TAR Calabria – Reggio Calabria, I – sentenza 18.10.2021 n. 789
PRINCIPIO DI DIRITTO
La giurisprudenza amministrativa ha indicato principi ormai consolidati per giudicare la legittimità della revoca di una procedura d’affidamento dei contratti pubblici: i presupposti del valido esercizio dello “ius poenitendi” da parte della P.A. sono definiti dall’art. 21 quinquies L. n. 241/1990 con formule lessicali volutamente generiche e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto, imprevedibile al momento dell’adozione del provvedimento e in una rinnovata e diversa valutazione dell’interesse pubblico originario. A differenza del potere di annullamento d’ufficio, che postula l’illegittimità dell’atto rimosso, quello di revoca esige solo una valutazione di opportunità ampiamente discrezionale della P.A., seppur ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all’art. 21 quinquies. Tali canoni di condotta restano validi anche per le procedure di aggiudicazione soggette alla disciplina del D.lgs. n. 50 del 2016 nella misura in cui il paradigma legale di riferimento resta, anche per queste ultime, l’art. 21 quinquies, L. n. 241 del 1990, e non anche la disciplina speciale dei contratti, che si occupa, infatti, di regolare il recesso e la risoluzione del contratto.
(Nel caso di specie, la P.A., mediante la revoca, aveva sottratto le risorse finanziarie necessarie alla sostenibilità dell’opera pubblica programmata, nonostante che il disciplinare di incarico, formalmente concluso, fosse già in stato di avanzata esecuzione: il TAR ha ritenuto necessario un onere motivazionale rafforzato sulle concrete e specifiche ragioni per le quali la P.A, si era determinata a richiedere il “definanziamento” dell’opera).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
…[OMISSIS]
- Deve essere, innanzi tutto, rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione formalmente sollevata dal Comune resistente.
Premesso che, nel caso di specie, l’affidamento dell’incarico di progettazione è avvenuto all’esito del procedimento amministrativo disciplinato dall’art. 36 del D.lgs n. 50/2016 e quindi nell’esercizio di poteri autoritativi, la presente controversia afferisce ad un atto di revoca adottato dell’Amministrazione nell’esercizio dei propri poteri di supremazia speciale e non già per ragioni di cattiva, ritardata od omessa esecuzione, idoneo, dunque, a far venir meno lo stesso presupposto pubblicistico del contratto di prestazione professionale ovvero l’atto di scelta dell’incaricato (in tal senso, T.AR. Sicilia-Catania sez. I, 11 ottobre 2016 n. 2486; T.A.R. Liguria, sez. II, 17 febbraio 2012, n. 311, secondo cui “dal relativo in tema di incarico professionale di progettazione e direzione lavori, la giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria sussiste ove la p.a. assuma iniziative riconducibili ai poteri negoziali (ossia allorché agisca iure privatorum) di risoluzione o di recesso contratto”).
La revoca qui involge pur sempre il contestato esercizio, da parte della P.A., di poteri autoritativi incidenti ab externo sul rapporto contrattuale e la giurisdizione esclusiva sulle procedure di affidamento non può non riguardare anche gli atti di secondo grado, ossia quelli incidenti su provvedimenti assunti nell’ambito delle suddette procedure (quali, appunto, gli atti di ritiro) e le relative conseguenze (cfr. Cass. civ, Sez. Un., 5 maggio 2017, n. 10935)
…[OMISSIS]
Sotto altro profilo e sempre ai fini dell’affermazione della giurisdizione del Tribunale Amministrativo, rileva il petitum sostanziale della domanda azionata in giudizio con cui non si fa valere un diritto contrattuale all’adempimento, ma si deduce un cattivo esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione che ha comportato la violazione delle norme di correttezza generatrice di un danno patrimoniale.
Ne consegue – come evidenziato da recente quanto autorevole precedente (cfr. Cons. Stato sez. III, 31 ottobre 2017 n. 5036) – che “il riferimento alla giurisprudenza relativa al riparto di giurisdizione in materia di contratti pubblici, secondo cui rientrano nella giurisdizione amministrativa tutte le controversie relative alla fase pubblicistica che si chiude con la stipulazione del contratto, e a quella civile quelle relative alla fase esecutiva, deve ritenersi inconferente, perché in tal caso la controversia riguarda il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi prodotto dell’illegittimo esercizio del potere di autotutela che si pone a valle del contratto, ma che si configura come atto autoritativo lesivo di interessi legittimi. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione sono inoltre comprese nella giurisdizione amministrativa anche le liti concernenti il risarcimento del danno da responsabilità dell’amministrazione per il mancato rispetto delle norme di correttezza, regole la cui violazione si concretizza quando siano venuti meno gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi che avevano ingenerato l’affidamento di buona fede (cfr. Cass. Sez. Un. 29 maggio 2017, n. 13454).
Tale principio è stato affermato in relazione ad una fattispecie nella quale il contratto non era stato ancora stipulato ma è da ritenere che esso valga anche ove l’atto autoritativo adottato in violazione delle norme di correttezza sia intervenuto dopo il contratto, in quanto ciò che rileva, ai fini della giurisdizione in materia risarcitoria, è la natura dell’atto produttivo di danno, a prescindere dal momento in cui viene adottato”.
L’eccezione dunque è infondata e va disattesa.
- Passando ad esaminare il merito della controversia e re melius perpensa rispetto a quanto sommariamente delibato in sede cautelare, il ricorso è fondato e si presta ad essere accolto sotto tutti i dedotti profili contestati.
Il primo motivo coglie nel segno.
