Tribunale di Firenze, Sezione Penale, ordinanza 27 gennaio 2025
QUESTIONE RIMESSA
Si dubita della legittimità costituzionale della norma di cui all’ art. 628, comma 2 del codice penale nella parte in cui richiede che la condotta di violenza o minaccia sia posta in essere “immediatamente dopo la sottrazione” anziché “immediatamente dopo l’impossessamento” del bene, per violazione dell’art. 3 della Costituzione e in particolare in relazione alla diversa disciplina dettata per la rapina impropria rispetto al delitto di rapina propria di cui all’art. 628, comma 1 del codice penale.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Rilevanza della questione.
1.1 L’ art. 628, comma 2 del codice penale incrimina la condotta di “chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità”, prevedendo per tale reato (c.d. rapina impropria) lo stesso trattamento sanzionatorio previsto per la c.d. rapina propria di cui all’art. 628, comma 1 del codice penale.
1.2 In base alla citata lettera della norma, perché il reato si consumi è sufficiente che dopo la sottrazione del bene il soggetto ponga in essere la condotta violenta o minatoria, mentre non è necessario il conseguimento del possesso del bene stesso, né quale presupposto della condotta, né quale dato successivo.
La citata soluzione interpretativa è fatta propria anche dalla giurisprudenza di legittimità consolidata, che afferma che “A differenza della rapina propria ex art. 628, comma 1 del codice penale, per la cui consumazione – come per il furto – è necessaria la verificazione dell’evento dell’impossessamento della cosa mobile altrui, per la consumazione della rapina impropria è invece sufficiente il solo perfezionamento della sottrazione … poiché il comma secondo dell’art. 628 del codice penale fa riferimento alla sola sottrazione e non anche all’impossessamento, deve ritenersi che il delitto di rapina impropria si perfeziona anche se il reo usi violenza dopo la mera apprensione del bene, senza il conseguimento, sia pure per breve tempo, della disponibilità autonoma dello stesso.
È configurabile, invece, il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità” (così Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15584 del 12 febbraio 2021 Rv. 281117-01 in un caso in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna per rapina impropria consumata di due soggetti che avevano sottratto altrettanti trapani da un esercizio commerciale, usciti dal quale avevano usato violenza nei confronti degli addetti alla vigilanza, che li avevano tenuti sotto controllo, al fine di assicurarsi la fuga ed il possesso dei trapani; nello stesso senso, tra le tante, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1790 del 2025 e Cass. Sez. 7, ordinanza n. 44207 del 2024).
Quanto poi alla configurazione della “sottrazione” la stessa è “da intendersi come mera apprensione del bene, senza il conseguimento, sia pure per un breve spazio temporale, della disponibilità autonoma dello stesso … per la sua sussistenza non assume rilievo in senso contrario il controllo del personale di vigilanza, siccome idoneo ad eventualmente impedire soltanto la successiva acquisizione di un’autonoma disponibilità della cosa stessa” (così Sez. 2, Sentenza n. 40276 del 2024; nello stesso senso la già citata Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15584 del 12 febbraio 2021).
1.3 In base alla lettera della norma e al diritto vivente quale promana dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, nel caso in esame il delitto di rapina si sarebbe dunque perfezionato, per cui sarebbe corretta la qualificazione giuridica data ai fatti dalle parti nell’istanza ex art. 444 del codice di procedura penale: in base agli atti l’imputato ha commesso la violenza contro il vigilante dopo avere sottratto i citati generi alimentari dal supermercato (era fermato immediatamente dopo l’uscita).
1.4 Ove viceversa la norma fosse dichiarata costituzionalmente illegittima nel senso qui auspicato – e quindi ove all’espressione “immediatamente dopo la sottrazione” fosse sostituita l’espressione “immediatamente dopo l’impossessamento” – la qualificazione giuridica non sarebbe corretta e quindi questo giudice dovrebbe respingere l’istanza di applicazione pena come formulata.
Infatti, posto che l’apprensione dei beni da parte dell’imputato era stata compiutamente osservata dal personale di vigilanza del supermercato, che poteva in ogni momento intervenire, i citati beni non sono usciti dalla sfera di controllo dell’avente diritto; l’imputato non ne ha conseguito, neppure in via temporanea, una disponibilità autonoma.
Detto altrimenti, al momento della condotta violenta, non vi era stato alcun impossessamento – neppure temporaneo – dei citati beni, ma soltanto una serie di atti idonei all’impossessamento della merce, non portati a compimento per l’intervento del citato vigilante. La rapina impropria si sarebbe dunque fermata al livello di tentativo.
