Consiglio di Stato, IV Sezione, sentenza 03 ottobre 2024, n. 7960
PRINCIPIO DI DIRITTO
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
- L’appello è fondato, relativamente alla domanda risarcitoria proposta dall’appellante.
- Il giudice di prime cure ha fondato il rigetto della domanda risarcitoria su un duplice assunto: a) l’odierna appellante non aveva impugnato la graduatoria, trovando dunque applicazione l’art. 1227 co. 2 c.c, nei termini chiariti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3/11; b) l’appellante non avrebbe fornito la prova di esser utilmente collocata in graduatoria, e di avere dunque diritto all’assunzione.
Entrambi gli assunti sono errati.
- Per quel che riguarda il profilo di criticità descritto a), rileva il Collegio che, come è noto, il Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione, ha da tempo chiarito che: “L’art. 30 comma 3, c.p.a., pur non richiamando espressamente l’art. 1227, comma 2, c.c., ne recepisce in sostanza il principio informatore allorché afferma che l’omessa attivazione da parte dell’interessato degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della riduzione del danno del danno evitabile con l’ordinaria diligenza, in una logica che vede l’omessa impugnazione dell’atto lesivo non più come preclusione di rito, ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile” (C.d.S, AP n. 3/11).
4.1. La giurisprudenza successiva, facendo seguito alla sentenza dell’Adunanza plenaria 23 marzo 2011, n. 3, ha poi chiarito che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela costituisce elemento valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà ai fini dell’esclusione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su di una logica probabilistica.
4.2. È stato in tale modo posto in evidenza che la scelta di non avvalersi di adeguate forme di tutela integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che interrompe il nesso causale, e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile.
4.3. Ciò premesso, occorre nondimeno aggiungere, con riguardo alla vicenda controversa, che il riferimento, nell’art. 30 del codice del processo amministrativo, agli “strumenti di tutela previsti” ha il significato di consentire al privato danneggiato di poter attivare, per sottrarsi alla regola del concorso di colpa del danneggiato, strumenti di tutela anche di natura extraprocessuale (come un’istanza di autotutela, una sollecitazione mediante diffida) diversi e meno onerosi rispetto alla proposizione della domanda giudiziale di annullamento (C.d.S, V, 14.3.2019, n. 1683. in termini confermativi, cfr. C.d.S, VI, 15.9.2015, n. 4283).
4.4. Nella specie, l’appellante ha proposto istanza di autotutela alla ASL, prima personalmente (nota 30.7.2008), e poi a mezzo del proprio legale di fiducia (nota 16.11.2009).
A seguito di tali istanze, l’Amministrazione, originariamente silente, ha avviato interlocuzione procedimentale con l’odierna appellante, dapprima chiedendo documentazione integrativa (con richiesta puntualmente evasa dall’appellante), e poi convocandola presso i propri uffici, richiedendo altresì la formulazione di una proposta transattiva, ai fini della bonaria composizione della vicenda; proposta che l’odierna appellante ha diligentemente trasmesso all’Amministrazione in data 23.3.2010, per il tramite del proprio legale.
Nel silenzio che ne è seguito, l’odierna appellante ha dapprima citato la Asl Bari innanzi al giudice del lavoro di Bari, e di poi, a seguito della sentenza n. 5603/15di quest’ultimo, declinatoria della giurisdizione, ha diligentemente riassunto la causa innanzi al TAR Bari.
4.5. Alla luce di tali emergenze fattuali, è evidente che l’odierna appellante si è diligentemente adoperata al fine di attenuare le conseguenze del danno risarcibile; ne consegue che nessun addebito di negligenza può esserle mosso al riguardo.
4.6. Per tali ragioni, la pronuncia impugnata non ha fatto corretta applicazione delle coordinate ermeneutiche ricavabili dall’art. 30 c.p.a, nei termini chiariti dalla giurisprudenza amministrativa, sicché la stessa deve essere sul punto riformata.
- Venendo ora al secondo profilo di criticità posto dal TAR Bari a fondamento dell’impugnata pronuncia di rigetto (l’appellante non avrebbe fornito la prova di esser utilmente collocata in graduatoria, e di avere dunque diritto all’assunzione), premette il Collegio che, per condivisa giurisprudenza amministrativa: “Ai sensi dell’art. 64 comma 2, c. proc. amm. il giudice amministrativo, salvi i casi previsti dalla legge, deve porre a fondamento della sua decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificamente contestati dalle parti costituite, atteso che tali prove, una volta esibite, sono oggettivamente acquisite al processo” (C.d.S, VI, 6.2.2019, n. 903. In termini confermativi, C.d.S, IV, 26.8.2014, n. 4296).
5.1. Dalla lettura dell’art. 64, c.p.a. si evince dunque che i fatti non contestati devono essere posti a fondamento della decisione, senza che residui alcun margine di discrezionalità in capo al giudicante, evidenziandosi, altresì, che l’indicazione dei “fatti non specificamente contestati”, in uno alle “prove proposte dalle parti” lascia intendere che i fatti non contestati confluiscono nel concetto di prova.
