<strong>Corte di Cassazione, Unite Civili, sentenza del 12.05.2021, n. 12601</strong> <em><strong>In tema di elezione dei componenti del consiglio dell'ordine degli avvocati, le disposizioni contenute negli artt.3, comma 3, secondo periodo, della I. n. 113 del 2017 e 11 quinquies, comma 1, del d.l. n. 135 del 2018, conv., con modif., dalla I. n. 12 del 2019 (per effetto delle quali lo svolgimento di due mandati consecutivi di componente del consiglio dell'ordine degli avvocati, anche per una parte soltanto di ciascun quadriennio - ma per un periodo non inferiore ad un biennio - comporta l'ineleggibilità alla medesima carica per un ulteriore quadriennio, ancorché il duplice mandato sia stato in parte espletato in epoca anteriore all'entrata in vigore della I. n. 113 del 2017), devono essere interpretate nel senso che il divieto da esse previsto opera anche in caso di soppressione di un consiglio dell'ordine e di trasmigrazione dei relativi iscritti nell'albo di un altro consiglio, precludendo quindi al professionista che abbia già svolto le funzioni di componente presso il consiglio dell'ordine di provenienza, per il periodo consentito dalla legge, la candidatura alle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'ordine di nuova iscrizione; ciò in quanto, per un verso, la predetta ineleggibilità - come osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 173 del 2019 - trova fondamento nell'esigenza di recidere il legame eventualmente istauratosi tra il singolo consigliere e i relativi elettori, suscettibile di recare pregiudizio non solo alla regolarità della competizione elettorale, ma anche alla correttezza e imparzialità nell'esercizio delle funzioni; mentre, per altro verso, questa esigenza non viene meno a seguito dell'ampliamento del corpo elettorale conseguente alla trasmigrazione nell'albo di un nuovo consiglio degli elettori iscritti a quello di un consiglio soppresso, atteso che del nuovo bacino elettorale vengono a far parte anche gli elettori del precedente consiglio, potendo quindi risultare in concreto alterata la posizione di uguaglianza dei partecipanti alla competizione elettorale e condizionato il futuro esercizio delle funzioni di consigliere</strong></em> <strong>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</strong> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">1. Il primo motivo denuncia - in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) - la violazione e la falsa applicazione della L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, in relazione alla L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 6, nella parte in cui la sentenza impugnata "ha ritenuto di escludere la sua applicazione nella fattispecie in esame, ritenendo candidabili ed eleggibili gli Avv.ti C. , R. e P. , per aver svolto i precedenti mandati presso un ordine soppresso e, quindi, per essere espressione di un diverso corpo elettorale".</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">Premesso che la soppressione dell’Ordine di Sala Consilina, avvenuta come conseguenza della soppressione del Tribunale, aveva determinato l’incorporazione dello stesso, e dei sui iscritti, in quello di Lagonegro, e non la formazione di una terza e autonoma entità giuridica, i ricorrenti assumono che "l’Ordine di Lagonegro ha aggiunto ai suoi gli iscritti (ben più numerosi) di Sala Consilina" e che, a fronte dell’automaticità del transito dall’Ordine soppresso a quello accorpante, deve escludersi "che gli iscritti e gli eletti al COA di Sala Consilina possano essere ritenuti appartenenti ad una nuova entità".</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">Richiamata, quindi, Cass., S.U. n. 32781/2018, i ricorrenti sostengono che la norma sul limite del doppio mandato di cui alla L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, deve essere interpretata esclusivamente alla luce della ratio evidenziata dall’anzidetta pronuncia, "che è quella di assicurare la più ampia partecipazione degli iscritti all’esercizio delle funzioni di governo degli Ordini, favorendone l’avvicendamento nell’accesso agli organi di vertice, in modo da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione, nonché di evitare fenomeni di sclerotizzazione nelle relative compagini"; assumono pertanto che "l’interpretazione data dal CNF alla L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, viola apertamente la ratio del divieto di doppio mandato, favorendo il consolidamento di situazioni di potere".