<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 05 maggio 2021 n. 88</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge della Regione Toscana 30 dicembre 2019, n. 83 (Disciplina delle autorizzazioni e della vigilanza sulle attività di trasporto sanitario), promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri; vanno poi dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1, lettera a), 2, lettera a), 3, lettera a), e 4, della legge reg. Toscana n. 83 del 2019, promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.− In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità della questione avente ad oggetto l’art. 2, comma 2, della legge reg. Toscana n. 83 del 2019.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La disposizione impugnata si limita a stabilire che «[i] soggetti che sono autorizzati a svolgere l’attività di trasporto sanitario di soccorso avanzato possono svolgere anche attività di trasporto sanitario di soccorso di base e attività di trasporto sanitario di primo soccorso. I soggetti che sono autorizzati a svolgere attività di trasporto sanitario di primo soccorso possono svolgere anche attività di trasporto sanitario di soccorso di base», senza contenere alcun riferimento alla istituzione o regolamentazione di nuove figure professionali.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Il ricorrente non chiarisce, in alcun modo, le ragioni per cui il parametro costituzionale invocato, l’art. 117, terzo comma, Cost., sarebbe violato dalla norma impugnata, nonostante la costante giurisprudenza costituzionale richieda che il ricorso in via principale si fondi su un’argomentazione adeguata e non meramente assertiva, in quanto «“l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento della richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale si pone in termini perfino più pregnanti nei giudizi proposti in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale” (tra le tante, sentenze n. 32 del 2017 e n. 141 del 2016)» (sentenza n. 286 del 2019 e, da ultimo, sentenza n. 161 del 2020).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Pertanto la questione deve ritenersi inammissibile, mancando ogni motivazione sulle ragioni per cui le disposizioni impugnate violerebbero il parametro costituzionale evocato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.− Le questioni aventi ad oggetto l’art. 4, commi 1, lettera a), 2, lettera a), 3, lettera a), e 4, della legge reg. Toscana n. 83 del 2019 non sono fondate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le norme censurate stabiliscono che nell’equipaggio delle autoambulanze impiegate in attività di trasporto sanitario di soccorso di base debba essere necessariamente presente «un autista con attestato di soccorritore di livello base», mentre nell’equipaggio delle autoambulanze impiegate nell’attività di trasporto sanitario di primo soccorso e di soccorso avanzato viene richiesta la presenza di «un autista con attestato di soccorritore di livello avanzato», tranne nel caso in cui l’equipaggio delle dette autoambulanze sia composto da più di un soccorritore di livello avanzato.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Le disposizioni impugnate vanno ricondotte non, come sostiene il ricorrente, all’ambito delle «professioni» di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost., ma alla competenza legislativa residuale della Regione sulla formazione professionale e alla materia dell’organizzazione sanitaria che, pur non avendo più autonoma rilevanza dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, deve comunque essere ricompresa nella materia «tutela della salute» (in questo senso, la sentenza n. 54 del 2015).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.1.− L’ordinamento italiano configura tre diverse tipologie di professioni: a) le professioni per il cui esercizio la legge prescrive l’iscrizione obbligatoria in albi o elenchi tenuti dagli ordini o collegi professionali; b) le professioni disciplinate comunque dalla legge, ma rispetto alle quali non è richiesto il predetto onere di iscrizione; c) le professioni non regolamentate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con specifico riferimento alle professioni sanitarie, il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) distingueva tre categorie: quella delle professioni sanitarie principali (medico chirurgo, veterinario, farmacista e, dal 1985, l’odontoiatra); quella delle professioni sanitarie ausiliarie (levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata) e, infine, quella delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie (odontotecnico, ottico, meccanico ortopedico ed ernista, tecnico sanitario di radiologia medica e infermiere abilitato o autorizzato).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 1999, n. 42 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie) ha, quindi, sostituito la denominazione «professione sanitaria ausiliaria» con quella di «professione sanitaria» e, successivamente, la legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica) ha organizzato le professioni sanitarie in quattro distinte aree (professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica; professioni sanitarie riabilitative; professioni tecnico-sanitarie; professioni tecniche della prevenzione).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La legge 1° febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie, infermieristiche, ostetrica, riabilitativa, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali), stabilendo l’istituzione degli albi e degli ordini professionali per tutte le professioni sanitarie regolamentate, esistenti e di nuova configurazione, ha, poi, introdotto all’art. 5 (come modificato dall’art. 6 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, recante «Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute») uno specifico procedimento per l’individuazione delle nuove professioni sanitarie, da definire, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, tramite accordi sanciti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.2.