5.2. Ciò premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, rileva il Collegio che l’ASL Bari, ritualmente costituita in giudizio, non ha giammai contestato la circostanza che la graduatoria sia stata prorogata, e poi utilizzata sino al suo esaurimento, con assunzione di tutti i candidati (circa 300) utilmente collocati in graduatoria.
Orbene, a fronte di tale fatto specifico, non contestato dall’Amministrazione, non residuava in capo al giudice di prime cure alcun margine di apprezzamento discrezionale in ordine alla circostanza dell’essere l’odierna appellante utilmente collocata in graduatoria.
5.3. Pertanto, anche sotto tale profilo l’impugnata sentenza non ha fatto buon governo delle disposizioni vigenti in tema di onere della prova, con specifico riguardo ai fatti non specificamente contestati dalla parte costituita (art. 64 co. 2 c.p.a.), e va dunque conseguentemente riformata.
- Chiariti i profili di erroneità della pronuncia impugnata, e venendo ora all’esame degli elementi costitutivi richiesti ai fini dell’operare della fattispecie risarcitoria, rileva il Collegio che vi è in atti prova della presentazione, da parte dell’odierna appellante, di domanda di partecipazione alla procedura concorsuale in esame.
Tale domanda è stata – incredibilmente – smarrita dall’Amministrazione, la quale non ha fornito alcuna giustificazione sul punto.
Orbene, tali circostanze radicano senz’altro la sussistenza di un fatto ingiusto, colpevolmente imputabile all’Amministrazione, responsabile di assoluta negligenza nella gestione e archiviazione delle domande di partecipazione ad un concorso da essa stessa bandito. Trattasi, all’evidenza, di errore inescusabile, come del resto confermato dalla stessa Amministrazione, la quale da un lato non ha articolato alcuna giustificazione in merito alla causa dello smarrimento della domanda dell’odierna appellante, e sotto altro profilo, a fronte delle istanze di autotutela inoltrate da quest’ultima (la prima personalmente, e la seconda a mezzo di un legale di fiducia), ha convocato quest’ultima nei propri uffici, invitandola a formulare una proposta transattiva; proposta effettivamente formulata dall’appellante, alla quale l’Amministrazione non ha poi ritenuto di dare alcun seguito.
- Alla luce di tali emergenze processuali, deve pertanto affermarsi la sussistenza di tutti i requisiti normativamente previsti ai fini dell’operare della fattispecie risarcitoria (art. 2043 c.c.), dovendo conseguentemente l’Amministrazione essere condannata al risarcimento di tutti i danni subiti dall’appellante nella vicenda in esame.
- Per quel che attiene ora alla concreta quantificazione del pregiudizio risarcibile, reputa il Collegio, ai sensi dell’art. 1226 c.c, di valorizzare gli elementi contenuti nella proposta transattiva del 23.3.2010, in quanto frutto di corretto e ragionevole bilanciamento di tutte le circostanze del caso.
Pertanto, la ASL Bari va condannata a corrispondere all’odierna appellante – per la causale a processo – un importo pari al 50% della retribuzione mensile (al netto degli oneri fiscali e previdenziali) spettante all’odierna appellante dalla data di immissione in servizio (la quale, in difetto di ulteriori elementi, può ritenersi quella del 3.7.2008, vale a dire quella della prima diffida al DG ASL Bari), e sino al 23.10.2010.
Tale importo, già rivalutato sino al 23.3.2010, dovrà essere maggiorato di rivalutazione successiva a tale data, nonché da interessi legali sulla somma via via rivalutata, dal 24.3.2010 al soddisfo.
- Per quel che concerne invece l’ulteriore domanda proposta dall’appellante, di riconoscimento del diritto all’assunzione, rileva il Collegio che il giudice della nomofilachia ha da tempo chiarito che la giurisdizione del giudice amministrativo riguarda le sole procedure concorsuali in senso stretto, dalla pubblicazione del bando alla valutazione dei candidati, sino all’approvazione della graduatoria finale che individui i vincitori, mentre le controversie relative agli atti successivi rientrano nella giurisdizione del g.o. (sempre che la parte non contesti la legittimità dell’atto di approvazione della graduatoria), venendo in questione atti che non possono che restare compresi tra la determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato (del d.lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2), di fronte ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi (cfr, ex multis, Cass. civ, SS.UU, 12.8.2021, n. 22746).
Per tali ragioni, stante il difetto di contestazione della legittimità dell’atto di approvazione della graduatoria, va dichiarato il difetto di giurisdizione sull’ulteriore domanda dell’appellante, volta al riconoscimento del diritto all’assunzione, con conseguente assegnazione all’appellante del termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, per la riassunzione, in parte qua, del relativo giudizio innanzi al giudice ordinario, ai sensi dell’art. 11 c.p.a.
- Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, con distrazione in favore dei procuratori anticipatari di parte appellante.