L’affidamento dell’incarico professionale […] ha attribuito alla ricorrente in modo stabile il bene della vita ed era pertanto idonea ad ingenerare un affidamento in capo all’aggiudicatario, sì da imporre l’instaurazione del contraddittorio procedimentale (cfr. Cons. Stato sez. III, 28 giugno 2019 n.4461) […]
Vale quindi la regola generale per cui “L’Amministrazione, quando intenda procedere al riesame in autotutela del provvedimento di aggiudicazione definitiva, con il quale sia stato concluso il procedimento di affidamento di un contratto pubblico o di una concessione, deve adempiere alla prescrizione imposta dall’art. 7 della legge n. 241/1990, provvedendo alla comunicazione dell’avvio del procedimento nei confronti dell’aggiudicatario la cui sfera giuridica potrebbe essere incisa dagli effetti sfavorevoli derivanti dall’adozione dell’atto di revoca” (cfr. T.A.R. Puglia, (Bari) sez. III, 06 marzo 2020 n.355).
E’ appena il caso di sottolineare l’impossibilità di “dequotare” il rilevato vizio formale dell’atto discrezionale di revoca, non avendo la P.A. resistente dimostrato in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (art.21 octies L. n. 241/90).
- Con il secondo ed il terzo motivo di gravame, suscettibili di trattazione congiunta stante la loro stretta connessione logico-giuridica, la ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, deducendo l’illegittimità della revoca dell’affidamento dell’incarico professionale da elementi di fatto che, per non essere stati adeguatamente motivati, dimostrerebbero la contraddittorietà ed illogicità dell’azione amministrativa del Comune resistente.
…[OMISSIS]
I motivi sono fondati.
La giurisprudenza amministrativa ha indicato principi ormai consolidati per giudicare la legittimità della revoca di una procedura d’affidamento dei contratti pubblici.
Come statuito dal Consiglio di Stato (Sez. III, 29 novembre 2016 n. 5026), i presupposti del valido esercizio dello “ius poenitendi” da parte della P.A. sono definiti dall’art. 21 quinquies L. n. 241/1990 con formule lessicali volutamente generiche e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto, imprevedibile al momento dell’adozione del provvedimento e in una rinnovata e diversa valutazione dell’interesse pubblico originario.
A differenza del potere di annullamento d’ufficio, che postula l’illegittimità dell’atto rimosso, quello di revoca esige solo una valutazione di opportunità ampiamente discrezionale della P.A., seppur ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all’art. 21 quinquies L. n. 241/1990.
Tali canoni di condotta restano validi anche per le procedure di aggiudicazione soggette alla disciplina del D.lgs. n. 50 del 2016 -come nella fattispecie dedotta in giudizio- nella misura in cui il paradigma legale di riferimento resta, anche per queste ultime, l’art. 21 quinquies, L. n. 241 del 1990, e non anche la disciplina speciale dei contratti, che si occupa, infatti, di regolare il recesso e la risoluzione del contratto.
Per la decisione del caso controverso deve essere considerato che, in concreto, la revoca è stata motivata da sopravvenute ragioni di interesse pubblico, fondamentalmente consistenti nell’aver consapevolmente sottratto le risorse finanziarie necessarie alla sostenibilità dell’opera pubblica programmata (e al conseguente pagamento del corrispettivo della professionista), nonostante il disciplinare di incarico, formalmente concluso, fosse già in stato di avanzata esecuzione.
Se, in applicazione dei principi giuridici indicati, si deve ritenere che il venir meno delle risorse finanziarie costituisca astrattamente ragione valida e sufficiente per non dare corso alla stipulazione del contratto, nonostante l’affidamento già intervenuto, è altresì vero che, nella vicenda in esame, la revoca richiedeva un onere motivazionale rafforzato sulle concrete e specifiche ragioni per le quali la P.A, al di là del generico rinvio per relationem agli atti legittimanti il ritiro dei finanziamenti, si era determinata a richiedere il “definanziamento” dell’opera alla cui progettazione l’arch. [OMISSIS] stava lavorando in forza di un disciplinare regolarmente sottoscritto quasi dieci mesi prima, la cui materiale esistenza risulta irragionevolmente ignorata dalla determina impugnata.
…[OMISSIS]
Tale deficit motivazionale appare accentuarsi e trasmodare nell’eccesso di potere per sviamento dell’azione amministrativa […]
…[OMISSIS]
- Alla fondatezza degli illustrati motivi di ricorse consegue l’annullamento dell’atto di revoca e l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lesione dell’interesse legittimo di cui sussistono tutti gli elementi costitutivi ovvero: a) l’illegittimità della condotta amministrativa; b) il nesso causale tra l’illegittimità e il danno lamentato; c) la colpa che si presume dall’illegittimità della revoca di cui il Comune non ha dimostrato in giudizio la scusabilità, al netto della violazione del dovere di correttezza e di buona fede certamente individuabile nel contegno serbato dalla P.A. che non ha nemmeno comunicato personalmente alla ricorrente la decisione di revocare l’incarico professionale; d) il pregiudizio patrimoniale sofferto, in questa sede limitato al mancato guadagno coincidente con le prestazioni professionali [OMISSIS] di cui il Comune non ha contestato né l’an né il quantum.
[OMISSIS]
- In conclusione, il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Va accolta anche la domanda di condanna al risarcimento del danno cagionato per l’importo azionato ed indicato in parte motiva.
- Le spese processuali non possono che seguire il criterio della soccombenza e vengono liquidate nella misura liquidata in dispositivo.