdotta dal d.l. n. 34 del 2020, come convertito, una portata estranea ai significati ricavabili dal comma 1- ter. L’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021 (in vigore dal 21 dicembre 2021) è, pertanto, norma innovativa con efficacia retroattiva, in relazione all’ambito temporale di applicabilità del comma 1-ter (cfr. Corte cost. n. 4 del 2024; n. 104 e n. 61 del 2022; n. 133 del 2020; n. 167 e n. 15 del 2018).
- – Può ora procedersi a verificare come il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011 (in vigore dal 19 maggio 2020) e l’art. 5- quinquies del d.l. n. 146 del 2021, come convertito (in vigore dal 21 dicembre 2021), abbiano inciso sulla determinazione della giurisdizione nel presente giudizio.
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Al momento della proposizione della domanda era, dunque, vigente il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011 (dal 19 maggio 2020), norma che, tuttavia, mancando di un’espressa previsione di retroattività, non valeva ad attribuire ex lege la qualifica di responsabili del pagamento dell’imposta di soggiorno alle convenute con riguardo alle somme per cui è causa,
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L’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, che ha esteso retroattivamente anche “ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020” il riconoscimento legale della qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva (qualifica che le ricorrenti individuano quale criterio di collegamento della controversia alla giurisdizione tributaria), è entrato in vigore il 21 dicembre 2021, quando il presente giudizio era già pendente.
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Il principio della perpetuatio iurisdictionis, di cui è espressione l’art. 5 c.p.c., rende comunque irrilevanti, ai fini della giurisdizione, i mutamenti legislativi, sostanziali o processuali, e dello stato di fatto successivi alla proposizione della domanda, perseguendo l’obiettivo di conservare la giurisdizione del giudice correttamente adito in base alla legge ed ai presupposti esistenti all’epoca della valida instaurazione del rapporto processuale.
Tale principio, interpretato da questa Corte in base ad esigenze di economia processuale, trova, dunque, applicazione proprio e soltanto nei casi di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adito,
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La denuncia della mancata applicazione da parte del giudice contabile – il quale aveva conservato la giurisdizione ai sensi dell’art. 5 c.p.c. – della sopravvenuta disciplina sostanziale retroattiva del rapporto, introdotta dall’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, vale al più a configurare un eventuale “error in iudicando”, ma non incide sui limiti esterni della giurisdizione speciale, determinata sulla mera base dell’individuazione della legge in vigore al momento dell’introduzione della causa.
- Il ricorso va quindi rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione in favore del Procuratore generale presso la Corte dei conti, in ragione della sua qualità di parte solo in senso formale. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.