Corte di Cassazione, Sez. V, ordinanza 11 novembre 2021, n. 33312
Con ordinanza n. 33312 dell’11 novembre 2021, la V Sezione Civile della Corte di Cassazione ha sottoposto alle Sezioni Unite la questione inerente la tassazione degli atti di scissione di società.
In particolare, è sorta la necessità di interpretare l’art 4 della Tariffa Parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, il quale prevede l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa alle operazioni di scissione tra società di qualunque tipo e oggetto ed enti “aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale od agricola”.
Le Sezioni Unite sono, pertanto, invitate a chiarire se la formula linguistica “aventi per oggetto l’esclusivo o principale esercizio di attività commerciali o agricole” faccia riferimento:
- solo agli enti diversi dalla società → opzione orientativa che si basa sul criterio letterale, dal quale si evince la volontà del legislatore di riferire il carattere commerciale o agricolo quale limite all’applicazione del beneficio solo agli enti diversi dalle società. Tale orientamento rinvia ad altre disposizioni dell’ordinamento, quale ad esempio l’art. 82, Dlgs 117/2017, nonché alla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/E dell’01/06/2016 che conferma quanto sostenuto dall’orientamento in esame;
- oppure si riferisca ad ogni tipo di società ed ente → a sostegno, viene richiamata la nota III dell’art.4 della Tariffa, Parte Prima allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, all’art. 9 della Tariffa che presuppone ci siano società che non esercitando attività commerciale o agricola, non possono usufruire del beneficio, ma sono assoggettate a tariffa proporzionale nella misura del 3%. L’assegnazione di un bene o di una partecipazione sociale ad una società che non svolge attività commerciale o agricola, comporterebbe la fuoriuscita degli stessi dal circuito produttivo teso a creare ricchezza, per essere inglobato in una struttura organizzativa plurisoggettiva tesa alla gestione e al godimento di quel bene o di quella partecipazione a fini di rendita.
Nonostante l’importanza della questione, in relazione alla sua rilevanza giuridica e alle ricadute sul piano pratico, la giurisprudenza di legittimità si è espressa in sole due occasioni (Cass., Sez.5, 4763/2009 e Cass., Sez.5, ordinanza 227/2021) nella quali sembra propendere per la seconda delle opzioni interpretative illustrate.