- Non manifesta infondatezza
2.1 Si dubita della legittimità costituzionale della norma di cui all’ art. 628, comma 2 del codice penale nella parte in cui richiede che la condotta di violenza o minaccia sia posta in essere “immediatamente dopo la sottrazione” anziché “immediatamente dopo l’impossessamento” del bene, per violazione dell’art. 3 della Costituzione e in particolare in relazione alla diversa disciplina dettata per la rapina impropria rispetto al delitto di rapina propria di cui all’art. 628, comma 1 del codice penale (che incrimina la condotta di chi “per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”).
2.2 La Corte costituzionale negli ultimi anni si è più volte occupata del reato di rapina impropria e dei relativi rapporti con il reato di rapina propria.
2.2.1 In particolare, con la sentenza n. 190 del 2020 la Corte ha ritenuto legittima la parificazione del trattamento sanzionatorio nelle due ipotesi di rapina, propria e impropria, di cui ha sottolineato le analogie (“il tratto qualificante delle previsioni confluite nell’art. 628 del codice penale è dato dal ricorso a una condotta violenta o minacciosa nel medesimo contesto – di tempo e di luogo – di una aggressione patrimoniale, e proprio questo vale a giustificare la costruzione di un reato complesso, di cui sono elementi costitutivi (o circostanze aggravanti) più fatti che costituirebbero reato per sé stessi (art. 84 del codice penale)”); dopo aver riconosciuto che, “nelle due forme di rapina, non è perfetta, al di là della sequenza diversamente ordinata, la sovrapposizione tra gli elementi costitutivi del reato”, la Corte ha rilevato che in ragione della “fondamentale ratio del delitto di rapina (anche nella forma impropria) quale reato complesso, si comprende come il legislatore non abbia assegnato rilievo, sul piano dei valori edittali di pena, all’elemento differenziale costituito dalla mancata instaurazione di una situazione possessoria in capo all’agente: elemento che nulla sottrae al nucleo comune ed essenziale delle forme di aggressione patrimoniale mediante violenza o minaccia”.
2.2.2 Tali concetti erano poi ribaditi dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 111 del 2021 e con la sentenza n. 260 del 2022.
2.2.3 Con la più recente sentenza n. 86 del 2024, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, comma 2 del codice penale, nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata sia diminuita quando il fatto risulti di lieve entità, la Corte costituzionale ha ulteriormente “rimarcato l’omogeneità strutturale delle varie forme di rapina, che sono tutte aggressioni contestuali alla persona e al patrimonio, astrette in un reato complesso”; atteso che anche la rapina propria condivide, come la rapina impropria e l’estorsione, i profili che avevano giustificato il citato giudizio d’illegittimità, la Corte ha esteso in via consequenziale la pronuncia d’illegittimità costituzionale all’art. 628, comma 1 del codice penale.
2.3 Se dunque le due norme incriminatrici – che delineano i delitti di rapina propria e rapina impropria – condividono la stessa ratio fondamentale di sanzionare più severamente la contestuale aggressione al patrimonio e alla persona, non pare ragionevole la diversa disciplina dettata in relazione al momento di consumazione del reato.
Nel delitto di rapina propria il reato si perfeziona solo a condizione che l’autore della condotta consegua il dominio esclusivo del bene, sia pur in via temporanea, restando la fattispecie al livello del tentativo ove il soggetto non sia riuscito a conseguirne il possesso neppure in via temporanea. Tale è la struttura della fattispecie, se pur – in considerazione del già intervenuto impiego di violenza o minaccia – può in concreto essere più difficoltosa la distinzione tra sottrazione e impossessamento.
In analoga situazione, a sequenza invertita, la rapina impropria è invece già consumata ove la condotta violenta sia tenuta dopo la semplice sottrazione del bene, senza che sia necessario l’impossessamento.
2.4 Se la ratio è quella di punire la contestuale aggressione a patrimonio e persona, non si vede perché – con riguardo all’ipotesi in cui la lesione del possesso altrui non si sia compiutamente verificata – nell’un caso (rapina propria) il reato sia solo tentato e nell’altro (rapina impropria) il reato sia invece consumato. Con tutte le rilevanti conseguenze che ne derivano in termini di trattamento sanzionatorio.
2.5 All’auspicata soluzione non pare opporsi la circostanza che in una delle forme di rapina impropria l’agente operi al fine specifico di assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa. Sarebbe infatti possibile richiedere per la consumazione del reato l’impossessamento del bene, potendo il citato dolo specifico avere ad oggetto il consolidamento del possesso.
- Possibilità di un’interpretazione conforme.
Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata all’art. 3 della Costituzione, chiaro e univoco essendo il dato letterale (la disposizione è peraltro interpretata in modo costante dalla giurisprudenza di legittimità in conformità al citato dato letterale).