<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"> Con l’ordinanza in esame, la n. 27602 del 20019, la Suprema Corte si è pronunciata evidenziando i principi di diritto riferibili ai criteri di liquidazione del danno. Assume la Corte che è stato da tempo affermato il principio secondo il quale "nelle obbligazioni risarcitorie, il creditore deve essere risarcito, mediante la corresponsione degli interessi compensativi, del danno che si presume essergli derivato dall’impossibilità di disporre tempestivamente della somma dovuta e di impiegarla in maniera remunerativa, sicché la liquidazione del danno da ritardato adempimento, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: a) devalutando l’acconto ed il credito alla data dell’illecito; b) detraendo l’acconto dal credito; c) calcolando gli interessi compensativi mediante l’individuazione di un saggio scelto in via equitativa, da applicare prima sull’intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell’acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva" (cfr. Cass. 25817/2017; Cass. 6619/2018). Il criterio postulato con il principio richiamato non risulta applicato dalla Corte territoriale che ha omesso di devalutare gli acconti corrisposti in via stragiudiziale, con ciò prescrivendo un meccanismo di scomputo erroneo in quanto riferito a poste non omogenee, nonostante che, oltretutto, la specifica eccezione fosse stata sollevata nell’atto di costituzione in appello. Nel caso in esame, infatti, i giudici d’appello si sono limitati ad enunciare nel dispositivo la previa detrazione degli acconti già corrisposti, solo in relazione al danno biologico riquantificato, senza affatto motivare sui criteri da utilizzare al fine di rendere determinato o correttamente determinabile l’importo dovuto. Ma anche le altre censure, riguardanti l’omessa detrazione della somma pagata in esecuzione della sentenza di primo grado, risultano fondate visto che la Corte territoriale, nonostante che la circostanza fosse stata oggetto di specifica eccezione basata su prova documentale richiamata anche nei verbali di udienza, ha omesso del tutto di pronunciarsi sull’esatto conteggio della somma dovuta, tenendo conto oltre che degli acconti corrisposti nelle more del giudizio, che del "saldo" versato dopo la pronuncia di primo grado. In conclusione, il ricorso deve essere accolto. Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:</p> <ol style="text-align: justify;"> <li>"<strong>nelle obbligazioni risarcitorie, il creditore deve essere ristorato, mediante la corresponsione degli interessi compensativi, del danno che si presume essergli derivato dall’impossibilità di disporre tempestivamente della somma dovuta e di impiegarla in maniera remunerativa,</strong> sicché la liquidazione del danno da ritardato adempimento, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: a) devalutando l’acconto ed il credito alla data dell’illecito; b) detraendo l’acconto dal credito; c) calcolando gli interessi compensativi mediante l’individuazione di un saggio scelto in via equitativax da applicare prima sull’intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell’acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva"; b. "Nell’ipotesi di riforma della sentenza impugnata riferita al quantum debeatur <strong>è compito del giudice d’appello determinare la somma dovuta, sulla base di criteri determinati o determinabili che tengano conto dei principi sopra indicati</strong>, provvedendo a defalcare tutti gli importi che già corrisposti per il medesimo titolo nelle more del giudizio, anche se con differente causale, <strong>al fine di giungere ad un decisum chiaro e definitivo sull’importo dovuto che - in ragione del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. ed art. 6 della CEDU, declinato anche in termini di economia processuale - consenta di evitare ulteriori fasi giurisdizionali</strong>".</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Domiziana Pinelli </em></p>