Corte di Cassazione, III Sezione Civile, sentenza 08 aprile 2020, n. 7760
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
La contraddizione della motivazione del giudice d’appello, precisa anzitutto la Corte, è evidente: in concreto la Corte di merito afferma che, stante l’intento omicidiario del N. del tutto comprovato, dal successivo svilupparsi degli eventi, qualsiasi intervento dell’Ufficio giudiziario sarebbe stato ininfluente, così testualmente a pag. 18 si legge: “Il N., infatti, avrebbe potuto facilmente procurarsi un’altra arma avente caratteristiche similari a quello utilizzato per uccidere, semplicemente acquistandola”.
In tal modo la Corte di merito ha, pur affermando di effettuare il cd. giudizio controfattuale, escluso la rilevanza causale di qualsiasi possibile antecedente logico, operando in modo difforme da quanto costantemente prescritto in materia. La giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 23197 del 27/09/2018) afferma, con orientamento che in questa sede si reputa ribadire, che “In tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità positiva o negativa del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio contro fattuale, che pone al posto dell’omissione il comportamento dovuto. Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del “più probabile che non”, conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (cd. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica o baconiana)”.
È, inoltre, giurisprudenza costante della Corte (di recente Cass. n. 13096 del 24/05/2017) che “In materia di illecito aquiliano, l’accertamento del nesso di causalità materiale, in relazione all’operare di più concause ed all’individuazione di quella cd. “prossima di rilievo” nella verificazione dell’evento dannoso, forma oggetto di un apprezzamento di fatto del giudice di merito che è sindacabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sotto il profilo della violazione delle regole di diritto sostanziale recate dagli artt. 40 e 41 c.p. e art. 1227 c.c., comma 1″.
Così come effettuato dalla Corte di Appello di Messina il giudizio sul nesso causale (che è, e resta, come detto, un giudizio di fatto, rimesso per ciò solo al giudice di merito, anche qualora si tratti di cause di responsabilità civile ai sensi della L. n. 117 del 1988, in cui si controverte dell’ipotesi tipica in cui il magistrato è chiamato ad interpretare ed applicare norme di diritto: Cass. n. 13189 del 26/06/2015, non massimata) non è in realtà correttamente impostato, in quanto, anche attraverso una eccessiva frammentazione dei fatti, con conseguente inintelligibile polverizzazione di alcuni di episodi (per quanto subito si dirà), si priva di rilevanza l’antecedente logico, ossia la condotta omessa, poiché si afferma che qualunque essa potesse essere, l’evento di danno si sarebbe comunque verificato. Così motivando la Corte di Appello ha dilatato l’incidenza dell’inadempienza dell’organo giudiziario ai limiti del caso fortuito e della forza maggiore, o, comunque, ha ristretto l’evitabilità dell’evento ai soli casi di assoluta impossibilità di una condotta positiva alternativa.
Ne deriva, conclude la Corte, che il percorso argomentativo del giudice territoriale è in contrasto con le regole che governano l’accertamento del nesso eziologico; la motivazione offerta è perplessa e contraddittoria (a prescindere da ogni questione di sufficienza della motivazione).
Segnatamente, del tutto incomprensibile è il richiamo al giudicato formatosi sui fatti oggetto di talune denunce (peraltro neppure chiaramente individuate), per avere il N. , in relazione agli stessi, patteggiato le relative condanne dopo la morte della moglie: censura svolta nel terzo mezzo come omesso esame di un fatto decisivo e che si presta a essere apprezzata anche sotto il profilo della impossibilità di risalire, attraverso l’apparato argomentativo della pronuncia impugnata, all’iter logico posto a base del convincimento del decidente.
I primi tre motivi di ricorso sono, pertanto, fondati nei sensi innanzi precisati, assorbito ogni altro rilievo in essi svolto.
Il quarto motivo, meramente reiterativo dell’impugnazione di merito in punto di danno non patrimoniale non riconosciuto dal Tribunale di Messina, che ha ritenuto non applicabile la L. n. 18 del 2015, di modifica dell’originario testo della L. n. 117 del 1988, non avendo essa efficacia retroattiva, è assorbito e dovrà essere riproposto al giudice di rinvio.
Il ricorso è, pertanto, accolto.
Francesca Senia