T.a.r. Toscana, Sez. III, sentenza del 26.09.2022, n. 1037
Guida alla lettura. Nella pronuncia oggetto di massimazione ritorna in auge il tema della c.d. vicinitas e della relativa intersecazione con le condizioni dell’azione: legittimazione a ricorrere ed interesse a ricorrere. In particolare, la controversia decisa dal T.a.r. Toscana riguarda l’impugnazione di un permesso a costruire – rilasciato dall’Amministrazione ad altro privato – da parte di un terzo, al quale il ridetto provvedimento causa un specifico pregiudizio; il Collegio, nel rigettare l’eccezione di inammissibilità per carenza d’interesse proposta dall’amministrazione (e dalla contro-interessata), sposa l’indirizzo indicato recentemente dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22/2021.
Testo rilevante della decisione
La signora Andrea Franz Hofrichter è proprietaria nel Comune di Marciana, all’Isola d’Elba, di un edificio abitativo dislocato su due piani fuori terra sul quale è stato avviato – in virtù del permesso di costruire n. 25 del 19 aprile 2018 – un intervento di ristrutturazione edilizia con ampliamento.
Su ricorso del signor Giuseppe Grampa, proprietario confinante, il predetto titolo è stato peraltro annullato da questo T.A.R. con la sentenza n. 5/2020, il che ha comportato l’interruzione dei lavori al solaio di copertura del piano terreno della nuova porzione di fabbricato prevista dal progetto.
Il contenzioso promosso dal signor Grampa è stato definito in appello con la sentenza del Consiglio di Stato, sezione IV, n. 8475/2021, che ha dichiarato l’improcedibilità dell’impugnativa originaria, per l’effetto annullando la decisione di primo grado. Il giudice d’appello ha ritenuto che l’interesse ad agire del ricorrente fosse venuto meno per effetto del rilascio alla signora Hofrichter del nuovo permesso di costruire n. 50/2021.
Il permesso di costruire n. 50/2021, e la presupposta autorizzazione paesaggistica, sono impugnati con l’atto introduttivo del presente giudizio dal medesimo signor Grampa e dalla signora Annette Seiltgen, proprietaria di altro fondo pure confinante con quello della signora Hofrichter.
Con il primo motivo di gravame, i signori Grampa e Seiltgen deducono la nullità del permesso di costruire n. 50/2021 per contrarietà alla sentenza del T.A.R. n. 5/2020. Il nuovo titolo verrebbe a consentire la realizzazione dello stesso intervento già dichiarato abusivo dal giudice.
Con il secondo motivo, dichiaratamente proposto in via principale rispetto a quelli successivi, i ricorrenti affermano che la quasi totalità dell’ampliamento previsto dal progetto assentito dal Comune ricadrebbe in zona agricola urbanistica “E.1.a”, nella quale non sarebbero consentiti interventi eccedenti il risanamento conservativo, senza alcuna possibilità di nuova edificazione/ampliamenti. In questo senso, si sarebbe già pronunciato il T.A.R. con la più volte citata sentenza n. 5/2020, né a conclusioni diverse potrebbe condurre la determinazione dirigenziale n. 9/2020, con la quale il Comune, discostandosi dal dictum del giudice, avrebbe inteso fornire l’interpretazione autentica della cartografia allegata al proprio regolamento urbanistico.
Il terzo motivo, subordinato, attiene alla pretesa violazione della disciplina specifica dettata per le zone B0 sottoposte a vincoli ex art. 142 del d.lgs. n. 42/2004 dall’art. 21 delle n.t.a. del R.U.C., che farebbe divieto di nuove edificazioni e ammetterebbe l’ampliamento degli edifici esistenti a condizione che le nuove volumetrie non riducano le visuali panoramiche e siano rispettose dell’ambiente circostante. Il progetto della controinteressata comprometterebbe drasticamente, e addirittura in misura maggiore rispetto al progetto assentito nel 2018, le visuali panoramiche, oltre a violare la previsione del R.U.C. secondo cui le nuove recinzioni non debbono interrompere le strade campestri in zona agricola.
