Il giudizio penale di legittimità, esitato nella sentenza in esame, origina da un ricorso avverso la condanna del ricorrente in appello al reato di cui all’art. 609bis c.p. (“violenza sessuale”).
Con la presente decisione, la Suprema Corte, dopo aver ritenuto infondato il primo motivo di ricorso – in forza dell’assunto secondo il quale la censura di violazione di legge presupponga la sussistenza di circostanze di fatto inequivoche, di cui venga discussa solo la corretta qualificazione – rileva l’inammissibilità anche del secondo motivo.
Su tale ulteriore motivo, i Giudici di legittimità precisano due profili giuridici fondamentali, l’uno sostanziale e l’altro processuale.
In ordine al primo profilo, la pronuncia chiarisce che «integra il reato di violenza sessuale anche quella condotta che, pur caratterizzata da un fugace contatto corporeo con la vittima, sia finalizzata a soddisfare l’impulso sessuale del reo (Sez. 3, n. 45950 del 26/10/2011 Rv. 251339 – 01 M.). Lungo tale linea interpretativa si è precisato, altresì, che in tema di violenza sessuale, l’elemento oggettivo, oltre a consistere nella violenza fisica in senso stretto o nella intimidazione psicologica in grado di provocare la coazione della vittima, si configura anche nel compimento di atti sessuali repentini, compiuti improvvisamente all’insaputa della persona destinataria, in modo da poterne prevenire anche la manifestazione di dissenso (Sez. 3, n. 46170 del 18/07/2014 Rv. 260985 – 011)».
Quanto al secondo profilo, la Corte si sofferma sul requisito della “specificità estrinseca” dei motivi di ricorso per cassazione, ribadendo l’orientamento secondo il quale detti motivi «sono inammissibili “non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato” (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425). Ancor più specificamente, si è ritenuto “inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso” (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838). In sintesi, il requisito della “specificità estrinseca” dei motivi risponde alla necessità che il ricorrente formuli una ragionata censura della motivazione del provvedimento impugnato (cfr. Cass. Sez. Sez.2, n. 7801 del 19/11/2013 Cc. (dep. 19/02/2014) Rv. 259063 Hussien)».
Di qui, la Suprema Autorità Giudicante dispone l’inammissibilità del ricorso.
Cassazione penale, sez. III, sentenza n. 37725/2021.