Corte Costituzionale, ordinanza 31 marzo 2022 n. 82
Va dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lecco.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Considerato che il Tribunale ordinario di Lecco, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, nella parte in cui, agli effetti dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, stabilisce che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità nei casi di cui all’art. 337 cod. pen., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni;
che la questione è manifestamente infondata;
che essa è già stata dichiarata non fondata da questa Corte con la sentenza n. 30 del 2021, depositata successivamente all’ordinanza di rimessione del Tribunale di Lecco;
che tale sentenza ha richiamato il principio per cui «le cause di non punibilità costituiscono altrettante deroghe a norme penali generali, sicché la loro estensione comporta strutturalmente un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono da un lato la norma generale e dall’altro la norma derogatoria, giudizio che appartiene primariamente al legislatore»;
che da questa premessa la medesima sentenza ha desunto che «le scelte del legislatore relative all’ampiezza applicativa della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. sono sindacabili soltanto per irragionevolezza manifesta»;
che la scelta del legislatore di escludere dal campo di applicazione dell’esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è stata giudicata manifestamente irragionevole, poiché essa «corrisponde all’individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione», giacché non limitato al corretto funzionamento della pubblica amministrazione, ma inclusivo della sicurezza e libertà di determinazione delle persone fisiche che esercitano le pubbliche funzioni;
che, al metro dell’art. 3 Cost., la citata sentenza ha escluso l’omogeneità dei tertia comparationis dell’abuso d’ufficio e del rifiuto di atti d’ufficio, «poiché queste fattispecie delittuose, per quanto incidano anch’esse sul regolare funzionamento della pubblica amministrazione, non vedono tuttavia direttamente coinvolta la sicurezza e la libertà della persona fisica esercente la funzione pubblica, intesa quale soggetto passivo del reato»;
che, per la medesima sentenza, non rileva ai fini dello scrutinio di ragionevolezza che tale coinvolgimento personale ricorra nella fattispecie aggravata ex artt. 576, primo comma, numero 5-bis), 582 e 585 cod. pen., poiché questa, «ove la condotta causativa delle lesioni sia teleologicamente collegata a una resistenza nei confronti del pubblico ufficiale, e sia quindi diretta a intralciare il regolare funzionamento della pubblica amministrazione, ricade senz’altro nell’esclusione dell’esimente di tenuità prevista per il titolo di reato di cui all’art. 337 cod. pen.»;
che, poiché l’ordinanza di rimessione del Tribunale di Lecco non apporta argomenti nuovi e diversi rispetto alle richiamate considerazioni, la questione con essa sollevata si rivela manifestamente infondata (ex multis, ordinanze n. 224, n. 214, n. 165 e n. 111 del 2021, n. 204, n. 93 e n. 81 del 2020);
che su questo esito non incide l’evocazione degli ulteriori tertia comparationis individuati dal rimettente nei titoli di reato di cui agli artt. 342 e 353 cod. pen., i quali sono invero palesemente eterogenei rispetto alla fattispecie delittuosa della resistenza a pubblico ufficiale, in quanto, da un lato, l’oltraggio a corpo politico, amministrativo o giudiziario non ha tra i suoi elementi costitutivi la violenza o la minaccia, dall’altro, la turbativa d’asta ha un’oggettività giuridica peculiare, circoscritta alle determinazioni negoziali della pubblica amministrazione;
che, quando denuncia che l’esclusione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. sia rivolta solo alla tutela dei pubblici ufficiali e non anche a quella degli incaricati di pubblico servizio, il giudice a quo impiega un argomento contraddittorio rispetto alle premesse da cui egli stesso muove, dichiaratamente avverse ad esclusioni qualificate in senso meramente soggettivo;
che, peraltro, l’esclusione della operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. con riguardo ai reati di cui agli artt. 336, 337 e 341-bis cod. pen. commessi nei confronti di ogni pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni – originariamente prevista dall’art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53 (Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2019, n. 77 – è venuta meno per effetto dell’art. 7, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 173, avendo il legislatore limitato l’esclusione della causa di non punibilità al caso in cui quei reati siano commessi in danno dei soli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, evidentemente ritenuti più esposti a condotte resistenziali di tipo violento;
che, infine, la tutela rafforzata predisposta dal legislatore in favore di questi pubblici ufficiali non si risolve affatto in una qualificazione di “superiorità” o “infallibilità” dei soggetti medesimi – come paventa il rimettente –, essendo sufficiente al riguardo osservare che, nell’ipotesi di atti arbitrari del pubblico ufficiale, opera, anche per il reato di cui all’art. 337 cod. pen., la distinta causa di non punibilità ex art. 393-bis cod. pen.;
che, pertanto, la sollevata questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.