Con il quarto motivo, è dedotta la contrarietà dei titoli impugnati alla disciplina vincolistica gravante sul territorio di Marciana ai sensi del d.m. n. 283/1952, come recepito e tradotto in prescrizioni d’uso dal piano di indirizzo territoriale approvato dalla Regione Toscana con valore di piano paesaggistico.
Il quinto motivo, connesso, investe l’autorizzazione paesaggistica rilasciata alla controinteressata, la cui motivazione si ridurrebbe all’impiego di formule di stile disancorate dalla realtà fattuale dei luoghi e dalle caratteristiche dell’intervento.
In via pregiudiziale, il Comune di Marciana eccepisce il difetto di legittimazione della ricorrente Seiltgen, le cui rivendicazioni sarebbero limitate al rispetto delle distanze dai confini, questione rimasta estranea al giudizio e trattata nel parallelo contenzioso pendente dinanzi al giudice ordinario.
Più ampia è l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse sollevata dalla controinteressata Hofrichter con riferimento alla posizione di ambedue i ricorrenti, i quali non avrebbero allegato alcuno specifico pregiudizio rinveniente a loro carico dalla realizzazione dell’intervento autorizzato con il permesso di costruire n. 50/2021, all’uopo non potendosi fare unicamente affidamento alla vicinitas tra i fondi.
Per il T.a.r. le eccezioni sono infondate.
È noto che, in virtù di un diffuso indirizzo interpretativo, la c.d. vicinitas, intesa quale stabile collegamento di un fondo di proprietà o nella disponibilità del ricorrente con altro fondo interessato dell’attività di trasformazione ad opera di terzi, è sufficiente a comprovare la sussistenza sia della legittimazione che dell’interesse ad agire, senza che sia necessario al ricorrente allegare e provare l’esistenza di uno specifico pregiudizio occasionato dall’altrui iniziativa edificatoria (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 2021, n. 4017; id., sez. IV, 3 maggio 2021, n. 3480; id., sez. II, 10 marzo 2021, n. 2056).
Di contro, il collegio ritiene preferibile il diverso e parimenti diffuso orientamento in forza del quale la sola vicinitas non vale di per sé a radicare la legittimazione al ricorso, ma necessita di essere integrata dalla puntuale allegazione, se non dalla prova concreta, dello specifico pregiudizio che al ricorrente deriverebbe in conseguenza dall’alterato assetto urbanistico-edilizio dell’area ove ricadono i beni di suo interesse (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. II, 23 dicembre 2020, n. 8289; id., sez. II, 1 giugno 2020, n. 3440). Se può ammettersi che lo “stabile collegamento” operi come criterio di legittimazione a maglie allargate, la natura soggettiva del processo dinanzi al giudice amministrativo impone infatti di selezionare gli interessi giuridicamente rilevanti onde evitare che, in assenza della previsione legislativa di un’azione popolare, nel giudizio trovino tutela posizioni di mero fatto, sganciate dal conseguimento da parte del ricorrente di una concreta utilità in connessione con un determinato bene della vita.
Vero è che, non di rado, la vicinitas si concretizza in una situazione fattuale che lascia presumere l’esistenza del pregiudizio arrecato al ricorrente dall’intervento in contestazione. Si tratta, però, di una presunzione non assoluta, nel senso che a fronte di una specifica contestazione della controparte l’allegazione non basta ed occorre verificare che il pregiudizio esista davvero (così Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2021, n. 3247).
La conclusione è oggi avvalorata dalla pronuncia nomofilattica dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che, chiamata a dirimere il contrasto giurisprudenziale formatosi sul criterio della vicinitas, ha chiarito come quest’ultima non valga da sola e in automatico a dimostrare la sussistenza anche dell’interesse al ricorso, inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato, pregiudizio la cui allegazione compete alla parte ricorrente e può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso (cfr. Cons. Stato, A.P., 9 dicembre 2021, n. 22).