</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">1.2. Il motivo è fondato.</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">1.2.1. Va premesso che, ai fini dell’applicazione del divieto del terzo mandato consecutivo, si deve tener conto di quelli espletati, anche solo in parte, prima dell’entrata in vigore della L. n. 113 del 2017 (esclusi soltanto quelli di durata inferiore al biennio); in tal senso si sono espresse queste SS.UU. con la pronuncia n. 32781/2018, cui ha fatto seguito l’emanazione del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies, come modificato dalla Legge di Conversione n. 12 del 2019, il cui comma 1 recita: "della L. 12 luglio 2017, n. 113, art. 3, comma 3, secondo periodo, si interpreta nel senso che, ai fini del rispetto del divieto di cui al predetto periodo, si tiene conto dei mandati espletati, anche solo in parte, prima della sua entrata in vigore, compresi quelli iniziati anteriormente all’entrata in vigore della L. 31 dicembre 2012, n. 247"; al riguardo, è successivamente intervenuta la Corte Costituzionale, che, con sentenza n. 173/2019, ha affermato la legittimità della L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, secondo periodo e del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies, come inserito dalla Legge di Conversione n. 12 del 2019.</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">1.2.2. La Corte Costituzionale ha evidenziato come la peculiare ed essenziale finalità della disciplina che limita l’accesso di taluni soggetti alla carica di consigliere dell’Ordine forense sia "quella di valorizzare le condizioni di eguaglianza che l’art. 51 Cost., pone a base dell’accesso alle "cariche elettive"; "uguaglianza che, nella sua accezione sostanziale, sarebbe evidentemente compromessa da una competizione che possa essere influenzata da coloro che ricoprono da due (o più) mandati consecutivi la carica per la quale si concorre e che abbiano potuto consolidare un forte legame con una parte dell’elettorato, connotato da peculiari tratti di prossimità. Il divieto del consecutivo mandato favorisce il fisiologico ricambio all’interno dell’organo, immettendo "forze nuove" nel meccanismo rappresentativo (nella prospettiva di assicurare l’ampliamento e la maggiore fluidità dell’elettorato passivo), e - per altro verso - blocca l’emersione di forme di cristallizzazione della rappresentanza; e ciò in linea con il principio del buon andamento della amministrazione, anche nelle sue declinazioni di imparzialità e trasparenza, riferito agli ordini forensi.</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">1.2.3. Tanto premesso e venendo a considerare la peculiarità del caso in esame, caratterizzato dal pregresso espletamento di mandati presso un Ordine successivamente soppresso e accorpato in altro Ordine (presso cui è stato espletato l’ultimo mandato), deve richiamarsi il principio espresso da Cass., S.U. n. 2603/2021, secondo cui "le disposizioni contenute nella L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, secondo periodo e del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies, comma 1, conv., con modif., dalla L. n. 12 del 2019 (per effetto delle quali lo svolgimento di due mandati consecutivi di componente del consiglio dell’ordine degli avvocati, anche per una parte soltanto di ciascun quadriennio - ma per un periodo non inferiore ad un biennio - comporta l’ineleggibilità alla medesima carica per un ulteriore quadriennio, ancorché il duplice mandato sia stato in parte espletato in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. n. 113 del 2017), devono essere interpretate nel senso che il divieto da esse previsto opera anche in caso di soppressione di un consiglio dell’ordine e di trasmigrazione dei relativi iscritti nell’albo di un altro consiglio, precludendo quindi al professionista che abbia già svolto le funzioni di componente presso il consiglio dell’ordine di provenienza, per il periodo consentito dalla legge, la candidatura alle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine di nuova iscrizione; ciò in quanto, per un verso, la predetta ineleggibilità - come osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 173 del 2019 (...)