− Ora, la figura dell’autista soccorritore che, come evidenziato anche dal ricorrente, non è attualmente considerata nell’ordinamento italiano come una specifica professione (per il cui riconoscimento pendono in sede parlamentare alcuni disegni di legge) risulta espressamente contemplata nel paragrafo «mezzi di soccorso» dell’atto di intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del d.P.R. 27 marzo 1992 (Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza) e nell’Accordo Stato-Regioni del 22 maggio 2003 tra il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento recante «Linee guida su formazione, aggiornamento e addestramento permanente del personale operante nel sistema di emergenza/urgenza» che, all’Allegato A, punto 2.2., lettera c), dedicato ai «Soccorritori», stabilisce che «[i]l personale volontario o dipendente di pertinenza delle Organizzazioni di cui art. 5, commi 2 e 3 del Dpr 27 marzo 92) (inclusi gli autisti) che svolge la sua attività sui mezzi di soccorso di base e avanzati del “sistema 118”, deve essere in possesso della qualifica di Soccorritore».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Espliciti riferimenti all’autista soccorritore sono pure contenuti nell’art. 23, comma 7, del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del comparto del personale del servizio sanitario nazionale 2002-2005 del 19 aprile 2004, che richiama «quanto stabilito nell’Accordo tra Ministro della Salute e le Regioni e le Province autonome del 22 maggio 2003».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.3.– Venendo al merito della questione promossa dal ricorrente, va innanzitutto rilevato che l’art. 1 della legge reg. Toscana n. 83 del 2019 regolamenta «l’autorizzazione all’esercizio delle attività di trasporto sanitario di soccorso da parte di soggetti diversi dalle aziende sanitarie, dalle amministrazioni statali e dall’associazione italiana della Croce Rossa», dettando una disciplina limitata ai soggetti che necessitano della autorizzazione regionale ai fini dello svolgimento dell’attività di trasporto sanitario di soccorso sul territorio.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>E con riferimento a tali soggetti deve essere evidenziato che la figura dell’autista soccorritore risultava già espressamente contemplata dall’art 40 del CCNL 2017-2019 del 28 settembre 2018 per il personale dipendente dall’Associazione nazionale pubbliche assistenze (ANPAS) e dalle realtà operanti nell'ambito socio-sanitario, assistenziale, educativo delle pubbliche assistenze e dall’art. 40, categoria C, del CCNL 2010-2012 del 29 dicembre 2014 per i dipendenti delle Misericordie e delle organizzazioni operanti nell’ambito socio-sanitario-assistenziale-educativo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.4.− Le disposizioni impugnate, disciplinando la composizione dell’equipaggio delle autoambulanze gestite da tali «soggetti diversi dalle aziende sanitarie, dalle amministrazioni statali e dall’associazione italiana della Croce Rossa» e, quindi, regolamentando aspetti organizzativi dell’attività sanitaria, vanno ricondotte alla materia «tutela della salute», in quanto «idonee ad incidere sulla salute dei cittadini, costituendo le modalità di organizzazione del servizio sanitario la cornice funzionale ed operativa che garantisce la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni erogate (sentenza n. 181 del 2006)» (così sentenza n. 207 del 2010).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nella specie, le norme regionali in esame, lungi dall’istituire una nuova professione, si limitano a stabilire che gli autisti delle autoambulanze debbano avere, a seconda della tipologia del mezzo di soccorso che sono chiamati a condurre, un attestato di soccorritore «di livello base» o «di livello avanzato» e, pertanto, risultano del tutto estranee alla materia «professioni» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.: tali attestati sono, infatti, presi in considerazione solo in riferimento a qualifiche contrattuali che la legge regionale impugnata non intende disciplinare, ma che si limita a presupporre.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La circostanza, poi, che l’Accordo Stato-Regioni del 22 maggio 2003 preveda per i soccorritori solo il «livello di formazione di base specifica» non può essere intesa se non nel senso della fissazione di un livello di formazione minima che la Regione ben può incrementare, per migliorare il sistema dell’emergenza-urgenza sanitaria, con riferimento al personale utilizzato dagli operatori che necessitano di autorizzazione; cosicché la formazione come soccorritori degli autisti e del personale che compone l’equipaggio delle autoambulanze trova legittima disciplina nelle norme regionali impugnate nella prospettiva della migliore tutela della salute degli assistiti e senza che ciò implichi, in alcun modo, l’istituzione di una nuova professione o l’attribuzione di funzioni riservate ad una professione sanitaria.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Del resto questa Corte ha ripetutamente affermato che le Regioni, dotate di potestà legislativa in materia di formazione professionale, possono regolare corsi di formazione relativi alle professioni già istituite dallo Stato (sentenza n. 271 del 2009) e che l’esercizio di tale attribuzione regionale può «venire realizzato nell’interesse formativo di qualunque lavoratore, anche al di fuori di un tipico inquadramento professionale di quest’ultimo, purché con ciò non si dia vita ad una nuova professione, rilevante in quanto tale nell’ordinamento giuridico» (sentenza n. 108 del 2012).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Pertanto, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1, lettera a), 2, lettera a), 3, lettera a), e 4, della legge reg. Toscana n. 83 del 2019 devono essere dichiarate non fondate.</em></p>