Assodato, in definitiva, che la puntuale allegazione di un pregiudizio concreto integra, sul piano delle condizioni dell’azione, l’interesse ad agire che deve concorrere con la legittimazione, gli odierni ricorrenti nello specifico si dolgono del disturbo che l’intervento progettato dalla controinteressata arrecherebbe alle visuali panoramiche fruibili dalle loro proprietà e abitazioni, oltre che dai punti di vista accessibili al pubblico. Ed, in effetti, le relazioni tecniche di parte ricorrente comprovano, sia nel caso della proprietà Grampa, sia della proprietà Seiltgen, che l’ampliamento del fabbricato della controinteressata, posto a valle, determinerebbe un’apprezzabile riduzione delle visuali panoramiche verso il mare; né alcun elemento di segno contrario è stato addotto dalle difese resistenti, di modo che per questo aspetto la concreta lesività degli atti impugnati può dirsi dimostrata in relazione alla diminuita amenità e godibilità, con corrispondente perdita di valore patrimoniale (deprezzamento), dei fondi confinanti con quello della signora Hofrichter.
La ricorrente Seiltgen si duole altresì della violazione delle distanze dai confini del muro di contenimento del nuovo terrapieno progettato dalla vicina, e tale violazione, sebbene non sia dedotta in questa sede quale vizio diretto a carico del permesso di costruire rilasciato dal Comune, integra un effetto pregiudizievole dell’intervento che ben può essere utilizzato quale indice rivelatore dell’interesse ad agire.
Nel merito, l’amministrazione resistente e la controinteressata sostengono – in estrema sintesi – che il progetto assentito con il permesso di costruire n. 50/2021 sarebbe perfettamente rispondente alla disciplina urbanistico-edilizia di zona come interpretata dalla sentenza del T.A.R. n. 5/2020, ancorché questa sia stata oramai annullata in appello e non costituisca precedente vincolante per le parti.
Il ricorso è fondato nei termini precisati in appresso.
Per il Collegio diviene decisivo stabilire se effettivamente l’intervento in questione ricada nella sottozona urbanistica B0, come ritenuto dall’amministrazione procedente in continuità con la valutazione a suo tempo sottesa al rilascio del permesso di costruire del 2018.
Tale valutazione, lo si ricorda, è stata censurata dal T.A.R. con la sentenza n. 5/2020, il cui annullamento in appello – sul presupposto dell’intervenuta sostituzione del vecchio permesso di costruire con quello rilasciato nel 2021 – rende peraltro improcedibili le censure svolte con il primo motivo di ricorso per violazione dell’art. 112 c.p.a.. L’interesse ancora attuale dei ricorrenti si concentra pertanto sulle censure dedotte con il secondo motivo di ricorso ed afferenti alla contrarietà dell’intervento alla disciplina della zona urbanistica E.a.1.
Sul punto, il collegio ritiene che non vi siano ragioni per discostarsi dalle conclusioni già raggiunte con la sentenza n. 5/2020, le quali meritano di essere qui ribadite anche alla luce della successiva sentenza n. 1622/2021 – anch’essa da intendersi integralmente richiamata – resa dalla Sezione in ordine alla determinazione comunale n. 9/2021 che ha riproposto e fatta propria, a fini “interpretativi”, quella stessa lettura della cartografia del R.U. già disattesa dal T.A.R..
La fondatezza delle doglianze proposte dai ricorrenti in via principale conduce, anche in ossequio al principio della “ragione più liquida” e a ineludibili ragioni di economia processuale (cfr. Cons. Stato, sez. III, 6 maggio 2021, n. 3534), all’accoglimento del ricorso con assorbimento dei rimanenti motivi di gravame, inclusi quelli proposti nei confronti della presupposta autorizzazione paesaggistica.
Le spese di lite seguono la soccombenza del Comune di Marciana e della controinteressata, mentre nei rapporti fra i ricorrenti e le amministrazioni statali resistenti le spese possono essere compensate.