- trova fondamento nell’esigenza di recidere il legame eventualmente istauratosi tra il singolo consigliere e i relativi elettori, suscettibile di recare pregiudizio non solo alla regolarità della competizione elettorale, ma anche alla correttezza e imparzialità nell’esercizio delle funzioni; mentre, per altro verso, questa esigenza non viene meno a seguito dell’ampliamento del corpo elettorale conseguente alla trasmigrazione nell’albo di un nuovo consiglio degli elettori iscritti a quello di un consiglio soppresso, atteso che del nuovo bacino elettorale vengono a far parte anche gli elettori del precedente consiglio, potendo quindi risultare in concreto alterata la posizione di uguaglianza dei partecipanti alla competizione elettorale e condizionato il futuro esercizio delle funzioni di Consigliere".</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">1.2.4. Tale principio va, in questa sede, integralmente recepito, dovendosi ritenere - in continuità con Cass., SS.UU. n. 32781/2018 e alla luce di Corte Cost. n. 173/2019 - che, per effetto della trasmigrazione nell’ordine accorpante degli avvocati già iscritti presso l’ordine soppresso, non risulti reciso il legame instauratosi fra il consigliere dell’ordine soppresso e la precedente base elettorale, sussistendo pertanto quella possibilità di consolidamento di posizioni di potere e di alterazione delle condizioni di eguaglianza fra i partecipanti alla competizione elettorale che le disposizioni della L. n. 113 del 2017, art. 3 e del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies (come integrato in sede di conversione) hanno inteso scongiurare.</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">1.2.5. A ciò consegue l’accoglimento del primo motivo e la cassazione della sentenza in relazione ad esso, con rinvio al C.N.F. che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame della vicenda alla luce dei principi sopra richiamati.</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">2. Il secondo motivo censura la sentenza impugnata - in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) - "per violazione e falsa applicazione della L. n. 247 del 2012, art. 28, comma 12 e della L. n. 113 del 2017, art. 16, per aver erroneamente ritenuto non immediatamente lesiva la incandidabilità dei non eletti Avv.ti P. e R. ".</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">I ricorrenti contestano l’affermazione del C.N.F. secondo cui, pur estendendosi la sua giurisdizione anche agli atti prodromici ai risultati elettorali, la domanda volta all’accertamento dell’incandidabilità degli avvocati P. e R. - non eletti - risultava inammissibile in quanto concerneva un atto non "immediatamente lesivo della posizione giuridica del reclamante"; premesso che i due avvocati risultavano i primi dei non eletti, i ricorrenti evidenziano che "la mera possibilità di subentro dei primi non eletti in caso di dimissioni di un consigliere eletto configura una lesione attuale del diritto nella misura in cui assicurerebbe l’elezione (L. n. 113 del 2017, art. 16) a chi non aveva titolo a partecipare alla contesa elettorale".</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">2.1. Il motivo risulta assorbito a seguito dell’accoglimento del primo.</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">Deve considerarsi, infatti, che la questione della idoneità dell’ammissione delle due candidature a ledere immediatamente la posizione giuridica dei reclamanti (che il C.N.F. ha escluso in un contesto che vedeva confermata l’elezione dell’avv. C. e che precludeva, quindi, lo "scorrimento" della graduatoria e la nomina del primo dei non eletti) è suscettibile di essere diversamente valutata a seguito dell’applicazione del principio affermato da Cass. SS.UU. n. 2603/2021, cui il Giudice dovrà provvedere in sede di rinvio; invero, all’esito dell’esame della posizione dell’avv. C. , potrebbe porsi la necessità di valutare nuovamente la concretezza e l’attualità dell’interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronuncia anche sulla dedotta inammissibilità della candidatura del P. , che potrebbe subentrare all’avv. C. nel caso in cui ne venisse dichiarata nulla l’elezione (la materia del contendere risulta invece cessata quanto alla posizione del candidato R. , nel frattempo deceduto).</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: Arial, serif;"><span style="font-size: medium;">3. La novità della questione, definita sulla base di un principio affermato da questa Corte in epoca successiva alla proposizione del ricorso, giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.</span></span></p>