Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, ordinanza 11 febbraio 2022 n. 4115
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
La propone ricorso avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche sulla base d’unitaria censura, ulteriormente illustrata da memoria; resiste con controricorso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; osserva 1. La ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2938, 2697, co. 2, 2935 cod. civ.
1.1. Assume la X che il Ministero aveva, eccependo la prescrizione, indicato il “dies a quo” nell’anno 1985, nel quale erano state realizzate le opere di sistemazione idraulica. Riferimento, questo, radicalmente irragionevole, stante che il diritto al risarcimento era sorto solo con l’evento dannoso, verificatosi nel 1992.
Il Tribunale superiore aveva reputato che la danneggiata avrebbe potuto avere conoscenza del nesso causale tra danno e cattiva messa in opera delle opere predette con l’esercizio dell’ordinaria diligenza. Trattavasi, precisa l’impugnante, dell’evocazione di fatti sintomatici, non precisati dalla sentenza, mai allegati e, tantomeno provati, dalla controparte.
1.2. Da ciò derivava, anche l’illegittima inversione dell’onere della prova: «il TSAP, anziché verificare, ai fini della valutazione della fondatezza dell’eccezione di prescrizione, se la parte che l’aveva sollevata aveva dimostrato il fatto che„ permettendo l’esercizio del diritto, aveva determinato l’inizio della decorrenza del termine dal Ric. 2020 n. 26711 sez. SU – ud. 14-12-2021 -3- 1992, ha posto a carico dei ricorrenti l’onere di dimostrare quando avevano potuto avere conoscenza, mediante uso dell’ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche della rapportabilità causale del danno lamentato con le carenze di progettazione e manutenzione delle opere idrauliche del fiume Tronto».
1.3. Inoltre, sulla base dei principi enunciati in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 2935 cod. civ., la prescrizione decorre dal momento in cui il danneggiato, esercitando l’ordinaria diligenza, anche tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, possa essere in grado di avere consapevolezza del nesso causale. Ove il giudice non si attenga al predetto principio incorre in falsa applicazione della norma citata per errore di sussunzione, come chiarito dalla Cassazione (il ricorrente richiama sul punto Cass. n. 13745/2018).
- Il primo profilo di doglianza è infondato. Non può imputarsi alla parte che eccepisca l’intervenuta prescrizione l’onere di individuare con esattezza il momento di decorrenza, essendo bastevole che essa prospetti la dedotta estinzione per decorso del tempo, individuando la vicenda temporale che, a suo giudizio, viene in rilievo. Spetterà poi al giudice accertare il corretto “dies a quo”, senza che con ciò possa affermarsi che l’eccipiente venga meno al proprio dovere di allegazione.
2.1. Il secondo e il correlato terzo profilo risultano fondati. La ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte (per vero oramai vasta) in materia di prova del nesso causale del danno derivante da trattamenti sanitari.
Giurisprudenza, la quale ha chiarito che la prescrizione decorre non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (S.U., n. 576, 11/1/2008, alla quale sono seguite numerose decisioni conformi, fino a giungere, da ultimo, all’ordinanza n. 14470/2021). Il principio in parola non risulta essere stato contraddetto dalla decisione impugnata.
Quel che occorre accertare è se il T.S.A.P. abbia fatto corretta applicazione dell’art. 2935 cod. civ. Come sopra si è riportato la sentenza ha affermato che la «non straordinarietà dell’evento avrebbe potuto essere immediatamente percepita dal danneggiato con la normale diligenza, essendo evidenti fin dall’inizio le carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche poi tardivamente denunciate e il nesso di causalità con i danni subiti».
La scarna motivazione, strutturata in forma assiomatica, non consente di poter giudicare corretta la sussunzione giuridica. Invero, la misura della non straordinarietà dell’evento atmosferico e l’evidenza dei vizi progettuali e delle manchevolezze manutentive, dei quali la parte danneggiata avrebbe dovuto avere conoscenza con l’ordinaria diligenza, non risultano, neppure sommariamente accertati e, indi, descritti, di talché l’affermazione di presunzione di conoscenza finisce inevitabilmente per soddisfare solo in apparenza il precetto di legge.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire (Sez. 3, n. 13745, 31/05/2018, Rv. 649040; conf. Sez. 6, n. 24164, 27/09/2019) che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre dal giorno in cui tale malattia venga percepita – o possa essere percepita usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo.
Incorre, pertanto, in un errore di sussunzione e, dunque, nella falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita o, comunque, conseguibile, da parte del paziente, pur in difetto di informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla trasfusione (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la dichiarazione anamnestica con la quale il paziente privo di conoscenze mediche – rispondendo ad una non meglio identificata interrogazione del sanitario ed in mancanza di specifiche indicazioni nel referto circa la causa della malattia epatica diagnosticatagli – aveva fatto riferimento ad una trasfusione a cui si era sottoposto quindici anni prima, non integrasse il presupposto, rilevante ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, della percezione, da parte dello stesso paziente, della riconducibilità causale della patologia alla trasfusione).
Senza che la diversità della fonte materiale del danno influisca sul profilo giuridico, qui, a fortiori deve constatarsi la falsa applicazione della norma. Invero, se nella vicenda sanitaria sopra riportata si addebita al giudice di non avere apprezzato la dichiarazione anamnestica del paziente in conformità alla legge, qui, manca del tutto, per vero, l’apprezzamento del fatto, da reputarsi, quindi, erroneamente sussunto nell’art. 2935 cod. civ.
Queste Sezioni unite, con la recente sentenza n. 2146 del 29/1/2021, occupandosi della medesima vicenda (danni derivanti dalla stessa esondazione del fiume Tronto), sono giunte alla medesima conclusione, sulla base del seguente principio di diritto: il termine di prescrizione del diritto al risarcimento preteso, nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dai soggetti danneggiati dall’esondazione di un fiume decorre dal giorno in cui gli stessi hanno avuto la conoscenza (o la conoscibilità) tecnico- scientifica dell’incidenza causale delle carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche. Incorre, pertanto, in un errore di sussunzione (e, dunque, nella falsa applicazione dell’art. 2935 c.c.) il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita, da parte del danneggiato, in base alla mera percezione – inidonea a rendere concretamente esercitabile il diritto in mancanza di una specifica indagine tecnico-scientifica volta a identificare il rapporto causale – dell’episodio di natura meteorologica determinante l’esondazione (Rv. 660290).
- Consegue all’esposto la cassazione con rinvio della sentenza impugnata. Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.